N.01
Gennaio/Febbraio 2010

Chi sono i giovani delle “comunità propedeutiche” al Seminario Regionale

In occasione dell’ultimo Convegno dei Formatori dei Semina­ri Regionali d’Italia (Elementi comuni per un progetto formativo dei Seminari Regionali d’Italia. Dall’ingresso all’Ammissione: il discerni­mento, Anagni, 14-17 aprile 2009), mi è stato chiesto di delinea­re le caratteristiche dei giovani che domandano di intraprendere il cammino formativo, in vista del sacerdozio, nei nostri Seminari Regionali.

Ho cercato di mettere insieme il materiale che mi è stato in­viato da dieci Seminari: Pontificio Seminario Regionale “S. Pio X” (Catanzaro – Calabria); Pontificio Seminario Regionale Maggiore di Basilicata (Potenza – Basilicata); Pontificio Seminario Regionale Pugliese “Pio X” (Molfetta – Puglia); Seminario Maggiore Arcivescovile “Card. Ascalesi” (Napoli Capodimonte); Pontificio Seminario Regionale “S. Pio X” (Chieti – Abruzzo-Molise); Pontificio Collegio Leoniano (Anagni – Lazio sud e Diocesi Suburbicarie); Pontificio Se­minario Regionale Marchigiano “Pio XI” (Ancona – Marche); Pon­tificio Seminario Regionale “Pio XII” (Siena – Metropolia di Siena); Pontificio Seminario Regionale “Benedetto XV” (Bologna – Roma­gna); Pontificio Seminario Regionale Sardo del Sacro Cuore di Gesù (Cagliari – Sardegna).

Che tipo di materiale ho raccolto? In vista del Convegno, sono state approntate le seguenti tre schede per la raccolta dei dati utili alla ricerca:

Scheda 1 – Raccolta dati degli ultimi 5 anni (Tipologia del Prope­deutico e caratteristiche biografiche dei suoi componenti).

Scheda 2 (compilata dai giovani) – Motivazioni della scelta e per­cezione del loro cammino formativo in rapporto ad alcune aree.

Scheda 3 (compilata dagli educatori) -Percezione dei maggiori bisogni educativi nei giovani; valutazione della capacita dei giovani di recepire la proposta educativa e delle aree di maggior fatica; de­scrizione degli itinerari proposti in vista del Propedeutico e conside­razioni sintetiche sia sul cammino precedente al Propedeutico, sia sul prosieguo del cammino nel Biennio Filosofico.

In questo articolo sintetizzo le risposte date alle domande propo­ste dalle schede aggiungendo qualche semplice e personale – quindi discutibile – considerazione.

 

  1. I dati degli ultimi 5 anni

 

1.1 Tipologia dei cammini propedeutici

Dai dati ricevuti risulta che la proposta dell’Anno Propedeutico in tre “regioni” (Sardegna, Calabria e Metropolita di Siena) è realizzata a livello diocesano, mentre nelle altre sette la proposta viene realiz­zata nel Seminario Regionale per tutte le diocesi che vi fanno capo.

L’Anno inizia a settembre-ottobre e termina a maggio-giugno. Ogni settimana del cammino formativo comincia il lunedì e finisce il giovedì, il venerdì o il sabato.

Una certa differenza tra le varie proposte è da rilevare nell’al­ternanza di periodi residenziali a periodi di ritorno in famiglia. In alcuni propedeutici il ritorno a casa è previsto tutti i fine settimana. In altri, i periodi di vita comune, mano a mano che l’anno procede, si fanno sempre più lunghi (fino a Natale periodi di dieci, quindici e venti giorni consecutivi, da gennaio in poi diventano periodi di un mese). Oppure, fino a Natale si vive una fase “non residenziale” che prevede 13 incontri, di un pomeriggio, a scadenza settimanale, e poi fino a giugno una “fase residenziale”.

