N.04
Luglio/ Agosto 2013
Studi /

Gioia della fede e arte dell’accompagnamento spirituale

Se tra i Papi del XX secolo Benedetto XV è il Papa “sconosciuto”1, in una recente biografia Paolo VI è stato definito il Papa “dimenticato e incompreso”, se non addirittura frainteso2, schiacciato tra le due grandi figure di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

C’è però chi subito ne ha riconosciuto il valore, come Vittorio Bachelet, che all’indomani della sua morte, il 9 agosto 1978, scriveva: «Paolo VI è stato un poeta che ha cantato il nostro tempo e un profeta che l’ha contestato, proprio perché ha amato come padre e come fratello – con l’amore di Cristo – noi tutti, uomini di questo tempo così doloroso eppure così pieno di speranza»3.

 

  1. Un Papa dai molti primati

Giovanni Battista Montini, nato a Concesio (BS) il 26 settembre 1897 e morto a Castel Gandolfo il 6 agosto del 1978, dopo aver lavorato dal 1923 al 1954 alla Segreteria di Stato in Vaticano e dopo nove anni di guida pastorale dell’Arcidiocesi di Milano, è stato eletto Papa nel giugno 1963 e ha avuto il grande compito di portare a compimento il Concilio Vaticano II, governando il burrascoso postconcilio.

Figlio di un giornalista esponente del cattolicesimo sociale bresciano, Paolo VI è stato un pioniere in moltissimi campi: primo papa a salire su un aereo e ad inaugurare i viaggi internazionali pontifici; primo papa a prendere la parola all’ONU e a visitare la Terra Santa dove strinse in uno storico abbraccio il patriarca di Costantinopoli, Atenagora. Per primo ha rinunciato alla tiara per darne il ricavato ai poveri e, abolendo la corte papale, ha conferito uno stile più semplice alla Casa Pontificia. Per quanto riguarda poi la pastorale vocazionale, è stato il primo papa a istituire la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, arrivata esattamente quest’anno alla 50° edizione.

Nella stagione di grandi tensioni in cui si trovò a vivere il proprio pontificato, Paolo VI non si sottrasse alle sue responsabilità, nonostante le contestazioni, le polemiche, finanche le umiliazioni. Uomo dentro il suo tempo, Paolo VI aveva un segreto: possedeva vera speranza.

Era convinto che il Vangelo avrebbe vinto. L’interesse per la sua figura è cresciuto negli anni, sia nel campo delle ricerche accademiche – promosse soprattutto dal Centro Internazionale Paolo VI di Concesio4 – , sia dal punto di vista del riconoscimento ecclesiale della sua santità. Furono gli episcopati dell’America Latina a sollecitare per primi l’apertura della Causa di beatificazione e proprio lo scorso 20 dicembre 2012 il Santo Padre Benedetto XVI ha autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce l’esercizio eroico delle virtù, proclamandolo Venerabile.

 

  1. Gioia di credere e ansia di evangelizzare

Il suo volto pensoso e il temperamento riservato erano uniti a una spiccata emotività, che egli dominava con arguzia e umorismo e che gli faceva vivere con vero pathos ogni situazione5. Nonostante le apparenze, Montini era l’uomo della gioia. I suoi pronunciamenti, gli scritti personali, l’intensità del suo sguardo manifestavanouna profonda serenità interiore, rivelando una fede autentica, nutrita da un costante e intimo rapporto con il Signore Gesù.

Non è un caso che egli sia il primo papa a dedicare un’esortazione apostolica alla gioia cristiana, la Gaudete in Domino, e una all’evangelizzazione, la Evangelii nuntiandi, entrambe pubblicate nello stesso anno 1975. D’altra parte egli affermava: «Sia questa la grande gioia delle nostre vite impegnate. Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo»6.

Nella prospettiva della nuova evangelizzazione risuona per noi di grande attualità quella sua ansia evangelizzatrice che gli faceva scrivere: «Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna – ciò che San Paolo chiamava “arrossire del Vangelo” – o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?»7.

 

  1. Cor ad cor loquitur”: l’arte della direzione spirituale

All’interno dell’opera di evangelizzazione Paolo VI sottolineava la decisività dell’incontro e dell’accompagnamento personale: «Accanto alla proclamazione fatta in forma generale del Vangelo, l’altra forma della sua trasmissione, da persona a persona, resta valida e importante. […] Non dovrebbe accadere che l’urgenza di annunziare la buona novella a masse di uomini facesse dimenticare questa forma di annuncio mediante la quale la coscienza personale di un uomo è raggiunta, toccata da una parola del tutto straordinaria che egli riceve da un altro»8.

