N.05
Settembre/Ottobre 2008

Internet: un nuovo servizio a favore della pastorale ecclesiale?

Questo contributo intende focalizzare l’attenzione sulla relazione tra quello che il sociologo spagnolo Manuel Castells ha chiamato alcuni anni fa la “Galassia Internet”[1] e la possibilità di questo potentissimo mezzo di comunicazione, relazione e condivisione di essere uno strumento a servizio della pastorale vocazionale. Il fatto che ognuno di noi abiti ormai una molteplicità di spazi e di tempi tendenzialmente differenziati costruiti dai media, all’interno dei quali l’uomo di oggi viene chiamato «ad acquisire la capacità intellettuale di ”imparare ad apprendere” nel corso di tutta la vita»[2], raccogliendo informazioni, ricombinandole e producendone di nuove[3] in vista di una vita (di ricerca, di comprensione e condivisione della fede) costantemente in progress, rende Internet non soltanto qualcosa con il quale l’operatore pastorale deve avere una dimestichezza di tipo per così dire pratico-creativo, ma qualcosa che – come ha ricordato Benedetto XVI in occasione dell’incontro con i preti della Diocesi di Albano il 31 agosto 2006 – va integrato all’interno di un unico cammino pastorale[4]. Se la pastorale classica (quella, per intenderci, parrocchiale, «per i fedeli che sono rimasti – e forse anche aumentano», afferma lo stesso Benedetto XVI) non può essere dismessa, ma deve essere ripensata in riferimento alle condizioni di vita dell’uomo tardo-moderno sempre più costretto all’interno di ritmi vitali che lo rendono abitante di più comunità contemporaneamente, ognuna delle quali dotata di una propria temporalità e spazialità[5], è però nei confronti di una tipologia di pastorale per certi aspetti nuova – quella, appunto, messa in circolazione dai nuovi media – che bisogna che gli operatori cattolici della pastorale si attrezzino. Tale pastorale, infatti, pur travalicando la possibilità della stessa parrocchia (e del parroco) di giungere dappertutto, chiede a ciascuno di diventare promotore di «una parola missionaria a quelli che non frequentano la parrocchia, non hanno fede o hanno poca fede»[6], e questo sempre in relazione alle altre realtà presenti nelle singole diocesi e in profondo accordo con il Vescovo il quale, attraverso il piano pastorale diocesano, si pone come coordinatore sapiente di questo grande concerto di voci.

Per cercare, quindi, di offrire una risposta alle opportunità collaborative specifiche tra questi particolari ambienti vitali, intendiamo scandire il nostro contributo in tre momenti:

1) Raccontare cosa è Internet oggi, cosa sta diventando anche grazie a coloro che lo stanno sperimentando in tutta le sue contraddittorie potenzialità e quali possono essere le linee di tendenza di uno strumento che, grazie all’avvento del cosiddetto Web 2.0, Web 3.0 e Web 3D, sta velocemente cambiando l’approccio ad esso da parte dell’utente medio[7]. Questi, infatti, è passato dalla mera fruizione di contenuti elaborati da altri (come avveniva sostanzialmente nel cosiddetto Web 1.0) alla costruzione e condivisione degli stessi (come, per esempio, riscontriamo dall’imponente esplosione dei blog[8]), per giungere, ultimamente, alla realizzazione di un « “reale” universo virtuale»[9], non necessariamente alternativo al mondo fisico reale[10]. Da questo punto di vista, in questi ultimi anni Internet si è velocemente trasformato in una sorta di intelligenza collettiva che, costantemente messa all’opera tramite interazione e condivisione di idee e progetti, diventa sempre di più intelligenza connettiva, propensa ad elaborare ogni tipologia di sapere secondo una propria logica e modalità intellettiva[11], guidata senza dubbio da diversi interessi diversi[12], nei confronti dei quali la stessa comunità ecclesiale non intende rimanere del tutto estranea[13].

2) Richiamare le linee guida della riflessione teologico-ecclesiale su Internet, così come essa è venuta formulandosi soprattutto a partire dai due documenti chiave stilati dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali nel 2002: La Chiesa e Internet e Etica in Internet [14]. Se è vero che, come ha recentemente affermato il Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, l’Arcivescovo Claudio Maria Celli, «la comunicazione umana è probabilmente uno degli aspetti più velocemente trasformati della nostra cultura. Non solo perché ci sono dei sofisticati strumenti per esercitarla, ma perché emergono nuove abitudini, nuovi linguaggi, tempi e spazi per l’esercizio quotidiano della comunicazione»[15], è altrettanto vero che, oltre alle caratteristiche positive di Internet (comunicazione decentralizzata, interattiva, globale, diffusa e tendenzialmente da condividersi con tutti), vanno tenute presenti anche quelle negative (come, per esempio, l’individualismo esasperato, la possibilità da parte di persone non sufficientemente educate di usufruire di contenuti pericolosi, l’invasione della privacy, ma anche quel «materialismo economico e relativismo etico»[16] che essi tenderebbero a diffondere). Per questo la riflessione teologica sottolinea costantemente, nelle molteplici prese di posizione, che nei mezzi di comunicazione il fine e la misura del loro uso sono la persona umana e la comunità umana, cosicché «la comunicazione dovrebbe essere fatta da persone a beneficio dello sviluppo integrale di altre persone»[17]: la dignità della persona resta, quindi, la linea di riferimento essenziale nella riflessione e costruzione di qualsiasi progetto che trovi in Internet il proprio riferimento.

