N.01
Gennaio/Febbraio 2011

Film: Una sconfinata giovinezza

Trailer  del film

Il regista Dopo Il papà di Giovanna (Premio Padre Nazareno Taddei alla Mostra di Venezia 2008), il regista bolognese Pupi Avati ha realizzato altre due opere: Gli amici del bar Margherita e Il figlio più piccolo. Ora ritorna sugli schermi con un film che ha già provocato alcune polemiche per non essere stato invitato in concorso a Venezia 67 e che affronta un argomento delicato e terribile, quello delle malattie mentali e, in modo più specifico, del morbo di Alzheimer..

La vicenda Lino e Chicca sono sposati da tanto tempo e, nonostante la mancanza di figli tanto agognati, hanno vissuto una vita felice e serena amandosi reciprocamente. Lui è un famoso giornalista sportivo de Il Messaggero, lei è docente di filologia medievale alla Gregoriana.

Ad un certo punto, però, Lino incomincia a perdere la memoria: è l’inizio di una discesa che non sembra avere via di scampo, soprattutto dopo che la diagnosi parla di morbo di Alzheimer. Chicca fa di tutto per aiutarlo, affrontando una vita che diventa sempre più difficile e insopportabile. Dopo varie peripezie, la donna decide di rimanere per sempre accanto al marito, prendendosi cura di lui come fosse un bambino, quel bambino che aveva tanto desiderato ma che non aveva potuto avere. Ma, in seguito ad un incidente stradale, Chicca viene ricoverata in ospedale in coma farmacologico. Lino resta solo. Decide allora di tornare nei luoghi dell’infanzia per ritrovare un amico che si vantava di saper risuscitare le persone. Ma il suo diventa un viaggio senza ritorno. Lino viene assorbito dal suo passato e scompare in un mondo bellissimo e misterioso.

 

Il racconto possiede una struttura caratterizzata da numerosi flashback che danno origine a due grossi filoni: quello del presente e quello del passato. All’interno del primo, che può essere diviso in due grosse parti, l’autore si sofferma a descrivere, da un lato, le varie fasi della malattia di Lino, dall’altro, le reazioni e i comportamenti di Chicca di fronte alla malattia. Nel secondo filone, che inizialmente sembra procedere per conto proprio ma che poi arriverà ad incidere sempre più sul presente, vengono presentati alcuni momenti particolarmente significativi dell’adolescenza di Lino.

 

PRIMO FILONE: Prima parte – Il film inizia con la voce over di Chicca che legge un diario, il suo diario. E parte da tanto tempo prima, quando, ancora studentessa, conobbe un ragazzo di 23 anni che voleva diventare giornalista sportivo. Era un ragazzo cui erano morti i genitori in un incidente stradale quando era ancora bambino e che ora s’innamorava di lei e le diceva di volerla sposare. Il diario s’interrompe e riprende al presente: «Tutto è cambiato da allora, anche la mia calligrafia. Un diario non serve quando sei felice; e fino a poche settimane fa Lino ed io lo eravamo. Ma da alcuni mesi qualcosa in lui sta cambiando». La voce di Chicca ritornerà poi in altri momenti, per spiegare e commentare, e concluderà il film, facendo così capire che la storia è narrata dal suo punto di vista.

– Marito e moglie sono entrambi al computer. Lino si rivolge a Chicca per chiederle una parola che gli “manca”. Si tratta di una piccola cosa, ma che fa intendere che c’è qualcosa che non va nella mente dell’uomo. Subito dopo, infatti, a tavola, Chicca gli fa delle domande sul cibo che stanno mangiando: Lino fa fatica a pronunciare il nome di alcuni cibi. Più tardi, ancora, Lino è addormentato sul divano con il cellulare spento: arriva Chicca che lo rimprovera per essersi dimenticato del suo compleanno. Di fronte a questi primi sintomi l’atteggiamento di Chicca è pacato e comprensivo, anche se un po’ preoccupato. Con la scusa di una visita di controllo, Chicca riesce a fare incontrare il marito con un neurologo rassicurato; in realtà vuole verificare le

