N.06
Novembre/Dicembre 2010

Il CDV e la pastorale in sinergia

 

  1. Sinergie pastorali?

Se esiste un’espressione ampiamente utilizzata nel Magistero della Chiesa italiana di questo terzo millennio e nelle esposi­zioni che arricchiscono i convegni pastorali è proprio “sinergie pastorali”.

Con questo termine ci si riferisce alla possibilità di interagire tra vari soggetti promotori e animatori di pastorale nelle chiese che sono in Italia e di individuare nuove modalità di impegno comune, superando una logica settoriale e frammentata dell’azione della co­munità cristiana nella realtà odierna.

Questa sinergia può realizzarsi a diversi livelli, in riferimento al contesto in cui si è chiamati ad operare. Una cosa, infatti, è pensare ad una sinergia pastorale nel contesto della chiesa locale, altra cosa è pensare di attivare collaborazioni significative tra diversi soggetti ecclesiali, siano questi le diocesi, le comunità di vita religiosa o i movimenti ecclesiali.

La pastorale vocazionale (PV) è nativamente una pastorale chia­mata ad operare in sinergia; della PV si dice che è addirittura la vocazione della pastorale e ad essa si riconosce non solo un compito di rifinitura in un itinerario di fede già realizzato, ma un vero e pro­prio ruolo di annuncio e di evangelizzazione[1].

Gli orientamenti pastorali della Chiesa italiana nel primo decen­nio degli anni 2000 – Comunicare il vangelo in un mondo che cambia – avevano dedicato un passaggio a questa particolare attenzione ri­guardante la pastorale giovanile, la pastorale vocazionale e quella familiare:

«Avvertiamo la necessità di favorire un maggiore coordinamento tra la pastorale giovanile, quella familiare e quella vocazionale: il tema della vo­cazione è infatti del tutto centrale per la vita di un giovane. Dobbiamo far sì che ciascuno giunga a discernere la “forma di vita” in cui è chiamato a spendere tutta la propria libertà e creatività: allora sarà possibile valorizza­re energie e tesori preziosi. Per ciascuno, infatti, la fede si traduce in vocazio­ne e sequela del Signore Gesù»[2].

Il convegno della Chiesa italiana, che si è tenuto a Verona nell’autunno del 2006, ha superato la logica delle semplici sinergie e ci ha richiamato a lavorare per un nuovo modello di pastorale – la pastorale integrata – che metta al centro la persona con le sue esi­genze formative e di accompagnamento nelle varie circostanze che la vita pone e superi la logica settoriale.

È chiaro a tutti che le cose devono mutare, ma risulta difficile co­struire un nuovo modello pastorale che traduca l’istanza promossa a Verona. Per il momento sembra molto utile confrontarsi su alcune esperienze che, anche se ancora non possono essere dette di pasto­rale integrata, tuttavia possono essere riconosciute come collabo­razioni virtuose, realizzate da persone e realtà ecclesiali che hanno scelto di intraprendere questa strada.

Questa introduzione ci aiuta a contestualizzare la proposta della tavola rotonda che si è svolta nel corso dell’incontro nazionale dei direttori CDV-CRV che si è tenuto a Sassone (Roma) tra il 15 e il 17 settembre 2010.

 

  1. Scenari proposti nella tavola rotonda

Ogni realtà pastorale ha le sue difficoltà congenite e le sue fatiche di collaborazione. Negli incontri dei direttori CDV ci sono alcune la­mentazioni ricorrenti: esse riguardano le fatiche di collaborazione con le varie realtà della vita religiosa e con i movimenti ecclesiali; spesso difficoltosi sono anche i rapporti con altri uffici pastorali pre­senti in diocesi.

È doveroso ricordare che non mancano le esperienze positive, ma, anche in questo caso, si sa che “la foresta che cresce” fa sempre meno rumore dell’albero che cade.

È stata dunque significativa la scelta, nel contesto dell’incontro tra direttori CDV e CRV, di aver voluto dedicare uno spazio di con­fronto con alcune esperienze che potremmo definire virtuose, an­che se non necessariamente esemplari.

In premessa occorre affermare che nelle esperienze e nei risul­tati positivi riportati da alcune realtà ecclesiali, hanno influito non poco alcune variabili che difficilmente possono essere ripetute tali e quali in altri contesti. È però vero che, anche se non potremo “clo­nare” queste belle esperienze, le testimonianze positive alimentano la speranza di poter fare qualcosa di diverso, se non altro perché qualcuno come noi ci è riuscito.

