N.05
Settembre/Ottobre 2010

Un involving style: criteri e stile da attivare

Briciole di apprendistato per il direttore del CDV

  1. Iron Man o anima digitale?

Quali stili e modelli di vita stanno imponendosi soprattutto sul palcoscenico di vita dei giovani? Secondo Jaron Lanier, uno dei per­sonaggi più influenti della società americana, che ha appena pub­blicato un libro dal titolo You are not a gadget, sta nascendo ormai una religione informatica, per cui stiamo affidando le nostre scelte, i nostri sentimenti e il nostro pensare all’intelligenza artificiale e le macchine possono accollarsi sempre più responsabilità al nostro posto, distorcendo così le nostre capacità di esseri umani ridotti a cervelli globali e anime digitali. Così, se il computer diventa un dio, il concetto di persona viene riplasmato in un puro tracciato di circuiti elettronici e gli altri vengono visti come dei robot.

Contemporaneamente un’altra grave denuncia sta rimbalzando da un capo all’altro del pianeta: nei fumetti, al posto dei supereroi del recente passato (Superman, Batman, Spiderman…) ricchi di uma­nità, perché complessivamente schierati sul fronte del bene, si sono sistemati e vanno per la maggiore, nel gusto di bambini e adole­scenti, dei “bastraconi” tutto muscoli e zero cervello, tipo Iron Man, edonisti, senza cuore, egoisti e vendicativi. Una vera mutazione ge­netica dei fumetti, nella quale la violenza è diventata un plusvalore.

In compenso, secondo una ricerca dell’ufficio studi della Confar­tigianato, pubblicata in questi mesi, la generazione dei giovani, che va dai 15 ai 29 anni, risulta per lo più “invisibile”, senza studio né lavoro; un giovane su sei fasciato dalla nebbia spessa di nessuna ri­levanza e attività.

Sono dati decisamente preoccupanti, che, per l’amore che por­tiamo loro, vengono a disturbarci, a mandarci in subbuglio e a ro­derci la mente e il cuore. Siamo convinti di avere dei grandi valori da annunciare e da comunicare, soprattutto circa il fine e gli obiet­tivi da raggiungere, perché l’esistenza risulti piena e realizzata. E in effetti, proprio per questo mettiamo in cantiere e cerchiamo di por­re in atto tantissime iniziative… che però agganciano solo fino ad un certo punto, per non dire molto poco. Il punto è che mancano uno stile coinvolgente e dei criteri di azione che possano garantire un buon collegamento tra il fine e gli obiettivi, di cui parlavamo nella puntata precedente (cf «Vocazioni» 4/2010), e le varie inizia­tive con le realizzazioni concrete.

 

  1. Quale stile? Un involving style

È proprio questa la cosa più difficile oggi! Non sappiamo “vende­re” le cose preziose e determinanti che abbiamo. Anzi, tante volte, troppe, facciamo in pratica una contro-pubblicità, proponendo una “merce” preziosa, ma avviluppata in una carta ingiallita e sgualcita, che immediatamente viene rifiutata come datata, mentre abbiamo fra le mani le realtà più nuove e giovani che esistono, perché impa­state tutte con il lievito della Risurrezione. Tuttavia non ne siamo troppo convinti e non ci diamo da fare per presentarle così, cercan­do di metterci in sintonia rice-trasmittente con il radar dei giovani e della gente. Attenzione, però! C’è in giro più di qualcuno, impegna­to nella pastorale e nell’animazione giovanile, che si è specializzato nel funzionamento delle rice-trasmittenti giovanili, ma non sa tra­smettere niente, perché si illude che basti mettersi sulla stessa linea d’onda e si accontenta di questo. E così, tra mancanza di stile o stile vuoto, si consumano il più delle nostre fatiche. Invece, ci vuole un autentico involving style. Uno stile e un modo di fare che non cercano scorciatoie e sconti di fatica. La fatica c’è e rimane, ma è il modo in cui viene affrontata che conta ed incide, anche per quanto riguarda i risultati. Ci vuole un grande investimento sulla realtà, come già dicevamo in qualche puntata addietro (cf «Vocazioni» 3/2010) con questi due criteri formidabili: provocazione-scommessa.

I giovani e non giovani oggi vengono continuamente provocati da stili di vita che li portano a rendersi “invisibili” o accampati alla periferia della cultura contemporanea, chiudendosi nei circuiti del dio computer con l’anima digitale e specchiandosi nei mostri tutto muscoli e zero cervello, come dicevamo. Il punto numero uno del nostro stile è provocarli a nostra volta senza false paure e senza scansarci dall’incrociarli. Ma con quale atteggiamento? Certamente non quello che deprime, perché giudica e condanna i giovani, im­prigionati nelle loro trappole e nelle loro fragilità. Nemmeno con la superiorità di sentirci noi i salvatori della loro vita e i maghi dai mille consigli per guidare la loro esistenza. Invece, con un atteggia­mento molto umile, ma ben determinato, che non impone mai, ma è molto provocante e significativo, perché non demorde e rimane fedele, a prova di delusione e frustrazione: scommettere sulla loro esistenza e sulla loro vita.

