N.04
Luglio/Agosto 2005

Giovani e formazione umana, cristiana, vocazionale

Di fronte al fenomeno degli abbandoni di presbiteri e consacrati, dopo l’impegno definitivo, facciamo due osservazioni. La prima. Sta diventando difficile ogni genere di impegno ‘per sempre’, che vincoli cioè tutta la vita, come l’impegno della vita consacrata, l’impegno sacerdotale o quello matrimoniale. Essere fedeli agli impegni duraturi diventa oggi per molti un problema, prova ne sia che, mentre si notano dei giovani preti o religiosi in crisi di perseveranza, si notano pure giovani sposati da poco che si lasciano. Dei giovani si sentono inquieti, ansiosi, fragili, spinti a cambiare senza sosta. Questo capita a chi sposa, a chi abbraccia la vita consacrata e ai preti giovani, così che si può ben dire che sono giovani che fanno il prete. Siamo di fronte ad un cambiamento d’epoca: da una parte i giovani affascinati dalla novità e come stregati dall’effimero, dall’altra l’impegno dello stato di vita che esige fedeltà perenne. 

La seconda osservazione. Il problema appena descritto può essere affrontato studiandone le soluzioni che aiutino a superare le crisi che si possono aprire nei primi anni di vita sacerdotale, religiosa o matrimoniale, come si può considerare le ricadute del problema in anteprima sul cammino di preparazione alla scelta dello stato di vita definitivo, giocando di prevenzione (prevenire è sempre meglio che curare), equipaggiando i soggetti di lunga mano di quelle capacità che permetteranno di affrontare e superare i momenti difficili a venire. La questione si può impostare così: quali attenzioni avere per costruire personalità umanamente e spiritualmente solide, capaci di tenere fede a impegni definitivi? Noi qui intendiamo proporre un progetto di crescita personale, di maturazione integrale della persona, affinché giunga ad una valida scelta dello stato di vita, con impegno di fedeltà duratura. 

Si tratta di costruire gradualmente l’uomo, il cristiano, che poi gioca la vita in nome di Dio a bene dei fratelli. Ci accingiamo, perciò, a delineare un itinerario di formazione per i giovani (fatti i debiti aggiustamenti, può funzionare pure per adolescenti), che porti ad accogliere la vita come dono e talento da sviluppare e da ridonare a Dio e al prossimo. Partendo dalla rilevazione della situazione attuale giovanile, cercheremo di abbozzare un progetto educativo, tenendo presenti le esigenze giovanili. Procederemo dalla conoscenza del singolo nelle sue potenzialità, nei suoi dinamismi psicologici per avviarlo all’assimilazione personale e progressiva della proposta valoriale e vocazionale. Iniziamo allora con la descrizione dell’identikit del giovane d’oggi, per potere proporre delle mete adeguate d’educazione integrale. Ecco qui di seguito lo spaccato indicativo dell’universo giovanile, realtà complessa e fluida, con alcune note che suscitano perplessità, altre positive, terreno propizio per un cammino educativo. 

 

Caratteristiche della realtà giovanile[1] 

Un primo dato che risulta ormai pacifico consiste nel fatto che i giovani rimangono sempre più a lungo nella casa dei genitori, non si schiodano, sia che lavorino, sia che siano studenti a vita o nullafacenti. Resistono tenacemente, arroccati in casa, e danno origine da adolescenti allungati alla ‘famiglia lunga’, che vede i figli restare appollaiati in casa, comodi, piuttosto deresponsabilizzati e immaturi, magari con la compiacenza e complicità dei genitori. Stentano a tagliare il cordone ombelicale, a smammare e faticano a crescere. 

Una seconda nota stigmatizza i giovani d’oggi così: vite senza centro. Vivono più esperienze, praticano la pluri appartenenza a varie realtà sociali, colgono mille opportunità, ma giungono ad uno sfilacciamento, ad uno sbriciolamento del proprio essere. Per essi si realizza la situazione di frammentazione. In pratica mancano di un centro, della scelta di un valore fondamentale o di valori prioritari che vengano a costituire quel centro essenziale di riferimento, in grado di dare ordine e senso alle varie esperienze dell’io. Si può dire che vengono a mancare del baricentro esistenziale, per cui vivono incerti, un po’ spaesati e disorientati dentro la società complessa. 