3) Fornire alcuni spunti di applicabilità concreta di questo strumento, in riferimento alle esigenze di una «pastorale integrata» di tipo vocazionale, tentando di vedere come sia possibile pensare ed elaborare un progetto di sito Internet multi-piattaforma, che possa essere cioè fruito tramite il proprio PC, ma anche tramite gli smart mobs, oggi sempre più disponibili per un numero sempre più alto di persone[18] (telefonini, tivufonini, smartphone, palmari, ecc.). Questi spunti di praticabilità dovranno tenere presente che attualmente si stanno ponendo alla Chiesa alcuni quesiti con i quali essa è chiamata già oggi a confrontarsi: che ne è del messaggio cristiano una volta che entra in Internet? Che tipo di consapevolezza elettronica deve possedere ad intra per agire ad extra la Chiesa cattolica[19] nel momento in cui – come ormai è sotto gli occhi di tutti – stiamo passando da “un’epoca dell’occhio all’epoca dell’orecchio e dell’immagine”[20]? Se – come ricorda McLuhan, sociologo americano – la scrittura umana (ma anche la Sacra Scrittura soggiace in Internet a tale Diktat) è stata per secoli esaminata, studiata, interiorizzata e pregata in modo per così dire statico[21], cosa accade ad essa, a livello di comprensione (ma anche a livello, per esempio, di fede), nel momento in cui l’atmosfera del villaggio globale del XXI secolo viene sempre più guidata da mezzi di comunicazione (Internet compreso) nei quali tutto sembra accadere simultaneamente e la storia – concetto assolutamente decisivo nella Rivelazione cristiana – tende a farsi evanescente, surclassata da una sorta di «eterno presente»[22]?

Queste mi paiono essere le tre grandi questioni che stanno a monte della problematica a cui vogliamo dedicarci e che abbiamo sottolineato in modo interrogativo nel titolo di questo nostro contributo. Va poi ricordato come, in tutte e tre le questioni, vengano a risaltare alcuni grovigli teorici che devono essere tenuti presenti da coloro che pensano, erroneamente, di poter usare Internet in modo del tutto neutrale. La famosa affermazione di Marshall McLuhan, secondo il quale «il mezzo è il messaggio», si erge ancora oggi come un monito contro coloro che ritengono possibile separare Internet dall’uso che eventualmente se ne volesse fare. La consapevolezza dell’impossibilità di fare di Internet un semplice strumento ad usum auctoritatis, di qualsiasi genere essa sia (c’è stato infatti chi, in questo senso, ha parlato di Internet come di un mezzo di comunicazione essenzialmente protestante), deve essere tenuta costantemente presente soprattutto da coloro i quali, in ambito intra-ecclesiale, hanno deciso di entrare in Internet con una propria proposta educativa.

Anche un progetto di pastorale vocazionale che intendesse fare uso di queste tecnologie non è esente da questo avvertimento, la cui sfida può essere raccolta soltanto attraverso un uso per così dire sapienziale delle stesse, cioè pensandone fino in fondo le implicazioni filosofiche che ne stanno alla base e, conseguentemente, usando con consapevolezza e responsabilità tutto l’ampio spettro di possibilità che esso mette a disposizione. Se il sapere teologicamente orientato deve cioè imparare a fare i conti con le sfide provenienti da quello che Derrick de Kerckhove ha chiamato il «cervello cibernetico»[23], è lo stesso sapere teologico ad essere chiamato a favorirne un uso positivo, perché resti sempre e comunque «al servizio della persona e del bene comune»[24].

 

Internet oggi

Ci sono alcuni dati veramente impressionanti dai quali intendiamo partire, che ci possono servire a comprendere cosa è Internet oggi e cosa si sta muovendo in esso. Sono dati che vanno letti ed esaminati all’interno di una situazione in costante mutamento, ma che – comunque li si interpreti – esprimono un vettore di trasformazione fortissimo a livello culturale, politico, economico ed etico-religioso. Quando si parla di comunicazione globale e di Internet oggi, bisogna aver chiaro che «adesso non si tratta solo di computer collegati fra loro e di siti web come “vetrine” che offrono dei contenuti. Oggi stiamo parlando di un ambito culturale polimorfo che risulta da una serie di apparecchiature, piccole e grandi, fisse e mobili, terrestri e spaziali, che interagiscono tra loro a scala mondiale e con cui le persone e i gruppi dialogano, condividono, pubblicano in mille formati diversi. Questo universo, per questioni di praticità, possiamo continuare a chiamarlo Internet, anche se dobbiamo sapere che qualcosa di molto importante è cambiato. Le espressioni “Web 2.0” e “Web 3.0” o Web semantico, tentano di descrivere il travolgente protagonismo degli utenti e la progressiva intelligenza dei motori di ricerca, che segna quello che alcuni chiamano “la morte dei mass media”. Sono milioni gli utenti attivi, partecipativi e collegati in “reti sociali” delocalizzate ma non per quello meno incisive, come mai prima nella storia umana»[25]. Ecco i dati:

– Secondo la pubblicazione annuale della CIA – il The 2008 World Factbook – gli utenti di Internet nel mondo ammontavano nel 2005 a poco più di un miliardo[26], mentre oggi – secondo l’Internet World Stats – essi sono poco meno di un miliardo e mezzo , dei quali, quasi il 40% dislocati in Asia, il 26% in Europa, il 17 % in America e i restanti – con un forte divario digitale – suddivisi tra l’Africa e l’America latina[27].

– Al momento, il più importante (e famoso) motore di ricerca presente in rete – Google – ha indicizzato all’incirca 12 miliardi di pagine web. Se nel 2005 ne aveva indicizzate circa 650 milioni, oggi, dopo soli 3 anni di lavoro, ne ha indicizzate proporzionalmente 1746% in più. Va anche tenuto presente – sia detto en passant – che queste sono solo una piccolissima parte delle pagine presenti on line non ancora censite e che, come oggi sappiamo da alcuni studi[28], esiste un web profondo costituito da circa 550 miliardi di pagine web non (ancora) raggiunte dai motori di ricerca[29].

– Come ha ricordato il New York Times in un articolo del 26 luglio 2008[30], il ministro dell’informazione cinese ha annunciato che, nel maggio 2008, la Cina ha sorpassato gli Stati Uniti per numero complessivo di utenti di Internet: 253 milioni, contro i 225 milioni degli Usa. Questa è cifra è ovviamente destinata ad aumentare, dato il numero globale dei cinesi, e questo sta a dimostrare anche l’enorme potenzialità del mercato cinese (a vari livelli) nel quale il mondo giovanile (si pensi che il 70% degli internauti ha meno di 30 anni) la fa da padrone.

