N.01
Gennaio/Febbraio 2002

Un Convegno per capire come le nostre comunità formano ad autentiche scelte di vita

Nel maggio scorso, decidendo il tema di questo Convegno, il nostro Consiglio Nazionale ha suggerito di mettere a fuoco la grande questione formativa raccomandandoci ancora una volta una particolare attenzione ai “come”, evitando di fare ogni volta la somma delle buone intenzioni, che non di rado finisce per essere inconcludente. Nel giugno la Direzione Nazionale ha precisato il programma e ci ha messi tutti in stato di Convegno, quando ad ogni CDV è giunto il questionario, strumento che si rivela sempre di più mezzo per un crescente coinvolgimento oltre che per l’acquisizione di dati importanti e utili per i nostri stessi relatori.

È ormai questo lo stile con il quale siamo chiamati a vivere un convenire che dura praticamente tutto l’anno. Questo convenire continuerà per tutto l’anno nelle regioni e nelle diocesi… perché la nostra gioia sia piena. D’altra parte non possiamo nasconderci che il piatto forte del nostro convenire sia proprio il Convegno Nazionale, appena iniziato con la preghiera. Perché possiamo fare insieme quello che non si può fare da soli; perché proveniamo da esperienze diverse, tante e necessariamente complementari; perché molti hanno lavorato – a vario titolo – per questo appuntamento.

In questa introduzione è normale che il Direttore ci offra le coordinate dentro alle quali ci stiamo muovendo, le domande che poniamo al Convegno, l’intelaiatura del Convegno stesso così come è stato pensato ed organizzato.

 

 

Eravamo appena tornati a casa…

…quando, il 6 di gennaio, di fronte allo sguardo attento del mondo intero, il Papa firmava, in Piazza san Pietro, dopo aver chiuso la porta giubilare, la Novo Millennio Ineunte che è stata, per tutto l’anno trascorso nelle nostre mani. Richiamiamola brevemente in alcuni passaggi presi dai numeri 31 e 32, che ci aiutano bene a focalizzare il tema del Convegno. Dice Giovanni Paolo II:

E in primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità. Non era forse questo il senso ultimo dell’indulgenza giubilare, quale grazia speciale offerta da Cristo perché la vita di ciascun battezzato potesse purificarsi e rinnovarsi profondamente?… Finito il Giubileo, ricomincia il cammino ordinario, ma additare la santità resta più che mai un’urgenza della pastorale. Occorre allora riscoprire, in tutto il suo valore programmatico, il capitolo V della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, dedicato alla “vocazione universale alla santità”. …Questo dono di santità, per così dire, oggettiva, è offerto a ciascun battezzato. Ma il dono si traduce a sua volta in un compito, che deve governare l’intera esistenza cristiana: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1 Ts 4,3). È un impegno che non riguarda solo alcuni cristiani: “Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità”.

Ricordare questa elementare verità, ponendola a fondamento della programmazione pastorale che ci vede impegnati all’inizio del nuovo millennio, potrebbe sembrare, di primo acchito, qualcosa di scarsamente operativo. Si può forse “programmare” la santità? Che cosa può significare questa parola, nella logica di un piano pastorale? In realtà, porre la programmazione pastorale nel segno della santità è una scelta gravida di conseguenze. Significa esprimere la convinzione che, se il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l’inserimento in Cristo e l’inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale. Chiedere a un catecumeno: “Vuoi ricevere il Battesimo?” significa al tempo stesso chiedergli: “Vuoi diventare santo?”. Significa porre sulla sua strada il radicalismo del discorso della Montagna: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). Come il Concilio stesso ha spiegato, questo ideale di perfezione non va equivocato come se implicasse una sorta di vita straordinaria, praticabile solo da alcuni “geni” della santità. Le vie della santità sono molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno. Ringrazio il Signore che mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani, e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita. È ora di riproporre a tutti con convinzione questa “misura alta” della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione. È però anche evidente che i percorsi della santità sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone.