Troviamo qui una convinzione maturata in Montini nell’esperienza giovanile sotto la guida di p. Paolo Caresana9 e poi attuata in particolare come sacerdote educatore dei giovani della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) di cui era assistente nazionale.

Una convinzione radicata nella considerazione che ciascuno è una persona degna del nostro amore e che proprio nel colloquio personale, nel “cor ad cor loquitur” della direzione spirituale, si attua un fondamentale aiuto al cammino vocazionale.

Così scriveva nella Lettera pastorale del 1961: «La direzione spirituale ha una funzione bellissima e si può dire indispensabile per l’educazione morale e spirituale della gioventù, che voglia interpretare e seguire con assoluta lealtà la vocazione, qualunque essa sia, della propria vita e conserva sempre importanza benefica per ogni età della vita, quando al lume e alla carità d’un consiglio pio e prudente si chieda la verifica della propria rettitudine ed il confronto al compimento generoso dei propri doveri. È mezzo pedagogico molto delicato, ma di grandissimo valore; è arte pedagogica e psicologica di grave responsabilità in chi la esercita; è esercizio spirituale di umiltà e di fiducia in chi la riceve»10.

Si era ripromesso fin dai primi anni del suo ministero una duplice attenzione: «Quando un ufficio è dato occorre: 1) esercitarlo con fermezza e coraggio. Non deprimersi, non avvilirsi, non contenere l’azione nel raggio delle possibilità, ma tentare, rischiare, osare, con prudenza e fiducia di render l’ufficio il più benefico possibile… 2) studiare i bisogni reali delle anime e delle opere e andar incontro ad essi. Sentire, soprattutto, il male degli altri, negli altri; penetrare le risorse di bene che Dio ha nascosto nelle anime, almeno mostrare di cercarle»11.

Questa sintesi di coraggio e iniziativa apostolica, disponibilità a “rischiare” ed empatia di mente e di cuore, risulta particolarmente esemplare e illuminante nell’ottica dell’accompagnamento spirituale.

 

  1. Umanesimo cristocentrico e santità

Paolo VI stesso dichiara le convinzioni di fondo che hanno guidato la sua vita: «Ci sembra poter dire con sicura coscienza d’aver cercato, durante tutto il corso della nostra vita, di avvicinare…. quante anime abbiamo potuto, ma nella lealtà e nella convinzione che Cristo è necessario e vero»12.

Il suo profondo cristocentrismo va di pari passo con la più piena lealtà verso le persone che incontra, e questo per una fedeltà allo stile evangelizzante ed educativo di Gesù stesso: «“Ecce homo”, […] possiamo dire noi pensando a Gesù specchio di tutta l’umanità, nostro divino esemplare […] Cristo riempie il nostro “io” con totale rispetto della nostra libertà e anche della nostra originalità, ma con padronanza riformatrice, modellatrice, santificatrice»13.

Questo orientamento cristocentrico lo ribadisce nel quarto centenario della nascita di San Francesco di Sales, grande vescovo e guida spirituale. In quell’occasione, infatti, Paolo VI invitava ad assumere il suo “sopraumanesimo cristocentrico”, con cui aveva saputo «sviluppare in sé e nei discepoli un graduale armonico affinamento di tutte le facoltà umane (“Je suis tant homme que rienplus”)», poiché «l’amore di Dio, scendendo dall’alto, non distrugge le facoltà naturali, anzi le eleva, le ordina e armonizza tra loro, ed esprime al vivo ogni forma di bellezza e tutta la perfezione della natura umana»14.

In questa luce si fa evidente ai suoi occhi l’esito paradossale dell’uomo moderno, che, per una sorta di “messianismo dell’uomo”, “quando spera, spera in se stesso” e così si comporta come un “gigante cieco”: «Ha la fame ed il possesso dei “mezzi”, non ha l’ansia dei “fini”», e finisce per sperimentare un profondo «pessimismo verso se stesso»15.

Tuttavia, fin dagli anni dell’episcopato milanese, ricordava che, benché Gesù Cristo risulti anche oggi «sospinto fuori della realtà umana, sorpassato, inutile, sepolto… venendo al mondo ha occupato tutte le posizioni strategiche delle vie umane. Su ogni sentiero egli siede e ci aspetta…»16. Con questa immagine stupenda Montini mostra il suo costante orientamento cristocentrico e la fecondità di questa sua rivisitazione creativa dello stile di Gesù. Guardando a

Lui la Chiesa si sente sollecitata alla fiducia paziente e al coraggio di valorizzare ogni sentiero dell’esperienza umana in chiave evangelizzatrice, con la certezza viva che l’incontro con Lui è davvero decisivo: «O incontrarci con Lui o sentire il limite fatale delle nostre esperienze in cerca di vita»17.

