Giovani: una prossimità impossibile

1. I giovani e la comunità cristiana
Attualmente sono parroco in una piccola ma animata parrocchia di circa 2.500 abitanti del centro storico della mia città; unitamente a questo ministero di parroco sono anche incaricato diocesano per la pastorale giovanile, l’università e lo sport.
La mia esperienza con il mondo giovanile, attuale e degli ultimi anni, è molto varia: una parte dei giovani che incontro sono quelli che fin da piccoli, dagli anni del catechismo della iniziazione cristiana, hanno frequentato, in modo più o meno continuativo, la comunità cristiana; sono i giovani che hanno vissuto intensamente la loro vita cristiana, che hanno fatto i campi parrocchiali, le esperienze di servizio, l’appartenenza ad una associazione.
Una seconda parte di giovani sono quelli che ho incontrato di recente, che si sono avvicinati o riavvicinati alla Fede e alla vita della Chiesa già da grandi, coinvolti dai loro amici o semplicemente incuriositi dall’esperienza religiosa.
Sono inoltre presenti nella mia vita un certo numero di giovani che incontro ripetutamente, nella quotidianità, per le strade del quartiere; sono giovani che saluto, con i quali talvolta parlo, ma che in realtà non sono interessati ad avere un rapporto profondo con me e con la comunità cristiana.
Nella mia vita sono presenti molti giovani con i quali mi vedo frequentemente, impegnati nella vita parrocchiale e diocesana, in dispensabili compagni di viaggio, veri doni di Dio per la Chiesa e la società intera.
Altri giovani che incontro con una certa frequenza sono quelli che partecipano con entusiasmo, settimanalmente, alla vita delle proprie associazioni, ma che in realtà non sono particolarmente coinvolti nelle comunità cristiane più ampie, non partecipano all’Eucaristia domenicale e alle varie iniziative più strettamente parrocchiali.
Un ristretto numero di giovani si rivolgono a me per un cammino spirituale continuativo, ritmato e per il Sacramento della Riconciliazione.
Potrei andare avanti con la descrizione delle varie tipologie di rapporto che sento di vivere con i giovani anche se, è evidente, ogni giovane in realtà ha una propria una storia, la propria personale e unica storia.

2. Un iniziale sospetto
Volendo pensare in modo generale al rapporto esistente fra il mondo giovanile e la comunità cristiana, composta per lo più da adulti, mi sembra di avvertire, almeno inizialmente, una certa difficoltà, una sorta di “sospetto”, una resistenza all’incontro.
Questa sensazione di sospetto che le giovani generazioni hanno nei confronti del mondo adulto è motivata probabilmente da un cumulo di delusioni e ferite affettive, familiari e sociali; molti giovani sono stati e si sentono emotivamente traditi dai propri genitori, che magari hanno frantumato con una certa superficialità il nucleo familiare; moltissimi giovani si sentono ingannati dalla società che, dopo aver chiesto notevoli sforzi e investimenti economici per studiare, magari anche all’estero in cambio di promesse e certezze professionali, in realtà si accorgono che la società stessa non offre loro spazi per lavorare e farsi una vita autonoma.
Oltre all’inganno affettivo e sociale, da parte del mondo adulto c’è un inganno economico: i ragazzi sono spesso invitati a spendere e a consumare beni effimeri presentati come capaci di dare la felicità; in molti casi alcuni beni sono realtà che creano addirittura dipendenze, passioni tristi; in quest’ultimo caso l’inganno diventa anche una bugia di tipo morale proposta da una pubblicità che mostra strade di benessere che al contrario sono cammini di morte; la precarietà lavorativa e degli affetti alla lunga risultano essere sfibranti; anche i media descrivono una comunità adulta malata, egoista e litigiosa.
La violenza e la prevaricazione sono ingredienti normali di ogni film per qualunque fascia di età.
Il mondo dei social network spesso veicola le debolezze e le fragilità delle persone. In generale, quindi, mi sembra che, almeno inizialmente, l’incontro, la vicinanza, la prossimità fra i giovani e il mondo adulto – e la Chiesa è parte di questo mondo adulto – sia ostacolata da una sorta di diffidenza.