Un terzo tratto consiste nell’“irresistibile ascesa della socialità ristretta”. Emerge il crescente peso dato alle relazioni interpersonali, in particolare a quelle amicali ed affettive, accanto a quelle familiari. ‘Urgono amici’, quasi a difesa di un certo senso di solitudine ed isolamento, proprio di una società individualista. C’è la ricerca da parte del giovane del gruppo amicale che lo aiuti nel passaggio critico dall’identità di ‘figlio di famiglia’ all’identità sociale autonoma. 

Altra nota distintiva: i giovani sono la cartina di tornasole della società adulta, ricca di beni materiali, piuttosto sguarnita di quelli spirituali. In fondo sono figli del loro tempo e riflettono i valori e i modelli che oggi offre loro la società adulta: denaro, potere, successo, sesso, consumo a tutto campo, in una cornice d’individualismo sfrenato. E il pacchetto di consumo giovanile è conosciuto: abbigliamento griffato, gadget, moto, viaggi. I giovani sono stati pure etichettati come i ‘neoegoisti’, gli ‘sfiorati’, per dire che vivono egocentrici ed indifferenti: il loro ‘io’ si è scavato la sua nicchia e nulla lo tocca e lo interessa, fuoriesce da essa solo per catturare quanto gli torna utile. 

C’è poi tutta una serie di note che vengono a definire al positivo i giovani d’oggi, che sono da potenziare. Sono nomadi alla ricerca di senso di vita, con la sete della verità, aperti ai valori trascendenti la corporeità, sensibili alla spiritualità e all’interiorità, attenti al valore e alla dignità della persona, aspiranti a rapporti sociali più umani, ad una società più giusta, ad una ‘civiltà più conviviale’, desiderosi d’autenticità, amanti della vita semplice, della natura, aperti alla mondialità e anelanti alla pace. 

Ma vogliamo soffermarci in particolare ancora su due caratteristiche del giovane d’oggi: l’immobilismo o incapacità di scelte decisionali, che comportino l’assunzione di impegni, specie se a lungo termine (“per sempre” risulta anacronistico), e tendenza ad elaborare una concezione di vita senza grandi obiettivi, che privilegia scelte effimere e progetti incentrati sulla quotidianità. Poveri di memoria storica, piuttosto immemori e svagati, rifuggono da un orientamento progettuale a largo respiro, preferendo vivere concentrati sul presente, presi dall’emozionale immediato. Adottano una filosofia che s’ispira a ‘un eclettismo e presentismo pragmatico’. Vivono alla giornata, ‘galleggiando nel presente alla bell’e meglio’, senza sognare e fare progetti alla grande. Ebbene, di fronte ai giovani attuali, che i sociologi hanno definito come ‘soggetti thermos’, duri di fuori, disinibiti e sicuri, ma fragili dentro, titubanti nell’assumere responsabilità di una certa consistenza e di ampio respiro, riteniamo opportuno delineare e proporre delle linee pedagogiche, al fine di guidarli alla maturazione della personalità. Ma prima di procedere alla proposta pedagogico-pastorale facciamo una precisazione: cercheremo di educare alla vocazione in una logica di educazione alla fede e di educazione alla vita. 