– Secondo uno studio di Comscore[31], sono in aumento, stimato attorno al 25%, i siti di social network, quei siti cioè a carattere sociale, che mettono in collegamento persone unite tra loro da legami di vario genere: di lavoro, familiari, culturali, religiosi o altro. Se è vero, come è stato recentemente mostrato[32], che queste community in rete mostrano notevoli difficoltà nel passare ad uno status di society capace di far sentire la propria voce nel cosiddetto mondo reale, è altrettanto vero che Internet è un fenomeno culturale che lavora e agisce a vari livelli – etnico, mediatico, tecnologico, finanziario e ideologico[33] – di modo che, colui che intende usufruirne a tutti i livelli, è chiamato a pensare i propri progetti all’interno di questa complessità crescente.

– Uno studio americano pubblicato nel 2007 dall’Università di Harvard intitolato Creative Destruction: An Exploratory Look at News on the Internet, ha mostrato come Internet sia diventato per gli americani il maggior canale di informazione al quale rivolgersi[34]. Non soltanto Internet non può più essere pensato come il luogo nel quale riciclare i prodotti della comunicazione (come, per esempio, trasmissioni televisive in differita) nati originariamente per altri mezzi di diffusione, ma bisogna rendersi conto che esso ha una propria logica e un proprio linguaggio, modalità di aggregazione e di partecipazione del tutto diverse da quelle di tutti gli altri mezzi di comunicazione.

 

Questi pochi dati, presi insieme, esprimono quanto Internet stia diventando un luogo di forte complessità, che costituisce (e costruisce) in modo sempre più incisivo la vita dell’uomo contemporaneo. Esso, da un lato, è un luogo di integrazione, di incontro e comunicazione del tutto nuovo – una sorta di nuovo areopago del XXI secolo[35] – ma è anche un luogo che, a volte, rischia di rendere le persone distanti l’una dall’altra, ognuna con una propria vita, con propri interessi, con un proprio progetto da portare autonomamente avanti, persa, come si dice, nel proprio mondo virtuale (tenendo, però, ben presente che questi mondi virtuali sono sempre meno staccati, e staccabili, dalla realtà)[36]. Pure la commercializzazione dei nuovi smart mobs (primo, fra tutti, il recentissimo Iphone della Apple) merita un’attenzione del tutto particolare, in quanto essa sta regalando all’uomo contemporaneo la possibilità di un’esperienza comunicativa da esperirsi a più livelli. La miniaturizzazione della tecnologia e l’antropomorfizzazione delle interfacce fredde dei computer e dei chip permette contemporaneamente di compiere una semplice telefonata, ma anche di ascoltare le canzoni, di vedere dei video ad alta definizione, così come di connettersi ad Internet, scaricare mail, consultare mappe stradali del mondo intero, e molto altro ancora.

Questo insieme di possibilità tecnologiche condensate in dispositivi più piccoli di una mano, se da un lato ha messo a disposizione di tutti una tecnologia dal volto più umano[37], tale da rendere il rapporto uomo-macchina un rapporto ormai quotidiano[38], dall’altro lato ha posto nelle mani dell’uomo contemporaneo una techne della quale molto spesso sfugge il senso profondo e che, il più delle volte, a motivo di un’accelerazione tale da non lasciare il tempo all’uomo stesso di comprenderne appieno le potenzialità e i rischi, si impone nella vita di ognuno come un ulteriore elemento di asservimento e non di liberazione (si pensi, per esempio, alla problematica della privacy). È in questa prospettiva che i documenti elaborati dalla Chiesa si sono mossi, ed è per questo motivo che occorre ora proporne una rinnovata attualizzazione a partire da quelle problematiche che in questi anni sono prepotentemente emerse come cruciali[39].

 

La chiesa e Internet

La pubblicazione nel 2002, da parte del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, dei documenti La chiesa e Internet e Etica in Internet, unitamente alla diffusione dei messaggi di Giovanni Paolo II in occasione della 36a e 37a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2002 e 2003[40], ha avuto il merito di operare una sintonizzazione di carattere teologico, ecclesiologico e pastorale su un tema di estrema attualità che, a tutt’oggi, proprio perché capace di esprimere uno degli elementi centrali della vita odierna, richiede un surplus di riflessione teologica e antropologica. La lunga tradizione di riflessione ed elaborazione circa la positività dei mezzi di comunicazione che la Chiesa ha portato avanti in misura crescente per tutto il XX secolo[41], sottolinea oggi l’urgenza – come ricorda l’enciclica di Giovanni Paolo II Redemptoris missio – non soltanto di diffondere per loro tramite il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma – cosa essenziale – di «integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna»[42]. Il bisogno non tanto di una semplice trasposizione del messaggio cristiano nel medium comunicativo, ma di una sua integrazione all’interno di un mondo nel quale, come ricorda il documento La chiesa e Internet citando l’Aetatis novae, «l’esperienza umana in quanto tale è diventata un’esperienza mediatica»[43], è diventata quindi la nota caratterizzante dell’epoca attuale.

Se è vero che le nuove generazioni vivono costantemente immerse in un villaggio globale che le condiziona profondamente circa il loro modo di vedere, sentire e reagire alla complessità e molteplicità dei messaggi e delle informazioni che provengono da ogni parte, va detto che l’attività missionaria della Chiesa deve orientarsi in modo nuovo verso quelli che Giovanni Paolo II ha chiamato «gli areopaghi del mondo moderno»[44], colmando così quel divario tra vangelo e cultura che Paolo VI nella esortazione apostolica del 1975, Evangelii nuntiandi, diceva essere il grande dramma dell’epoca attuale[45]. Intendiamo per questo sottolineare adesso alcuni elementi generali di orientamento, che i documenti ecclesiali recenti ritengono essenziali per coloro i quali fanno un uso pressoché quotidiano di Internet. Ripercorrendo alcune piste di riflessione, riteniamo imprescindibile vederli quali impulsi positivi per un uso cristianamente orientato dei mezzi di comunicazione da parte della Chiesa cattolica.

