N.05
Settembre/Ottobre 2008

Educare la domanda e accompagnare la risposta vocazionale attraverso il web

Un giorno passeggiando ho visto in una videoteca il film “Indovina chi viene a cena?”, un vecchio film americano degli anni ‘60 che ho amato, che mi ha sempre affascinato e che da tempo cercavo; immagino che anche voi lo conosciate, soprattutto per la popolarità di alcuni splendidi personaggi come Spencer Tracy, Katherine Hepburn e Sidney Poitier. Il film tratta, come ricorderete, di due giovani, lei bianca e lui nero, che decidono di sposarsi e devono affrontare sia la reazione dei genitori sia la lotta contro i propri pregiudizi e timori. Uno dei personaggi secondari è monsignor Ryan, un vescovo cattolico amico di famiglia, un personaggio amato che passa il tempo a sorseggiare whisky. Ad un certo punto del film, Monsignor Ryan fa un commento sul massimo impegno della coppia che è pronta a combattere contro il mondo intero in virtù del loro amore. Il personaggio impersonato da K. Hepburn dice: “questo è un bel pensiero, sempre hai pensieri belli”. Ridendo Monsignore le risponde: “il mio compito è avere bei pensieri”. Ho pensato all’istante: questo è ciò che voglio fare, anche io voglio dedicarmi ad avere bei pensieri e di conseguenza condividerli con voi”.

(E-mail di un giovane che riflette sulla vita religiosa)

 

Il sito www.mivocacion.com, da cui traggo questa e-mail, è nato nel luglio 2004, è stato presentato al Capitolo Generale della nostra Congregazione ed ha iniziato il suo viaggio cibernetico mediatico inspiegabilmente. È stato visitato da quasi 165.000 contatti: il 65 % di questi sono spagnoli, seguiti dal Messico, dal Portogallo e dall’Argentina, sino ai luoghi più remoti del mondo. Dall’Italia i contatti sono stati circa 2.000. Il sito è tradotto in quattro lingue: spagnolo, francese, inglese e italiano, anche se la maggior parte delle consultazioni è in spagnolo, in quanto i dati sono analizzati in Spagna.

Comunque i contatti hanno un’importanza relativa (c’è chi dice: detraetele dalla vostra Congregazione…); per noi invece, hanno importanza e priorità i messaggi ricevuti; sono più di 7.000 e a tutti abbiamo risposto, (tranne alcuni, per errore tecnico…). I messaggi hanno contenuti diversi e facendo una statistica si tratta di giovani tra i 19 e i 27 anni, di solito più ragazze che ragazzi (d’altronde è un sito di una Congregazione femminile).

I temi più frequenti sono:

– La vocazione: discernimento, ricerca di una seconda opportunità, e/o di una comunità…

– L’isolamento, la solitudine e soprattutto il vuoto che hanno in se stessi.

– Situazioni estreme: aborto, emarginazione…

– Ultimamente, anche il tema dell’astrologia, la paura e la codardia.

Paradossalmente, ci sono molti che cercano di discernere la loro vocazione religiosa, altri invece cercano di condividere la propria vita e il proprio vuoto… eppure, noi non avremmo mai immaginato un sito sfacciatamente vocazionale (mivocacion.com) che invita alla vita religiosa e che permette a molte persone di scambiare tutto ciò che riguarda la propria vita e la propria fede, e soprattutto di condividere la loro esistenza.

 

La chiamata oggi: ci sono vocazioni?

Il Signore continua ancora a chiamare ogni giorno, su questo non ho alcun dubbio, anche se alcuni non lo credono… o non lo vogliono credere. Le vocazioni si desiderano, si devono desiderare con “cuore affranto”… vi assicuro che si soffre, … si tratta di un profondo anelito, inspiegabile… perché io sono felice.

Molte coppie desiderano tanto un bambino che non arriva: alcune persone dicono – e me lo hanno confermato le coppie stesse – che la causa è lo stress, sono troppo ansiosi… invece io dico: con i preservativi o con le pillole anticoncezionali non arriveranno mai! Attenzione a simulare o lasciarci trasportare da alcune tendenze sociali! Dobbiamo credere nelle vocazioni ed essere consapevoli di cosa offrire: si devono offrire l’amore e la misericordia del Signore, una vita donata, rigore, disciplina con tanto amore.

“Siate dolci senza debolezza, senza orgoglio, correggete senza rabbia”.

 (Beata Maria Poussepin, fondatrice delle Suore Domenicane della Presentazione).

 

La chiamata avviene come un dono di Dio in tutti i tempi, ma oggi, chi ha l’audacia di rispondere alla vita consacrata?

Le nuove vocazioni arriveranno certamente anche attraverso questi mezzi cibernetici, e da luoghi dove non è stato mai radicato il nostro Ordine o la nostra Congregazione. Non sono figli/e delle nostre scuole, delle nostre parrocchie o vicini alla nostra comunità: essi sono “figli del Web”.