La posta in gioco è la questione educativa: la pastorale tende a formare l’uomo e il cristiano maturo che vive la vita come vocazione, come dono-chiamata divina e risposta umana. Secondo il documento Nuove vocazioni per una nuova Europa -1998- (n. 26), “la pastorale vocazionale è la prospettiva originaria della pastorale generale”: è l’anima e criterio unificante di tutta la pastorale, la quale porta la persona ad accogliere la vita come dono da sviluppare e da ridonare. È necessario “vocazionalizzare” tutta la pastorale, la quale educa alla vita, alla vita di fede e di carità che approda a una scelta vocazionale. A ciascuno pastoralmente viene offerto l’aiuto, perché scopra il progetto che Dio gli ha affidato e lo realizzi secondo le necessità della Chiesa e della società. E il documento Sviluppi della pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari della Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche -1992- (nn. 67-70), in merito ai giovani, dice che il periodo giovanile è il periodo privilegiato per la scelta vocazionale e che “tutta la pastorale giovanile deve sempre essere pastorale vocazionale… la pastorale giovanile e la pastorale vocazionale sono complementari… la pastorale giovanile diventa completa ed efficace quando si apre alla dimensione vocazionale”: cioè, quando educa alla fede e aiuta i giovani a scoprire il piano di Dio e a giocare la vita generosamente, come lo Spirito suggerisce. 

Ora prospettiamo il cammino di maturazione umana, cristiana, vocazionale, il discernimento vocazionale in senso ampio, che comporta la scoperta della identità e il piano di sviluppo della personalità e della propria vocazione e si articola in tre fasi: educazione-evocazione, formazione-provocazione, accompagnamento-convocazione[2]

 

Educazione ed evocazione 

Il progetto di sviluppo integrale della persona parte dall’educare, inteso come operazione che evoca la verità dell’io. Educare da educere (cavar fuori): si evoca, si fa emergere la realtà profonda dell’io attuale con pregi e difetti, così che uno giunga a capire se stesso e la sua strada. L’allievo viene guidato nel processo di coscientizzazione e di acquisizione della propria identità (inclinazioni, desideri, potenzialità…), percorrendo la via del silenzio, dell’interiorità, della riflessione alla scoperta di sé, della preghiera come ricerca di Dio e dell’io in Dio, come incontro e sequela di Cristo che rivela il volto di Dio e l’uomo all’uomo. 

Il cammino di educazione-evocazione diviene in tal modo cammino di promozione graduale del proprio io nella sua parte positiva, con l’intento continuo di liberare i nobili sentimenti dell’uomo e di neutralizzare, correggere, integrare le forze meno positive presenti. Maritain ne L’educazione al bivio indica al maestro di liberare le buone energie presenti nell’educando: è il mezzo migliore per reprimere le cattive. Ancora suggerisce che ci si deve preoccupare del “di dentro dell’uomo”, del mondo spirituale. E di questo mondo interiore si può rilevare la sfera conscia e quella inconscia che è composta sì dall’inconscio irrazionale freudiano, ma pure dall’inconscio spirituale, dove ci sono le sorgenti della conoscenza, della poesia, dell’arte, dell’amore, delle aspirazioni veramente umane[3]

È interessante osservare come quanto viene teorizzato da Maritain, filosofo e pedagogista, trovi l’avallo degli psicologi umanisti (Nuttin, Allport, Frankl…)[4], i quali propongono un’essenziale correzione del modo corrente di concepire l’inconscio: ammettono sì presente nell’uomo un inconscio ‘inferiore’-‘freudiano’, che contiene istinti ciechi, impulsi repressi, ma anche un inconscio ‘superiore’-spirituale, dove hanno le loro radici le intuizioni, le aspirazioni migliori, i gusti più fini e spirituali della persona. Può far parte dell’inconscio spirituale pure quell’inquietudine agostiniana a cercare Dio, la quale si placa solo dopo averlo trovato: “Inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te” [5]. Orbene, l’educatore, edotto dalle conoscenze acquisite su di un piano di filosofia e pedagogia e di psicologia umanista circa il mondo conscio e quello inconscio sia ‘inferiore’-‘freudiano’ che ‘superiore’-spirituale, solleciterà gli educandi alla conoscenza di sé in profondità, a liberare l’inconscio ‘superiore’-spirituale e a maturare motivazioni autentiche. Con la consapevolezza, poi, che, secondo gli psicologi umanisti, l’inconscio ‘inferiore’ è fisso e impenetrabile all’azione del cosciente solo in casi patologici, mentre nei casi più vicini alla normalità vi è una corrente di influssi reciproci fra cosciente e inconscio impulsivo che risulta così ‘educabile’[6], guiderà il soggetto a correggere, a purificare il meno buono di sé, ma soprattutto a ‘tirar fuori’ il meglio di sé, a cesellare il carattere in vista del domani. Si tratta di crescere l’uomo, di imparare il ‘mestiere di uomo’ con il corredo di virtù umane indispensabili per il domani. Come scrive Rousseau, prima (o quanto meno contemporaneamente) bisogna insegnare all’allievo a essere uomo, poi sarà magistrato, soldato, prete[7]. Devono tornare nelle mani dei giovani libri come Lettere sull’autoformazione di Romano Guardini[8]  che aiutano a forgiare la personalità sotto il profilo umano e cristiano, retaggio prezioso da portare appresso nella scelta dello stato di vita e della professione.