Va detto, prima di tutto, che i documenti ecclesiali che si sono interessati ai mezzi di comunicazione (e, in particolare, a Internet) sono concordi nell’affermare che essi, proprio in quanto veicoli di evangelizzazione e di catechesi, vanno considerati all’interno di una più vasta iniziativa avviata in questi anni dalla Chiesa italiana «per raccordare e promuovere la comunicazione in campo ecclesiale e per rendere più incisiva la presenza della Chiesa»[46].

Se – prosegue il documento – «i media dovranno trovare in questo decennio un’ulteriore realizzazione nel quadro di un’organica pastorale delle comunicazioni sociali e nella prospettiva del progetto culturale», il poter accedere a «fonti religiose e spirituali, a grandi biblioteche, a musei e luoghi di culto, a documenti magisteriali, a scritti dei padri e dottori della Chiesa e alla saggezza religiosa di secoli»[47], va letto come un vero e proprio servizio, offerto all’utente medio, di selezionare informazione religiosa di qualità ed è in questa prospettiva che tali fonti di informazione devono essere messe a disposizione. L’importanza di evangelizzare in modo nuovo, al passo con le tecniche proprie del mondo di oggi, l’improcrastinabilità di dare vita a tipologia di catechesi e di educazione capaci di incidere sulla modalità di fruizione, comprensione e ricezione del messaggio cristiano da parte dell’uomo contemporaneo, costituiscono l’orizzonte a partire dal quale l’approccio ad essi deve essere pensato e progettato.

È in tale prospettiva che va inteso quanto affermato da Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa del 2003, e cioè che «la Chiesa in Europa non può non riservare particolare attenzione al variegato mondo dei mass media»[48]. Questo ha come corollario basilare quello di dover formare adeguatamente quei «cristiani che operano nei media (…), in vista di una buona padronanza dei nuovi linguaggi»[49], per cui una «speciale cura si porrà nella scelta di persone preparate per la comunicazione del messaggio attraverso i media. Molto utile sarà pure lo scambio di informazioni e di strategie tra le Chiese sui diversi aspetti e sulle iniziative concernenti tale comunicazione. Né dovrà essere trascurata la creazione di strumenti locali, anche a livello parrocchiale, di comunicazione sociale»[50].

In secondo luogo, poi, va ricordata l’importanza di un uso di Internet come «strumento di comunicazione interna»[51]. Se La chiesa e Internetvede nella possibilità di partecipazione diretta e di interattività la caratteristica primaria di questo potente mezzo di dialogos dell’uomo tardo-moderno, esso deve essere vissuto e praticato in tutta la sua positiva potenzialità. La bidirezionalità (e multidirezionalità) da esso resa possibile (non più da uno a molti, ma da molti a molti), con i conseguenti rischi di nomadismo comunicativo – che devono essere tenuti presenti, ma non aprioristicamente bollati come negativi[52] – va colta, infatti, come uno stimolo a ricercare nuove tipologie di comunicazione che possano dare il via alla formazione di un’opinione pubblica intra-ecclesiale sempre più responsabile ad intra e ad extra, di cui oggi si avverte sempre più la necessità. Non è un caso che il documento Etica nelle comunicazioni sociali (2000) del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali affermi al n. 26 quanto segue: «Un flusso bidirezionale di informazione e opinioni fra pastori e fedeli, la libertà di espressione sensibile al benessere della comunità e al ruolo del magistero nel promuoverlo e un’opinione pubblica responsabile sono tutte espressioni importanti del “diritto fondamentale al dialogo e all’informazione in seno alla Chiesa”»[53]. Tutto questo, come si può ben immaginare, ha delle ricadute capitali anche per quanto riguarda la pastorale vocazionale, là dove il documento La chiesa e Internet rinvia alla possibilità di «consultare esperti, preparare incontri e collaborare con le Chiese particolari e con le istituzioni religiose a livello locale, nazionale e internazionale»[54]. La centralità della formazione e dell’educazione permanente non soltanto ai mezzi di comunicazione, ma, soprattutto, attraverso di essi, al «buon gusto» e al «veritiero giudizio morale», in una parola, a «vivere bene nel mondo del ciberspazio»[55], fanno di Internet una sfida alla quale tutta la comunità ecclesiale deve saper rispondere in modo disponibile e creativo attraverso una «positiva programmazione pastorale per l’uso di Internet»[56] che, attraverso una «comunicazione efficace», sappia annunciare Cristo all’uomo di oggi.

Va infine ricordato che il documento già citato, La chiesa e Internet, dice quanto sia «importante anche che le persone, a tutti i livelli ecclesiali, utilizzino Internet in modo creativo per adempiere alle proprie responsabilità e per svolgere la propria azione di Chiesa. Tirarsi indietro timidamente per paura della tecnologia o per qualche altro motivo non è accettabile, soprattutto in considerazione delle numerose possibilità positive che Internet offre».