Per mantenere lo stile della tavola rotonda propongo una sem­plice carrellata delle quattro testimonianze che sono state proposte.

2.1 Le sinergie pastorali nell’esperienza della diocesi di Rimini

L’esperienza di sinergie e collaborazioni stabili tra i vari uffici pa­storali nella diocesi di Rimini risale al 1990, anno in cui si è scelto di dare vita all’Ufficio Pastorale Diocesano (UPD) che riunisce i diretto­ri di tutti gli uffici e i servizi pastorali sotto la guida e il coordinamen­to del vicario generale. In quel tempo l’UPD si riuniva ogni quindici giorni per momenti di studio e di programmazione comune; nel cor­so di tali incontri venivano studiate e preparate insieme tutte le più importanti iniziative pastorali dell’anno, con una particolare atten­zione alla dimensione della formazione. Il lavoro costante dell’UPD ha sostenuto e fatto crescere uno stile di corresponsabilità e di col­laborazione; le sinergie risultavano più facili in un lavoro vissuto costantemente insieme.

Cresciuti e formati in questo contesto, non è stato difficile, in seguito all’invito esplicito del nuovo vescovo, creare collaborazioni stabili e feconde tra la PV e la Pastorale Giovanile (PG). Tale collabo­razione è senz’altro favorita dalla coabitazione dei due responsabili, ambedue educatori del seminario diocesano, ma ha coinvolto an­che gli operatori che collaborano a livello diocesano. Tale collabora­zione si esprime soprattutto nella formazione degli educatori e degli animatori della PG, sia a livello diocesano che a livello parrocchiale o zonale, e nella comune partecipazione agli eventi diocesani più importanti che coinvolgono i giovani.

Il CDV ha fatto la scelta di non moltiplicare gli eventi di anima­zione e di formazione, ma di entrare fattivamente nella co-gestione degli eventi organizzati dalla PG, portando quella particolare sensi­bilità vocazionale attenta non solo al gruppo o alla massa, ma anche alla singola persona.

Una particolare attenzione è stata rivolta alle associazioni giova­nili (Ac e Agesci) proponendo insieme alla PG e ai direttivi di tali associazioni momenti formativi caratterizzati vocazionalmente, in­tonati e adattati al cammino delle associazioni stesse (un itinerario Acr per i ragazzi e le ragazze di terza media; week-end vocazionali specifici per i ragazzi dell’Agesci; week end di formazione capi Agesci …). Tali iniziative hanno permesso di “sdoganare” la PV da ambiti molto ristretti e un po’ elitari, per rilanciarla in un impegno di pa­storale ordinaria effettiva. Si può affermare che a Rimini, nei conte­sti giovanili ecclesiali, si può parlare tranquillamente di vocazione e PV senza che nessuno alzi barricate di difesa.

A fronte di un bell’impegno con la PG occorre ammettere che con la Pastorale Familiare la collaborazione è ancora debole; molte volte ci si è richiamati all’esigenza di questa collaborazione, ma si è ancora ai primi passi.

2.2 Il CRV: la cinghia di trasmissione al servizio della co­munione

«Per sua natura il Centro regionale vocazioni è una cinghia di trasmis­sione»: con questa bella immagine don Emilio Salvatore, direttore CRV della Campania, ha introdotto il suo intervento riguardante le sinergie tra CDV-CRV-CNV. Tali sinergie, infatti, non devono es­sere di tipo formale o burocratico, ma possono diventare invece espressione di una comunione e di una collaborazione che aiutano soprattutto le realtà diocesane a crescere e ad allargare gli orizzonti.

Don Emilio, ponendo l’attenzione sul CRV e riferendosi alla sua esperienza personale, ha illustrato come il CRV possa essere un vero servizio alla comunione tra le chiese e tra le varie dimensioni del­la Chiesa, soprattutto in quelle regioni dove molto varie sono le sensibilità e le esperienze pastorali, perché molto diverse sono le situazioni ecclesiali che distinguono diocesi più piccole da diocesi più grandi.

Il CRV è chiamato ad essere prima di tutto un luogo di frater­nità in cui si impara a portare il peso gioioso e – a volte – doloroso di «un chiamare a nome della Chiesa», che da tutti è invocato e da pochi è sostenuto e praticato in modo consequenziale. Coloro che hanno partecipato alle occasioni si incontro proposte dal CRV della Campania, «hanno trovato non tutte le risposte alle loro necessità, ma la condivisione di un ideale, l’entusiasmo di una proposta, il luogo del rilancio anche di attese sopite. Così abbiamo cercato di interpretare la funzione di collegamento all’interno della regione».