Il Web gli ha offerto la possibilità di trovare Dio, come gli ha permesso di trovare i loro lavori di classe, le gite, i viaggi… hanno cercato la “vocazione” con decisione, senza paura

o vergogna, a cuore aperto… senza compromessi, con dinamismo; il potere della parola scritta è impressionante. Nel mondo delle nuove tecnologie tutto scorre rapidamente, la comunicazione va troppo veloce in Internet, ma poi viene la realtà. Dalla virtualità alla realtà, i giovani di oggi cercano su Internet anche la scelta vocazionale, quando hanno un problema.

 

Profili vocazionali

Resta comunque sempre lo stesso profilo vocazionale della persona impegnata nella Chiesa e/o la famiglia cattolica che forma. Il processo vocazionale, pur non essendo facile, non è complicato: da ciò la vita sacerdotale o religiosa hanno una grande e ricca esperienza. Nelle conversazioni, poi, non bisogna mai dire ad un giovane che vi parla della propria vocazione: “tu sei troppo giovane, goditi la vita e poi ritornerai”. Infatti, oggi per il giovane che trova difficoltà ad impegnarsi e spesso si sente vile questo è un insulto che lo fa naufragare. Penso sia necessario riaprire gli occhi e guardare ai giovani che ci circondano… a quelli che sono già nei nostri gruppi e che la routine ci fa dimenticare… forse anche loro si sentono chiamati! Ci sono molti giovani che dicono: come faccio se nessuno mi crede?

Ogni giorno cresce il numero dei giovani che discernono la chiamata di Dio da una vita di sofferenza, di solitudine, di disgregazione del nucleo familiare e di diversi tipi di esperienze sessuali: sono giovani che hanno conosciuto molte cose… forse troppe!

Molti giovani si avvicinano alla vita religiosa perché la loro vita è piena di tristezza e/o di solitudine e possono trovare sollievo in Dio. È Dio che li chiama per accoglierli nel suo grembo e metterli al suo servizio, e allora pensi: chi sono io per negare loro questo cammino e non dargli un’opportunità?

Alcuni manifestano di aver trovato il Signore come se fosse l’“ultima chance”; come i grandi santi della Chiesa, dopo una vita dissoluta (Agostino, Ignazio…), dicono: “mi impazzisce la vocazione”. Altri nemmeno si sono interessati e dunque possiamo aiutarli ad acquisire una propria auto-consapevolezza, anche se poi scopriamo che la loro vita non è finalizzata alla consacrazione.

Non possiamo permetterci comunità rinchiuse in se stesse, accomodate e preoccupate delle piccole discussioni: i giovani le trovano ridicole, poiché hanno lottato fin dall’infanzia per sopravvivere alle lacerazioni della propria famiglia, alla mancanza della figura materna o paterna, alla povertà e all’estrema solitudine; questa è la sensazione di vuoto che esprimono molti di loro.

Il relativismo del mondo svanisce nelle relazioni personali virtuali e dovrebbe scomparire dalle nostre comunità. Il giovane condivide in modo trasparente le migliaia di e-mail ricevute. Posso affermare che nessuna di esse mi ha mai portato ad esperienze negative: non abbiate paura! Basta usare prudenza e buon senso.

Dobbiamo approfondire il carisma. Talvolta riteniamo che sia trascorso il tempo di conformarci alla lettera e ci lasciamo prendere da molti comfort, ma i giovani ci scomodano, le vocazioni ci costringono a ricominciare, ci fanno sentire “vecchi”. Questo a volte ci costa e ci fa male, ma la modernità non è in contrasto con il carisma: è piuttosto il voler essere moderna di età! È importante edificare delle comunità che siano luoghi degni, non ingombranti e volgari. Basta la semplicità, e magari strumenti essenziali come Internet.

 

Arrivano!

Molti arrivano con l’illusione che tutti noi abbiamo avuto, e che dovremmo continuare a sentire: quella di cambiare il mondo, di fare del bene, di aiutare gli altri…

Ci raggiungono giovani che non sanno nulla della fede e hanno il diritto di sapere: partono da zero, quasi solo dal segno della croce… Altri sanno, ma hanno il loro modo di vivere la fede, ed anche il diritto di continuare con il loro modo e la loro pietà, per non parlare del loro amore e del rispetto per il Papa e per la Chiesa. Giovani che si sono incontrati con Dio e che desiderano seguire Gesù; ragazze che non sono più vergini e si chiedono se c’è ancora una possibilità; giovani tatuati che hanno paura di presentarsi ad una comunità; giovani con modelli stereotipati della vita religiosa e del mondo d’oggi; giovani privi del senso della famiglia, della paternità o maternità, giovani con molta paura. A tutti loro dico: “buttati nell’acqua, anche se non sai nuotare!”

 

Rimangono!

