N.02
Marzo/Aprile 2016

“Ricco di Misericordia… ricchi di grazie”

Il mistero del Natale, che stiamo ancora celebrando, illumina stupendamente il tema del nostro Convegno: Gesù è venuto a noi ricco di misericordia; lo contempliamo stupiti, commossi e grati.
1. La Sapienza, dice la prima lettura, rivela la sua gloria stabilendosi in mezzo al suo popolo. Pianta la sua tenda in Giacobbe. Un annuncio misterioso che pone almeno due domande: chi è la Sapienza? Quando e come arriverà in mezzo agli uomini?
L’apostolo Giovanni nel suo prologo afferma con esultante sicurezza: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
La Sapienza non è dunque un’immagine, un’idea astratta, una filosofia. È il Verbo, la Parola di Dio, il Figlio Unigenito del Padre che si fa carne (sarx), cioè uomo come noi, “in carne e ossa”.
2. Dio irrompe dentro la storia umana, bontà sua, in modo gratuito e umilissimo. In punta di piedi, senza che nessuno si accorga, nell’ultima periferia del mondo, nella più piccola cittadina dell’Impero romano.
[Ma Dio non avrebbe dovuto calarsi come il più grande dei potenti, nel palazzo più bello, nella capitale dell’Impero?].
Il Fatto che Dio si incarni e il modo con cui entra nella nostra storia non finiscono di stupire. Ci parlano del suo Amore inimmaginabile.
Nella luce dell’Incarnazione amare vuol dire calarsi in modo umile nei nostri panni, assumendo l’esperienza umana più povera, più emarginata, più sofferta. Uno stile che continuerà per tutta la sua vita.
L’apostolo Giovanni ripete con insistente commozione, dopo lunghissima riflessione mistica e teologica, lo stupore suo e degli apostoli nel contemplare la gloria di Dio nell’umanità più umile: «Noi abbiamo contemplato la sua gloria, siamo stati sorpresi dalla gloria dell’unigenito Figlio del Padre pieno di grazia e di verità». Gesù è la Grazia, ossia l’Amore fatto carne. Gesù è la Verità, ossia la fedeltà di Dio a se stesso, al suo Amore.
Grazia e verità potrebbero essere considerate come un’endiade, quindi traducibili con “Amore fedele”, amore fedele anche dinanzi alle infedeltà dell’uomo e quindi Amore misericordioso. È la traduzione giovannea di Esodo 34,5: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà che conserva il suo amore per mille generazioni». Lo stesso leggiamo nel Benedictus: «Grazie alla bontà misericordios (letteralmente: alle viscere di misericordia) del nostro Dio per cui (letteralmente: nelle quali viscere) verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge». Viscere di misericordia, ossia amore sviscerato che tocchiamo con mano nel Verbo fatto carne e particolarmente nel perdono dei peccati (cf il motto di Papa Francesco: Miserando atque eligendo).
«Il Figlio di Dio nella sua Incarnazione ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza» (n. 88). Come fece Maria che «seppe trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza» (EG 286).
Valgono anche per noi le parole rivolte da Gesù ai farisei: «Andate a imparare che cosa vuol dire: misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti ma i peccatori» (Mt 9,13).
Misericordia è la parola che rivela il mistero di Dio, è il modo con cui ci viene incontro, è la speranza certa di essere amati per sempre pur (ed anche proprio) nel nostro peccato.
«Dalla sua pienezza di grazia e di verità noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia». Significa che «la legge fu data per mezzo di Mosè, mentre la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù». La grazia della nuova alleanza è proprio questo Amore di Gesù che è lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori (San Tommaso). Si può anche intendere il testo giovanneo così: in Gesù abbiamo una grazia dopo l’altra, ogni tipo di grazia, a cascata. Ogni grazia vien da Lui. Lui è la grazia. Lui ripete ad ogni uomo: sono con te tutti i giorni, non aver paura, io ti amo da sempre e per sempre. Lui è venuto a raccontarci – e soprattutto a testimoniarci con la sua vita – che Dio è Amore misericordioso in mezzo agli uomini, pur continuando a rimanere nel seno del Padre.
San Giovanni è ancora meravigliato e stupito di questo Evento, come ripete nel Prologo della sua prima lettera: «Quello che era fin da principio… noi lo abbiamo udito, veduto, contemplato, toccato» (cf 1Gv 1,1-3). Il Mistero che oltrepassa la storia e il tempo, si incarna in modo tale da essere percepito realisticamente da tutti i nostri sensi. È questa l’esperienza fondamentale del cristiano nella luce dell’Incarnazione del Verbo. Gesù è venuto in questo mondo per in-carnarsi in ogni uomo.
L’apostolo Paolo nell’inno della Lettera agli Efesini usa una parola chiave: «Benedetto Dio!». Noi siamo chiamati a benedire Dio perché Lui ci ha infinitamente benedetti. Da Lui graziati, gli rendiamo grazie per sempre. Per cui la gratitudine è il segno più certo della bellezza della vocazione cristiana e quindi anche una chiave centrale del discernimento vocazionale. «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo» (Ef 1,3).
San Paolo, in questa preghiera di benedizione (in greco euloghìa; in ebraico berakà), elenca quindi tutta una serie di grazie offerte agli uomini.
– «In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità» (Ef 1,4: cf Ger 31,3). La prima benedizione: da sempre siamo stati chiamati ad una vita santa nell’amore.
– Siamo stati predestinati ad essere figli adottivi mediante Cristo a lode dello splendore della sua grazia con cui ci ha gratificati nel Figlio suo amato (vv. 5-6). La seconda benedizione: tutti predestinati a essere figli di Dio come Gesù.
– Mediante il suo sangue abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia riversata in noi con abbondanza e sapienza (vv. 7-8). La terza benedizione: la redenzione per mezzo di Gesù e quindi la possibilità del perdono dei peccati.
– Il Padre ci ha fatto conoscere il Mistero della sua volontà: ricondurre a Cristo tutte le cose e ricapitolarle in lui (vv. 9-10). Quarta benedizione.
– In Cristo il Padre ha eletto il popolo di Israele (vv. 11-12). Quinta benedizione: Israele è testimone nel mondo dell’attesa messianica.
– In Cristo anche noi (pagani) abbiamo ricevuto il Vangelo e lo Spirito Santo (v. 13). Sesta benedizione.
– La Chiesa è in attesa della completa redenzione nel Regno di Dio (v. 14). Settima benedizione.
Dinanzi a questa cascata di grazie, Paolo «continuamente rende grazie» e prega il Padre perché illumini gli occhi dei cristiani e comprendano «a quale speranza li ha chiamati e quale tesoro di gloria li aspetti».
Dinanzi a questo fiume di grazie, la risposta non può essere che l’eterna gratitudine: cantare per sempre la misericordia del Signore!