Da questo clima di fraternità attento e rispettoso delle varie sen­sibilità nasce anche l’impegno per l’animazione e la formazione sostenuto e promosso dal CRV. Per quanto concerne l’animazione, racconta don Emilio, «abbiamo girato quasi tutte le diocesi della Campa­nia. Il cammino delle giornate di preghiera ha coinvolto in un grande pel­legrinaggio molti giovani, comunità e famiglie. Andando a pregare in una diocesi con altri di altre diocesi abbiamo suscitato attenzione ed entusiasmo intorno alla PV, abbiamo sostenuto il nascente o risorgente CDV, abbiamo coinvolto il Vescovo nella visibilizzazione della PV diocesana. Molte volte questo è stato veramente efficace e duraturo, qualche volta solo occasionale». Per quanto riguarda invece la formazione «abbiamo cercato di attivare esperienze formative che in principio erano annuali, in seguito sono divenute più stabili come la Scuola di formazione degli operatori della PV», un’ini­ziativa che in questo momento è in fase di verifica e ripensamento.

Il CRV svolge anche un prezioso servizio di collegamento extra-regionale riportando al CNV quanto viene vissuto nelle periferie della Chiesa italiana.

È doveroso riconoscere il clima ricco e fecondo che si respira nei vari momenti promossi dal CNV di cui i direttori dei CRV sono partecipi e testimoni. Sottolinea don Emilio: «L’altissima qualità spi­rituale e pastorale credo faccia del CNV il luogo in cui si elabora in modo del tutto originale una cultura vocazionale che passa attraverso i Sussidi, il Convegno, la Rivista “Vocazioni” nella vita dei CDV, nelle regioni e nelle diocesi. Il CNV rappresenta un laboratorio in cui continuamente ci si in­terroga intorno alla vocazione, portando le istanze dei giovani delle nostre diocesi e, dopo averle sviscerate e in qualche modo aperte all’azione dello Spirito nel discernimento comunitario, le si riporta in modo nuovo e vivo a coloro che le hanno formulato sotto forma di piste, di itinerari di vita. I sussidi, soprattutto i nuovi sussidi, sono una pioggia fitta ed insistente che irrora le nostre realtà e genera mentalità vocazionale, come anche il conve­gno del resto e il seminario sull’accompagnamento spirituale».

Compito del CRV è dunque quello di un servizio alla comunione tra le chiese e di essere cinghia di trasmissione tra il centro e la pe­riferia, favorendo la messa in comune di tutte le risorse positive che sinergicamente vengono poste in essere.

2.3 Chiesa locale e vita consacrata: un’esperienza positiva delle chiese del Triveneto

La terza esperienza narrata durante la tavola rotonda è stata pre­sentata da suor Noris Calzavara, presidente dell’Usmi del Triveneto, e riguarda la Dichiarazione d’Intenti stipulata tra la Cism, l’Usmi e le diocesi del Triveneto[3].

Già nel 1992 gli organismi rappresentanti gli istituti religiosi e i vescovi del Triveneto avevano pensato utile stendere una dichiara­zione d’intenti che regolasse e guidasse le relazioni e le collabora­zioni in un territorio ricco di una presenza ecclesiale con soggetti molto significativi. A diciotto anni di distanza, a fronte delle mutate situazioni di molti istituti e delle Diocesi stesse, si è ritenuto utile ri­vedere e arricchire questo testo, richiamando i temi dell’ecclesialità, della comunione e del servizio comune alla Chiesa.

Il risultato è la testimonianza del desiderio di lavorare in sinergia in tutti i settori riguardanti la pastorale, di sentirsi parte e correspon­sabili dell’unica missione della Chiesa, anche se con sottolineature e attenzioni molteplici; a volte, complementari.

Tra i vari articoli della dichiarazione sembrano particolarmente interessanti quelli contenuti ai nn. 13-16, rappresentanti un capito­lo intitolato: Impegni di reciprocitá tra il Vescovo Diocesano e i Superiori/e Maggiori, ove si respira il desiderio di vivere la spiritualità di comu­nione al di là delle semplici buone intenzioni. Li riportiamo per intero perché rappresentano una testimonianza significativa:

13. Mantenere vivi “tra il clero diocesano e le comunità dei consacrati/e rinnovati vincoli di fraternità e di collabo­razione”, dando “grande impor­tanza a tutti quei mezzi, anche se semplici né propriamente formali, che giovino ad accrescere la mutua fiducia, la solidarietà apostolica e la fraterna concordia”.

