N.04
Luglio/Agosto 2005

La percezione del fenomeno degli abbandoni nell’Italia centrale: Marche, Umbria, Toscana, Lazio

In questa piccola ricerca vogliamo prendere in considerazione la percezione che si ha del fenomeno degli “abbandoni” in rapporto al ministero sacerdotale, limitandoci al contesto del clero diocesano. Le regioni prese in esame sono le Marche, l’Umbria, la Toscana e il Lazio. 

Il fenomeno, da un punto di vista numerico, sembra essere abbastanza contenuto, anche se si presenta diversificato nelle varie regioni. In totale dal 1990 ad oggi hanno abbandonato l’esercizio del ministero 91 preti così ripartiti per regione: Marche 4, Umbria 2, Toscana 35 e Lazio 50. 

 

Rapportando il numero degli abbandoni al numero dei sacerdoti diocesani presenti per regione nel 2000, è possibile dedurre le seguenti percentuali: 

 

Sacerdoti Diocesani nel 2000 Abbandoni

Percentuale 

Marche 1198 4 0,33% 
Umbria 659 2 0,30% 
Toscana 2268 35 1,54% 
Lazio  2836 50 1,76% 

 

 

La percezione che si ha sul territorio è quella di un fenomeno che, a motivo del suo essere ridotto, non sembra destare una particolare preoccupazione. La maggior parte delle persone che hanno abbandonato l’esercizio del ministero sacerdotale hanno ottenuto la dispensa dagli obblighi dai Sacri Ordini e, comunque, sono rimaste legate al vissuto ecclesiale. 

Sulla questione degli abbandoni e sulle cause a monte del fenomeno sono stati consultati, a livello di conferenze episcopali regionali, i Vescovi delegati delle commissioni per il clero, i Rettori di seminari e i Direttori dei centri regionali vocazioni. Gli elementi che sono stati raccolti è possibile dividerli secondo la seguente tipologia: problematiche legate alla persona, problematiche che possono essere ricondotte all’istituzione formativa e problemi che nascono dopo l’ordinazione sacerdotale. 

 

 

Problemi legati alla persona 

– Una forte affermazione della soggettività accanto alla ricerca di una propria autorealizzazione porterebbero alla crisi quei sacerdoti che non si sentono realizzati in un progetto personale. 

– Le cosiddette “vocazioni adulte” arrivano in seminario con una loro personale idea di prete già formata. Inoltre, si presentano con un’intenzione chiara: “Devo diventare prete, ho lasciato tutto…”. A partire da questa loro rigidità di ideali e di intenzioni, deriva una grossa difficoltà a relazionarsi in un proficuo rapporto educativo con i formatori del seminario. Tutto ciò, nell’immediato, crea un ostacolo in rapporto all’aiuto che dovrebbero ricevere nel cammino di conformazione a Cristo buon pastore per diventare sacerdoti secondo il cuore di Dio e le attese della Chiesa. C’è da aggiungere che la scarsa efficacia di questo processo formativo va a minare la “tenuta” (sia in ciò che concerne la dimensione spirituale, sia in rapporto alla dimensione umana e pastorale) del sacerdote nell’esercizio del suo ministero. 

– Per un certo numero di giovani che si preparano alla scelta di vita consacrata, la mancanza di un’adeguata maturità umana e affettiva comporta una difficoltà-incapacità a fare e sostenere scelte di vita che siano definitive: alcuni di loro, dopo qualche anno di fatica nella vita consacrata, abbandonano il ministero. 

– Talvolta, in ordine alla coscienza-conoscenza del ministero sacerdotale, si registrano carenze anche in rapporto alla consapevolezza e preparazione a tutto quanto comporta concretamente l’assunzione degli oneri connessi con i Sacri Ordini. 

 

 

Problemi legati all’istituzione formativa 

– In alcuni casi il discernimento vocazionale e l’accompagnamento spirituale sono sembrati carenti in rapporto alla maturazione umana e affettiva. 