A ben notare, questo è, in fin dei conti, lo stile e l’atteggiamento di Dio stesso da sempre; basta vedere il suo modo di fare con ogni personaggio della Bibbia. Continua a provocarci per non lasciarci in balia dei tanti vicoli ciechi, che si aprono continuamente sulla nostra strada e scommette sempre sulla nostra vita, anche se, più di qualche volta, siamo e facciamo dei veri disastri. Egli sa tuttavia che, solo facendo così, fino all’ultimo, è sicuro di non perderci e riesce ad ottenere anche qualche buona risposta. Dunque, provocazione-scommessa diventi anche il nostro involving style!

 

  1. Concretamente?

Provocazione-scommessa: la formula si presenta interessante, certamente molto avvincente, ma da sola è un puro teorema astrat­to. Occorre tradurla in linee concrete e criteri di azione. Te ne indico tre, da sperimentare insieme con la tua équipe e da proporre, maga­ri, anche agli altri colleghi degli altri uffici pastorali.

3.1 Incontrare

La prima cosa da fare è andare ad incontrare i giovani, senza aspettare che loro vengano da noi. Di questo, ormai, siamo tutti ar­ciconvinti, ma non lo facciamo, perché tra noi e loro, in questi anni, si è aperto un abisso di differenza e di giudizio. Non serve ripetere, come qualche parroco: «Per noi ormai è finita!», vedendo le chiese vuote di giovani. È cambiato lo stile di stare insieme, è cambiata la cultura. Non serve rimpiangere il passato. Andiamo noi ad incon­trarli dove sono. Vinta la fatica del primo approccio, il 50% dello stile è acquistato. Il Concilio ha avviato questo stile aprendo nuove vie per annunciare il Vangelo, che non cambia, in un mondo che sta cambiando a velocità folle. Si tratta, da parte nostra, di essere conseguenti.

3.2 Sintonizzarsi

Quel grande appassionato di Dio e dei giovani che è don Bo­sco, con tutta la sua sapienza esperienziale e di fede, aveva questa fissazione, che ripeteva all’infinito ai suoi Salesiani e a tutti i suoi collaboratori: Bisogna amare le cose che amano i giovani, perché essi ami­no le cose che proponiamo loro. È troppo vero. Non basta incontrare i giovani, bisogna sintonizzarsi con loro sul loro campo, anche se, oggi, si può dire che essi formano una cultura a parte.

Occorre creare una base di amicizia con loro, adattandosi e an­dando sulla linea dei loro gusti, dei loro linguaggi, persino delle loro mode. Non per giovanilismo ridicolo o per fare colpo su di loro, ma in nome della spiritualità dell’Incarnazione. È solo su questa tavola di salvataggio e su questo ponte di comunicazione che essi verranno verso ciò che noi diciamo e proponiamo. Sempre che, tra quello che diciamo e quello che viviamo, ci sia un’unica continuità e coerenza.

3.3 Proporre

Qui entra in gioco la formula: provocazione-scommessa. Se ti metti in sintonia rice-trasmittente con il loro mondo e riesci tut­tavia a proporre un qualcosa che va oltre ed è di misura più alta del loro mondo, questa diventa una forte provocazione, che non li allontana e non li fa più scappare dal gioco, proprio perché ti sei incarnato nella loro situazione e sul loro livello. Ma, insieme, devi fare in modo che prendano coscienza del fatto che la tua provoca­zione parte da un grande investimento di fiducia nei loro confronti. In altre parole, devono capire che ti interessi alla loro vita, perché vedi in loro uno scrigno prezioso con dentro un progetto meravi­glioso e infinito. Tu cerchi in loro qualcosa di stabile, quando adolescenza e giovinezza passano e lifting e chirurgia plastica e palestre non sono capaci di restituire. Un qualcosa su cui puntare la propria vita, per cui vale la pena spenderla. Per questo non vuoi assolutamente che la loro esistenza venga banalizzata nell’anima digitale o scimmiottando Iron Man, stando rintanati in un buco nero inutile oltre che “invisibile”. Invece provochi, proprio perché scommetti sulle possibilità straordinarie della loro esistenza, anche se fragile e magari già, in parte, costretta in alcune catene del non senso. C’è un capolavoro dentro ognuno, che attende solo di essere liberato e di venire alla luce, impiegandolo nel cantiere della realizzazione piena, qualunque sia il percorso specifico vocazionale di ognuno.

Ecco qualcosa di questo misterioso involving style, che ti propongo insieme con l’immancabile esercizio di verifica e di confronto.

 

Rivedendo gli ultimi 2/3 anni di attività pastorale, prova a verificare il tuo stile di presenza e di confronto/intervento con il mondo giovanile del tuo territorio. Per ognuna delle situazioni giovanili che hai incontrato, prova a dare un voto (1-10) alla tua capacità di incontro, di sintonia e di proposta: