N.05
Settembre /Ottobre 2009

Laddove cade la vocazione

Osservazioni di sociologia pastorale per una cultura vocazionale ecclesiale

Il giovane Samuele continuava a servire il Signore sotto la guida di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano fre­quenti.  In questo tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi comin­ciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele era coricato nel Tempio del Signore, dove si trovava l’Arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele». E quegli rispose: «Eccomi!» (1Sam 3,1-4).

Inizia così una delle storie vocazionali più istruttive del Primo Testamento e cioè quella del giovane laico Samuele, che viene ac­compagnato dal maestro Eli, il quale non ha più visioni, ma conosce la mistagogia.

 

Posizioni

Tenterò, qui di seguito, un’interpretazione allegorica dal punto di vista delle scienze sociali. Facendo questo, formulerò alcune po­sizioni che sono intrecciate con l’importante tema di questo Con­gresso e con l’argomento che mi è stato affidato. Queste posizioni, in breve, saranno:

1- Le vocazioni all’interno di una comunità ecclesiale sono il ri­sultato di una visione forte – che orienta e che motiva – della storia della salvezza di Dio con il mondo, nonché della “missione” della Chiesa in questo mondo. Questa vocazione ecclesiale di base si ma­nifesta successivamente e all’interno della Chiesa in tante vocazioni concrete. Una di esse è la vocazione per il ministero sacerdotale. È importante, in questo contesto, il fatto che la Chiesa non conosca affatto persone senza vocazione. Essa è, nella sua interezza, una comunità in cui ognuno ha un’incedibile vocazione di Chiesa che gli viene data da Dio. Questo clima di base per le vocazioni è fertile ed è il miglior terreno per i ministeri sacerdotali. Oppure, detto in altre parole: i ministeri sacerdotali vivono sul terreno fertile della vocazione battesimale.

2- In Europa occidentale vi sono troppo poche vocazioni, perché in questo momento mancano forti visioni per la Chiesa che possa­no attrarre in particolare i giovani. Inoltre, in Europa occidentale l’immagine della Chiesa è negativa, i media ne rendono visibili i punti deboli in una luce impietosa e non sono pochi coloro ai quali la Chiesa appare come antiquata, ostile nei confronti della donna, nevrotica rispetto al sesso, antidemocratica, per dirla in breve: out. E con difficoltà essa riesce a conciliare la forza del Vangelo, sempre valida, con il modello di vita delle persone moderne, dei giovani[1]. Misurata sulla vitalità del Vangelo, l’Europa occidentale offre l’im­magine di una ”Chiesa dormiente”, in cui diventa difficile – perfino per Dio, e ancor di più per la sua Chiesa – “risvegliare” le vocazioni. Resta da vedere come si svilupperà l’Europa orientale nei prossimi decenni.

3- Oggi esistono – a grande sorpresa, proprio in Europa occi­dentale – molte vocazioni sacerdotali, molte di più di quelle che la Chiesa percepisce con il suo sguardo esperto, guidato dal Diritto Canonico in vigore.

4- Molti di coloro che si sentono chiamati al ministero sacerdota­le, si trovano davanti ad ostacoli – soggettivamente – insuperabili. Di questo non fa parte solo la forma di vita ad alto rischio che rinuncia al matrimonio (e bisogna dire che per i cristiani anche il matrimo­nio è da tempo diventata una forma di vita ad alto rischio). Molti hanno difficoltà a prendere delle decisioni per tutta la vita, ma non pochi sono preoccupati di dover rappresentare da sacerdoti, nelle culture moderne, delle posizioni – e di dover per questo prestare un voto di fedeltà – che loro personalmente non riescono a sostenere.

5- Per concludere, voglio sviluppare tre scenari su come il mini­stero sacerdotale potrà svilupparsi in futuro.

 

Una visione garantita per la missione della Chiesa presso i giovani

Già nel 1943 il sociologo e gesuita Emile Pin aveva eseguito in Francia uno studio sul rapporto tra la vita ecclesiale e il numero delle vocazioni sacerdotali. Uno dei risultati dello studio era: i settori vitali della Chiesa hanno un numero di vocazioni sacerdotali al di sopra della media.