Internet, in questo senso, agevola senza dubbio le relazioni tra le persone, e queste vengono pure sorrette da una tipologia di comunicazioni, per così dire, impegnata. Si badi bene: non si vuole qui affermare che soltanto le comunicazioni impegnate, condotte su temi di una certa rilevanza sociale, politica o religiosa possono tenere insieme le persone, ma la possibilità che offre Internet di condividere progetti culturali in grande stile, così come ideali condivisi di vario genere, sempre nel rispetto delle idee e della dignità di tutti, dà modo di «approfondire il dialogo col mondo contemporaneo». «La Chiesa può più rapidamente informare il mondo del suo “credo” e spiegare le ragioni della sua posizione su ogni problema o evento. Può ascoltare più chiaramente la voce dell’opinione pubblica, ed entrare in un continuo dibattito con il mondo circostante, impegnandosi così più tempestivamente nella ricerca comune di soluzioni ai molti, pressanti problemi dell’umanità». I responsabili ecclesiali devono quindi imparare a comprendere i mezzi di comunicazione sociale, applicando questa comprensione nell’«elaborazione dei piani pastorali»[57] sul versante più prettamente educativo. Essi non soltanto devono possedere una formazione di tipo mass-mediale, ma devono metterla al «servizio della vocazione umana e trascendente dell’uomo, così da glorificare il Padre dal quale hanno origine tutte le cose buone»[58].

 

Alcuni spunti di applicabilità

È in riferimento agli orientamenti qui velocemente sintetizzati, che è ora possibile cercare di offrire una risposta operativa alla questione che ci siamo posti nel titolo di questo contributo, e cioè se Internet possa essere visto come un nuovo servizio a favore della pastorale ecclesiale. Oltre a dover dare una risposta senza dubbio positiva a questa domanda, come abbiamo potuto vedere da alcune citazioni tratte dal magistero ordinario della Chiesa qui sopra riportate, è però sulla operatività e sulla praticabilità, in una parola, sulla possibilità ed urgenza di costruire delle piattaforme tecnologiche che vadano in questa direzione, che bisogna oggi interrogarsi dal punto di vista intraecclesiale. Anche perché – come ricordava Giovanni Paolo II nel 2002 – «Internet è certamente un nuovo “forum” (…), ossia uno spazio pubblico dove si conducevano politica e affari, dove si adempivano i doveri religiosi, dove si svolgeva gran parte della vita sociale della città e dove la natura umana si mostrava al suo meglio e al suo peggio. Era uno spazio urbano affollato e caotico che rifletteva la cultura dominante, ma creava anche una cultura propria»[59]. Più che analizzare quindi (e, perciò, sottoporre anche a critica) gli ormai numerosissimi siti di carattere cattolico-ecclesiale oggi presenti on line, ci sembra interessante enucleare alcuni elementi-quadro in riferimento ai quali una struttura tecnologica deve oggi essere pensata e costruita.

– Chi si accinge a dare vita ad un sito web (di qualsiasi dimensione esso sia, a chiunque esso sia destinato e per qualsiasi motivo esso venga progettato) deve previamente fornire (a se stesso o al committente) lo schema visuale dell’intero Core Process (procedura principale) riguardante la progettazione, l’elaborazione e la costruzione del sito medesimo. Questo Core Process può essere essenzialmente scandito in cinque passaggi: a) la definizione del progetto; b) lo sviluppo della struttura del sito; c) il design e il testing visuale; d) la produzione e il controllo della qualità; e) il lancio e la manutenzione del sito. Tenendo presente il fatto che ognuno di questi passaggi è ulteriormente suddiviso in alcuni momenti particolari[60], ognuno dei quali va attentamente studiato ed elaborato, e poi successivamente collegato agli altri, da un team composto da più figure professionali, ognuna delle quali risulterà competente in un proprio settore specifico, va ricordato che la fornitura dell’intero Core Processavviene affinché il sito stesso sia attentamente studiato, analizzato in tutti i suoi risvolti, anche in vista di una sua attenta valutazione a livello di budget economico d’investimento. Non è più tempo, oggi, con le tecnologie attualmente a disposizione e la digitalizzazione sempre più spinta della comunicazione anche in settori più specificatamente religiosi, di dare vita a “siti vetrina” il cui appeal grafico, tra l’altro, è soltanto capace di mostrarne tutta la scadente obsolescenza. Oggi, quello che chiede l’occhio allenato del surfer di Internet, oltre la celerità di connessione (banda larga), è la velocità, la semplicità di fruizione e l’usabilità dei contenuti[61], nei confronti dei quali il sito web deve mantenere un’attenzione costante, così da mantenere vivo il desiderio di tornare ad usufruire di essi. Ovviamente, tutto questo dovrà rispettare le leggi sull’accessibilità (17 dicembre 2003, Legge Stanca), che attiene a quell’insieme di tecniche e linee guida che rendono un sito web fruibile a tutti. Questa legge prevede l’obbligo per la Pubblica Amministrazione di rendere accessibili a tutti i siti web e prevede che i nuovi contratti stipulati per la realizzazione di siti Internet siano nulli qualora non rispettino i requisiti di accessibilità. L’inosservanza delle disposizioni della legge da parte del pubblico amministratore comporta inoltre responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare[62].

– Dal momento che stiamo parlando di una «comunicazione digitale», e cioè di una comunicazione improntata alla multimedialità e alla crossmedialità (la convergenza digitale dei principali media: tv, telefonia e web)[63], è fondamentale che le attuali piattaforme tecnologiche, nel momento stesso in cui vengono pensate e costruite, tengano presente la portabilità del messaggio che intendono distribuire. Il messaggio dovrà essere cioè fruito attraverso piattaforme tecnologiche diverse, ma, proprio per questo, dovrà essere pensato, seppure unitariamente nel suo senso profondo, diversamente recepibile, e quindi dotato di una propria logica, a seconda del medium attraverso cui viene trasmesso. Dal momento che, come ormai si dice dappertutto, Content is the king (il contenuto è il re), dopo aver fatto passi da gigante in questi anni per quanto riguarda le autostrade della comunicazione, bisogna oggi dedicarsi alla elaborazione di contenuti che devono essere, in questo pluriverso della comunicazione, di tipo digitale[6]. Tale digitalizzazione rende poi possibile ad ognuno, in un mondo sempre più veloce e deterritorializzato, una fl4essibilità nella ricezione mai precedentemente esperita: il poter entrare in contatto con messaggi e informazioni di particolare rilevanza on demand, cioè su richiesta (dove si vuole, quando si vuole, come si vuole) – si pensi alle lezioni universitarie, piuttosto che a conferenze o a incontri di tipo formativo – rende profilata e personalizzata l’esperienza comunicativa (mentre fino a non molto tempo fa, ognuno era tenuto ad essere fisicamente presente nel posto nel quale doveva avvenire una certa comunicazione).

