N.01
Gennaio/Febbraio 2009

Ma, io chi sono?

Briciole di apprendistato per il direttore del CDV

 

 

 

 

1. Crisi d’identità

Siamo nell’epoca della crisi d’identità. Tutti lo ammettono. Non solo uno, nessuno, centomila di pirandelliana memoria, ma addirittura “inorganici”, per dirla alla Freud. Infatti sono le cose e le circostanze a definirci e a darci vita: le merci che creano i nostri bisogni nell’automatismo produttivo; le mode per delineare la nostra immagine; gli impegni che ci assillano per dire che esistiamo… Questa crisi di identità ha ormai invaso non solo la cultura della società in genere, ma sta inondando anche i campi della Chiesa e della religione. La scarsità degli “addetti ai lavori” e le urgenze straripanti obbligano ad essere completamente assorbiti dai vari impegni pastorali, non con uno, ma con una serie di ruoli affidati, come se fossero il panino Big-Mac della Mc Donald con il gusto di ben dieci strati. E così, alla fine, non sai più chi sei e cosa fare per primo. In tal modo, oltre la crisi d’identità, sei un candidato abbastanza prossimo al burnout.

Dunque, essere Direttore del CDV: ma, chi sei veramente?

Di sicuro, in tutte le Chiese d’Italia, non ci sarà un solo Direttore a cui il Vescovo abbia affidato unicamente questo ruolo. Sono pronto a scommetterci! Parroco, Rettore o Direttore Spirituale di Seminario, responsabile dell’ufficio catechistico o della pastorale giovanile, Docente in Seminario e/o in altre scuole… e anche Direttore del CDV: un servizio accessorio aggiunto alle altre cose da fare, magari giudicate più importanti dagli altri, probabilmente dallo stesso Vescovo… forse da te stesso. Il rischio è di mordere qua e là in tutti questi ruoli ed accorgersi ben presto di concludere molto poco. Oltretutto, cadendo nella crisi di non sapere più chi sei e diventare una macchina “inorganica” addetta ai diversi impegni. E pensare, invece, che anche le macchine hanno un’identità ben precisa e servono in funzione di un solo ambito di attività. E allora, che fare? Il Vescovo ti avrà detto qualcosa circa il tuo servizio al CDV, soprattutto che si aspetta qualche giovane in più in Seminario. Magari ti sei fatto dare dal tuo predecessore (se c’era) qualche dritta, oppure ti sei incontrato col responsabile del CRV, o addirittura hai telefonato al CNV di Roma.

Tutte cose sagge ed opportune. Tuttavia, ti sei accorto che non basta per delineare in maniera sufficiente la tua identità.

 

2. Comincia da te stesso

Occorre andare oltre e io ti propongo un’altra strada: non si tratta di partire da quello che si aspettano gli altri, per quanto rispettabili come il Vescovo. Devi invece partire da te stesso. Se ti vendi alle tante attese, ti sentirai stirato sull’eculeus, come i cristiani martirizzati dalla persecuzione di Diocleziano. Le attese verranno servite dopo e saranno ben soddisfatte per tutti, ma solo se saprai partire da te stesso. Provo allora a tracciare qualche linea del tuo identikit e spero che ti possa servire:

2.1 – la cosa fondamentale, lo zoccolo duro della tua identità è che tu creda fermamente nella tua vocazione (prete, suora, laico/a che sia); che ne sia così impregnato ed entusiasta, da averne fatto il canale principale della tua esistenza. Così il tuo cuore, i tuoi sentimenti, la tua intelligenza, la tua volontà, le tue relazioni, le tue doti… tutto scorre bene lì e niente va per suo conto o in parallelo, come se fosse un corpo estraneo. Se non è così, potrai essere un efficiente organizzatore, una persona molto creativa, ma seminerai al vento e di quanto farai, anche se molto in termini di azione, rimarrà molto poco, perché sarà solo una professionalità che si esprime, non una vita che si dona. Dunque, metti a posto o in linea questa prima esigenza e poi vedrai che il resto diventerà abbastanza facile.