 

Formazione e provocazione 

Formare vuol dire plasmare, modellare una ‘forma’ ideale nell’animo e nella vita del giovane: il formare tende a provocare, con un progetto esistenziale, l’io attuale verso la realizzazione piena dell’io ideale. La proposta vocazionale diviene proposta di una forma di vita nella quale il soggetto ritrova la sua identità, alla quale tende, in quanto essa supera e sovrasta il suo livello attuale di vita. Gli educatori provocheranno il soggetto a vivere di ideali e valori, a fondare la vita su Cristo, in nome del quale donare la vita. 

È un dato condiviso da diversi studiosi che ciò che integra e matura una persona è soprattutto la meta. Un individuo, per maturare bene, ha bisogno di avere degli scopi, dei valori armonicamente congegnati e gerarchizzati per i quali vivere, diversamente tenderà sempre a rimanere piuttosto disorientato. Le nuove generazioni sono sguarnite della ‘grammatica dell’esistenza’, portano con sé frequentemente fragilità psicologiche, spesso esprimono indecisione di fronte a un impegno definitivo e tendono a dilazionare le scelte vocazionali. È necessario dare vita a una nuova cultura vocazionale: bisogna appassionare alla vita tesa alla verità, ricca di amore, in rapporto con Dio, alla vita di fede e di carità, alla vita come vocazione. 

Vogliamo soffermarci sul valore della verità, dell’amore cui educare, centrando l’attenzione sull’anima spirituale: un’anima desta, tesa alla verità, ricca di amore, aperta a Dio. Incominciamo, invitando i giovani a ‘essere in cammino’, alla ricerca della sapienza, della filosofia di vita, della verità. Già Platone nell’Apologia di Socrate ammoniva che “una vita senza ricerca non mette conto d’essere vissuta”. Le risposte agli interrogativi esistenziali non dovrebbero essere approdi comodi, ma tappe di un ulteriore percorso verso la Verità suprema e piena che è infinita (cfr. G. RAVASI, “Filosofia”, in Mattutino, “Avvenire”, 9 luglio 2005). 

Giovanni Paolo II non ha esitato a invitare con passione i giovani al pellegrinaggio spirituale verso Colonia, a cercare, ad incontrare, ad adorare Gesù, a cui offrire in dono l’oro della propria esistenza, alla cui sequela osare quella “misura alta” della vita cristiana ordinaria che si esprime nella santità (cfr. “Messaggio per la GMG 2005”, “Avvenire”, 27 agosto 2004, p. 16). 

Ai giovani alle prese con la ricerca di senso, occorre offrire una compagnia educativa che li sappia avviare, muniti del ‘lanternino’ come Diogene in cerca dell’uomo, sulla via della ricerca, alla scoperta di valide risposte alle domande fondamentali sul senso della vita. È necessario procedere coi giovani ad una riflessione, tesa a decifrare il mistero dell’uomo. Sì, perché, come scrive F. Dostoevskij, “l’uomo è un mistero. Un mistero che bisogna risolvere, e se trascorrerai tutta la vita cercando di risolverlo, non dire che hai perso tempo; io studio questo mistero, perché voglio essere un uomo”(Lettera al fratello Michail, 16 agosto 1839). È opportuno introdurre i giovani, intenti ad apprendere il “mestiere del vivere”, nel mondo dei significati, custoditi nella letteratura, nell’arte, nella filosofia, nella ricerca scientifica e nella esperienza religiosa, perché possano trovare ideali di vita, evitando la deriva del vuoto e del non senso. 