– Se consideriamo un sito Internet come un ambiente virtuale di apprendimento, dotato di una propria logica e di una propria finalità[65], non dobbiamo dimenticarci che, in qualità di sistema di e-organisation, esso deve basarsi su un’ottimizzazione dei processi comunicativi che siano finalizzati alla creazione di una virtual community volta a pensarsi come e-learnig organisation. Questo significa che la virtual community non soltanto è chiamata a diventare un luogo di produzione, fruizione e aumento della conoscenza, ma il capitale intellettuale di cui essa dispone deve essere mantenuto, gestito e aumentato attraverso una gestione efficiente dei flussi informativi ed operativi oggi già disponibili all’utente medio. Il fatto che vengano proposte newsletter o mailing list profilate quanto a contenuti e quanto ad utenti interessati ad un unico argomento (perché, infatti, continuare a mandare fior fiore di informazioni a chi, in fin dei conti, è interessato soltanto ad alcune, che invece potrebbero interessarlo particolarmente?) può essere visto – su scala maggiore – come una richiesta da parte delle persone di essere interpellate, conosciute ed educate secondo un proprio profilo specifico. Se la logica ormai pervasiva del blog sta ormai a significare che ciascuno ha qualcosa da dire (magari, di non particolarmente interessante per me), l’idea che ciascuno sia disposto a fare un percorso di conoscenza virtuale insieme a chi condivide la propria idea o il proprio interesse non deve essere lasciata cadere, ma deve venire raccolta come una sfida rivolta agli operatori della pastorale integrata.

– Attraverso Internet possiamo poi dare vita al cosiddetto e-learning (anche a carattere religioso), cioè a una modalità di apprendimento basata su un livello di elevata interattività tra soggetto conoscitore, contenuti conoscitivi e soggetti recettori. Se è vero che l’e-learning nasce dagli sviluppi di Internet ed eredita dalla rete un approccio alla conoscenza orientato alla partecipazione, al confronto continuo con gli altri e con l’ambiente circostante (ma non è forse questo anche l’orizzonte all’interno del quale si dà un apprendimento della fede?), indipendentemente dai vincoli geografici o fisici ai quali ciascuno è legato, è altrettanto vero che oggi sono proprio le domande del learner (colui che apprende) che dovrebbero guidare il knowledge provider (l’insegnante) ad elaborare una tipologia di insegnamento che non va a scapito dei contenuti, ma tiene anche conto di colui che li recepisce e dell’orizzonte nel quale li recepisce. Proprio perché l’e-learnig è un sistema che intende coinvolgere tutti coloro che partecipano al gioco dell’apprendimento, stimolando in questo modo lo sviluppo di nuove competenze a partire dalle domande e dalle questioni che ciascuno sa porre in vista degli obiettivi che vuole raggiungere (a meno di non voler continuare a trasmettere un messaggio così generale da diventare generico e coprire, in verità, soltanto la propria incompetenza ormai istituzionalizzata), esso è una provocazione che può diventare un impulso a ripensare la comunicazione della fede secondo le modalità comunicative dell’uomo contemporaneo.

 

Note

[1] M. CASTELLS, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano 2006. Dello stesso si veda anche La nascita della società in rete, EGEA, Milano 2002.

[2] IDEM, Galassia Internet, p. 258.

[3] Rimandiamo alle lungimiranti riflessioni compiute da G. GRANIERI, Società digitale, Laterza, Roma-Bari 2006.

[4] BENEDETTO XVI, Incontro con i sacerdoti della diocesi di Albano (31 agosto 2006), in:  .

[5] È stato ERNST BLOCH, a metà degli anni ’30 del secolo scorso, nell’opera Eredità di questo tempo, ad affermare che l’uomo moderno vive in una molteplicità di tempi e di spazi tra loro non contemporanei. Anche il grande storico francese JACQUES LE GOFF è intervenuto su tali questioni nel volume Tempo della Chiesa e tempo del mercante e altri saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino 1986, al quale rimandiamo. Su tali questioni ci permettiamo di rinviare al nostro La comunità come problema della tarda modernità, in IDEM, Ospitalità di diritto, Libreria Bonomo Editrice, Bologna 2008, pp. 25-48.

[6] BENEDETTO XVI, op. cit.

[7] Molto importante, per introdursi ad una comprensione delle recentissime tendenze del web, è M. GEROSA, Rinascimento virtuale. Convergenza, comunità e terza dimensione, Meltemi, Roma 2008.

[8] Rimandiamo a G. GRANIERI, Blog generation, Laterza, Roma-Bari 2005. Ricordiamo che un blog è un diario in rete (web-log = traccia in rete). Attualmente si pensa che ogni giorno aprano circa 15.000 blog di argomento vario.

[9] Così leggiamo alla voce Second Life in http://it.wikipedia.org/wiki/Second_Life#cite_note-2.

[10] Il fenomeno di Second Life, per esempio, sta avendo una declinazione di grande interesse sull’ambito educativo e formativo, come spiega l’articolo apparso sul “Guardian” (6 aprile 2007) dal titolo A second look at school life. Su Second Life rimandiamo a M. GEROSA, Second Life, Meltemi, Roma 2007.

[11] Su tali questioni consigliamo: P. LÉVY, Le tecnologie dell’intelligenza. Il futuro del pensiero nell’era informatica, Ombre Corte, Verona 2000; D. DEKERCKHOVE, Architettura dell’intelligenza, Testo & Immagine, Milano 2001; A. ELIA, «Cogitamus ergo sumus». Web 2.0 encyclopaedi@s: the case of Wikipedia, Aracne, Roma 2008.

