N.05
Settembre /Ottobre 2009

Il cammino della pastorale vocazionale in Italia

La pastorale vocazionale della Chiesa in Italia si è nutrita e si nutre, vive, ispirandosi ad un chiaro e luminoso orizzonte: la visione teologica, ecclesiologica, antropologica della vocazione e delle vocazioni di speciale consacrazione espressa dal Vaticano II.

I passaggi “storici” sono stati scanditi nel tempo da un duplice riferimento magisteriale: il Piano Pastorale per le Vocazioni. “Vocazioni nella Chiesa Italiana” (CEI, 26 maggio 1985) e il Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa (Pontificia Opera per le Vocazioni, 6 gennaio 1998).

Strada facendo la pastorale delle vocazioni in Italia, su questa fondazione, si è lasciata e si lascia costantemente illuminare dal Ma­gistero del Santo Padre e dei nostri vescovi.

 

L’orizzonte ecclesiologico del Vaticano II

È un volto nuovo di Chiesa quello generato dal Vaticano II: la Chiesa sacramento, la Chiesa comunione e la Chiesa missione co­stituiscono la nota e stupenda struttura della “Chiesa comunità di vocazioni”.

Ogni vocazione nella Chiesa deve rispettare l’indole “sacramen­taria” della comunità ecclesiale, nell’essere segno di Cristo che salva; ogni vocazione nella Chiesa è un fatto ecclesiale ed ogni vocazione nella Chiesa ha doni particolari e propri di cui arricchisce reciproca­mente le altre; ogni vocazione è per la missione ed ogni vocazione nella Chiesa deve essere attenta al rapporto sempre nuovo con la “storia” e i segni di speranza presenti in essa.

«Per comprendere e apprezzare la vocazione cristiana e le voca­zioni alla vita consacrata occorre considerare queste vocazioni alla luce del mistero della Chiesa»[1].

Il rapporto “Chiesa-vocazioni” è infatti naturale e strettissimo: non si può impostare correttamente una pastorale vocazionale sen­za riferirci alla Chiesa e quindi alla “chiesa particolare”.

«La chiesa particolare è in stato di vocazione, perché si identifica con tutte le vocazioni di cui è costituita»[2].

In proposito sono illuminanti due profonde indicazioni pasto­rali di Giovanni Paolo II nel Messaggio per la XVIII Giornata Mondia­le di Preghiera per le Vocazioni: «Ogni chiesa particolare deve pren­dere più “coscienza di ciò che essa è”, alla luce del mistero della Chiesa universale; deve offrire a Cristo Signore tutta la “collabo­razione” di cui è capace per rigenerare continuamente le sue forze apostoliche»[3].

– Ogni chiesa particolare deve prendere sempre più coscienza di ciò che essa è.

La chiesa particolare o diocesi è l’evento, o meglio, l’attuazione concreta della Chiesa, in un determinato luogo o ambito sociocul­turale. La chiesa particolare ha per dono tutto quello che ha per dono la Chiesa universale.

Ogni “chiamato” ad ogni vocazione è, nella chiesa particolare, “attualizzazione”, “manifestazione” dell’unico Spirito.

«Il rarefarsi o l’esaurirsi delle vocazioni sacerdotali e religiose non è soltanto, in se stesso, problema grave e preoccupante; ma è anche denuncia di una carente coscienza ecclesiale, che non avver­te la comune vocazione battesimale e il suo differenziarsi e perso­nalizzarsi nelle scelte decisive della vita e nei doni dall’alto che le accompagnano»[4].

La dimensione vocazionale della chiesa particolare reclama quindi in tutti i chiamati, nelle singole categorie vocazionali, un imprescindibile senso di Chiesa fondato sulla coscienza della pro­pria vocazione battesimale.

– Ogni chiesa particolare deve offrire a Cristo Signore tutta la collabora­zione di cui è capace per rigenerare continuamente le sue forze apostoliche.

