N.01
Gennaio/Febbraio 2010

Con quale progetto mi muovo?

Briciole di apprendistato per il direttore del CDV

 

 

 

 

  1. Progetti e proposte come boomerang?

Lo assicurano una ricerca britannica ed uno studio serio dell’Uni­versità della California: il 78% dei propositi e progetti personali sono destinati al fallimento, creando sensazioni di inadegua­tezza e incapacità e predisponendo, di conseguenza, alla depres­sione[1]. Sarà una “falla” del nostro cervello, saranno le immancabili illusioni causate dai libri di auto-aiuto e dai vari “guru”, che pro­mettono cambiamenti radicali in breve tempo e senza sforzo, sarà l’incapacità a costruire un progetto e dei propositi gestibili…? Sta di fatto che propositi e progetti, soprattutto a livello personale, sono uno dei flop più frequenti dell’uomo contemporaneo.

Certo, gli ambiti più comuni riguardano il dimagrire, il fare più esercizio fisico, smettere di fumare, rispettare le scadenze e lavorare di meno, ma, ormai, si può dire, abbiamo l’inflazione dei progetti dappertutto e quindi i fallimenti si sprecano. E se i propositi e i progetti personali sono un vero boomerang per il 78% dei casi, la polluzione di progetti ad ogni piè sospinto, troppo sovente artificiali e teorici, rende tutti diffidenti e poco entusiasti di fronte ad una qualsiasi proposta in questo senso. Se poi la proposta va addirittura a piazzarsi nel tuo ambito ed impegno di Direttore del CDV, mi pare di avvertire immediatamente, come ricevuta di ritorno, un sacco di improperi, magari infiorettati con qualche parolaccia.

 

  1. Progetto del CDV: perché? Ma… è proprio il caso?

Siamo sempre andati avanti così, semplicemente, alla buona, af­frontando volta per volta le cose come venivano… cos’è ’sta storia di un Progetto del CDV? Una nuova moda per complicare la vita, che è già fin troppo complessa? Non è una sorta di gabbia, che ci chiude sopra, sotto e da ogni lato?

Se la vocazione è essenzialmente dono imprevedibile di Dio, il quale opera attraverso vie sempre misteriose, come possiamo noi, poveri umani, avere la faccia tosta e la pretesa di rinchiudere la sua azione in uno schema, per quanto ben fatto? Non è questa una pre­sunzione superlativa?

Indubbiamente, ci sono molte cose giuste e ragionevoli in tutto questo dire, ma c’è anche dell’altro, che è molto importante tenere presente. Finora, nelle varie puntate di queste briciole di formazio­ne, ho voluto riflettere insieme con te, seguendo semplicemente lo schema di un progetto, senza nominarlo nemmeno una volta. Siamo partiti dal cercare di fare chiarezza sulla tua identità di Diret­tore del CDV; poi, abbiamo portato l’attenzione sul cosa fare; subito dopo abbiamo visto chi si poteva cooptare come tuo collaboratore; inoltre ci siamo resi conto che non esiste solo il tuo ufficio in diocesi e che tu, con i tuoi collaboratori, non bisogna assolutamente che andiate avanti in solitaria, ma sappiate camminare bene insieme con gli altri uffici diocesani, in particolare con l’ufficio della Pastora­le Giovanile, quello della Pastorale Familiare, l’Ufficio Missionario e quello Catechistico. Con questi è strategico studiare, se è possibile, una vera pastorale integrata autentica ed intelligente, che permetta di arrivare a formare una robusta rete pastorale sul territorio; infi­ne ci siamo soffermati sullo stile con cui tu, Direttore, devi portare avanti il tuo servizio, cioè avere il cromosoma del grande animato­re, ossia con le caratteristiche della passione, della creatività e della condivisione.

Tutti questi punti Rubrica delle puntate del 2009 sulla rivista non sono altro che le parti di un progetto. Per di più, ci siamo sempre mossi, tenendo come punto solido di riferimento il Piano Pastorale per le vocazioni in Italia (marzo 1985) ed il Vademecum del Direttore del CDV (2006/2007), che sono, a tutti gli effetti, begli esemplari di progetti.