[12] Va qui ricordato che tali interessi non sempre sono in grado di connettere socialmente gli individui tra loro, come sottolinea fortemente CARLO FORMENTInel suo ultimo lavoro Cybersoviet. Utopie postdemocratiche e nuovi media, Raffaello Cortina, Milano 2008.

[13] Segnaliamo che il Vescovo di Vicenza, Mons. Cesare Nosiglia, ha partecipato alla inaugurazione del Park Palladio, costruito per i cinquecento anni dell’illustre architetto vicentino, mediante il suo avatar, cioè un’immagine scelta per rappresentare la propria presenza nella community. Aldilà della curiosità della notizia riportata dal sito web della Provincia di Vicenza (http://www.provincia.vicenza.it/notizie/salastampa.php/8674), questo evento riveste un’importanza, dal nostro punto di vista, per certi aspetti epocale.

[14] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La chiesa e InternetEtica in Internet, IN “Enchiridion Vaticanum” 21, EDB, Bologna 2002.

[15] C. M. CELLI, Le sfide etiche di Internet nella società globale in occasione del Forum dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (Ucsi), svoltosi a Roma, il 14 maggio 2008, sul tema: Internet, saperi, informazione, democrazia globale. Il testo è disponibile all’indirizzo http://www.zenit.org/article-14400?l=italian .

[16] BENEDETTO XVI, I mezzi di comunicazione sociale: al bivio fra protagonismo e servizio. Cercare la Verità per condividerla (4 maggio 2008), in http://www.pccs.it/Documenti%5CHTML%5CIta%5CGMCS%5C42_GMCS_Ita.htm

[17] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica nelle comunicazioni sociali, in “Enchiridion Vaticanum” 19, EDB, Bologna 2004, 906. Andrebbe tenuta presente anche l’Istruzione pastorale Aetatis novae (1992) elaborata in occasione del 20° anniversario della Communio et progressio, che si può leggere in “Enchiridion Vaticanum” 13, EDB, Bologna 1995, 1002-1105.

[18] Su questo resta fondamentale lo studio di H. RHEINGOLD, Smart mobs. Tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima ventura, Raffaello Cortina, Milano 2003, nel quale egli parla degli smart mobs come di una “moltitudine intelligente”.

[19] M. MCLUHAN, La luce e il mezzo. Riflessioni sulla religione, Armando, Roma 2002, pp. 96-104.

[20] IDEM, Dall’occhio all’orecchio, Armando, Roma 1986.

[21] Dice McLuhan: «Citerò di passaggio che, a causa dei suoi aspetti statici, la parola scritta ispira il dubbio nella mente umana. Questa è l’abitudine dello sguardo che esamina la scrittura: nero/bianco… sì/no … forse sì/forse no. Lo scetticismo è la vera forma della scrittura scritta». Cit. da M. MCLUHAN, La luce e il mezzo. Riflessioni sulla religione, p. 65.

[22] Su tali questioni ha richiamato l’attenzione ultimamente il filosofo tedesco Peter Sloterdijk. Egli è del parere che il mondo attuale nel quale viviamo sia caratterizzato dall’installazione di un’atmosfera elettronica e di un ambiente satellitare interno all’orbita terrestre. Lo spazio nel quale noi viviamo è sempre più simile ad un’atmosfera (da qui l’importanza sempre più forte dei media che narrano il clima spirituale dell’uomo odierno), mentre la sfera terrestre diventa una rete di punti tra loro interconnessi (la “rete”) anche dalla potenza dei mass media. Da questo punto di vista, per Sloterdijk, non esiste alcun “fuori”. Di SLOTERDIJK su ciò Il mondo dentro il capitale, Meltemi, Roma 2006.

[23] D. DE KERCHOVE, Brainframes. Mente, tecnologia, mercato, Baskerville, Bologna 1991, pp. 98ss. Di grande forza visionaria, ma non solo, sono le riflessioni condotte da R. KURZWEIL, La singolarità è vicina, Apogeo, Milano 2008.

[24] BENEDETTO XVI, Messaggio per la XLII giornata mondiale delle comunicazioni sociali (4 maggio 2008). Rinviamo anche alle considerazioni da noi fatte in Teologie on line, in R. ALTOBELLI – S. LEONE (A CURA DI), La morale riflessa sul monitor. Internet ed etica, Città Nuova, Roma 2006, pp. 33-54.

[25] C. M. CELLI, op. cit.

[26] Questa pubblicazione è di dominio pubblico ed è consultabile on line all’indirizzo https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/index.html .

[27] Cf http://www.internetworldstats.com/stats.htm . I dati sono aggiornati al 30 giugno 2008.

[28] Ci riferiamo ad uno studio del 2000 della Bright Planet (http://www.brightplanet.com).

[29] Questo sta a significare che Google, a tutt’oggi, ha indicizzato solo il 2% delle pagine presenti sul web.

[30] D. BARBOZA, China Surpasses U.S. in Number of Internet Users, in “New York Times”, 26 luglio 2008, [in  http://www.nytimes.com/2008/07/26/business/worldbusiness/ 26internet.html]. Sull’importanza della Cina, come anche dell’India, dal punto di vista tecnologico sono da leggere attentamente le riflessioni che FEDERICO RAMPINI ha fatto nel suo libro L’Impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone, Mondadori, Milano 2007.

[31] Cf http://www.comscore.com

[32] Ci riferiamo all’importante lavoro di C. FORMENTI, Cybersoviet. Utopie post-democratiche e nuovi media, Cortina, Milano 2008, il quale solleva forti dubbi in questo senso.

[33] È stato ARJUN APPADURAI, importantissimo sociologo indiano contemporaneo, ad aver affrontato la questione nel suo volume Modernità in polvere, Meltemi, Roma 2001. Questi ha parlato di etnorami (il panorama di persone nel mondo mutevole in cui viviamo), tecnorami (la configurazione globale della tecnologia), finanziorami (la disposizione del capitale globale), mediorami (le immagini del mondo create dai media) e ideorami (le ideologie degli stati e le controideologie dei movimenti). Se ci pensiamo, la forza di Internet sta anche nell’aver costruito questi ambiti di vita contemporanei nei quali viviamo.