Sempre il Santo Padre Giovanni Paolo II delineava il senso di tale collaborazione con queste espressioni: «Qui sorge un problema di coscienza. Nessuno di fronte a Dio può dire: ci pensino gli altri! Cer­to, chi ha ricevuto di più dovrà dare di più: i sacerdoti e le altre per­sone consacrate si trovano in prima linea. Essi, infatti, riguardo alle vocazioni, hanno particolari responsabilità che non possono ignora­re o trascurare o delegare… Ma anche le famiglie e gli altri educatori hanno i propri doni di grazia e le conseguenti responsabilità»[5].

«Una volta scoperta la dimensione vocazionale della chiesa par­ticolare», essa è chiamata «a rispondere a questo suo organico im­perativo: con una pastorale vocazionale complessiva, diretta a tutti i battezzati, in tutte le età, ordinata a tutte le vocazioni. In tal modo la chiesa particolare e locale si fa mediatrice, come è destinataria, di tutte le vocazioni. Con una pastorale specifica, diretta a promuove­re, formare, educare e sorreggere le vocazioni alla vita religiosa e al ministero sacerdotale»[6].

 

Le “scommesse” del Piano Pastorale per le Vocazioni della Chiesa Italiana

Nella Presentazione al Piano Pastorale per le Vocazioni. “Vocazioni nella Chiesa Italiana”, si trova la seguente sintesi: «Il presente Piano premette una illuminante riflessione teologica sulla vocazionalità della e nella Chiesa, delineando quasi il “volto vocazionale” di essa; prende poi in considerazione la situazione vocazionale italiana, con particolare riferimento alle vocazioni di speciale consacrazione, ed espone un ben articolato piano con riferimento ai soggetti, ai con­tenuti, ai responsabili, ai metodi e alle strutture della pastorale per le vocazioni. L’impostazione di fondo del problema vocazionale è essenzialmente teologica, soprannaturale. Essa si radica nel mistero stesso di Dio e della Chiesa… Di qui, il costante richiamo, che percor­re tutto il documento, al primato del soprannaturale che non spegne ma favorisce l’autentico dinamismo della pastorale vocazionale»[7].

Il “primato del soprannaturale”, dunque, anima, contenuto, metodo, linea di orientamento del Piano Pastorale per le Vocazioni. È a questo primato che profeticamente si ispirano e da esso prendono senso le scelte sulle quali si è misurato e mosso il cammino della pastorale vocazionale nella Chiesa italiana e che possono essere riassuntivamente focalizzate come segue.

a) La pastorale vocazionale unitaria: un “atto” e un “fatto” di Chiesa

La pastorale vocazionale unitaria, nel tessuto vivo di una chiesa locale, è lo “spirito” e la “scommessa” di fondo del Piano. Non si tratta certo di una strategia. Le motivazioni teologiche – l’ecclesio­logia di comunione caratterizzante il Vaticano II e i criteri pastorali conseguenti – ne sono il fondamento indiscusso: «La pastorale vo­cazionale unitaria scaturisce dalla vita di comunione della Chiesa» (PPVI 1). Gli stessi organismi unitari della pastorale vocazionale – a livello nazionale e regionale, in specie, nelle chiese locali, il centro diocesano vocazioni – visibilizzano tale comunione nel mettersi a servizio, a nome e su mandato del vescovo, di tutte le vocazioni consacrate che sono dono di Dio alla sua Chiesa.

b) La pastorale vocazionale come “scelta educativa” della co­munità cristiana

È l’altra scommessa portante del Piano. La dimensione voca­zionale anima della educazione alla fede e degli itinerari educati­vi propria della comunità cristiana, nelle sue diverse articolazioni – famiglia, parrocchia, scuola, gruppi e associazioni ecclesiali – e specificatamente della pastorale ordinaria e giovanile. È il filo con­duttore di fondo del Piano: “fine ultimo” dell’educazione e, speci­ficatamente, il fine dell’educazione alla fede, non può non esse­re mirato, nel quadro dell’accompagnamento alla “maturità” del singolo nella comunità cristiana, a condurre verso la «verità della propria vocazione».

c) Il primato della spiritualità

Autentica “vita nello Spirito” e maturazione vocazionale sono un binomio inscindibile: è il “filo rosso” che solca e guida tutto il Piano. Non può darsi vera maturazione vocazionale se non all’inter­no di un forte cammino spirituale: una vita spirituale solida, perso­nale ed ecclesiale, è la “sede” che permette alla chiamata di essere udita e alla risposta di essere data con convinzione, entusiasmo e soprattutto di essere fondata su motivazioni autentiche, bibliche.

