N.01
Gennaio/Febbraio 2016

Misericordia… la bellezza di essere se stessi

Nel pregare i ventisei versetti del Salmo 136, notiamo che ognuno di essi si conclude con il riferimento alla misericordia infinita di Dio, che si effonde e dilata nel tempo e nello spazio:
«Eterna è la sua misericordia».
È suggestivo un racconto rabbinico che ci propone P. Ermes Ronchi: «Per ben ventisei volte il Signore si era messo pazientemente all’opera per plasmare l mondo, fondandolo sulla giustizia, ma ogni volta, dopo che il mondo era rotolato fuori dalla sua mano, si frantumava in mille pezzi di fronte al primo ostacolo che incontrava. Allora il Signore tenne consiglio con i suoi angeli: “Come dobbiamo fare perché il mondo regga?”. E gli angeli dissero: “Forse la giustizia da sola non basta, bisognerebbe aggiungere una misura abbondante di misericordia”. Il Signore fece così, e la ventisettesima volta il mondo, impastato della Misericordia di Dio, rotolando via dalla sua mano rimase ben saldo».
La misericordia è la virtù e la risorsa dei forti. Ci vuole un cuore coraggioso e audace per non cedere al desiderio della rivalsa o di una memoria ostile, per aprirsi alla accoglienza e al perdono verso gli altri e verso noi stessi.
È singolare il fatto che molte storie di vocazione nella Bibbia si collocano in un contesto di Misericordia. Esse sono spesso precedute da eventi di purificazione e di perdono; nella consapevolezza della propria fragilità e povertà, si fa esperienza di un Dio che ci vuole bene e ci accoglie così come siamo.
Conosciamo la vicenda di Geremia; un profeta che nella sua sensibilità e nella sua delicatezza è chiamato a divenire un “muro di bronzo”, inflessibile nell’annuncio della Parola del Signore e lucido nelle indicazioni di vita. Il Signore lo incoraggia a camminare per questo sentiero arduo e difficile dicendogli: «Non temere, io sarò con te». Nella storia biblica molti personaggi vocazionali portano in sé una domanda che spesso ciascuno di noi sente affiorare in se stesso: come vivere la chiamata del Signore avendo la consapevolezza del sentirsi “infinitamente piccoli”? Isaia, profeta della speranza; Paolo, che si percepisce come l’ultimo degli apostoli; Pietro che, nel riconoscere la sua miseria e la sua povertà, si sente avvolto dalle parole che Gesù gli rivolge:
«Non temere, Pietro… d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
Isaia si trova di fronte al Signore “tre volte Santo” avvolto dal canto e dalla luce dei Serafini. Il profeta avverte lucidamente il peso della sproporzione tra ciò che lui è e ciò a cui il Signore lo chiama. Quante volte tutti noi viviamo la stessa esperienza di inadeguatezza, tra ciò che siamo e ciò che saremmo chiamati ad essere come missione di vita…
Come andare avanti? Come far fronte a responsabilità che ci caricano di preoccupazione, paura e voglia di gettare la spugna? Come riuscire a vivere bene la nostra scelta di vita, essere preti o persone consacrate, essere coppia, famiglia o persone sole?
San Paolo suggerisce di lasciar fluire in noi la grande certezza che sgorga dalla misericordia di Dio: «Per grazia di Dio sono quello che sono».
«Il Signore non ci chiederà un giorno: Sei stato bravo nella fede come Abramo? Sei stato un forte leader come Mosè? Sei stato coraggioso e battagliero come Elia? No, egli ci chiederà: Sei stato te stesso?» (Martin Buber).
In questo orizzonte misericordioso di consolazione e tenerezza, si collocheranno le riflessioni e le proposte di «Vocazioni» 2016, per aiutarci a vivere con passione e fiducia il nostro servizio vocazionale: «Sulla tua parola, Signore, mi rimetto a remare; vado al largo, riprendo il mio lavoro e getto le reti».