[34]  http://www.ksg.harvard.edu/presspol/carnegie_knight/creative_destruction_web.pdf .

[35] T. KENNEDY, Retorica della presenza: dall’areopago a Internet, in R. ALTOBELLI – S. LEONE (A CURA DI), La morale riflessa sul monitor. Internet ed etica, pp. 154-159.

[36] M. GEROSA – A. PFEFFER, Mondi virtuali, Castelvecchi, Roma 2006.

[37] L’ingegnere e psicologo americano DONALD NORMAN ha dedicato parecchi lavori a riflettere (e progettare) su macchine intelligenti che servano realmente all’uomo, senza opprimerlo con una tecnologia complessa e lontana dai sui bisogni reali. Di esso di veda Il computer invisibile. La tecnologia migliore è quella che non si vede, Apogeo, Milano 2005 e il recentissimo Il design del futuro, Apogeo, Milano 2008.

[38] Ricordiamo come la U.S. National Academy of Engineering abbia ultimamente elaborato un imponente progetto che ha come punto di riferimento la relazione tra le tecnologie informatiche e la vita dell’uomo nei vari ambiti di cui è composta. Su ciò rimandiamo al sito http:// www.nationalacademies.org/onpinews/default.aspx  .

[39] Va detto che, per chi consideri la storia di Internet di questi ultimi anni, 6 anni – il tempo che ci separa dalla stesura dei documenti ecclesiali avvenuta nel 2002 – è un tempo lunghissimo. Per questo ci sembra di poter dire, anche in riferimento ad alcune riflessioni portate avanti dal Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, che tali documenti restino tuttora validi, ma vadano nel contempo “riattualizzati” in riferimento a quello che Internet oggi è diventato.

[40] GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la 36a Giornata delle Comunicazioni sociali (Internet: un nuovo Forum per proclamare il Vangelo), in “Enchiridion Vaticanum” 21, EDB, Bologna 2005, 29-36; UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI (A CURA DI), I mezzi della comunicazione sociale a servizio di un’autentica pace alla luce della “Pacem in terris”, Paoline, Milano 2003, pp. 7-12.

[41] Sarebbe molto interessante compiere una ricognizione dei documenti che, a partire dai primi anni Cinquanta, la Chiesa Cattolica ha elaborato sulla tematica della comunicazione sociale. Dalla Miranda prorsus (1957) a Etica nella pubblicità (1997), passando per la Inter mirifica (1963), alla Communio et progressio(1971) e alla Aetatis novae (1992), la Chiesa cattolica ha insonnemente cercato di comprendere il senso antropologico profondo della comunicazione, tanto per l’uomo contemporaneo quanto per la Chiesa stessa.

[42] GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, in “Enchiridion delle Encicliche” 8, EDB, Bologna 2005, 923.

[43] PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Aetatis novae, in “Enchiridion Vaticanum” 13, EDB, Bologna 1995, 1006.

[44]Ibidem, 37.

[45] PAOLO VI, L’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, in “Enchiridion Vaticanum” 5, EDB, Bologna 1979, 1612.

[46]Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del Duemila, Paoline, Milano 2002, n. 39.

[47] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La chiesa e Internet, 77.

[48] GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, in “Enchiridion Vaticanum” 22, EDB, Bologna 2006, 503.

[49] Ivi.

[50] Ivi.

[51] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La chiesa e Internet, 77.

[52] Su ciò rimandiamo alle riflessioni di P. C. RIVOLTELLA, Comunicare nell’era digitale, in “Il Regno-Attualità”, 14(2008), 455ss.

[53] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica nelle comunicazioni sociali, in “Enchiridion Vaticanum” 19, EDB, Bologna 2004, 916. Cf anche Aetatis novae, n. 10 e Communio et progressio, n. 20.

[54] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La chiesa e Internet, 79.

[55]Ibidem, 80-81.

[56]Ibidem, 85.

[57]Ibidem, 88.

[58] Ivi.
[59] GIOVANNI PAOLO II, Internet: un nuovo Forum per proclamare il Vangelo, cit.

[60] Di ciò abbiamo dato conto nel nostro contributo Strumenti, metodi e accessibilità per la progettazione di siti web, in http://www.coccolinigiacomo.it/files/strumenti_e_metodi.pdf,  al quale ci permettiamo di rinviare.

[61] J. NIELSEN, Web usability 2.0. L’usabilità che conta, Apogeo, Milano 2006.

[62] http://www.pubbliaccesso.gov.it/normative/legge_20040109_n4.htm .

[63] «Crossmedia (conosciuto anche come Cross-Media, Cross-Media Entertainment, Cross-Media Communication) rappresenta una proprietà dei media, un servizio, una storia o un’esperienza distribuiti su piattaforme tecnologiche che utilizzano diversi formati. Si riferisce al passaggio e ai collegamenti tra apparecchi e formati diversi e può essere presente in programmi di intrattenimento televisivo, nella pubblicità, nei giochi e nei formati basati sulla ricerca come ad esempio i giochi di realtà alternativa (Alternate Reality Games), in cui si stabiliscono dipendenze e rinvii tra i vari media fruiti attraverso i diversi apparecchi». Cit. in http://en.wikipedia.org/wiki/Cross_media .

[64] Rimandiamo a E. FLEISCHNER, Il paradosso di Gutenberg. Dalla cross-medialità al media on demand, RAI – ERI, Roma 2007 e a P. FERRI, La fine dei mass media. Le nuove tecnologie della comunicazione e le trasformazioni dell’industria culturale, Guerini & Associati, Milano 2004.

[65] Su ciò G. ANCESCHI – M. BOTTA – M. A. GARITO, L’ambiente dell’apprendimento. Web design e processi cognitivi, McGraw-Hill Companies, Milano 2006.