14. Elaborare insieme e realizzare “progetti” di collabo­razione in ri­ferimento alle «opere», per quello che sono necessità ed esigenze dei nuovi tempi.

15. Elaborare possibili “accordi vicendevoli” nella previ­sione di chiusu­re di presenze e servizi di istituti di Vita Consacrata, evitando di mettere la Chiesa locale di fronte al fatto compiuto.

16. Promuovere la Pastorale delle Vocazioni in reciproca collaborazione, secondo lo spirito della “pastorale vocazionale unitaria”, nella consapevo­lezza che essa è “parte integrante della pastorale d’insieme di ogni Chiesa particolare” ed eminente segno dì speranza.

 

Particolarmente significativo per il nostro tema è l’articolo 16 nel quale si richiamano l’impegno e lo spirito della pastorale vocazio­nale unitaria.

Mi sembra importante constatare che, nell’esperienza del Tri­veneto, organismi autorevoli si sono ritrovati ad aderire a questo spirito, a fronte di una ricorrente lamentela da parte dei direttori dei CDV che si trovano a fare i conti con percorsi vocazionali pa­ralleli promossi da diversi soggetti ecclesiali. In questo caso, come è stato richiamato durante la tavola rotonda, è importante vivere uno spirito di collaborazione sostenuto da diverse parti. Numero­se sono le testimonianze di istituti religiosi che collaborano con i CDV testimoniando una grande gratuità e “lavorando in perdita”. Altre realtà fanno più fatica, anche perché non sempre trovano nei CDV un’apertura all’animazione vocazionale rivolta a tutte le vocazioni, soprattutto quando, come spesso accade, il lavoro del CDV coincide e si limita all’animazione vocazionale del seminario diocesano.

La collaborazione tra CDV e istituti religiosi nella PV è un obiet­tivo che dipende da tutti i soggetti in questione e che richiede un grande spirito ecclesiale da parte di tutti.

Vivere questa spiritualità di comunione, ricordava suor Noris durante il suo intervento, significa prima di tutto imparare a go­dere per i tanti carismi e vocazioni presenti nella Chiesa. Solo in una visione ampia, in cui ogni vocazione si sente accolta e stima­ta, si può pensare di costruire un percorso comune. Molte realtà religiose, così come le chiese locali, stanno vivendo la fatica del cambiamento a fronte delle mutate condizioni della società e della cultura in cui viviamo. Tale fatica spesso diventa la fatica di visi­bilità, di riconoscimento, che, purtroppo, può condurre ad atteg­giamenti di chiusura; ma quando la vita consacrata si chiude in se stessa, si perde; quando si cede alla logica di lavorare per conto proprio per difendere la propria particolarità, ci si trova a lavorare in dispersione.

Lavorare insieme nella PV significa invece stare di fronte alle esigenze del cambiamento sorretti da una Chiesa che accompagna questa esigenza di conversione ed invita a non avere paura.

Concretamente sembra importante valorizzare ogni via di col­laborazione nella PV, recuperando l’importanza di un comune ser­vizio alla persona. Occorre lavorare per seminare semi che non si vedranno germogliare, o che germoglieranno là dove il vento libero dello Spirito li condurrà.

Da parte delle Diocesi occorre recuperare con forza la convin­zione che la vita religiosa è un dono importante per la Chiesa e che essa non può mancare; anche questa vocazione va sostenuta dall’impegno e dalla preghiera comune.

Riguardo alla collaborazione dei membri degli istituti religiosi nei CDV si richiama l’attenzione a verificare che tale collaborazione esprima non solo un lodevole coinvolgimento personale, ma coin­volga sia l’Istituto di appartenenza che l’Usmi della diocesi. Proprio a partire da alcune persone che concretamente già si impegnano, si può creare una collaborazione fattiva che coinvolga gli organismi istituzionali e che aiuti a crescere in questa spiritualità di comunio­ne che tutti auspichiamo.