Molti anni dopo, lo scienziato americano S.M. Saarinen esaminò le comunità ecclesiali metodiste. Voleva stabilire quando una co­munità è vitale. Facendo questo scoprì un life-cycle, un ciclo di vita, anche per le comunità religiose. Esse nascono, maturano, diventa­no adulte, invecchiano e possono morire. Un punto importante per le nostre riflessioni è che un’organizzazione religiosa non è vitale grazie alle strutture o al programma e neanche soltanto attraverso la sola comunità, ma in modo prioritario attraverso la forza della sua visione. Una visione orienta, sollecita, critica.

La visione innata del Vangelo è dunque affidata alla Chiesa, che su di essa basa la sua missione permanente. È qui opportuno indi­care alcuni risultati degli studi sulle immagini religiose dei giovani. La maggioranza dei giovani che sentono dentro di sé la forza della religione, pensano in modo universale e, dunque, mondiale; indi­rizzano il loro sguardo sul mondo nella sua interezza. Apprezzano il dialogo con tutte le grandi religioni del mondo. Mostrano inve­ce scarso interesse per la rivalità tra le confessioni all’interno delle Chiese cristiane[2].

Ma queste non sono forse tutte caratteristiche della grande visio­ne della Bibbia? Non c’è una forte convergenza tra il desiderio dei giovani e la forza sempre fresca del Vangelo? Una visione commo­vente è contenuta nell’inno a Cristo della prima liturgia cristiana, in Col 1,15-20. Dio, che è amore sincero, crea il mondo attraverso Cri­sto. Tuttavia, crea il mondo non soltanto attraverso Cristo, ma per Cristo che, diventando uomo, penetra nella parte più intima della creazione e il mondo intero matura nel Cristo risorto. Egli è l’inizio del compimento. Il compimento, però, avviene nel momento in cui l’intera creazione sarà diventata “divina” grazie all’opera dello Spi­rito di Dio e dunque “amore veritiero”, come Dio stesso (Hans Urs von Balthasar). La vocazione originale è quindi la vocazione di tutti gli uomini, per maturare nel Cristo risorto e universale con l’obiet­tivo che alla fine di tutti i tempi Dio sarà tutto in tutti (1Cor 15,28).

In questo contesto va vista la vocazione di base, la missione del­la Chiesa. Come luce del mondo e sale della terra (Mt 5,13) sono raccolti tutti gli uomini convocati da Dio, che vivono già ora come “dopo la risurrezione”; così vivono una parte della perfezione man­cante già nell’oggi. E così, attraverso la loro vita, rendono visibile agli altri cosa vuol dire vocazione di tutti: diventare come Dio stesso, persone che amano veramente – e questo amore porterà il volto di Cristo. La missione della Chiesa inizia dal fatto che la Chiesa stessa vive ciò che poi promuove e porta avanti presso gli altri (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, Roma 1975). Per poter operare in modo credi­bile, devono essere raccolti il maggior numero di membri battezzati dalla vocazione di base della Chiesa. Perché questo avvenga ven­gono date alla Chiesa le vocazioni sacerdotali: i preti, al posto di Cristo, costruiscono le comunità guidandole[3]. L’Eucaristia è il luogo più intimo nel quale la Chiesa si forma e cresce[4].

Alla nostra Chiesa non manca davvero una visione attraente an­che per i giovani. Perché la Chiesa non prende tanti giovani che vo­gliano puntare tutta la loro vita su questa carta, avendo il coraggio di diventare sacerdoti?

Questo ci spinge a ritornare alle nostre analisi del momento fa­vorevole (cairologico) e dunque alla storia della vocazione del gio­vane Samuele. Il giovane Samuele vive in un’epoca nella quale le visioni non sono frequenti e gli occhi di Eli sono diventati deboli: non riesce più a vedere. Un’epoca nella quale in Israele mancava la forza di visioni commoventi? Un’immagine per i “giovani Samue­le”: Dio li vuole convocare anche in alcune regioni delle Chiesa mondiale (ad esempio in Europa occidentale)? Dirigiamo il nostro sguardo sull’Europa occidentale.