 

1.2 Caratteristiche biografiche

Riportiamo le tabelle sul numero dei componenti delle comunità propedeutiche, le età, la formazione scolastica e la provenienza:

 

  1. Valutazione da parte dei giovani del Propedeutico

 

2.1 Motivazioni e considerazioni in relazione al Propedeutico

 

L’analisi delle risposte evidenzia la caratteristica di una sostanziale omogeneità tra le diverse esperienze dei cammini propedeutici. I punti 3 e 4 sono una breve sintesi delle risposte dei giovani fatta dagli educatori. Per quanto riguarda il punto 4 – guardando alla mia esperienza personale, quali considerazioni posso fare? – si registra anche una percezione globalmente e sostanzialmente positiva da parte dei giovani.

 

1a – I motivi che mi hanno spinto a cominciare il Propedeutico

Per la maggior parte sono motivi che riguardano la possibilità di verificare la vocazione al sacerdozio (il desiderio di servire Dio e l’umanità come sacerdote; capire meglio se questa è la mia strada; la volontà di capire se nel mio cuore vi è una chiamata al sacerdozio e come realizzarla); o “semplicemente” il sentire già con una certa chiarezza la vocazione al sacerdozio (penso di avere la vocazione al sacerdozio); o motivi in rapporto alla vocazione in generale sulla quale si sente il bisogno di fare più chiarezza (verificare quale è il progetto di Dio su di me; ricerca della mia vocazione; fare un discernimento più costante rispetto a quello fatto in diocesi). Una percentuale minore riguarda motivi quali la conoscenza del seminario, la maggiore conoscenza di sé (il motivo fondamentale è stato per la conoscenza di me stesso come uomo, ma soprattutto come figlio di Dio), dare un indirizzo alla propria vita o la ricerca della felicità.

 

1b – Le attese nei confronti del Propedeutico

Sostanzialmente le risposte manifestano delle aspettative nei confronti del Propedeutico adeguate ai motivi per cui i giovani han­no chiesto di cominciare questa esperienza: un aiuto nel discerni­mento (capire quale strada intraprendere), nella verifica della propria vocazione in genere e nei confronti del sacerdozio in particolare; una preparazione adatta per cominciare il seminario; la possibilità di approfondire la conoscenza di sé e di crescere nella dimensione umana, spirituale, intellettuale; la possibilità di crescere nella vita comunitaria; nessuna attesa in quanto non si aveva conoscenza di cosa fosse il propedeutico; …che passasse presto.

 

1c – Le principali aspirazioni per il futuro

Sembra che l’ingresso al Propedeutico abbia ridimensionato la “chiarezza” vocazionale – in rapporto alla stato di vita – posseduta prima di cominciare il cammino formativo e attivato una maggiore attenzione, almeno nella percezione, alle condizioni di base, alla cura di quegli ambiti che permettono di ben disporsi nei confronti della chiamata.

In percentuale, non sono molte le risposte che indicano un ideale ben identificato: sono pochi coloro che si vedono preti nel loro futu­ro. Per la maggior parte le aspirazioni per il futuro riguardano o un futuro prossimo (continuare questa fantastica esperienza; iniziare il cam­mino formativo in seminario), o gli elementi generali della vita cristiana (crescere nel rapporto con il Signore; compiere la volontà di Dio; diventare santo; essere a servizio di Dio e dei fratelli; una vita di carità; crescere nella chiarezza vocazionale; continuare il discernimento); inoltre, si aspettano di maturare umanamente (conoscere chi sono e perché mi comporto in una determinata maniera), essere felici, crescere nelle relazioni comu­nitarie.

Solo alcuni hanno “idee confuse”, o non le hanno (sinceramente non ho ancora chiara la mia aspirazione), e confidano in un cammino che li aiuterà a fare maggiore chiarezza in questo ambito.