Così ai giovani in ricerca vanno prospettati gli orizzonti che si aprono alla trascendenza, all’Assoluto, a Dio, andando incontro a una certa inquietudine adolescenziale un po’ ‘agostiniana’, a una sete di infinito di timbro un po’ ‘leopardiano’, a un desiderio di scoperta e di incontro con Dio. 

Oltre l’educazione dell’intelligenza, aperta alla verità, prospettiamo l’educazione dei giovani all’amore, al dono della vita, all’“essere per”: la vita viene scoperta come un dono ricevuto da Dio che tende a divenire dono di sé per amore, secondo la sapienza evangelica del “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Il filosofo Charles Taylor nel suo libro Il disegno della modernità (Laterza 1994) metteva in guardia contro l’eccessivo elogio della cultura individualistica che pone al primo posto nella vita il benessere e la gratificazione personale. Già il sociologo Christopher Lasch ne La cultura del narcisismo ( Bompiani 1981) e poi ne L’io minimo (Feltrinelli 1996) aveva segnalato nell’individualismo accentuato uno dei connotati della società occidentale anni ’80 e ’90 e nel 2000 non si vede un’inversione di tendenza. Ora nel mondo contemporaneo è diffusa la ‘cultura antivocazionale’ e occorre audacia evangelica per proporre la vocazione cristiana. È quanto ha fatto Giovanni Paolo II con forza, incontrando i giovani di tutto il mondo: li sollecitava a volare ad alta quota, con grandi progetti esistenziali, nel dono della vita. Egli faceva una proposta cristiana avvincente, perché non vivessero con le ‘ali spezzate’, giù nella valle, ma sapessero ‘sognare in grande’ la vita, alla scoperta di Dio e alla generosa dedizione ai fratelli. E nell’ultimo Messaggio per la XLII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni del 17 aprile 2005 li invitava ‘a prender il largo’, a vivere il Vangelo ‘sine glossa’, alla sequela di Gesù (“L’Osservatore Romano”, 9 gennaio 2005).

 

Accompagnamento convocazione 

Indica quel cammino comune di strada che l’educatore fa assieme al giovane e che lentamente porta alla realizzazione del piano educativo. Si cammina a fianco, testimoniando e condividendo la propria esperienza di vita. Chi vive di fede comunica la fede e chi vive la propria vocazione comunica a parole e per contagio esistenziale la passione vocazionale; nasce così una catechesi vocazionale da persona a persona, da cuore a cuore. Il giovane si trova a fare il viaggio in compagnia di un fratello maggiore nella fede, che aiuta a riconoscere il Signore che chiama e a rispondergli generosamente. I giovani sono molto attratti dalla testimonianza di vita delle persone già in cammino spirituale, che sanno scaldare i cuori e farli ‘ardere’ per Dio. Benefico torna l’accompagnamento dell’educatore, del ‘padre spirituale’ che aiuta, nel cammino di vita. Gli adolescenti e giovani abbisognano di punti di riferimento, di maestri, non di pallide figure educative, che li guidino a maturare una valida concezione di vita. Provvidenziali sono le figure di adulti, maestri di vita che accompagnano nel cammino di crescita, dando fiducia e comunicando la passione per la vita che è un impegno per tutti, che comporta fatica e gioia. 

Questi educatori sanno avvalersi del contributo delle scienze psicopedagogiche, quando avvertono nel giovane psicopatologie gravi e magari anche lievi, ma che ordinariamente con cuore, con intuito, buon senso e criterio (Piaget affermava che nessun test regge il confronto con i dati offerti da una lunga ed accorta osservazione, condotta dall’educatore e S. Giovanni Bosco sapeva andare dritto ai problemi dei ragazzi con amore, fiducia e sapienza) e con preparazione (tutti i buoni educatori oggi leggono di pedagogia, partecipano a convegni di aggiornamento, seguono ‘stage’ o corsi di specializzazione nelle scienze umane) sanno fare opera di discernimento, suggerendo il percorso da seguire per giungere a maturità cristiana: il compito educativo ordinario e il discernimento vocazionale spetta all’educatore. Questi non deve demandare ai consulenti e specialisti il compito educativo, ma, avvalendosi pure, se occorre, del contributo degli esperti, deve giungere con l’educando alla sintesi sull’itinerario da seguire per migliorare. Tali educatori sanno anche rilevare lacune, difetti, resistenze, inconsistenze dei soggetti, ma soprattutto sanno incoraggiare e spronare al bene, guidando in un cammino di recupero e di crescita e di sviluppo in pienezza della personalità. 