 

terapie che gli ha prescritto, anche se il sospetto di Alzheimer c’è». Continuano nel frattempo a manifestarsi i segni della malattia: Lino si “perde” per casa e Chicca lo tiene d’occhio facendo in modo che lui non se ne accorga. In occasione del Natale, i due si recano nella villa della madre di Chicca, piena di parenti che

«figliano come conigli», per il pranzo e lo scambio di regali. Durante il viaggio in macchina la donna interroga il marito circa il nome dei parenti e, in seguito, rimprovera il fratello Emilio che, durante il discorso che precede il pranzo, ha fatto riferimento ai numerosi nipoti, provocando la suscettibilità di Lino che soffre ancora per la mancanza di un figlio suo (lo si vede «da come guarda i figli degli altri»). Si può dire pertanto che il comportamento di Chicca è di attenzione e di protezione nei confronti del marito.

– Un giorno Lino deve prendere parte ad una trasmissione televisiva ed è significativo che per la prima volta chieda a Chicca di accompagnarlo. Durante la trasmissione, improvvisamente,  Lino si blocca e si estrania. Per di più, quando vede la moglie, si meraviglia, senza ricordare che erano andati insieme. La cosa è piuttosto grave, anche perché diventa di dominio pubblico. Chicca incomincia ad allarmarsi e ritorna dal dottore che le spiega che tutto ciò fa parte del decorso della malattia: «La mente di suo marito si sta deteriorando… il non poter disporre della sua mente lo renderà aggressivo contro di lei… aggredendo lei crederà di aggredire il suo male». Le prospetta il ricovero in un istituto, dove potrà essere seguito e curato, ma Chicca non accetta, dimostrando determinazione e grande forza d’animo: vuole essere lei a prendersi cura del marito ed è convinta di potercela fare. Ma incominciano anche ad arrivare i rimproveri dal giornale. Lino scrive i suoi articoli incominciando bene, ma poi si perde a raccontare dei suoi ricordi (il ragazzino senza palato, la corsa campestre, ecc.). Fa anche delle telefonate a persone sbagliate; Chicca deve intervenire per chiedere scusa. Quando Lino, ad un certo punto, si mette a piangere e dice di stare malissimo, la moglie lo consola: «Non ti devi preoccupare… ci sono io». Chicca, tuttavia, cerca di documentarsi, di saperne di più circa la terribile malattia e parla con un professore suo collega la cui moglie è affetta dallo stesso male. Il professore la porta a casa sua e le fa toccare con mano che cosa significhi vivere con una persona affetta da Alzheimer. Di fronte a quella situazione penosa Chicca vuole sapere se il comportamento del professore è dettato da amore o da ostinazione, ma l’unica risposta che riceve è: «C’è ben poco di eroico… è che non saprei vivere in un altro modo». Chicca conserva gelosamente una foto del marito giovane, quasi per trovare nell’immagine di quel volto giovane e bello la forza necessaria per affrontare la situazione. Ma, quando viene invitata dai suoi parenti per festeggiare il diploma al Conservatorio di un suo nipote, ci va da sola, forse per evitare  al  marito  disagi  che  potrebbero  portare  a  manifestazioni  sgradevoli.  Infine,  dopo  un  secondo rimprovero da parte del giornale per i suoi articoli impubblicabili, Chicca si reca dal caporedattore, suo ex spasimante, per raccomandare il marito. Chicca è convinta che se il marito non può più scrivere, muore; è importante che lui abbia l’illusione di poter contare ancora qualche cosa. Ma l’unica cosa che il giornale può fare è quella di festeggiare Lino per la sua lunga attività, conferendogli una medaglia, e di consentirgli di scrivere ancora qualche articolo sul campionato, ma senza vincolo di pubblicazione. «È un modo furbo di farlo fuori»,  commenta  Chicca.  Ed  ecco  Lino  impegnato  a  scrivere  il  discorso  di  ringraziamento  con  grande difficoltà («È sempre più difficile per lui scrivere frasi di senso compiuto»). Durante la cerimonia di premiazione succede l’irreparabile: Lino incomincia a divagare e a parlare del suo rapporto con Chicca, mettendo tutti in imbarazzo. Chicca se ne va. Più tardi, a casa, l’esplosione di violenza. Lino si sfoga sulla moglie picchiandola senza ritegno: lei piange disperatamente; lui vaga per la casa con aria smarrita.