Rimarranno soltanto dopo aver visto la missione, grande o piccola che sia, la missione di cui ci piace parlare: con gli immigrati, i bambini di strada, gli anziani… quello che il mondo ammira ancora, che ci riempie. Se, dopo aver visto e ammirato tutto questo, troveranno una vera vita di preghiera e una forte vita di comunità, rimarranno. Le vocazioni, senza esigenze e senza un grande sostegno comunitario, non durano.

La missione, infatti, non può essere una scusa per eliminare la preghiera: l’attivismo lo troviamo già nel mondo. Cerchiamo invece l’equilibrio: preghiamo e lavoriamo.

Si deve insegnare ad amare: l’amore è di moda, ma che tipo di amore? Qual è l’amore che si respira nelle nostre comunità? Se amo le mie sorelle, al momento di aprire la porta di casa, trasmetterò amore!

Quante vocazioni si perdono all’inizio? E quante dopo 8 o 12 anni di vita religiosa? Noi siamo colpevoli almeno al 50%. Io penso che la colpa sia tutta nostra: le nostre comunità sono troppo comode e non sanno dire “no” a molte cose… attenzione che la loro vita non sia più facile nella comunità religiosa piuttosto che in famiglia…

 

Che fare?

Contare sui “pochi” giovani (non è bene che io lo dica) che ci sono nelle Congregazioni, nel caso che siano stati formati troppo a vostra somiglianza. Si dovrebbe lasciare trasparire Cristo, e non rimanere sempre fermi in ciò che ha comportato tanto lavoro e che difendiamo a tutti i costi. Invece: trasparenza, semplicità e tanta verità. È importante inoltre l’esigere, ma si deve usare la testa oltre al cuore: mai accontentarsi di essere uno in più, bensì impegnarsi ad offrire una vera e propria vita religiosa con le esigenze che questa comporta. Dobbiamo pensare che stiamo aiutando la crescita umana e spirituale di una persona che ama Gesù. La missione è anche questa: forse… è una nuova missione!

 

Cosa offriamo?

1) Una vita moderna regolare, equilibrata tra preghiera e missione. Fuggite di essere semplicemente una ONG: può servire solo all’inizio, non per continuare e perseverare.

2) Accompagnamento virtuale:

– Può durare fino ad un anno, poi se si desidera continuare richiede un incontro faccia a faccia…, possono venire a conoscerci e a visitare la comunità più vicina.

– Richiede una risposta rapida. Il dolore e l’anelito che suscita la vocazione è quello di tutti i tempi, è indispensabile il bisogno di scoprire che cosa mi succede. Quindi: mai trascurare le e-mail. La comunicazione è molto veloce e se chi ci scrive sparisce, già sanno dove siamo. La comunicazione virtuale solo in rare occasioni può dirsi incontro!

– Essere molto chiari, concisi e trasparenti nelle domande, come ad esempio: “perché pensi che Dio ti chiama? Perché tu vuoi essere religioso/a? Hai riflettuto se c’è qualcosa che ti fa fuggire?”…

– Spiegare ciò che si vive – perché si può spiegare solo se si vive – e vivere bene la nostra vita consacrata.

Ciò richiede quindi che le nostre comunità si impegnino ad essere icone del Gesù che noi amiamo: dobbiamo riscoprire la nostra vocazione e al tempo stesso ripensare alla prima chiamata, a quello che vogliamo o cerchiamo di raggiungere lottando, ciò di cui siamo felici e ciò che si è rivelato illusione.

– Offrire l’opportunità di incontrare la comunità e trascorrervi alcuni giorni e, se conviene, anche un’esperienza che si proroghi per almeno un anno scolastico.

 

Si deve proporre la vocazione

Diverse sono le giovani – e anche qualche ragazzo – che da www.mivocacion.com, oltre ad essere accompagnate, hanno già compiuto un passo verso la vita religiosa, sia nella nostra Congregazione che in altre. Oggi, quindi, anche i siti Web sono dei luoghi dai quali si può cercare di rispondere alla chiamata di Dio. Si deve sapere investire in nuove tecnologie, investire nel design e non aver pigrizia di elaborare un semplice sito, moderno, con le idee chiare. Dare le indicazioni anche solo per il logo, sarebbe già un tema per un altro articolo! Finisco affermando che le vocazioni in Europa ci sono, le desideriamo di cuore, offriamo la nostra mano a chi sta cercando e non dobbiamo aver paura di fare proposte! In verità ci sono molti giovani che attendono una mano amica, che li faccia sentire loro degni di appartenere a Dio!

Mi auguro che siano molti coloro che avete aiutato a crescere nella vocazione: è vero che costa sacrificio, ma vale la pena generare una vocazione. Dio si serve di noi e questo è un grande compito; più grande ancora è vedere i giovani che cercano e trovano nelle nostre comunità la loro vera strada. Non dimenticate che la vocazione è un dono di Dio.

 Allora: facciamoci animo!