2.2 – La seconda cosa è che tu sia profondamente convinto che la vocazione è la categoria fondamentale per cogliere la realtà di ogni persona, della Chiesa, della società, dell’universo intero. La mentalità, oggi ancora tanto diffusa, è che la vocazione sia una cosa abbastanza marginale, che riguarda solo preti e suore e quindi la pastorale e animazione vocazionale debba essere considerata come uno dei tanti impegni di una chiesa particolare, certamente non il più importante. Basta vedere quanto spazio si dà nei catechismi e scuole di religione al tema della vocazione; quanto si tocca questo punto nella predicazione (oltre, naturalmente, la circostanza “obbligata” della Giornata Mondiale); quanti preti e suore credono sul serio che l’argomento vocazione sia davvero ineludibile; quanti genitori pensano se stessi in chiave vocazionale e sognano il futuro dei figli in contesto vocazionale; quanta pastorale giovanile è articolata sul perno vocazionale o, addirittura, organizza progetti ed iniziative senza minimamente contemplare l’argomento, ecc… La grande conversione che si chiede prima di tutto a te è che ti “mentalizzi” profondamente in questa convinzione: la vocazione è la categoria fondamentale per cogliere la realtà di ogni persona, della Chiesa, di tutto. Senza una maturazione vocazionale a lungo raggio non è possibile nessuna pastorale seria e, meno che meno, giungere ad una maturazione della fede. Si resta degli anonimi e dei generici, senza cogliere ciò che Dio vuole da ogni persona e da ogni comunità ecclesiale, da ogni società e da ogni cultura. Dio chiama, continua a chiamare, a convocare (Ecclesia = convocazione). E chi risponde? Una conversione dunque da far maturare in te e da diffondere a macchia d’olio nella tua chiesa e fra la gente del tuo territorio diocesano. Questa è la base e la radice di quella famosa cultura vocazionale, che Giovanni Paolo II ha lanciato, ma che non è ancora veramente germogliata da nessuna parte.

2.3 – La terza cosa è che, anche se hai altri impegni che ti sono stati affidati, tu devi arrivare a giocare questo come la carta più importante del tuo fare e dedicare le tue energie migliori nell’animazione e nella pastorale vocazionale. Non è una pretesa del CNV, per farsi largo a spallate di presunzione tra gli altri uffici della pastorale ecclesiale; e non vuol essere un invito sottinteso a trascurare gli altri impegni per privilegiare questo. Non sarebbe giusto e saprebbe di “mafioso”. A parte che c’è da rivedere il carniere di tutti gli impegni che hai e fare un bilancio onesto, se ti permettono davvero di dedicarti in modo dignitoso ad ognuno. Altrimenti, occorre intervenire e delegare ad altri una parte. Quando ti dico di dedicare le tue energie migliori alla pastorale ed animazione vocazionale, significa che devi dedicarti a questo impegno e agli altri con l’animo e la tensione vocazionale. Si tratta di una specie di energia misteriosa, che vai accumulando con quanto ti ho suggerito sopra (cf n. 1, 2) e che tocca tutto ciò che fai, trasformandolo, perché è uno stile ed un modo caratteristico di agire, che proviene da una convinzione di vita.

 

3. Veniamo al dunque!

Ti accorgerai allora che, se sei parroco, carichi di energia vocazionale tutta la tua parrocchia; se sei rettore o direttore spirituale del Seminario, riesci a coinvolgere tutto l’ambiente ed ogni seminarista in questa passione e convinzione vocazionale; se sei docente, ti verrà naturale studiare ed organizzare la tua riflessione in chiave vocazionale; se sei il responsabile della pastorale giovanile o dell’ufficio catechistico, impregnerai di vocazione tutta la pastorale e la catechesi, ecc.

Dunque, prendi coscienza di chi sei! La vocazione è essenzialmente questione di contagio. Se hai un’identità vocazionale forte, ci sarà finalmente nella tua diocesi una nuova primavera di cultura vocazionale significativa. Dalla crisi di identità invece deriva la crisi di visibilità (mettiamo in vetrina una schizofrenia di vita, affermiamo, cioè, delle cose importanti e praticamente le sconfessiamo). E allora scatta l’altra grave crisi: noi stessi non siamo più credibili a noi stessi e tanto meno per chi ci vede e ci vive a fianco.

 

Per riflettere ed approfondire: compito a casa. Leggi attentamente:

Pastores dabo vobis, n. 34; n. 38.

Piano Pastorale per le Vocazioni in Italia (1985), n. 5.

Vocazioni 5 (2007), pp. 25-29.