 

 

Poco dopo…

Nel maggio successivo, i nostri vescovi ci offrivano alcuni orientamenti pastorali per questo primo decennio. Il tema veniva ripreso al n. 51 del documento “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia” laddove si parla dei giovani e della famiglia come soggetti di un’attenzione particolare. Ascoltiamo anche i nostri Vescovi:

Ci pare opportuno chiedere per gli anni a venire un’attenzione particolare ai giovani e alla famiglia. Questo è l’impegno che affidiamo e raccomandiamo alla comunità cristiana. Partiamo dai giovani, nei quali va riconosciuto “un talento che il Signore ci ha messo nelle mani perché lo facciamo fruttificare”. Nei loro confronti le nostre comunità sono chiamate a una grande attenzione e a un grande amore. È proprio a loro che vanno insegnati e trasmessi il gusto per la preghiera e per la liturgia, l’attenzione alla vita interiore e la capacità di leggere il mondo attraverso la riflessione e il dialogo con ogni persona che incontrano, a cominciare dai membri delle comunità cristiane. Le Giornate Mondiali della Gioventù ci hanno restituito molte speranze: abbiamo visto moltissimi giovani attirati dal Gesù e dal suo Vangelo. Già abbiamo sottolineato alcuni valori di cui il mondo moderno, talvolta con i giovani in prima fila, è portatore. Va detto però che ora abbiamo tutti una grande responsabilità: se non sapremo trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la vita interiore, per l’ascolto perseverante della parola di Dio, per l’assiduità con il Signore nella preghiera, per un’ordinata vita sacramentale nutrita di Eucaristia e Riconciliazione, per la capacità di “lavorare su se stessi” attraverso l’arte della lotta spirituale, rischieremo di non rispondere adeguatamente a una sete di senso che pure si è manifestata. Non solo: se non sapremo trasmettere loro un’attenzione a tutto campo verso tutto ciò che è umano – la storia, le tradizioni culturali, religiose e artistiche del passato e del presente –, saremo corresponsabili dello smarrirsi del loro entusiasmo, dell’isterilirsi della loro ricerca di autenticità, dello svuotarsi del loro anelito alla vera libertà. Nel decennio scorso ci eravamo volutamente soffermati sull’importanza del dare fiducia ai giovani, di favorirne l’inserimento nel volontariato, in tutto ciò che li aiuta a vivere il fine unico della vita cristiana, che è la carità. Rimane vero, peraltro, che per amare da persone adulte, mature e responsabili, bisogna saper assumere tutte le responsabilità della vita umana: studio, acquisizione di una professionalità, impegno nella comunità civile. Le esperienze forti possono tanto più giovare quanto più si coniugano con i cammini ordinari della vita, che consistono nell’operare scelte di cui poi si è responsabili. Occorre saper creare veri laboratori della fede, in cui i giovani crescano, si irrobustiscano nella vita spirituale e diventino capaci di testimoniare la Buona Notizia del Signore. Occorre impegnarsi perché scuola e università siano luoghi di piena umanizzazione aperta alla dimensione religiosa, sostenere i giovani perché vivano da protagonisti il delicato passaggio al mondo del lavoro, aiutare a dare senso e autenticità al loro tempo libero. Certamente le nostre comunità sono chiamate a una grande attenzione e a un grande amore per i giovani. In questa direzione, avvertiamo la necessità di favorire un maggiore coordinamento tra la pastorale giovanile, quella familiare e quella vocazionale: il tema della vocazione è infatti del tutto centrale per la vita di un giovane. Dobbiamo far sì che ciascuno giunga a discernere la “forma di vita” in cui è chiamato a spendere tutta la propria libertà e creatività: allora sarà possibile valorizzare energie e tesori preziosi. Per ciascuno, infatti, la fede si traduce in vocazione e sequela del Signore Gesù.

Potremmo aggiungere la splendida riflessione del documento “Nuove Vocazioni per una Nuova Europa” che al tema del formare dedica l’intero numero 36 all’interno del capitolo sulla pedagogia delle vocazioni (il IV) e tanto sarebbe sufficiente per comprendere le grandissime attese del Magistero della Chiesa legate alla questione formativa.

 

 

Le domande che nascono per ogni comunità cristiana sono gravi e decisive!