Cuore, alimento e verifica ad un tempo di un’autentica spiritua­lità è la preghiera: via al cuore di Dio e al cuore dell’uomo, in questo senso “cardine” della proposta e maturazione vocazionale.

d) La proposta vocazionale come proposta di itinerari educativi

Un passaggio del Piano che ha segnato e sta segnando nel me­todo e nei contenuti la pastorale delle vocazioni dei nostri giorni: «Fare proposte vocazionali ai giovani d’oggi significa indicare un cammino spirituale, ovvero un cammino di fede in chiave vocazio­nale» (PPVI 47).

Perché è provvidenziale e decisiva questa indicazione? Un “cam­mino” pedagogicamente garantisce la maturazione e il discernimen­to di motivazioni vocazionali autentiche: la maturazione di un’ar­monia vocazionale stabile, di un vero e proprio progetto di vita.

In questa ottica il Piano illumina gli educatori alla fede a trovare un equilibrio tra pastorale ordinaria, proposta di itinerari di fede, iniziative specifiche della pastorale vocazionale, riportando costan­temente la dimensione vocazionale al cuore dei cammini ordinari di fede propria della comunità parrocchiale, luogo specifico dell’an­nuncio del “Vangelo della vocazione”.

e) L’educatore alla fede: un vero e proprio animatore vocazio­nale, una “guida spirituale”

L’educatore alla fede – presbitero, consacrato o laico – è natural­mente a servizio della maturazione vocazionale delle giovani gene­razioni; nella comunità ecclesiale una “figura vocante” a condizione che sia un “testimone”, un “maestro di preghiera”, una “guida spi­rituale” con una profonda coscienza educativa, una coscienza vo­cazionale esplicita. In definitiva: un orante che vive di lectio divina, educando a ciò le giovani generazioni.

f) Organizzazione della pastorale vocazionale nel Centro Dio­cesano Vocazioni

Decisivi, nella pastorale vocazionale della Chiesa italiana, sono l’istituzione e la promozione del servizio del Centro Diocesano Vo­cazioni nelle chiese locali, quale organismo unitario a servizio delle vocazioni di speciale consacrazione con finalità di studio, animazio­ne e coordinamento della pastorale vocazionale nella chiesa locale.

 

I “percorsi” fecondi della pastorale vocazionale

L’“Eccomi” dell’uomo credente, il “Sì” vocazionale di un giova­ne, non sono una folgorazione, ma passano e maturano attraverso le scelte di fede quotidiana. Tali scelte, come i “passi” di un cammi­no, sono vissuti ordinariamente dal credente nella comunità cristia­na. L’“Eccomi”, come accoglienza e discernimento vocazionale, è il risultato di un lungo e paziente cammino spirituale.

I percorsi vocazionali più fecondi e promettenti emersi in questi ultimi decenni, approfonditi e verificati anche in un’Assemblea ge­nerale della Conferenza Episcopale Italiana, sono riconducibili alle seguenti vie di pastorale vocazionale, che sono diventati da parte dei vescovi altrettanti “mandati” per le nostre Chiese: «Pregate, te­stimoniate, evangelizzate, chiamate»[8].

Pregate

La preghiera libera la persona, la preghiera genera una cultura vocazionale.

Testimoniate

I testimoni, dono e segno: il fascino dei testimoni feriali, ma, in modo particolare, dei martiri della fede e della carità; i luoghi “se­gno”, a cominciare dal presbiterio, le comunità di vita consacrata, il seminario diocesano: l’apporto delle famiglie e degli spazi educativi (scuola, tempo libero…).

Evangelizzate

L’urgenza di evangelizzare: l’Evangelo della vocazione; la par­rocchia luogo privilegiato della proposta e i suoi itinerari di fede (catechistico, liturgia sacramentale, la carità); i luoghi pedagogici della vita di fede (gruppi, movimenti, associazioni…).

