N.02
Marzo/Aprile 2004

La preghiera per le vocazioni cuore dell’impegno vocazionale di ogni comunità cristiana

Questa celebrazione eucaristica, conclusione del nostro Convegno, vuoi essere un vero cenacolo di preghiera per le vocazioni. Risponde così al desiderio e all’auspicio del S. Padre, come ci è stato ricordato dalla guida nell’introduzione a questa celebrazione: “Con gioia constato che in molte Chiese particolari si formano cenacoli di preghiera per le vocazioni”. Anche come frutto del nostro Convegno auspichiamo che numerosi “cenacoli di preghiera per le vocazioni” fioriscano nelle nostre comunità parrocchiali come naturale prolungamento della Assemblea Eucaristica domenicale.

Il filo conduttore, nonché l’intenzione di questa celebrazione, è dunque la preghiera per le vocazioni: dall’invocazione dell’apostolo Paolo: “Benedetto sia Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo… in Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1,3), che è un corale rendimento di grazie a Dio per la chiamata alla vita di Cristo, alla consegna – a conclusione della celebrazione – di un sacchetto d’incenso da far consumare in una preghiera vocazionale delle nostre comunità.

 

La preghiera per le vocazioni: “via al cuore di Dio” e “via al cuore dell’uomo”

La vita dell’uomo, come vocazione, scorre tutta tra “grazia e libertà”. La preghiera è infatti l’unica cosa che può agire su tutti e due i versanti della vocazione che sono appunto la “grazia” (Dio che chiama) e la “libertà” (l’uomo che risponde). 

Preghiera e grazia (Dio che chiama)

La preghiera ottiene la grazia della vocazione. Agisce alla fonte stessa della vocazione. “Chi ci ha creati senza di noi, non ci salva senza di noi” (S. Agostino).

Preghiera e libertà (l’uomo che risponde)

La preghiera influisce sulla libertà dell’uomo, in quanto favorisce la risposta alla chiamata di Dio. Occorre entrare nel silenzio per udire il Signore – la chiamata per lo più somiglia al “mormorio di un vento leggero” (cfr. Lc 19,11-12) – e la preghiera aiuta a entrare appunto in questo silenzio: sintonizza con Dio. Per “percepire” la chiamata del Signore è necessario un “udito spirituale” – la vocazione è sempre un fatto spirituale e soprannaturale – che si affina soprattutto con la preghiera.

 

La preghiera per le vocazioni: “cardine della pastorale vocazionale”

Una preghiera, ben inteso, “esercizio di fede”. La fede che permette di aprire gli occhi sul mondo di Dio: fa vedere la preziosità della grazia, la bellezza del Vangelo, e spinge a prendere la decisione di spendere la propria vita per una causa tanto santa; rende certi dell’unicità e universalità della salvezza operata da Cristo e così manifesta l’urgenza della vocazione alle genti. In particolare la preghiera della Chiesa celebrante i misteri del Signore è scuola permanente di crescita vocazionale. Una preghiera per le vocazioni come luogo della maturazione vocazionale.

– Perché nella preghiera, nella quale l’uomo comprende se stesso come un “io vocato”, si evidenzia la chiamata, si abilita la risposta.

– Perché nella preghiera, nella quale l’uomo vive l’apertura di tutta la sua persona umana a Dio, si raggiunge la “perfetta statura” dell’uomo, ossia la pienezza della sua identità (l’uomo concepito “in sinu Patris”), in cui è implicita la maturazione vocazionale.

– Perché nella preghiera, nella quale l’uomo si lascia attraversare dalla Sapienza della Trinità, la persona perviene alla fonte del discernimento, da cui l’orientamento dei suoi passi quotidiani, il rassicuramento nelle sue scelte…

– Perché nella preghiera – nella quale l’uomo viva la sua personale “conversatio esistenziale” che ogni creatura fa col suo Creatore che l’ha chiamata ad esistere, obbedendo alle leggi d’ordine e di armonia che le sono proprie – la persona sposa l’obbedienza della vita; cioè pregare è uguale ad obbedire.

– Perché nella preghiera – nella quale l’uomo fiorisce in Dio, attraverso Cristo nello Spirito, la persona “torna alle origini” – “la preghiera restituisce all’uomo la somiglianza con Dio” (Nuovo Catechismo Universale, p. 62).

– Perché nella preghiera, come conversare personale dell’uomo con il suo Signore, il cammino è dalla grazia battesimale alla sua pienezza che è la speciale consacrazione: finché l’uomo non “torna alle origini”, alle sorgenti, l’uomo è malato di inconsistenza: senza radici non si cresce, senza sorgente non ci si alimenta.

Perché nella preghiera, nella quale l’uomo con Agostino esprime questo contenuto essenziale: “Signore, che io conosca me, che io conosca Te”, la per sona si colloca nella libertà della verità, talmente aperta, radicalmente disponibile alla luce purificatrice, illuminante e trasformante di Dio.

– Perché nella preghiera, nella quale l’uomo vive l’esigenza ascetica di silenzio orante, meditazione e purificazione, la persona prende coscienza di sé, matura i suoi anni e le sue scelte fino a giungere a risposte totali e definitive.

– Perché nella preghiera, nella quale l’uomo entra in dialogo con il suo creatore, prende coscienza che la vita ha radici altrove ed è sollecitato a dare una risposta personale, a compromettere la vita nella direzione del progetto di Dio e della “preghiera-adesione” per una impostazione sapiente del proprio futuro.

Invochiamo “Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo” (Ef 1,3), che nell’Eucaristia “ha posto la sua dimora in mezzo a noi” (Gv 1,16) e che trova dimora permanente nella Chiesa, “Casa di Dio che vive tra le case degli uomini”, perché le nostre parrocchie siano di fatto “cenacoli vocazionali”, “cenacoli di preghiera per le vocazioni”.