Il concetto di inconsistenza e di consistenza va precisato su di un piano psicologico e di dinamica vocazionale[9]. La persona è consistente e ben integrata, quando c’è armonia, accordo, integrazione tra mondo dei bisogni e quello dei valori-ideali cui tende, tra l’io reale e l’io ideale. Un individuo, cioè, è consistente quando è motivato nel suo agire, conscio e inconscio, da bisogni che sono in accordo con i valori; è inconsistente, invece, quando è motivato da bisogni (inconsci) che non sono in accordo con i valori. L’individuo consistente vive l’accordo bisogni-valori, ben orientato nella realizzazione del progetto di sé, quello inconsistente vive in uno stato di disaccordo interno, disturbato nelle scelte e condizionato nel realizzarle da secondi fini, magari inconsci. 

Ora ben venga la consulenza psicologica nei casi problematici, però per tutti i giovani tornerà proficua la presenza di educatori che stiano al loro fianco con una competenza e attenzione ordinaria, anche a livello psicologico, per comprendere e proporre, per interpretare e correggere resistenze e inconsistenze, le cui radici sono spesso inconsce. Va bene il ricorso alla psicoterapia al bisogno, all’indagine e valutazione psicodiagnostica della personalità dell’educando, se si ritiene opportuno, ma soprattutto va valorizzata la funzione pedagogica, preventiva, integrativa della psicologia nella formazione[10]: favorisce la crescita armonica, ben integrata della persona nella maturità psicologica e in quella vocazionale. 

Nel discernimento vocazionale è da scoprire l’apporto della psicologia in prospettiva di crescita e di sviluppo di personalità e può effettivamente favorire il cammino riparativo e/o di consolidamento e di crescita vocazionale: porta sì a conoscere, correggere, riparare, ma soprattutto porta a sviluppare in maniera ottimale l’umanità del giovane, arricchita dalla grazia. Senz’altro si deve seguire il giovane in un movimento più implosivo, quasi più ricurvo sul suo io, per coglierne l’identità con lacune e pregi, ma soprattutto lo si deve slanciare con fiducia ed entusiasmo, appassionandolo alla vita, in un movimento esplosivo, alla conquista delle cime, nella realizzazione in pienezza delle sue aspirazioni e potenzialità. È da augurarsi che i giovani, con a fianco educatori saggi e ‘maieuti’, dopo l’epoca del disincanto, tornino a scoprire la bellezza della vita, a cantare l’esistenza, a provare la letizia del cuore nel dono della vita, sull’esempio di San Francesco. 

Nel cammino di crescita, oltre l’accompagnamento personale, operato da un educatore, che fa opera di discernimento, risulta prezioso per il giovane l’accompagnamento di un gruppo, di una comunità come condivisione, sostegno, stimolo della sua esperienza cristiana in via di qualificazione, che porterà a una scelta vocazionale. Certo che la comunità cristiana per essere luogo pedagogico di educazione alla fede e carità, laboratorio della mentalità cristiana, grembo generatore di vocazioni, deve ripartire dalla centralità di Cristo (cfr. Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte nn. 16.29), divenendo comunità attraente, capace di affascinare, affascinata da Lui: una comunità che vive ed annuncia la Buona Novella di Gesù, che nulla toglie alla vita dell’uomo, anzi dona tutto: rende la vita credente libera, bella e grande, come ha detto Benedetto XVI (Omelia della Messa di inaugurazione del Pontificato, 24 aprile 2005). 

