N.03
Maggio/Giugno 2008

Missionari o dimissionari: una “pro-vocazione” per accompagnare i giovani!

Il Seminario è una iniziativa che ha di mira la formazione degli accompagnatori vocazionali e vuole contribuire a renderci più efficacemente interpreti del grande sogno di Dio verso le generazioni che crescono, mettendo a nostra disposizione qualcosa di quei ricchi tesori di sapienza evangelica, di conoscenza delle dinamiche del cuore umano e di esperienza formativa che la Chiesa porta nel suo grembo. 

Da diversi anni, il seminario sulla direzione spirituale è itinerante, e fa tappa nei luoghi più significativi per quelle figure spirituali o per quei doni ecclesiali che di anno in anno si vogliono valorizzare. Quest’anno, volendo privilegiare la prospettiva missionaria nell’accompagnamento vocazionale e il collegamento con gli istituiti missionari, siamo venuti a Verona, città che ha dato i natali a san Daniele Comboni, grande vescovo ed evangelizzatore dell’Africa, e città in cui ha sede il CUM, Centro Unitario Missionario, istituito per la preparazione spirituale, culturale e linguistica dei missionari che partono o arrivano in Italia, o si apprestano a reinserirsi. 

La scelta di privilegiare la prospettiva missionaria nell’accompagnamento nasce da una triplice motivazione: innanzi tutto, gli orientamenti pastorali della Chiesa italiana per questo decennio – “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia” (n. 46) – invitano a riconoscere nella “missio ad gentes” il paradigma, cioè il modello ispiratore, per ripensare tutta l’evangelizzazione, quindi anche l’accompagnamento spirituale all’interno della cura pastorale. 

Inoltre, proprio nei mesi scorsi si sono celebrati i 50 anni dell’enciclica “Fidei donum”, con cui Pio XII invitava le diocesi a inviare preti e laici in missione, preparando così il terreno a quella cooperazione tra le Chiese particolari che il Concilio ha fatto riscoprire e che ha permesso di scrivere pagine di grande bellezza e di reciproco arricchimento fra Chiese giovani e Chiese in Italia. 

Infine, il papa Benedetto XVI ha scelto di dedicare la prossima 45a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni al tema: “Le Vocazioni al servizio della Chiesa-missione”. 

Queste tre motivazioni forti ci hanno spinto a valorizzare il tema della missione, convinti che la dimensione missionaria gioca un ruolo fondamentale nella nascita e nello sviluppo di ogni cammino vocazionale. 

La formula “missionari o dimissionari”, che dà il titolo al seminario, è tratta dai testi di una mistica francese del XX secolo, Madeleine Delbrêl (1904-1964). La Delbrêl, tra i protagonisti del rinnovamento missionario della Chiesa francese del dopoguerra, aveva coniato quella formula per esprimere una sua precisa convinzione: nel mondo contemporaneo la fede non può reggere come pura eredità culturale e non è possibile per un cristiano porsi in una posizione di neutralità. La fede, o è vissuta con tutta la forza di novità e la freschezza della buona notizia nella comunione con il Signore risorto, e allora sarà naturalmente contagiosa e missionaria, o altrimenti sarà inevitabilmente una fede dimissionaria, e da essa – possiamo aggiungere noi – non potrà sbocciare alcuna significativa e duratura scelta vocazionale. La Delbrêl, anzi, era convinta che tale condizione del mondo contemporaneo – in cui Dio sembra assente e sembra non mancare a nessuno – si rivela paradossalmente una condizione favorevole per il credente, come una “pro-vocazione” a ritrovare la bellezza e la gioia della fede, in tutta la sua inaudita originalità. Questa prospettiva è sicuramente molto suggestiva e stimolante per il nostro seminario. 

Passiamo quindi a presentare le giornate che ci attendono. Nei primi tre interventi del seminario saranno messi in luce altrettanti aspetti fondamentali della dimensione missionaria: i testimoni, le esperienze forti e le motivazioni vocazionali. 

Innanzi tutto i testimoni: nel nostro tempo la Chiesa è ritornata ad essere la Chiesa dei martiri, ma nella società dei consumi liquido-moderna – come scrive il sociologo Zygmunt Bauman – non c’è più spazio per martiri ed eroi, ma solo per celebrità e “miti”. Il martire, quindi – e i missionari sono spesso i primi indifesi bersagli nelle molte frontiere del mondo – si pone come il segno inconfondibile del “caso serio” della fede e quindi di un cristianesimo che resiste ad ogni tentativo di ridurre Gesù Cristo ad uno dei tanti miti e personaggi “interessanti”, testimoniando in maniera trasparente e commovente la sua signoria salvifica. Ci può mai essere, dal punto di vista vocazionale, una testimonianza più eloquente e contagiosa di questa? 

Ci soffermeremo, poi, sulle esperienze forti, terreno privilegiato della maturazione di intuizioni vocazionali. Fra le esperienze che normalmente vengono proposte spiccano quelle in terra di missione: quali dinamiche mettono in moto? A quali condizioni tali esperienze possono risultare vocazionalmente feconde? 

Tratteremo poi delle motivazioni: quali sono quelle veramente autentiche? Quale posto deve o dovrebbe occuparvi la dimensione missionaria? 

Successivamente, dopo un momento assembleare con i relatori, che costituisce una novità di quest’anno, seguiranno altre due relazioni: quella che riprende in chiave globale il tema del nostro seminario, affidata a padre Cencini, e poi, nell’ultimo giorno, una riflessione sulla comunità cristiana, chiamata a formare ad un rapporto talmente forte con la Parola, da far sì che uno senta che non può più tenerla per sé, perché comprende che ne è debitore verso tutti e che, in un certo senso, lui stesso ormai appartiene a coloro che ancora attendono quella Parola. 

Il collegamento con il seminario dello scorso anno è evidente: se il nostro compito è quello di accompagnare i giovani tra i desideri del loro cuore e la sete di Dio, l’accompagnamento vocazionale avrà raggiunto davvero il suo scopo quando avrà aiutato i giovani a diventare sensibili ai desideri del cuore e alla sete di Dio degli altri, cominciando dalle persone più vicine. Chi avverte questa sete “di” Dio – nel duplice senso dell’espressione – e non riesce più a restarne indifferente, sentendosi anzi personalmente chiamato in causa, si pone già in quella prospettiva missionaria che costituisce un segno chiaro di maturità cristiana e il terreno ideale di ogni cammino vocazionale.