– Chi sono coloro che entrano nei nostri seminari o nei nostri noviziati? Quale retroterra ha permesso ad essi di fare il cammino che li ha portati ad entrare?

– Più precisamente e concretamente: quale immagine si sono fatti di sé – in ordine alla vocazione all’amore – i nostri ragazzi che iniziano i percorsi formativi nei luoghi ad essi deputati?

– Come inabita in essi la conformazione a Cristo, il quale della scelta verginale ha fatto la forma più alta dell’amore e del dono di sé?

– Come vedono se stessi nella dimensione ecclesiale del “sentire con la Chiesa”: sono formati alla docilità del “lasciarsi fare” o, in realtà, sono abituati a difendersi da coloro che la Chiesa mette a loro disposizione per formarli al ministero o alla vita consacrata?

– Sono assicurate le condizioni remote che permettono un corretto discernimento ed una scelta sufficientemente saggia della vocazione sacerdotale e consacrata?

– Perché tante difficoltà nella costanza, nella coerenza, ma anche nella tolleranza, nella elasticità comprensiva? Quale “personalità” bussa in realtà ai nostri seminari e ai nostri noviziati?

 

 

La ricerca va oltre e pone a questo Convegno nuove domande 

Quale comunità cristiana e come?

– Quali itinerari e come?

– Quali responsabilità e come?

– Quali iniziative e come?

– Come la pastorale vocazionale può far proprio e favorire tutto questo?

 

 

Ecco dunque il nostro Convegno!

– Immersi in una preghiera resa più ricca dai nostri animatori della liturgia (Sr Piera, Sr Marina, Sr Tosca con Don Leonardo D’Ascenzo e gli studenti di teologia del seminario di Anagni); dal contributo degli eminentissimi cardinali Grocholewski e Ruini, degli eccellentissimi vescovi Betori e Pittau e, mi si consenta, dalla presenza straordinariamente preziosa del nostro Presidente, Mons. Papa, vero timoniere di tutto il nostro cammino durante tutto l’anno. 

– Alcune relazioni destinate ad aumentare il nostro amore e la nostra conoscenza per i nostri giovani, per le nostre comunità cristiane e per il nostro servizio (la professoressa Sammartino, Mons. Lambiasi, Padre Cencini hanno essenzialmente questo scopo…).

– L’insostituibile lavoro di gruppo guidato dai nostri carissimi Direttori Regionali ai quali va il nostro grazie anche per il lavoro prezioso che hanno compiuto nella realizzazione dei sussidi destinati ad animare la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che sono già ben visibili ed acquistabili dalle Suore Apostoline.

– Il momento assembleare che sarà guidato dal nostro Vice Direttore Don Lorenzo Ghizzoni e la nota conclusiva di sabato mattina con la quale Don Antonio Ladisa, l’altro Vice Direttore, ci orienterà a vivere un nuovo anno insieme.

– Il dopo-cena di domani permetterà alla direzione del CNV di incontrare i seminaristi presenti, molti anche quest’anno, forse anche per l’aiuto offerto dagli amici del Serra Club, ai quali va il loro e il nostro ringraziamento.

Affido adesso, per concludere, la conduzione del lavoro di questi giorni agli amici della Direzione Nazionale che si sono distribuiti amorevolmente il lavoro: Moderatore sarà Don Roberto Bizzarri aiutato da Padre Sebastiano De Boni, Sr Antonia Castellucci, Caterina Brunetto. L’ultimo grazie affettuoso va ovviamente da parte di tutti noi alla Segreteria, rinforzata per l’occasione. Non mi capita spesso l’occasione per dire a Salvatore e Teresa e agli altri amici che collaborano con loro quanto siano preziosi per tutti noi. Se in questi ormai quasi cinque anni del mio servizio di Direttore ho potuto combinare qualcosa di buono lo devo principalmente a loro. Grazie infine di cuore a tutti voi: Direttori ed équipes dei Centri Regionali e Diocesani; animatori e animatrici dei vostri Istituti, Rettori e seminaristi, formatori e novizi: siete la ragione del nostro servizio e spesso la parte più importante dei nostri pensieri.

Che il Signore benedica queste giornate e ce le faccia vivere secondo il suo cuore. Grazie.