L’umanesimo integrale e cristocentrico della proposta evangelica si identifica per Paolo VI con l’appello alla santità. Egli, che durante il suo pontificato ha proclamato 81 santi e 31 beati, era convinto che «di santi ha bisogno la Chiesa, di santi il mondo». E invitando soprattutto i giovani a guardare ai santi, aggiungeva: «Fate, carissimi figli, della vostra vita un esperimento totale di santità; non fermatevi a metà, non contentatevi di compromessi mediocri, […] così vi attragga e vi avvalori quel Cristo nostro Signore […] l’unico a orientare le nostre speranze, l’unico a unire i nostri cuori, l’unico a salvare i nostri destini»18.

________________________________

Note

1 J. Pollard, Il papa sconosciuto. Benedetto XV (1914-1922) e la ricerca della pace, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001.

2 Cf A. Tornielli, Paolo VI. L’audacia di un Papa, Mondadori, Milano 2009. Per quanto riguarda Benedetto XV un ottimo volume ha recentemente contribuito a colmare le lacune conoscitive: M. Letterio (ed.), Benedetto XV profeta di pace in un mondo in crisi, Minerva, Bologna 2008.

3 V. Bachelet, «Ha amato tutti con l’amore di Cristo», in «Avvenire», 9 agosto 1978.

4 Va ricordato inoltre che dall’ottobre 2012, nel 50° anniversario del Concilio Vaticano II, è stata istituita presso la Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA) di Roma una cattedra dedicata a Paolo VI, all’interno del corso di Storia Contemporanea, con l’intento di promuovere lo studio e la conoscenza di Giovanni Battista Montini-Paolo VI, in particolare del ruolo che questo pontefice ha avuto nell’ambito ecclesiale come nella comunità civile italiana

del XX secolo.

5 Cf Paolo VI maestro e testimone di fede, a cura di G. Adornato, San Paolo, Milano 2012, p. 33.

6 Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi dell’8 dicembre 1975, n. 80: AAS 68 (1976) 75, testo ripreso nel Sinodo 2012, Instrumentum Laboris, n. 169. Lo stesso assillo di una gioiosa testimonianza missionaria era stata da lui espressa in occasione della Missione al Popolo di Milano il 7 novembre 1957: «Perché questo fratello è lontano? Perché non è stato abbastanza amato. Non è stato abbastanza curato, istruito, introdotto nella gioia della fede» (Paolo VI maestro e testimone di fede, cit., p. 95).

7 Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), n. 80: AAS 68 (1976) 74, testo ripreso nel Sinodo 2012, Instrumentum Laboris, n. 37.

8 Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), n. 46: AAS 68 (1976) 36, testo ripreso nel Sinodo 2012, Instrumentum Laboris, n. 120.

9 Vedi G.B. Montini-Paolo VI, Lettere a Paolo Caresana, a cura di X. Toscani, Istituto Paolo VI, Brescia, Edizioni Studium, Roma 1998, pp. XLVI+306.

10 G.B. Montini, Lettera pastorale sul senso morale, 1961, testo ripreso in: Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, n. 81.

11 Appunti in occasione del decimo anniversario della sua ordinazione (giugno 1930), in Paolo VI maestro e testimone di fede, a cura di G. Adornato, San Paolo, Milano 2012, p. 76.

12 Da «Riflessioni su Giovanni XXIII (senza data)», in Paolo VI maestro e testimone di fede, cit., p. 121.

13 Da “Omelia per la Veglia pasquale nel Duomo di Milano (21 aprile 1962)”, in Paolo VI maestro e testimone di fede, cit., p. 102. Sul “cristocentrismo” di Montini sono interessanti le riflessioni sviluppate dal Card. C.M. Martini, Paolo VI “uomo spirituale”. Discorsi e scritti (1983-2008), a cura di M. Vergottini, Istituto Paolo VI, Brescia 2008, pp. 74-75.

14 Dalla Lettera apostolica Sabaudiae Gemma (29 gennaio 1967) nel IV centenario della nascita di San Francesco di Sales, dottore della Chiesa. Per un approfondimento del suo pensiero pedagogico, vedi G.B. Mont ini-Palo VI, La Pedagogia della coscienza cristiana. Discorsi e scritti sull’educazione (1955-1978), a cura di A. Maffeis, Istituto Paolo VI, Brescia 2009.

15 Dal “Messaggio natalizio all’arcidiocesi di Milano (23 dicembre 1962)”, in Paolo VI maestro e testimone di fede, cit., pp. 103-104.

16 Dalla “Omelia nella Messa di mezzanotte nel Duomo di Milano (25 dicembre 1962)”, ivi, p. 105.

17 Ibidem.

18 Omelia di Paolo VI del 27 ottobre 1968