 

2.2 L’utilità dell’Anno Propedeutico

La quasi totalità dei giovani vede l’utilità del Propedeutico come buona o molto buona; pochissimi sufficiente, nessuno insufficiente (la risposta prevedeva quattro possibilità: insufficiente, sufficien­te, buona, molto buona). Questa valutazione positiva è legata alla percezione di aver fatto passi in avanti, di crescita, soprattutto nella conoscenza di sé (mi ha aiutato a conoscere meglio me stesso abbattendo un’idea che avevo di me e scoprendo pian piano quell’io di carne, quel­lo vero che abita dentro di me; questo mi ha permesso di amarmi di più passando in rassegna i miei limiti e i miei punti di forza; il propedeutico aiuta concretamente ad affrontare le proprie difficoltà; ti specchi con un io che non conoscevi prima; chiami col nome le tue emozioni), ma anche al buon rapporto educativo con i formatori che vengono stimati e sentiti come un valido aiuto (siamo affidati a persone competenti; lode­vole impegno ed entusiasmo del responsabile); alla crescita nel rapporto con gli altri, nella vocazione (cambiamento di concezioni erronee; ha fornito l’immagine giusta di sacerdote).

È interessante notare che la conoscenza di sé, come spinta mo­tivazionale a cominciare il cammino propedeutico, è presente ini­zialmente in una percentuale piuttosto bassa, viene riconosciuta poi uno dei motivi centrali, per molti giovani, in ordine alla valutazione positiva del cammino formativo.

 

2.3 In quali aspetti mi sembra di essere cresciuto di più

Nella percezione dei giovani, gli ambiti in cui sentono di esser cresciuti di più sono soprattutto quello spirituale, la preghiera, e quello della relazione con gli altri (gli educatori, da parte loro, vedo­no quest’ultimo come uno degli ambiti di maggior fatica); ma anche l’ambito della conoscenza di sé e quindi della sicurezza e stima di sé; un po’ meno è percepita la crescita nell’ambito dello studio (qui gli educatori concordano).

 

2.3.1 Quali ambiti domandano ancora attenzione e impe­gno di crescita?

Gli ambiti che domandano ancora attenzione e impegno di cre­scita sono sostanzialmente gli stessi in cui hanno rilevato dei mi­glioramenti (di sicuro, in questi campi in cui riconosco una crescita, mi ri­trovo ad essere soltanto all’inizio del cammino, quindi desidero perseverare in questi solchi aperti).

 

2.4 Guardando alla mia esperienza personale, quali consi­derazioni posso fare?

4a – In rapporto alle relazioni con la comunità del Propedeutico

Le relazioni sono percepite come molto buone e utili sia per la crescita nella conoscenza di sé che per la crescita personale e di grup­po (riscoperta della dimensione della fraternità; arricchimento; la vita co­munitaria è fondamentale nella crescita umana e spirituale). È una realtà complessa quella del doversi relazionare con persone molto diverse tra di loro (non è facile vivere con persone diverse per età, opinione e vissuto personale). Si sente il bisogno di maggiori spazi per una condivisione meno superficiale e più profonda (racconto e condivisione della propria storia). Tuttavia c’è la consapevolezza di essere cresciuti nella capaci­tà relazionale nonostante le difficoltà iniziali (i primi tempi non è stato facile: fidarsi di gente con la quale non hai apparentemente nessun legame affettivo…), o sopraggiunte nel corso del cammino (con alcuni non è semplice fare amicizia; difficoltà di relazione con persone che si scoprono profondamente diverse da sé).

 

4b – In rapporto alle relazioni con gli educatori

Per la maggior parte sono valutate positivamente (avverto sen­timenti genitoriali per me; rapporto molto confidenziale che mi fa piacere; piena fiducia e totale abbandono; mi sento a mio agio con gli educatori; è la prima volta che vivo una relazione educativa di questo tipo) anche se qualcuno avverte delle difficoltà personali dovute ad un rapporto che si va costruendo (a volte mi sento osservato; non riesco ancora ad aprirmi in modo totale, ma sento che mi vogliono bene; si sta costruendo sulla fiducia, ma non è automatico, né facile). Gli educatori sono stimati e valutati in modo molto positivo (un dono del Signore; pienamente all’altezza del loro compito, che svolgono con il cuore, evangelicamente ed impeccabilmente, con intelligenza, profondità, sensibilità).