 

Le visioni non erano frequenti. La situazione delle voca­zioni in Europa

Una paziente analisi della situazione della Chiesa (cattolica) in Europa occidentale, svela che essa, al momento, non vive un ri­sveglio determinato dalla forza di una visione commovente. Da un punto di vista spirituale, la Chiesa appare esausta e stanca. Questa debolezza interiore diventa visibile nel numero di membri che di­minuisce con le fuoriuscite dalla Chiesa. La forza della fede appare indebolita, per molti il cielo sembra, per usare una metafora, chiu­so. Si è fatta spazio una specie di conforto nell’al di qua. L’immagine della Chiesa è negativa, specialmente presso i giovani, non ultimo anche per via di tragici scandali che coinvolgono anche i vertici del­la gerarchia del clero.

Questo stato d’animo di base rende difficili le vocazioni di reli­giosi e sacerdoti. Così gli ordini si dissanguano e il numero dei can­didati per il ministero sacerdotale ha raggiunto un minimo storico. Si prega intensamente per una ripresa che però non vuole affac­ciarsi. L’Europa occidentale offre l’immagine di una Chiesa vecchia e debole, perfino morente. Per essere giusti: vi sono delle comuni­tà vive, che resistono come noccioli caldi in una cultura religiosa tiepida – senza però venire percepiti dall’opinione pubblica. Non sorprende dunque che in questo clima il rapporto tra i giovani e le Chiese sia drammaticamente negativo.

Sono state fatte tante ricerche sui motivi di questa debolezza del­la Chiesa in Europa occidentale. A livello mondiale – così afferma il famoso sociologo austro-americano delle religioni, Peter L. Berger – questa “Eurosecularity” sembra essere un’eccezione. Il sociologo ne spiega in questi termini le cause: in Europa occidentale esiste un rapporto teso tra la cultura moderna e il cristianesimo. L’origine ha motivi storici: l’epoca moderna, in Europa, è nata nella resistenza anche contro la Chiesa cattolica (si pensi soltanto ai verdetti del 1864 da parte di Pio IX, nonché all’anti-modernismo di Pio X dura­to decenni). Il tentativo del Concilio Vaticano II di aprirsi al mondo moderno ha dato finora frutti limitati. Moderno e cristiano, in Eu­ropa occidentale, vengono da sempre considerate come alternative che si escludono a vicenda, anzi, che sono nemiche tra loro.

Del tutto diversa era invece la nascita della cultura moderna in America e in altre parti del mondo (come ad esempio l’India) dove l’epoca moderna e il cristianesimo vanno perfettamente d’accordo. E questo perché i padri fondatori dell’America moderna e libera erano degli onesti cristiani provenienti dall’Europa.

Chi conosce la storia non si sorprende del fatto che oggi incon­triamo varie visioni del mondo tra i giovani (e in modo meno mar­cato anche tra le persone più grandi d’età).

– Il gruppo maggiore è composto, nella gran parte dei paesi, da persone pragmatiche che vivono nel quotidiano e che tendono verso l’ateismo[5]: vivono un “ateismo light” (Günter Kehrer)[6]. Per loro contano l’amore e la professione, la salute e la pace. Esse vi­vono in un puro al di qua e si consolano con esso. Per loro «la vita è l’ultima opportunità» (così Marianne Gronemeyer)[7]. Nei 90 anni che, ottimisticamente, si possono aspettare di vivere in questo al di qua, cercano una felicità possibilmente senza sofferenze in amore, nel lavoro e nel divertimento[8]. Una volta assaporato fin in fondo questo tipo di vita secolare, si può manifestare anche una ricerca spirituale.

