N.02
Marzo/Aprile 2013

Lorenzo Lotto. Natività

  1. Descrizione storico-analitica

Questa Natività fu realizzata nel 1523 da Lorenzo Lotto, al termine del suo soggiorno bergamasco. È un dipinto di dimensioni ridotte: 46 x 36 cm. Pertanto, si presume che fosse destinata ad un’abitazione privata per la devozione del destinatario, il maestro di legname Giovanni Belli, il quale la ricevette in dono da Lotto, come segno d’amicizia. Successivamente, entrò a far parte della collezione del conte Morlani a Bergamo, che la vendette all’ingegnere Bononi di Milano, dove la acquistò poi Alessandro Contini-Bonacossi. Nel 1937 la comprò Samuel H. Kress, il quale la esportò a New York e, nel 1939, ne fece dono alla National Gallery of Art di Washington, dove si trova anche oggi.

 

  1. Analisi iconografica

I personaggi in primo piano pongono il pubblico in posizione privilegiata: siamo nella stalla di Betlemme, sebbene il paesaggio sullo sfondo assomigli maggiormente a quello collinare del Veneto,

piuttosto che a quello arido e secco della Palestina. I personaggi sono sei, suddivisi in due gruppi: il principale, composto da Maria, Giuseppe e il Bambino, e un secondo, costituito da tre angeli, ben visibili nella parte superiore del dipinto. Sono intenti a cantare, esultanti. Ne abbiamo conferma dal grande foglio, tenuto tra le loro mani, nel quale spunta il pentagramma. Dietro la Vergine si trova la capanna; appoggiata ad essa, una scala. Quest’ultima rimanda all’episodio biblico del sogno di Giacobbe, in quanto la scala – insegnano i Padri della Chiesa – è la Provvidenza di Dio. Agli angeli Dio riserva la consegna di un duplice mandato: far conoscere agli uomini il suo volere e raccogliere da loro suppliche ed invocazioni. Inoltre, la scala è mediazione tra umano e divino, tra la terra e il cielo.

In posizione assolutamente centrale, Gesù Bambino, adagiato in una culla, con le braccia e lo sguardo protesi verso la Madre, situata nella parte destra del dipinto, inginocchiata, con le braccia conserte sul petto, adorante. In un atteggiamento analogo, sulla sinistra, è presente San Giuseppe: anche lui inginocchiato e con lo sguardo rivolto verso il Bambino, con le mani giunte, a differenza di quelle

della Vergine. In fedeltà alla tradizione apocrifa, dentro la capanna, legati ad una greppia, sono raffigurati l’asino e il bue, la cui presenza è tuttavia piuttosto sfumata. Molto più importante, la coppia di tortore appollaiata sopra un bastone all’ingresso della capanna. La tortora rappresenta la Chiesa, Sposa, in rapporto al suo Sposo divino. Si consulti, al riguardo, il Cantico dei cantici (Ct 6,9).

Interessante il particolare del Crocifisso collocato in alto, sulla sinistra: con questa inserzione, Lotto fa una elevatissima sintesi teologica tra l’evento dell’Incarnazione e quelli celebrati nel Triduo pasquale: passione, morte e risurrezione. In tal modo, gioia e sofferenza, indissolubilmente intrecciate, accompagneranno costantemente le vicende del Cristo. Difatti, alla gioia per la nascita del Bambino (Incarnazione), fa da contraltare il futuro doloroso che lo attende. La presenza del Cristo in croce ci segnala che la risurrezione non è ancora avvenuta. Ciononostante, Lotto la intravede, in controluce.

Non ci si stupirà allora se, nel lato destro, il pittore ha inserito una trappola per topi, sulla quale ha apposto la propria firma: è un richiamo alla salvezza, della quale anche noi possiamo beneficiare, grazie al sacrificio di Cristo in croce, trappola per topi che ha messo in scacco Satana e la sua presunzione di aver soggiogato per sempre Cristo. La fonte è il Sermone CCLXIII di Sant’Agostino: «Il diavolo ha esultato quando Cristo è morto, ma per quella stessa morte di Cristo il diavolo è stato vinto, come la trappola prende l’esca. […] La croce del Signore è la trappola del diavolo; la morte del Signore l’esca con

la quale sarà preso»1.

 

  1. Un approccio vocazionale

Questa Natività di Lorenzo Lotto è, a mio avviso, una meravigliosa traduzione, sul piano iconografico, del tema Vocazioni e contemplazione. Il mistero dell’Incarnazione è infatti un fatto, un accadimento, di fronte al quale si deve rimanere, innanzitutto, in silenzio. Non una semplice “assenza di parole”, un silenzio “vuoto”, una “mancanza di qualcosa”. Semmai, è vero il contrario: siamo in presenza

di un fatto unico, straordinario. La Parola si è fatta carne; il Dio ineffabile, imperscrutabile, rivela agli uomini la sua potenza nella docilità del volto di un bambino appena nato. Siamo al “cuore” della storia della salvezza: in Gesù Cristo e attraverso di lui, gli uomini possono ora avere accesso alla pienezza della verità su Dio e sull’uomo; in una parola, alla loro vocazione. Di fronte ad un Mistero così eccelso, non c’è bisogno di sprecare effluvi di parole, perché è la Parola stessa a venirci incontro. Ecco perché il silenzio di cui parliamo è un silenzio “ricco”. I primi a farne esperienza sono proprio Maria e Giuseppe, in atteggiamento orante e adorante. Dipingendo questa scena, Lotto non si limita a mostrarci il proprio genio artistico: vuole soprattutto annunciare e testimoniarci la propria fede e il proprio personale coinvolgimento all’evento perché anche noi facciamo altrettanto.

NOTE

1 C. Pirovano, Lotto, Electa, Milano 2001, p. 78.

Lorenzo Lotto Natività

1523, olio su tavola, cm 46 x 36,

Washington, National Gallery of Art