Chicca non ce la fa più e chiede consiglio al fratello, primario di una clinica. Questi le spiega che la malattia ha raggiunto la fase dell’aggressività e la invita ad andarsene da casa: due badanti provvederanno a Lino. Con la morte nel cuore Chicca se ne va, ospitata da parenti. Ma si porta dietro quella foto del marito giovane, come un ricordo, un pegno del loro amore. Si fa vivo quel professore al quale Chicca si era rivolta e le chiede una consulenza per una rappresentazione teatrale. La donna acconsente e una sera decide di uscire di casa. Si fa bella (il rossetto sulle labbra). Potrebbe essere l’occasione per riappropriarsi della propria vita, di rifarsi una vita. Ma quando vede il professore che le fa dei complimenti per la sua bellezza, Chicca si mette a piangere e ritorna indietro. Evidentemente il legame con il marito è ancora troppo forte in lei per consentirle di distrarsi. E quando un giorno il fratello le dice che le cose sono un po’ migliorate e le consegna una lettera di Lino («Alla mia Chicca»), non ha esitazioni e fa ritorno a casa. E scopre una nuova dimensione del suo amore: «Tra le mie braccia sembra così fiducioso, così fragile… Ho avuto la sensazione che nella mia vita stesse accadendo qualcosa di misterioso… Lino è diventato quel bambino che non ho mai avuto, ma che oggi ho, e io devo essere la sua mamma; almeno fino a quando non mi scapperà via e io non saprò più dove si sarà andato a nascondere». Ed ecco il suo nuovo modo di prendersi cura di lui: lo aiuta a ripassare le “tabelline”, gli compra un gioco elettronico (che Lino non gradisce), lo mette a letto e gli racconta una storia. Ma soprattutto diventa sua compagna nel gioco da lui preferito: simulare una corsa ciclistica usando i tappi metallici delle bottiglie con dentro l’immagine dei corridori della sua adolescenza, di cui ricorda perfettamente i nomi.

– Ma una sera Chicca viene invitata ad assistere all’esibizione in pubblico del nipote pianista ed esce di casa, lasciando Lino momentaneamente solo. Un grave incidente stradale porterà al ricovero della donna in ospedale. Chicca è in coma farmacologico e dovrà essere operata. Lino resta solo.

 

Seconda parte – La narrazione prende un po’ il sopravvento sulla parte tematica che, come s’è detto, finora era impostata sullo sviluppo della malattia e sulle reazioni di Chicca. Lino, appreso che la moglie è in fin di vita, si ricorda di quel suo amico, Leo, che si vantava di saper resuscitare i morti. E va alla sua ricerca. Ritorna a Sasso Marconi, dove aveva trascorso parte della sua adolescenza, ospite degli zii. Dopo una serie di peripezie, che non aggiungono niente alla tematica del film, Lino finalmente ritrova Nerio, l’amico senza palato che sapeva a memoria tutte le “tabelline”, anche quelle più difficili, ma viene a sapere che Leo, colui che “resuscitava” i morti, è deceduto. Lino non sa più cosa fare. Ma gli viene in mente che Leo doveva restituirgli il cane “Perché”, che lui gli aveva prestato («Me lo doveva ridare»). Si mette allora alla ricerca del cane, vagando tra le colline nebbiose dell’Appennino, tra paesaggi affascinanti e un po’ misteriosi, fino a perdersi definitivamente. Ma incontrandosi, mentalmente, con il suo cane, con il suo passato.