– Il gruppo più piccolo, in molti paesi, è formato da cristiani legati alla Chiesa (in alcuni paesi – nonostante le ore di religio­ne a scuola – non più del 5-10%). Molti giovani hanno un’im­magine profondamente danneggiata della Chiesa, come mo­strano alcuni studi, e la Chiesa viene da loro considerata – se in modo motivato o no, questo non ha importanza – come antiqua­ta, ostile nei confronti delle donne, nevrotica nei confronti del sesso, antidemocratica o, per dirla in breve, è considerata out. Altri studi indicano che i cristiani si trovano, con maggiore pro­babilità, negli ambienti piuttosto tradizionali delle società.

Questo ci fa anche capire che, all’interno delle Chiese dei paesi oc­cidentali moderni, esiste una forte polarizzazione riguardo la discus­sione sulla modernizzazione della Chiesa: coloro che fuggono la modernità e coloro che la sostengono spesso litigano ferocemente; anche tra i sacerdoti (2000)[9] troviamo esempi di antimoderni che fuggono dal mondo e di sostenitori della modernità che tendono alla secolarizzazione. Tra questi due gruppi si trovano coloro che sono aperti nei confronti del mondo con un rapporto fondamen­talmente positivo, anche se critico, nei confronti della modernità[10].

– Tra questi due campi esiste però un campo spirituale e su questo un numero crescente di “pellegrini” impegnati che sono però poco legati alla Chiesa (Danièle Hervieu-Léger)[11] e che si incontrano in gruppi spirituali al di fuori dei movimenti cristiani, ma anche in movimenti di risveglio spirituale all’interno delle Chiese. Molti di questi vaga­bondi spirituali sono profughi che provengono da Chiese idealmente sfinite, ma anche da contesti della modernità spiritualmente esausti.

Non pochi tra loro studiano presso le Facoltà di Teologia cattolica. Lo fanno non tanto per poter assumere dei compiti all’interno della Chiesa, quanto per risolvere le loro domande spirituali.

Questa analisi ci permette di formulare importanti questioni: da che cosa nascono attualmente le (troppo poche) “vocazioni sacer­dotali”? Nelle società moderne dell’Europa occidentale esiste forse una tendenza che porta le persone verso un ambiente pre- o anti-moderno? Coloro che fuggono dalla modernità si sentono chiamati dalla Chiesa e all’interno di essa ad un ministero sacerdotale? Cer­tamente, da un punto di vista teologico, dobbiamo chiederci: Dio chiama anche persone da ambienti moderni, dunque da ambienti – per dirla con le parole di Geremia (Ger 29) – nei quale Dio ha por­tato la sua Chiesa in Europa, e dove la Chiesa vive come in esilio, dunque in terra straniera? Non esiste un motivo plausibile per non credere che Dio sia capace di un tale atto. Ma allora la domanda è: perché noi, in quanto Chiesa nell’Europa moderna, siamo sempre meno radicati e perché dalla terra della modernità così pochi giova­ni riconoscono e realizzano la loro vocazione sacerdotale?

Diamo ora un’occhiata all’Europa orientale. Lì avviene, al mo­mento, una veloce “europeizzazione”. Dopo la caduta del comu­nismo c’è spazio per mercato e media liberi. La domanda che pesa di più è: in Europa orientale si verificherà tutto ciò che è avve­nuto e avviene tuttora in Europa occidentale? E questo anche nelle culture tuttora cattoliche della Polonia, della Croazia, della Lituania e della Slovacchia e forse, a lungo termine, anche nel­le culture ortodosse della Serbia, della Moldavia, della Bulgaria, nonché in parti dell’Ucraina, in Bielorussia e nella Russia stessa?
Oppure, nell’Est dell’Europa, si potrebbe sviluppare un nuovo rap­porto tra modernità e cristianesimo per il paese interessato e par­tendo da lì per tutta l’Europa? In questo caso, non si importerebbe la caduta del cristianesimo da Ovest ad Est, ma un rafforzamento del cristianesimo dall’Est all’Ovest. La Polonia avrebbe ottime risor­se risultanti dalla sua storia difficile, un proprio illuminismo – l’in­contro, dunque, tra modernità e cristianesimo – non rivolto contro la Chiesa, ma da essa stessa supportato.