 

4c – In rapporto ai servizi

In genere sono vissuti con impegno; vengono visti come una buona occasione di crescita (li svolgo con amore perché anch’essi sono finalizzati alla mia formazione); diventano occasione per mettersi alla prova in alcuni ambiti non ancora sperimentati; alcuni hanno equi­vocato il termine servizi intendendolo in rapporto a quello che il seminario offre o dovrebbe offrire (c’è tutto ciò di cui abbiamo bisogno; la struttura potrebbe essere messa a punto su alcune piccole cose, ma è tutto sommato comoda); a volte diventano motivo di confronto, di discus­sione (gli altri non si impegnano come dovrebbero); pochi evidenziano qualche difficoltà (tante volte vivo il servizio in modo superficiale e non come un servizio a Dio. Posso maturare molto su questo aspetto; pur ricono­scendone l’importanza, grande è la fatica, psicologica e spirituale, di affron­tarli; a volte è troppa l’enfasi sui servizi).

 

4d – In rapporto allo studio

Per la maggior parte lo studio viene percepito come buono e utile per il prosieguo degli studi in seminario, ma anche per l’aiuto che apporta nella propria formazione o in vista di un servizio alle persone; è importante aver potuto apprendere un metodo di studio; sarebbe da privilegiare maggiormente l’aspetto spirituale e vocazio­nale; a volte si incontra qualche difficoltà (prima di tutto l’approccio a nuove materie e l’organizzazione del tempo; lo studio è molto intenso e c’è poco tempo; alcune aree sono noiose; un po’ di fatica a motivo della stan­chezza che arriva con facilità, o perché è da tanto che non si studia più; devo controllarmi per non “esaurirmi”; il minimo indispensabile per non farmi considerare un ignorante).

 

4e – In rapporto alla vita spirituale

Questa area è percepita come molto importante nel proprio cammino personale, come un buon aiuto nella crescita spirituale di ciascuno ed è vissuta con impegno (ha fornito strumenti utili per la preghiera); buono è il rapporto con il padre spirituale; per alcuni l’esperienza, oltre che arricchente e positiva, è risultata stimolante; per qualcuno ci sono delle difficoltà (essere costante quando si torna a casa; pregavo di più prima dell’ingresso al Propedeutico; sarebbe auspicabi­le una presenza stabile del padre spirituale).

 

4f – In rapporto alla vita affettiva

Per alcuni la vita affettiva è fonte di preoccupazione per il pre­sente (a volte faticosa, da tenere sotto controllo; a volte avverto la mancanza della famiglia e degli amici; è uno degli scogli che con il supporto psicologico e quello del padre spirituale può essere serenamente superato) e per il fu­turo (a volte percepisco la solitudine e desidero avere una ragazza accanto); la maggior parte pensa che la vita affettiva venga vissuta e stia ma­turando soprattutto nelle relazioni all’interno della comunità (c’è possibilità di creare un clima di comunione e di affetto sia nei riguardi dei membri della comunità che degli educatori; le amicizie in seno alla comu­nità sono buone e aiutano a vivere serenamente la propria affettività; gli apporti educativi mi stanno aiutando a conoscermi e a gestire con maggior serenità le relazioni); gli affetti richiamano i rapporti con la propria famiglia e sono descritti da alcuni come buoni e da altri come pro­blematici; c’è la percezione di legami che con il passare del tempo si fanno più stretti, ma anche difficoltà a dimostrare il proprio affetto; è avvertito il desiderio di relazioni più profonde e di capire come incanalare la propria affettività; poco o nulla è stato considerato a proposito della dimensione affettivo-sessuale, che pur non nascon­dono all’educatore.

Studio e vita affettiva sono le due aree che sembrano essere percepite come maggiormente problematiche rispetto alle altre. La tonalità positiva utilizzata nel descrivere la percezione delle figure educative e della relazione che vivono con loro è un dato che può essere recepito come nota positiva in rapporto ai cammini formativi del Propedeutico. Tuttavia, questa positività, che a volte appare an­che abbondante, andrebbe approfondita in modo adeguato.