– Le varie fatiche personali, talvolta non vengono adeguatamente valutate prima dell’ordinazione: a volte non si riescono ad individuare per tempo le aree problematiche dei giovani incamminati verso il sacerdozio, altre volte pur intuendo la presenza di qualcosa che non va bene non si è poi in grado di intervenire in modo appropriato. In conseguenza di ciò, si ha la sensazione che in tutti gli anni di seminario la grazia passi invano. 

– In questo ambito c’è da considerare anche il fatto che la scarsità di clero crea nelle diocesi il problema pastorale del come garantire il servizio in ogni parrocchia. A volte, questa necessità va ad influenzare la qualità stessa del discernimento vocazionale che, per questo, rischia di diventare meno esigente e più accomodante. 

 

 

Problemi dopo l’ordinazione 

– Un primo rilievo che emerge riguarda la sempre più ridotta considerazione della dimensione soprannaturale della propria esistenza, che alla fine logora irreparabilmente l’identità ministeriale. 

– Inoltre, tra i problemi che emergono dopo l’ordinazione sacerdotale c’è la tendenza all’isolamento da parte del sacerdote, la scarsa fraternità sacerdotale e la chiusura a relazioni di dialogo e aiuto personale. Accanto a questo, e come conseguenza di tutto ciò, c’è da aggiungere anche l’incapacità di chiedere aiuto di fronte ai primi segni dell’incrinarsi della propria scelta. 

– Alcuni sacerdoti avrebbero abbandonato per motivi di conflitto con il Vescovo. Persone in gamba, titolate da un punto di vista di studio. 

– In alcuni casi gli abbandoni sono risultati totalmente imprevedibili, hanno lasciato il ministero proprio quei giovani che erano considerati i migliori. 

 

Molte delle problematiche che entrano in gioco nella complessità di cause che portano all’abbandono del ministero sacerdotale, purtroppo sono presenti anche nella vita di tanti sacerdoti che “restano”. Sono fatiche che vanno ad incidere sulla qualità del ministero e sulla vita del consacrato per cui, se non lo portano alla decisione di abbandonare la vita sacerdotale, lo spingono sempre di più ad un “abbandono”-riduzione che riguarda l’entusiasmo e lo smalto dell’inizio, il coinvolgimento libero e generoso nella pastorale, la dedizione nella vita spirituale, l’essere animato da motivazioni adeguate… Il fenomeno degli abbandoni è un argomento che viene trattato nei vari incontri del presbiterio e dei vescovi. In vista di una maggiore attenzione educativa che possa aiutare le persone e far fronte al problema, emergono varie indicazioni che possiamo così sintetizzare: 

– accanto alla cura delle vocazioni adulte è importante risvegliare una rinnovata attenzione ai più piccoli e al seminario minore; 

– c’è bisogno di offrire una buona educazione vocazionale fin dalla fanciullezza: ad esempio con la cura dei ministranti come vivaio di future vocazioni; 

–  sarebbe bene verificare perché l’attesa riposta nel dinamismo educativo insito nella liturgia a volte resta delusa: ci si domanda quanto certe celebrazioni arrivino ad incidere profondamente e quanto permettano una conversione reale nella vita dei giovani; ma anche quanto la vita di questi giovani è accogliente e rispondente nei riguardi degli appelli e dei doni che vengono veicolati dalla liturgia; 

– nelle nostre realtà ecclesiali si tende a concentrare l’attenzione sulla formazione prima del presbiterato, non sempre si offrono itinerari di sostegno e formazione permanente dopo l’ordinazione sacerdotale; 

– la problematica dell’immaturità umano-affettiva, pur essendo stata individuata con una certa chiarezza tra le cause che portano all’abbandono, non trova ancora un’adeguata risposta educativa. È proprio in quest’ambito che si dovrà concentrare maggiormente l’attenzione delle istituzioni formative.