– Dopo un po’ di tempo arriva sul luogo anche Chicca, ancora convalescente. Le viene detto che Lino non è  più  stato  trovato  («L’hanno  cercato  per  tre  giorni,  anche  con  l’elicottero…  ne  ha  parlato  anche  la televisione»). Chicca esplora con lo sguardo quei luoghi misteriosi. Si sente un cane che abbaia. Chicca conclude il suo diario: «C’è un bambino che scappa e la sua mamma si dispera perché non riesce a trovarlo. Dove vanno tutti i bambini che scappano? Perché è così segreto e irraggiungibile quel luogo? Perché le mamme non sanno trovarlo?».

 

SECONDO FILONE: Non occorre un’analisi minuziosa di tutto quello che viene raccontato in questo filone, che ha il compito di rievocare la vita adolescenziale di Lino: la sua condizione di orfano che viene ospitato dagli zii in collina; la sua amicizia con Nerio e Leo; le avventure fantasiose dei ragazzi; i primi approcci amorosi con Leda, una ragazza disinibita; l’amore per il cane; la passione per i corridori (in modo particolare Nencini) e le gare coi tappi su piste improvvisate. Poi il ritorno a scuola, con la promessa che sarebbe ritornato a prendersi il cane, “prestato” a Leo.

È importante invece sottolineare che le ultime immagini del film appartengono proprio a questo filone. Mentre si sente la voce di Chicca che si domanda dove vanno i bambini che scappano, le immagini visive mostrano Lino che corre spensieratamente col suo cane in mezzo ai paesaggi della sua adolescenza.

 

Significazione – I protagonisti del film sono due, Lino e Chicca. Come si è detto, il primo filone mostra le  varie  tappe  dell’evoluzione  della  malattia  di  Lino,  che  regredisce  sempre  più  a  livello  infantile,  e  i conseguenti atteggiamenti di Chicca che, dopo averlo lasciato, arriva a vederlo e a trattarlo come un bambino. Il secondo filone si sofferma a descrivere la vita adolescenziale di Lino. All’inizio i due filoni procedono parallelamente, ma, poco alla volta, il secondo diventa sempre più importante, interferendo sul primo (gli articoli di Lino che “si perdono” a parlare dell’amico senza palato o della corsa campestre; il rifiuto del gioco elettronico e la gara con la moglie sulla “pista ciclistica”, con il ricordo perfettamente conservato del nome di tutti i corridori, ecc.). La seconda parte del primo filone, poi, rappresenta, anche fisicamente e non solo mentalmente, la fuga di Lino verso quel mondo che ha segnato la sua vita, fino a perdervisi per sempre, in “una sconfinata giovinezza”. Ecco il senso del titolo del film e il significato delle ultime immagini, che mostrano Lino e il suo cane che “svaniscono” in quell’ambiente quasi magico e, per certi aspetti, misterioso. Con quelle domande di Chicca che, pur rimanendo senza risposta, sembrano alludere ad una dimensione ultraterrena: è significativo che le immagini di Lino e del cane si dissolvano, quasi a indicare il passaggio ad un mondo invisibile, ma non irreale (Chicca, infatti, parla di «un mondo segreto e irraggiungibile»). Del resto nel film ci sono vari elementi che sottolineano la dimensione religiosa: la preghiera prima del pranzo di Natale, il segno di croce, l’incontro in chiesa durante la celebrazione della Messa, ecc.

 

L’idea centrale potrebbe essere formulata più o meno così: certe malattie mentali portano le persone a regredire a livello infantile, senza rimedio; l’unico atteggiamento valido è quello di un amore di tipo “materno” che sappia farsene carico dolcemente fino al momento dell’inevitabile separazione, fonte di interrogativi, ma anche di apertura e di speranza. Non è facile affrontare un tema così spinoso e poco attraente come quello della malattia mentale. Il regista riesce a farlo salvaguardando la dignità delle persone che, seppur malate, restano pur sempre persone. Un film delicato e rispettoso, dunque, il cui unico limite consiste nel concedere troppo spazio all’aspetto narrativo (soprattutto nella seconda parte) rispetto a quello tematico. Con qualche ingenuità di troppo, forse, ma anche con momenti di autentica poesia.

Un’opera che, comunque, stimola alla riflessione e che pertanto può essere utilizzata per educare a certi valori profondamente umani e spirituali.