Chiamate

La chiamata esplicita della e nella comunità cristiana; i mediatori della chiamata (presbiteri e consacrati; catechisti ed educatori alla fede; seminaristi, novizi e novizie; itinerari vocazionali comunitari e la direzione spirituale).

Le esperienze di questi anni maturate nella Chiesa italiana sul versante del “pregare”, sul percorso del “testimoniare”, dell’“evan­gelizzare” e del “chiamare” possono essere ricondotte alle seguenti proposte: la celebrazione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, il “Monastero Invisibile”, scuola di preghiera, esercizi spirituali, week-end dello Spirito, campo vocazionale, gruppo voca­zionale, comunità vocazionale…

 

L’oggi della pastorale vocazionale

Il Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al Sacerdozio e alla Vita Consacrata in Europa ha costituito e sta costituendo per la Chiesa italiana la Magna Charta della pastorale vocazionale. Tre sono le parole d’ordine, di chiara connotazione biblica, sulle quali sta maturando il nuovo percorso dell’annuncio, proposta, accompagna­mento vocazionale oggi: seminare, accompagnare, formare.

Seminare: «Ed ecco il seminatore uscì a seminare…» (Mt 13,3-8). Il seme della vocazione come il “granellino di senape” evangelico, è il più piccolo seme che Dio ha messo nel cuore di ogni uomo, che «una volta cresciuto è il più grande degli altri legumi» (Mt 13,32).

Il Seminatore «è Dio-Padre; Chiesa e mondo sono i luoghi ove Dio continua a spargere abbondantemente il suo seme» (DC 33). La Chiesa, popolo credente che va incontro al suo Signore, lo ascolta e lo segue, custodisce il “seme” nello scrigno sacramentale, in primis il Battesimo. La parrocchia – che vive sul territorio, casa di Dio tra le case degli uomini, “luogo” ecclesiale quotidiano ove si incontra Cristo – è il “buon terreno” che, come culla, grembo materno, acco­glie, concepisce, feconda e sparge a piene mani il misterioso seme della vocazione.

I seminatori, con la lettera minuscola, sono tutti gli “educatori alla fede”, nessuno escluso; siamo noi, uomini e donne di buona volontà, a cui Dio affida il seme della sua Parola. Ai discepoli del Signore sono chiesti solo la fede e il coraggio di seminare ovunque e nel cuore di chiunque «il buon seme del Vangelo, della Pasqua del Signore, della fede ed infine della sequela» (DC 33/b): “adulti nella fede” chiamati ad essere responsabili della fede e della vocazione dei fratelli; “soggetti vocazionali” consapevoli del dono ricevuto e responsabili del dono vocazionale altrui.

Ai coltivatori diretti della vocazione – in primis il vescovo e il par­roco e con loro tutti i battezzati che nella comunità parrocchiale hanno la grazia di prendere coscienza dei propri doni vocazionali e ministeriali (consacrati e consacrate, genitori, catechisti e tutti gli animatori che si sentono corresponsabili dell’annuncio del “Vange­lo della vocazione” ai fratelli che Dio mette sul proprio cammino) – è affidato un piccolo cesto, ma colmo di semi vocazionali.

Ad essi è chiesto solo di essere seminatori, “uomini e donne di fede”, una fede firmata personalmente nella preghiera, nella sof­ferenza, in scelte di vita coerenti. Cioè: uomini e donne “diaconi” della Parola di Dio; uomini e donne “eucaristici”, interpellati e mo­tivati dall’Eucaristia che celebrano; uomini e donne testimoni di carità, pronti a morire per gli altri; uomini e donne missionari nella ferialità; uomini e donne dal cuore buono, accoglienti; uomini e donne contenti, felici di vivere; uomini e donne innamorati della propria vocazione; uomini e donne gratuiti che “stanno in mezzo”, con amore, ai ragazzi, ragazze e ai giovani; uomini e donne convinti che educare alla fede ed educare alla vocazione è “cosa del cuore”.

