N.03
Maggio/Giugno 2008
Studi /

Ordo Virginum, dono alla Chiesa

La consacrazione, nella forma dell’Ordo virginum, carisma nato con il Vangelo, risale ai primi secoli della Chiesa. Essa racconta la particolare esperienza d’amore con cui una donna si consegna a Cristo quale suo Sposo e, nel respiro della sponsalità ecclesiale, diviene feconda presenza dello Spirito nell’ordinarietà del vivere quotidiano. La virgo Christi è la virgo Ecclesiae

 

Vergine di Cristo 

Cristo è tutto: fratello, amico, parte dell’eredità, premio, Dio e Signore. Ma è significativo fissarlo come lo Sposo che nell’Incarnazione realizza l’incontro tra natura divina e umana e nella Pasqua celebra le nozze con l’umanità. 

Tutti i momenti dell’esistenza terrena di Cristo, storia di alleanza, radicata e prolungata nel Battesimo, hanno il colore e il calore nuziale. E in questo orizzonte, per una nuova unzione spirituale, la vergine consacrata, in virtù di un dono e di una chiamata personale, è la sposa che assume il suo Sposo quale maestro di vita, nei sentimenti, nei pensieri e nelle preoccupazioni. L’amore sponsale è, per sua natura, totale ed esclusivo, perché offerta di sé all’Amato, senza riserve e con cuore indiviso; amore perpetuo, perché non vuole venir meno, anzi proiettandosi verso il futuro vuole ricoprire l’intero arco della vita e sussistere anche dopo la morte. 

 

Vergine della Chiesa 

Con la consacrazione nell’Ordo, la vergine, sempre fedele al Cristo-Sposo, non dimenticherà mai che si è donata totalmente a lui e al suo corpo che è la Chiesa. «Se per la devozione ad un santo nasce una famiglia religiosa, che cosa non può nascere dalla devozione alla stessa madre dei santi che è la Chiesa? Cosa non ne deriverà? Se faccio della Chiesa maestra e madre la mia sorgente, la mia regola, la mia vita, il mio spirito, la mia gioia, il mio entusiasmo, che cosa non sarà possibile?» (Paolo VI). Nel carisma della verginità c’è la Chiesa madre che plasma e struttura la forma spirituale dell‘anima consacrata, ossigenandola e nutrendola con la sua spiritualità. Perciò la vergine trova la sua “famiglia” nella Chiesa locale dove respira – come Ordo – con le modalità del cuore del Pastore, considerato non un fondatore o un superiore da cui dipendere, ma il padre con cui condividere l’amore per Cristo ed i fratelli. «Amate la Chiesa: è la vostra madre. Da essa, mediante il solenne rito presieduto dal Vescovo diocesano, avete ricevuto il dono della consacrazione; al suo servizio siete state dedicate. Alla Chiesa dovete sentirvi sempre legate con stretto vincolo» (Giovanni Paolo II). 

Il “sensus” ecclesiale aiuta e sostiene la vocazione nell’Ordo virginum, in quanto la Chiesa ogni giorno si genera e ciascuno la rende preziosa, splendente, senza ruga né macchia né altro di simile, ma bella e santa. In realtà, l’appartenenza alla Chiesa diventa visibile e non solo spirituale, di quella visibilità che commuove, che tocca profondamente le persone, non solo a livello sentimentale, ma anche sul piano dell’azione dello Spirito, al quale si corrisponde esemplarmente nell’impegno lavorativo e professionale. 

 

Vergine consacrata e Vescovo 

Nel carisma dell’Ordo resta nodale il rapporto della vergine consacrata con il Vescovo, custode della Chiesa localmente situata, che continua ad essere arricchita da carismi e ministeri. Nella contemplazione della Sposa, che rifulge non della propria luce ma di quella del suo Sposo, il Pastore e la vergine vengono rafforzati nell’edificazione del Regno, per la gloria di Dio. 