Negli studi riguardanti l’Europa orientale (Aufbruch 2007)[12] tro­viamo spunti per entrambi gli scenari. Da un lato, anche in Europa orientale sembra diminuire il numero dei fedeli tra i giovani (cf Tabella 1). Dall’altro lato gli studi a lungo termine, ad es. in Polonia, mostrano numeri stabili per alcuni indicatori socio-religiosi (come andare a messa).

 

Riassumiamo tutto ciò che è stato detto fino a questo punto in alcune tesi:

* la vivacità della Chiesa è il terreno più fertile per le vocazioni, specialmente per le vocazioni sacerdotali;

* la ripresa delle vocazioni in Europa occidentale è strettamente le­gata all’eventualità che la Chiesa riesca a creare un incontro crea­tivo-critico con la cultura moderna e alle modalità con cui lo farà;

* se la Chiesa resta ancorata – come mostrano con certezza studi recenti – in particolar modo negli ambienti premoderni-tradizio­nali, allora i numeri diminuiranno ancora. E con la riduzione dei membri scenderà anche, e in modo doloroso, il numero dei sacerdoti celibi.

 

Vocazioni dormienti

Ritorniamo ora alla nostra storia di vocazione del libro di Sa­muele: E corse da Eli dicendo: «Eccomi, mi hai chiamato». Questi rispose: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire! Egli se ne andò a dormi­re» (v. 5).

Non si vuole qui continuare ad indagare il malinteso per cui è Dio che chiama Samuele, ma questi crede che sia stato Eli. In que­sto paragrafo mi sembra più degno di nota il fatto che Dio chiama, ma Eli (dunque la guida nel popolo di Dio) non percepisce la voca­zione di Dio, non la raccoglie, ma dice a colui che è stato chiamato di tornare a dormire. Ci troviamo dunque davanti ad una “voca­zione dormiente”. Queste vocazioni dormienti sembrano esistere anche nell’Europa di oggi.

Questo significa che la nostra analisi sulla situazione delle voca­zioni non è ancora completa. Abbiamo finora guardato le vocazione sacerdotali, che difatti esistono, e abbiamo constatato che almeno in Europa occidentale i numeri sono bassi e non si prevede un miglio­ramento. Accanto alle vocazioni sacerdotali effettive esiste, e questo può essere provato, il fenomeno delle “vocazione sacerdotali dor­mienti”, che non vengono viste e neanche accettate dalla Chiesa.

La difficoltà della Chiesa attuale in alcune regioni del mondo – particolarmente in Europa occidentale – circa un numero insuf­ficiente di “vocazioni sacerdotali”, deve essere pertanto precisata partendo da un punto di vista empirico. In queste regioni non esiste un numero sufficiente di candidati che rispondono ai criteri previ­sti attualmente dal Diritto Canonico della Chiesa cattolica romana: maschio, con formazione accademica, celibe.

In effetti (anche in Europa centrale) vi sono oggi più persone che, basandosi sulla loro fede, dicono di possedere una vocazione per il ministero sacerdotale, anche se questa non corrisponde ai cri­teri attualmente richiesti dal Diritto Canonico.

A questo riguardo elenchiamo brevemente alcuni fatti tratti da­gli studi sull’Europa centrale.

1) Il 36% dei diaconi sarebbe diventato volentieri sacerdote se ci fosse stata la possibilità di unire ministero e matrimonio. Si tratta di una specie di diaconi in “stand-by sacerdotale”, pronti cioè, in ogni momento, ad essere ordinati sacerdoti[13].