Dunque, il Progetto è veramente quel qualcosa di strano, come può a prima vista sembrare, oppure si tratta di una cosa interessan­te, oltre che utile? Le cose si fanno più chiare e convincenti?

Dunque, il Progetto che ti proponiamo, non vuole essere asso­lutamente quella gabbia che ti vogliamo buttare addosso e attorno, aggiungendo una complicazione in più alla tua vita e facendo spari­re ogni forma di spontaneità.

E nemmeno vuole essere una sorta di concorrenza al progetto di Dio, l’unico che ha diritto di fare progetti di vita e di vocazione, sognando su ogni persona quel capolavoro di grazia e di verità, che rende la vita un’avventura unica ed irrepetibile di piena realizzazio­ne. Tutti gli altri cosiddetti progetti non sono e non possono essere un contraltare al progetto e sogno di Dio, ma unicamente degli stru­menti con i quali organizziamo ed affiniamo la nostra disponibilità all’azione dello Spirito Santo sia a livello personale che di Chiesa.

Dunque, il Progetto lo devi considerare come uno strumento fondamentale, per riuscire a coinvolgere i tuoi collaboratori nel pensare insieme, nel decidere insieme e nel coordinare il lavoro e le iniziative responsabilmente insieme, in un’epoca come la nostra, in cui anche nella pastorale fa tanto comodo lavorare in proprio, senza confrontarsi con gli altri.

Dunque, il Progetto esiste per superare la tentazione dello stan­dardizzato, del ripetitivo e dello stereotipo senza creatività, proprio perché, altrimenti, è facile essere al corto di idee e non si sa valutare efficacemente la realtà.

Dunque, il Progetto è in vista anche di un bel po’ di altre scoper­te che ti lascio fare, se avrai il coraggio di crederci e di coinvolgere in questa fiducia anche i tuoi collaboratori.

 

  1. L’officina del Progetto

Per tradurre concretamente in opera il tuo servizio ed organiz­zare adeguatamente il tuo ufficio come CDV, esiste, dunque questo strumento privilegiato, che si chiama PROGETTO. Esso ha la capa­cità di conglobare in sé la riflessione e gli interventi della Pastorale Vocazionale sul territorio. Un qualsiasi progetto ben strutturato, in­fatti, è il disegno delle idee che si richiedono per definire o configu­rare praticamente il tipo di intervento, che oggi riteniamo necessario. E configura inoltre il primo passo verso la realizzazione pratica di qualsiasi realtà, che si voglia attivare in forma completa. Entriamo nell’officina del Progetto per vedere cosa c’è e cosa ci ser­ve. Ci sono soprattutto sei strumenti essenziali per un buon progetto:

1- ci vuole prima di tutto un quadro teorico: noi lo chiameremo Un congegno in testa di idee chiare e convinte, perché sono queste che permettono di trascinare in avanti qualsiasi iniziativa, anche se poi ci vogliono le “gambe” delle attivazioni concrete;

2- è indispensabile poi un quadro situazionale: nel nostro conver­sare lo denomineremo Un osservatorio permanente su cui posizionarci per non restare sulle nuvole;

3- nel centro di ogni progetto che si rispetti ci deve essere un fine da raggiungere, costellato da vari obiettivi intermedi. Porterà il nome: Purpose to achieve;

4- a questo punto occorre delineare dei criteri di azione, per col­legare bene il fine con le realizzazioni concrete, quello che da noi porterà il titolo: Involving style;

5- infine è necessaria Una strategia decisiva: sono le aree e dimen­sioni di intervento, perché è suddividendo che diventa più facile raggiungere delle mete;

6- il tutto da tenere continuamente in Stato di verifica e di bilancio, per non perdere i pezzi strada facendo.

 

La Rubrica Briciole di apprendistato per il Direttore del CDV pro­porrà dunque nell’anno 2010 sei tappe per costruire un bel proget­to di Pastorale Vocazionale nella tua Diocesi. Sarà sicuramente una bella avventura!

 

Note

[1] Cf C. Nanotti., Propositi come boomerang…, in «La Repubblica» 30-XII-2009, p. 45.