Accompagnare: «Gesù in persona si accostò e camminava con loro» (Lc 24,13). È la pedagogia vocazionale di Gesù con i due discepoli di Emmaus! In continuità con l’icona del “seminatore”: «Colui che ha risvegliato nel giovane la coscienza del seme seminato nel terreno del suo cuore diventa ora “accompagnatore”» (DC 34).

La prima attenzione che è richiesta alla comunità cristiana – ai coltivatori diretti della parrocchia sopra richiamati – è quella di farsi compagni di cammino, è il “porsi accanto”. Il primo luogo della pe­dagogia del “porsi accanto” con amore voluto da Dio, è la famiglia.

Dio chiama alla vita nell’amore di una famiglia: luogo domestico della trasmissione del dono della “vita-vocazione”. La famiglia è la prima “casa natale” ove si dona la fiducia fondamentale e cioè la vita come bene promettente; si dona la responsabilità personale, la vita come bene da donare e non da tenere per sé; si dona l’apertura al mondo, la vita come dono da vivere insieme e da condividere.

Formare: «Non ci ardeva forse il cuore… mentre ci spiegava le Scrit­ture» (Lc 24,30-32). Dopo la semina, lungo il cammino d’accompa­gnamento si tratta di educare e di formare. Cosa significa dunque formare? «Educare al mistero…: partire e ripartire dal mistero di Dio per ricondurre al mistero dell’uomo» (DC 35/b).

Quindi educare a “leggere la vita” come vocazione, a “invocare” il dono della vocazione con la preghiera di lode, riconciliazione e ringraziamento. In definitiva ed essenzialmente la comunità eccle­siale è chiamata ad offrire il servizio di “formare a Cristo”: a pren­dere forma su Cristo; a indicare Cristo come “unico Salvatore del mondo”, a prendere forma su “Cristo e Cristo crocifisso” (Eb 14).

Dio chiama alla vita in Cristo nella Chiesa. La parrocchia, luogo della cordialità “un cuor solo e un’anima sola” è il luogo naturale della trasmissione della promessa, della fede in Cristo: aiuta e con­duce a null’altro che ad incontrare Cristo!

Trasmettere la fede per la comunità parrocchiale significa: in­trodurre, condurre cioè ogni uomo di buona volontà dentro la vita cristiana (Parola, Sacramento, comunione fraterna); educare, cioè incontrare e condividere il cammino con testimoni del Risorto; tra­smettere, partecipare cioè una cultura (modelli, comportamenti, vi­sioni di vita) ispirati alla fede.

 

Conclusione

La pastorale delle vocazioni nella Chiesa italiana si trova a vive­re una nuova promettente stagione a partire dalla recente 59a As­semblea della Conferenza Episcopale Italiana, che ha messo a tema per il prossimo decennio: La questione educativa: il compito urgente dell’educazione.

L’educare, come sfida impegnativa che la società e la Chiesa italia­na si trovano dinnanzi, sta già portando la riflessione sull’atmosfera culturale nella quale respira il processo educativo cristiano; sul fine dell’educazione cristiana e la sua destinazione al bene di tutti; sul necessario coinvolgimento di tutti i soggetti educativi; e sul filone vocazionale generale e specifico che naturalmente l’educare alla fede porta con sé.

 

Note

[1] CongregazionePerL’educazioneCattolica, Documento Conclusivo del II Congresso Internazionale per le Vocazioni, Roma 1982, n. 7.

[2] Ivi, n. 15.

[3] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 10 maggio 1981.

[4] Bartoletti, Chiesa locale e partecipazione dei laici, AVE, Roma 1984, p. 84.

[5] Piano Pastorale per le Vocazioni. “Vocazioni nella Chiesa Italiana”, Presentazione, 1985.

[6] Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana (Orientamen­ti emersi dal lavoro della XLVI Assemblea Generale della CEI, 27 dicembre 1999).

[7] Piano Pastorale per le Vocazioni. “Vocazioni nella Chiesa Italiana”. Presentazione, 1985.

[8] Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana (Orientamenti emersi dal lavoro della XLVI Assemblea Generale della CEI, 27 dicembre 1999).