2) Tra i referenti pastorali – uomini e donne – nei paesi di lingua tedesca[14] la quota di coloro che originariamente volevano diventare sacerdoti è del 32%. Tra i maschi intervistati addirittura il 48% cor­risponde ad una “vocazione sacerdotale dormiente“ e tra le donne il 7%. Analisi più approfondite, nel gruppo professionale dei refe­renti pastorali, nei paesi di lingua tedesca, mostrano che molti di loro sono attratti dalla professione presbiteriale perché mancano i sacerdoti (essi dirigono, con la supervisione di un sacerdote – c. 517 §2 – una comunità, battezzano, assistono durante i matrimoni, pre­dicano); altri invece si spingono verso il ministero perché le aspet­tative dei fedeli sono indirizzate verso un ordinato, mentre i teologi laici vengono percepiti come secolari.

3) I primi studi qualitativi dimostrano che, tra i tanti volontari nelle parrocchie, secondo le norme del Concilio Vaticano II, vi sono molte personae probatae e dunque donne e uomini con esperienza nella comunità che, dopo una buona formazione non accademica, sarebbero senz’altro disposte a ricevere l’ordinazione sacerdotale da parte del vescovo, per poi operare in una piccola comunità. Nella Chiesa anglicana questi local ministries esistono già da 40 anni. Le esperienze che sono state valutate recentemente sono sempre posi­tive. Anche la Chiesa protestante riflette attualmente sull’impiego di sacerdoti “non professionisti”.

 

4) Tra gli studenti di Teologica Cattolica presso la Facoltà di Vien­na, nel 2006 il 37% degli uomini si sentiva chiamato al ministero sacerdotale e tra le donne il 19%. Il 7% degli intervistati non ha risposto alla domanda.

 

Vocazioni ostacolate

Tra questi studenti si è anche cercato di capire perché essi stu­diano teologia, senza però diventare poi sacerdoti (cf Tabella 2 e 3).

– Il celibato si trova in testa con l’83%. Questo, da un punto di vista statistico, è strettamente legato alla sensazione che alcuni pre­cetti morali della Chiesa non siano vivibili nella nostra epoca.

– Al terzo posto si trova la difficoltà di dover decidere per tutta la vita: un aspetto che negli ultimi anni ha fatto diminuire anche il numero dei matrimoni in chiesa. Sia il celibato che il matrimonio si dimostrano sempre di più delle esigenti forme di vita ad alto rischio.

– Un forte ostacolo, per gli studenti di teologia, è dato dalla sen­sazione che i sacerdoti, nella propria Chiesa, devono rappresentare posizioni che non sostengono. Da questo punto di vista sarebbe diso­nesto prestare il giuramento di fedeltà richiesto dalla Chiesa.

– A questa preoccupazione di non poter sostenere al cento per cen­to le posizioni della propria Chiesa si collega anche la preoccupazio­ne di essere sempre meno all’altezza degli importanti compiti del ministero sacerdotale. A causa della mancanza di sacerdoti, i preti esistenti devono sobbarcarsi di compiti sempre più gravosi. I sacer­doti sovraccarichi di lavoro non sono però un’attrattiva per i giovani.

È importante notare che tutti questi motivi non colpiscono la so­stanza della fede. Questi giovani, donne e uomini, studiano con im­pegno teologia in quanto credenti e sono disposti a servire la Chiesa con attività a tempo pieno, ma da laici. E, come dimostra lo studio sui referenti pastorali nei paesi di lingua tedesca, svolgono un buon lavoro. In alcune zone dell’Europa centrale l’attuale pastorale sa­rebbe da tempo crollata senza i laici ottimamente preparati. Si è anche dimostrato, però, che le autentiche professioni laiche posso­no sopravvivere soltanto quando allo stesso tempo esistono abba­stanza sacerdoti. Altrimenti, nella zona grigia tra sacerdoti e laici, si formano dei “sacerdoti laici non ordinati”. Questi sono dannosi per entrambi: sia per la professione dei laici che operano a tempo pieno, sia per la professione dei sacerdoti, nonché per la comprensione in fede della necessità dell’ordinazione sacerdotale.

 

Scenari

Concludo le analisi empiriche con l’abbozzo di tre possibili sce­nari. Facendo questo non pretendo di essere esaustivo. Probabil­mente sono possibili anche altre evoluzioni, tanto più perché la gra­zia di Dio non può essere calcolata in modo empirico.