 

2.4 Sinergia tra PV e Pastorale Scolastica (PS) nella diocesi di Aversa

Il quarto e ultimo intervento della tavola rotonda è stato propo­sto da don Stefano Rega, direttore CDV di Aversa. La sinergia tra PV e PS, afferma don Stefano, parte dalla convinzione che nessun am­biente è lontano o estraneo alla PV e in particolare questo riguarda l’ambiente della scuola cattolica. Due citazioni magisteriali sosten­gono questa convinzione e guidano il nostro impegno:

«Tutta la pastorale… è nativamente vocazionale; (…) dire vocazione significa dire dimensione costitutiva ed essenziale della stessa pastorale ordi­naria, perché la pastorale è fin dagl’inizi, per natura sua, orientata al di­scernimento vocazionale. È questo un servizio reso a ogni persona, affinché possa scoprire il cammino per la realizzazione di un progetto di vita come Dio vuole, secondo le necessità della Chiesa e del mondo d’oggi»[4].

In particolare per l’ambito scolastico:

«La missione condivisa vissuta da una comunità educativa di laici e consacrati, con una viva coscienza vocazionale, rende la scuola cattolica un luogo pedagogico favorevole per la pastorale vocazionale … In questo senso, la scuola cattolica si sente impegnata a guidare gli alunni nella conoscenza di se stessi, delle proprie attitudini e delle proprie interiori risorse, per edu­carli a spendere la vita con senso di responsabilità, come risposta quotidiana all’appello di Dio»[5].

Partendo da queste convinzioni fondamentali il CDV di Aversa ha compiuto alcune scelte strutturali e strategiche che guidano il lavoro di animazione vocazionale.

Tra le scelte strutturali possiamo collocare quella di inserire all’interno dell’équipe del CDV sia alcuni rappresentanti degli inse­gnanti di Religione cattolica, sia alcuni docenti appartenenti al Serra Club, portatori di una particolare sensibilità vocazionale.

Per quanto concerne le scelte strategiche, al fine di creare una sinergia tra la PV e la PS, occorre ricordare che grande valore va as­segnato a quel lavoro di rete e di attenzione alle relazioni personali che sta alla base di ogni lavoro pastorale. Questo lavoro di rete – te­stimonia don Stefano – coinvolge anche i direttori degli altri uffici pastorali e concretamente di realizza in varie proposte: gli incontri con i dirigenti scolastici di tutti gli istituti presenti in diocesi; alcuni incontri di preghiera e di formazione per gli insegnanti di religio­ne; la promozione di un concorso scolastico nazionale promosso dal Serra Club o il Concorso scolastico diocesano in occasione della Giornata Regionale Vocazioni…

Grande rilievo ha l’animazione della PV nel periodo dedicato all’orientamento scolastico. Grazie all’istituto scolastico “I. Carac­ciolo” (scuola media e liceo classico) presso il seminario, nei mesi di novembre-gennaio, è possibile rendersi presenti negli istituti sco­lastici della diocesi con i seminaristi, gli educatori del seminario e l’équipe del CDV e, previo accordo con i parroci del territorio, i dirigenti scolastici e gli insegnanti di religione, parlare del nostro istituto scolastico e fare pastorale vocazionale con centri di ascolto, celebrazioni, musical…

Un’altra attenzione strategica che nella diocesi di Aversa viene tenuta presente è quella di elaborare e presentare un progetto di pastorale vocazionale da inserire nei piani dell’offerta formativa delle scuole, con attenzione e rispetto sia agli obiettivi specifici della scuola che ai canali istituzionali che il lavoro nell’ambito scolastico richiede.

 

Conclusione

In conclusione di questa breve rassegna mi sembra utile rimar­care lo spirito che ha guidato la proposta di queste esperienze. Non si sono volute mettere in evidenza testimonianze esemplari, ma si­curamente dei segni di speranza nella direzione di quelle sinergie pastorali che spesso auspichiamo e che sono chiamate a diventare pastorale integrata. Vedere che qualcuno, in diversi contesti del ter­ritorio nazionale, è riuscito positivamente a tradurre questa istanza, infonde fiducia nei cuori per continuare a costruire legami di comu­nione in vista di una comune testimonianza e di quella PV unitaria che il Magistero ci invita ad realizzare.

 

Note

[1] Cf. A. Cencini, Il Vangelo della vocazione nella cultura europea « Vocazioni5/2009», pp. 61-62.

[2]Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001, n. 51.

[3] http://www.cism-italia.org/pdf/Triveneto­_DichIntenti2010.pdf

[4]Nuove vocazioni per una nuova Europa, 1997, n. 26.

[5] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Educare insieme nella scuola cattolica, 2007, n. 40.