 

  1. Valutazione da parte degli educatori

La marcata convergenza nella scheda compilata dagli educato­ri, cioè la loro somigliante lettura dei rispettivi cammini formativi, ma anche la somiglianza nelle loro attese nei confronti di ciò che precede e segue l’esperienza dell’Anno Propedeutico, a mio parere, è testimonianza di un importante retroterra, comune e condiviso, che in questi anni, anche attraverso questi incontri, si è venuto for­mando.

 

3.1 Capacità di ricezione della proposta educativa

1- Quali sono i maggiori bisogni educativi che riscontriamo nei giovani del Propedeutico?

I bisogni educativi maggiormente individuati sono: la formazio­ne umana e la conoscenza di sé (lavoro serio su se stessi; crescita nella sicurezza e nella stima di sé); le relazioni (acquisizione delle regole basilari della vita in comune; aiuto a stabilire relazioni rispettose con i compagni e con l’autorità); la spiritualità (imparare a pregare e a farsi guidare dal di­rettore spirituale; una formazione spirituale solida ed ecclesiale; avere una corretta immagine di Dio).

Accanto a questi bisogni, in forma minore, sono stati evidenziati anche la corretta visione del sacerdozio cattolico e la conoscenza delle esigenze del ministero sacerdotale; la comprensione e gestio­ne della vita affettiva; il confronto educativo con persone mature, autorevoli ed esigenti.

 

2-In rapporto alla capacità di recepire la proposta educativa da parte dei giovani del propedeutico, qual è la nostra percezione di educatori?

Queste “percezioni”, formulate in percentuale, esprimono una lettura della realtà interiore, degli atteggiamenti più o meno favorevoli alla ricezione della proposta educativa, più o meno dispo­nibili oppure più o meno resistenti alla crescita. Senza voler fare accostamenti indebiti, mi pare di poter riscontrare una somiglian­za-corrispondenza di questi dati (anche se raccolti sulla base della percezione) con quelli che emergono dalla ricerca di P. Luigi Maria Rulla (Antropologia della Vocazione Cristiana) che possiamo riprendere in una sintesi di Alessandro Manenti: «Le inconsistenze sono pre­senti in tutte le persone (sacerdoti, religiosi/e, laici). Nel 60-80% dei soggetti sono presenti in modo conflittuale; cioè il 60-80% dei seminaristi, religiosi/e, sacerdoti ha internalizzato poco o nulla i va­lori vocazionali, pur accettandoli intellettualmente. Queste incon­sistenze sono già presenti al momento della entrata in vocazione (e quindi non attribuibili solo alla formazione ricevuta): al massimo solo il 10-15% dei soggetti è entrato in vocazione dopo aver preso una decisione motivata da un ideale di sé internalizzato; per il re­stante 60-80%, la decisione è piuttosto il risultato di atteggiamenti inconsci utilitaristici e difensivi…

Le inconsistenze rimangono inalterate per tutto il tempo della formazione e persistono negli anni seguenti dell’apostolato. Il dato fondamentale riguarda il grado di maturità rilevato dopo 4 anni di formazione: la maggioranza delle persone (68%) non presenta nes­sun miglioramento significativo dopo 4 anni di formazione, alcuni peggiorano (3,5%) e solo il 2% mostra una aumentata maturità vocazionale… È chiaro quindi che il fenomeno delle inconsistenze esiste e rimane inalterato nonostante il passare degli anni se non viene espressamente riconosciuto e trattato» (A. Manenti, Vocazione Psicologia e Grazia, EDB, Bologna 1992, pp. 18-20).