 

Scenario 1

Anche nelle moderne culture la Chiesa riesce a sviluppare una visione che fa fiorire la vocazione che Dio ha messo nel cuore di tante persone. Questa visione viene vissuta nelle comunità dei cre­denti; alcuni giovani la sostengono attivamente e vivono in questo contesto il fatto che i cristiani si immergono profondamente nel mistero di Dio per riemergere cambiati presso i poveri. Essi saranno così numerosi che la Chiesa, anche in futuro, si potrà permettere il lusso di accettare soltanto le vocazioni sacerdotali donate da Dio, che sono anche collegate al carisma del celibato. I sacerdoti celibi vivranno primariamente in comunità sacerdotali di diverso tipo.

 

Scenario 2

Grandi regioni della Chiesa mondiale troveranno pochissimi candidati, i quali – poiché si tratta di un carisma donato da Dio – “non possono fare altro” che unire ministero sacerdotale e celibato. In tali ipotetiche condizioni, per l’esiguo numero di sacerdoti, si creeranno delle strutture pastorali in cui i preti saranno responsabili per grandi zone. Due effetti sono già visibili oggi (ad es. nei paesi di lingua tedesca): la frequenza dell’Eucaristia scende fortemente. Allo stesso tempo i sacerdoti perdono anche la vicinanza con la vita quo­tidiana delle persone. Da pastori diventano sempre più manager di grandi zone pastorali. Da questa immagine del sacerdozio i giovani vengono piuttosto spaventati e non attratti. Le professioni date da Dio potranno soffocare facilmente in quelle condizioni.

 

Scenario 3

Si sviluppano sempre di più comunità di credenti sostenute dal volontariato e dal servizio di molte persone. Quando queste comu­nità attive chiedono al loro vescovo un sacerdote, questi non può darne loro uno – forse – per anni. Propongono allora al vescovo di formare tre persone con esperienza nella comunità ed espressione della comunità stessa (viri probati di diverso tipo) e di creare un gruppo di “saggi”, consacrando sacerdoti proprio tra loro[15]. Il sacer­dote, in questo presbiterio locale, espleta il suo ministero sacerdota­le insieme al loro contributo personale. Alcuni di loro forse saranno vedovi, altri sposati. Che le cose potrebbero andare così lo dimostra anche un testo del 1970, nel quale l’allora teologo Joseph Ratzinger sviluppava una visione per la Chiesa nell’anno 2000. Lì leggiamo:

«Essa [la Chiesa del 2000] si presenterà, più di quanto non faccia oggi, come comunità di volontari che diventa accessibile soltanto attraverso la decisione. Le piccole comunità richiederanno molto di più l’iniziativa dei singoli membri.

Sicuramente la Chiesa conoscerà anche nuove forme di ministe­ro e ordinerà sacerdoti cristiani “provati” che hanno altre professio­ni: in molte comunità più piccole, o meglio in interi gruppi sociali, la normale pastorale sarà eseguita in questa maniera.

In tutto questo il sacerdote “professionista” sarà come oggi indispensabile»[16].

 

Samuele ed Eli come allievi di Dio

Per concludere, torniamo ancora una volta alla storia di vocazio­ne del giovane Samuele. In un tempo senza visioni Samuele viene chiamato da Dio nel bel mezzo del sonno.

Innanzitutto c’è un malinteso: parecchi, nella nostra Chiesa, si mettono a disposizione di un sacerdote (in questo caso Eli) anziché di Dio stesso.

Eli però insegna al ragazzo ad ascoltare Dio e ad affrontare la sua vocazione personalmente e senza ripensamenti. Il nostro testo biblico parla esplicitamente di questo servizio mistagogico. Anche se gli occhi sono diventati ciechi e non riesce più a “vedere”, Eli si dimostra essere un bravo mistagogo che confronta Samuele con la chiamata di Dio:

«Ora Samuele non conosceva ancora il Signore e la parola del Signore non gli era ancora stata rivelata» (v. 7).