E da ultimo è auspicabile che le giovani generazioni, speranza della Chiesa e dell’umanità, trovino comunità di adulti non con le ‘pile scariche’, ma capaci di rigenerarsi e di indicare loro le vie da seguire per l’incontro con Dio e per l’edificazione della ‘civiltà dell’amore’. 

 

 

Note 

[1] G. MILANESI, I giovani nella società complessa, LDC, 1989, pp. 45-51; FIORE, Etica per giovani, LDC, 2003, pp. 30-36; Cfr. Giovani del nuovo secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia (a cura di C. BUZZI, A. CAVALLI, A. DE LILLO), il Mulino, 2002; AA.VV., Giovani lasciati al presente, Indagine Censis, F. Angeli, 2003; F. DOROFATTI, Giovani d’oggi- Non solo indagini, in “Settimana”, 1 giugno 2003, p.11; IDEM, I giovani e l’identità cristiana?, in “Vocazioni”, settembre/ottobre 2004, pp. 125-130; V. ZANI, Cultura, giovani e vocazioni, in “Vocazioni”, settembre/ottobre 2004, pp. 80-100. 

[2] A. CENCINI, Vocazioni. Dalla nostalgia alla profezia. Supplemento al n. 20 del 30 novembre 1989 di “Testimoni”, (1989), pp. 176-180; IDEM, Il discernimento vocazionale nel segno della speranza: aspetti spirituali e pastorali, in “Seminarium”, XXXVII (1997), pp. 324-330. Nell’articolo si tiene presente il pensiero di Cencini, con le tre articolazioni pedagogiche dell’impianto educativo: educare, formare, accompagnare, correlandole con la dinamica del discernimento vocazionale; M. COSTA, Accompagnare nella scelta dello stato di vita (1), in “Tredimensioni” 1(2004), pp.122-141; IDEM, Accompagnare nello stato di vita(2), pp. 235-252; F. IMODA, Tre volti dell’educatore, in “Tredimensioni” I(2004), pp.9-11; B. ROGGIA, Pedagogia della e delle vocazioni, in “Vocazioni”, settembre/ottobre 2004, pp.131-136. Spunti buoni alla tematica trattata possono venire dalla lettura del lavoro di M. COSTA, La formazione permanente, in “Seminarium”, ottobre-dicembre 2003, pp. 761-812; e di G. ROGGIA, Agenzie formative nella vita consacrata: verso la frammentazione?, in “Orientamenti Pedagogici”, luglio-agosto 2004, pp. 647-656. 

[3] J. MARITAIN, L’educazione al bivio, La Scuola, Brescia 1979, pp. 63-64; IDEM, cit., pp. 64-70. 

[4] RONCO, I dinamismi psicologici nella riuscita spirituale, in “Vita consacrata”, XIII (1977), pp. 148-150; E. PAVESI, Difficoltà di cogliere l’autentica identità del sacerdote nella cultura moderna, in “Sacrum ministerium”, IV (1998), p. 72. 

[5] AGOSTINO, Confessioni, I, I, La Scuola, Brescia 1977.

[6] A. RONCO, I dinamismi…, cit., pp. 148-150.

[7] ROUSSEAU, Emilio. Dell’educazione, La Scuola, Brescia 1993, Libro primo, 3.

[8] R. GUARDINI, Lettere sulla auto formazione, Morcelliana, Brescia 1963.

[9] A. CENCINI – A. MANENTI, Psicologia e Formazione. Strutture e dinamismi, EDB, Bologna1990; A. MANENTI, Vocazione Psicologia e Grazia, EDB, 1987, pp. 12-18. 

[10] Per quanto riguarda la funzione della psicologia nella formazione vedi “Nota” della COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL CLERO della CEI, Linee comuni per la vita dei nostri seminari, 1999, nn.19-21; A MANENTI, Vocazione Psicologia e Grazia, EDB, 1987, pp. 54-57; F. DOROFATTI, La psicologia nella formazione dei seminaristi, in “La Rivista del Clero Italiano”, maggio 2001, pp. 363-374.