In particolare la consacrata, con un cammino di graduale maturazione umana, spirituale ed ecclesiale, nel rapportarsi al Vescovo, alimenta e concretizza quella bellezza sponsale che nello Spirito trasfigura sempre più la Sposa peccatrice nello Sposo immacolato. 

Questa consapevolezza di fede, rafforzata dalla consacrazione secondo l’Ordo virginum, spinge a vivere con il Vescovo un legame di sincero e filiale affetto spirituale e di condivisa partecipazione alla sollecitudine pastorale, vivificato dalla preghiera e dall’accoglienza del suo Magistero, di cui essere un’eco appassionata e gioiosa, non solo per le indicazioni pastorali ma anche per quel sentire personale che è sostegno reciproco nella via della santità. 

È consolante, allora, che il Vescovo, in Gesù, ascolti, conosca e condivida la consacrazione nell’Ordo (cf. Gv 10,14): accogliendo la consacrazione della vergine si fa garante dell’accompagnamento, la sostiene nella specifica forma vocazionale, sollecitando un’adeguata formazione iniziale e permanente. 

Significative le parole di Ambrogio: 

«Mi raccomandi Ambrosia, vergine consacrata al Signore, tuo ed anche mio tesoro; e con pio affetto dici che di lei ti dai più pensiero che degli altri figli. Certamente così deve comportarsi una mente fedele. Gli altri infatti li educhi per lasciarli andare fuori casa e per unirli in matrimonio a persone estranee; questa l’avrai sempre con te. Anche per gli altri senti il vincolo dell’affetto paterno, ma per costei sei più che un padre e vai oltre nelle aspirazioni e nello zelo, perché piaccia a Dio. È vero che soprattutto per lei sono i tuoi voti, ma da sola ripagherà ciò che tu devi a lei e a tutti gli altri figli» 

(Lettera a Eusebio di Bologna circa una giovane che aveva personalmente consacrato). 

 

Il Pastore, immergendosi nel dono dell’Ordo, sperimenta una sorta d’irruzione divina, a beneficio della Chiesa. Il carisma verginale viene “sparso” in Diocesi dal Vescovo, sacramento dello Sposo, quale germe di testimonianza sponsale del Cristo, che rende la consacrata capace di amare con cuore nuovo, grande e puro, con autentico distacco da sé, dedizione piena e continua, con una tenerezza che si riveste di feconda maternità, in grado di farsi carico dei dolori del parto, finché Cristo sia tutto in tutti (cf Gal 4,19). 

La vergine, da parte sua, condivide nella Chiesa quei doni spirituali che contribuiscono ad ossigenare il ministero del Vescovo e la comunità credente con quello stile contemplativo che è prefigurazione dei beni futuri. 

«A chi è concesso il dono inestimabile di seguire più da vicino il Signore Gesù appare ovvio che possa e debba essere amato con cuore indiviso. L’unguento prezioso versato come puro atto di amore a Betania da Maria è segno di una sovrabbondanza di gratuità, quale si esprime in una vita spesa per dedicarsi al Signore e al suo Corpo mistico. È da questa vita versata senza risparmio che si diffonde un profumo che riempie tutta la casa» (Vita consecrata, 104)

 

In definitiva, il Vescovo e la consacrata incarnano, in forza del Battesimo e nell’identità specifica della chiamata ricevuta, una peculiare “modulazione sponsale” nella Chiesa e per la Chiesa. Si origina, così, una sorta di circolarità mistica fra quanto il Vescovo decide con responsabilità personale per il bene della Comunità affidata alla sua cura e l’apporto che la vergine può offrire nella preghiera, valorizzando il suo genio femminile, che permette di lasciar sbocciare e crescere i valori evangelici. 

Ne consegue che la presenza dell’Ordo renderà la Chiesa, casa e scuola di sponsalità, in grado di seminare, nell’odierna atrofia spirituale, quel diluvio di grazia redentiva che non verrà mai meno: è un augurio, già meravigliosamente vissuto in tante Diocesi del nostro Paese.