Eli poteva così imparare che Dio, con le sue vocazioni, non si attiene alle regole prestabilite del gioco. Samuele non era idoneo ai suoi criteri di vocazione:

«Ed Eli disse a Samuele: “Va’ a coricarti; e, se sarai chiamato ancora, dirai: ‘Parla, Signore, poiché il tuo servo ascolta’”. Samuele andò dunque a coricarsi al suo posto. Il Signore venne, si fermò accanto a lui e chiamò come le altre volte: “Samuele, Samuele!” E Samuele rispose: “Parla, poiché il tuo servo ascolta”» (vv. 9-10).

 

* (Traduzione dall’originale a cura della dott.ssa Beate Jarzombski).

 

Note

[1] Questo potrebbe essere il motivo per cui tra coloro che entrano in seminario, al momento, la maggiore parte fugge dalla modernità.

[2] Friesl – I. Kromer – R. Polak (a cura di): Amare Servire Sperare. I valori dei giovani in Austria, Czernin Verlag, Vienna 2008.

[3] EpiscopatoTedesco, Ordine dei servizi pastorali, Bonn 1977.

[4] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, Roma 2003. Cf anche i discorsi di Benedetto XVI, ad es. durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia 2005.

[5] La religione in Germania. Studio della Indentity foundation, non pubblicato, 2006.

[6] Kehrer, Ateismo light. Il congedo silenzioso dalle chiese nei vecchi Länder tedeschi, in K. Deschner, Cosa pensa della Cristianità. 18 risposte ad una domanda, Monaco 1957.

[7] Gronemeyer, La vita come ultima occasione, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1993.

[8] M. Zulehner, Desiderio di Dio. Ricerca spirituale all‘interno di una cultura secolare, Schwabenverlag, Ostfildern 2008.

[9] M. Zulehner, Sacerdoti nello stress della modernizzazione. Rapporto di ricerca all‘interno dello studio Sacerdoti 2000, Schwabenverlag, Ostfildern 2001. P.M. Zulehner- A. Hennersperger, «Cammi­nano e non si affaticano» (Is 40,31). Sacerdoti nella cultura odierna, Schwabenverlag, Ostfildern 2001.

[10] Il Card. Carlo Maria Martini nel 1989 aveva proposto ai vescovi d’ Europa di “discendere” come aveva fatto Gesù, nella Cafarnao pagana e di operare lì, come Gesù, con una presenza critica, ma anche amorevole. Aveva anche citato il profeta Geremia, che consigliava agli esiliati di Babilonia: «Cercate il benessere del paese, in cui il Signore vi ha fatto deportare, e pregate per esso il Signore perché dal benessere di questo paese dipende il vostro» (Ger 29,7). CCEE, Nascita e morte attraverso la evangelizzazione, Roma 1989.

[11] Hervieu-Léger, Le Pèlerin et le converti. La religion en mouvement, Parigi, 1999.

[12] M. Zulehner – M. Tomka, Religioni e Chiese nell‘Europa Orientale (Centrale). Evoluzioni dopo la svolta, Schwabenverlag, Ostfildern 2008.

[13] M. Zulehner – E. Patzelt, Samaritano – Profeta – Levita. Diaconi nei paesi di lingua tedesca. Studio empirico, Schwabenverlag, Ostfildern 2003. P.M. Zulehner, Uomini che servono – Istigatore alla solidarietà. Diaconi in Europa occidentale, Schwabenverlag, Ostfildern 2003.

[14] M. Zulehner – K. Renner, Ricerca del luogo. Inchiesta tra i referenti pastorali nei paesi di lingua tedesca, Schwabenverlag, Ostfildern 2006. P.M. Zulehner, Qualità e colore. Sul luogo dei referenti pastorali nella Chiesa, in «Pastorale attiva» n. 4/2007, pp. 210-213.

[15] Lobinger, Team of Elders, Claretian Publications, Manila 2009.

[16] Ratzinger, Fede e futuro, Monaco 1970, p. 122.