Andando al grafico 5, se togliamo l’11% che recepisce in modo scarso e il 18% che recepisce in modo molto buono la proposta educativa, rimane un 71% che potrebbe essere assimilato a quel 60-80% della ricerca di Rulla. Questa fascia percentuale è costituita da persone che, pur dichiarando motivazioni ideali molto adeguate in ordine alla vocazione sacerdotale, portano con sé, fin dall’inizio del cammino formativo, delle inconsistenze. Appare chiaro quanto sia importante operare, in modo appropriato, in rapporto all’af­frontamento e al superamento di queste inconsistenze che, oltre a creare resistenze nel cammino di crescita verso la maturità e la scelta vocazionale, rischiano di permanere nonostante il passare degli anni.

 

  1. Quali sono le aree di maggiore fatica avvertite dai nostri giovani

Sulla base della loro percezione, gli educatori hanno indicato come area di maggior fatica avvertita dai giovani quella della vita comunitaria. Poi, a scalare, lo studio e il distacco dal passato; la spi­ritualità e la relazione educativa; le situazioni difficili delle proprie famiglie di appartenenza:

 

  1. Per concludere

A partire dal quadro delineato, sono state proposte alcune con­siderazioni sintetiche sia sul cammino precedente al Propedeutico, sia sul prosieguo del cammino formativo nel “biennio filosofico” del Seminario maggiore. Di seguito, alcune di queste considerazioni, proposte dai diversi educatori, che risultano essere particolarmente convergenti oltre che interessanti per la pastorale vocazionale:

-l’esistenza della comunità del Propedeutico, alcune volte di­venta motivo per indirizzarvi anche i giovani che si sono posti il problema della scelta vocazionale, ma che ancora non hanno compiuto (a volte neanche iniziato) un sufficiente cammino di accompagnamento (da tener presente che il 70% circa dei giova­ni dichiara di aver ricevuto un accompagnamento vocazionale). Sarebbe auspicabile che le diocesi e i responsabili della pastorale vocazionale ponessero una maggiore attenzione a questo aspetto, e si attivassero maggiormente in un lavoro di accompagnamento vocazionale;

-spesso i giovani arrivano dalla vita parrocchiale senza nessun cammino vocazionale specifico alle spalle. Pochi i casi di parroci o sacerdoti veramente attenti e vicini, che avviano un discernimento vocazionale. Ci sono, da questo punto di vista, dei tentativi in alcu­ne diocesi. Anche agli educatori-catechisti è richiesta una maggiore attenzione alla pastorale vocazionale;

-attraverso i Centri Regionali e i Centri Diocesani Vocazioni si sta diffondendo la cultura dell’accompagnamento spirituale dei gio­vani che non può non essere vocazionale. Occorrerebbero persone-educatori capaci di intercettare le domande dei giovani;

-sarebbe auspicabile che i formatori delle équipes dei Centri Diocesani Vocazioni avessero le conoscenze minime per operare il primo efficace discernimento e, con loro, si potesse realizzare una maggiore collaborazione;

-il tipo di esperienza vissuta nel Propedeutico (soprattutto in ordine alla intensa vita comunitaria e al serrato accompagnamento personale che il piccolo numero della comunità propedeutica per­mette) andrebbe prolungata almeno al primo anno del biennio fi­losofico;

-un problema spinoso è l’uso di strumenti diagnostici e l’accom­pagnamento psicologico dei giovani per ora proposto, nella maggior parte delle esperienze, quasi esclusivamente a livello comunitario di “dinamiche di gruppo”. Sarebbe auspicabile un maggiore utilizzo di questi strumenti nel cammino dei giovani anche a livello personale.

Il lavoro di raccolta dei dati e la conseguente condivisione, ha offerto l’opportunità di un reciproco arricchimento nel corso del Convegno. Ciascuna esperienza di Propedeutico, pur mantenendo la propria fisionomia caratteristica, ha potuto recepire qualche ele­mento particolare dalle altre proposte e convergere su un’area co­mune che, senza vincolare nessuno e senza nulla togliere al valore e alla funzione di Orientamenti e norme per i seminari (CEI, La forma­zione dei presbiteri nella Chiesa italiana), sta diventando un punto di riferimento per ciascuno, spazio di condivisione e di crescita.

Tutto ciò, per i Seminari Regionali, sembra proprio essere un bel frutto di questi convegni…