3. Oltre la diffidenza: la via della concretezza
Mi sembra che questa diffidenza, a partire dalla mia esperienza, possa essere superata oggi con la realizzazione comune, nella comunità cristiana, a favore di tutti, in particolare dei meno fortunati, di gesti d’amore concreti, rivelatori di un autentico dono di sé, con una cura personalizzata dei rapporti, con la profondità e la dedizione.
Molte persone, giovani e adulti, in questo tempo di crisi materiale e spirituale si riavvicinano alla chiesa per motivi di necessità, perché stanno male; tanti giovani cercano amicizia, desiderano liberarsi dalla sfiducia, vogliono fare esperienze che diano senso alle loro giornate, cercano spazi di amicizia e di volontariato; molti giovani cercano guarigione da ferite esistenziali, da storie d’amore fallite, da stati di depressione e di malessere interiore. Alcuni giovani si avvicinano alla ricerca di un lavoro. Un numero sempre più grande di giovani stranieri si rivolge alla comunità cristiana per ricevere aiuto in situazioni di studio universitario molto complicate.
Recentemente sono stato avvicinato da una giovane che sta vivendo una situazione di grande sofferenza interiore e mamma di una bambina, abbondonata dal compagno, impegnata nel voler aiutare a tutti i costi un giovane senza fissa dimora, semi autistico; con i suoi capelli verdi, oggi diventati viola, il suo piercing sulla guancia destra, la sua anoressia controllata, non battezzata, mi si è avvicinata chiedendo aiuto; mi viene a trovare frequentemente per parlare e quasi ogni sera mi scrive su Whatsapp.
L’ho aiutata ad aiutare il suo amico autistico che ogni settimana viene a casa mia per farsi una doccia.
Il mio starle vicino concreto, semplice, fatto per lo più di ascolto e di aiuto materiale ha creato fra noi una prossimità inaspettata soprattutto per lei.
I giovani in molti casi superano la diffidenza e il sospetto quando stanno male, quando la sofferenza, anche solo psicologica, morde loro la vita ed hanno l’umiltà di ammetterlo. In questi casi credo sia importante prendersi cura in modo autentico e concreto di loro, proporre cammini esistenziali e spirituali impegnativi, uniti a una vera disponibilità a percorrerli insieme.
I Vangeli ci presentano Gesù perennemente in mezzo alle persone, disponibile a farsi trovare e a guarire i malati e gli indemoniati, ad essere prossimo di chiunque.
Quando ho risposto con concretezza e semplicità alle richieste di aiuto dei giovani, in modo per quanto possibile continuato e non episodico, con gioia e non con pesantezza, con piacere e non per dovere, i giovani si sono lasciati coinvolgere in un rapporto di prossimità molto solido.
Mi sembra che oggi uno degli aspetti maggiormente apprezzati dai giovani sia “fare qualcosa per gli altri”. Il mondo dei media, dei social network, delle immagini, delle foto, dei test è un mondo reale: è il racconto delle emozioni, dei pensieri, delle esperienze che le persone vivono.
Ciò che la rete non può dare è la dolcezza di un bacio, la tenerezza di un abbraccio, il sudore durante un servizio, lo sguardo di un ammalato, l’odore dei vestiti di chi vive per strada, il suono delle parole di chi viene da un paese lontano.
La parola da sempre deve farsi carne, concretezza; solo così diventa salvifica, coinvolgente, attraente; così è accaduto nella persona di Gesù.
Quando le nostre lectio divine, le nostre catechesi, le nostre liturgie diventano carne, carità concreta, anche semplice, quotidiana, spicciola, i giovani sentono la verità che anima la vita della comunità cristiana e ne rimangono scossi, affascinati e, in qualche caso, coinvolti.

4. Prossimità fra generazioni
I gesti concreti di amore che, insieme ai giovani, siamo in grado di compiere, generano unità fra i giovani e fra generazioni, fanno superare quella sensazione di distanza, di sfiducia, che talvolta può alimentarsi.
Talvolta accade che anche il mondo adulto, seppur inconsapevolmente, ostacoli l’emergere dei giovani; alcuni adulti temono di essere emarginati e scalzati da chi è più giovane, aggiornato e brillante; ognuno tende a mantenere il proprio posto.
In molti casi, al contrario, ho visto adulti entrare in relazione con giovani, accettare la sfida del dialogo e della collaborazione per generare realtà nuove che hanno il sapore dell’entusiasmo giovanile e dell’esperienza di chi è maturo.
I giovani oggi gradiscono la presenza adulta che promuove e sa far emergere i doni della giovinezza.
Questa sinergia spesso si realizza nelle esperienze concrete; nei doposcuola, nelle mense per i poveri, nei ricoveri per gli anziani, fra i disabili, insieme agli immigrati e ai bambini malati, nelle carceri e nei campi profughi, si crea quell’unità che è già realizzata intorno all’Eucaristia domenicale e che chiede di diventare carne; il corpo di Gesù presente sull’altare si prolunga nel corpo sofferente dell’umanità.
Il Santo Padre Francesco con i suoi gesti e con le sue parole ci richiama costantemente a questa concretezza, all’attenzione alle singole situazioni, all’urgenza; ci invita ad affrontare con amore concreto ciò che sta accadendo ora, adesso, quasi fosse una irresistibile chiamata dello Spirito Santo.

5. Prossimità, vocazione, paura
Nella mia esperienza anche recente mi sono accorto di quanto sia importante essere vicino ai giovani, anche silenziosamente; negli ultimi anni ho avuto il dono da Dio di incontrare alcuni ragazzi che mi hanno chiesto di fare insieme un serio percorso spirituale.
Per almeno sei di loro ho maturato una ragionevole certezza che il Signore li chiamasse alla vita sacerdotale; due di loro hanno intrapreso la strada del seminario; gli altri quattro sono stati travolti e disorientati dalla paura; il timore di fare scelte definitive, e in particolar modo per la scelta della vita consacrata, è molto presente nei giovani. Ancora oggi mi porto dietro il dubbio di non essermi fatto sufficientemente e adeguatamente prossimo di questi ragazzi nel momento della decisione.
La vicinanza di un adulto può aiutare molto nel superare la paura delle scelte.
La capacità di essere vicino, di prossimità, di pazienza, di dolcezza, di gratuità è frutto di fatica e dell’azione dello Spirito Santo; voler essere prossimo dei giovani non mi sembra essere un fatto istintivo, spontaneo; è frutto di una lucida, forte, tenace volontà.

6. Prossimità e preghiera
Una prossimità da non dimenticare è la prossimità spirituale, nella preghiera, nello Spirito Santo; è sempre possibile essere vicini ai giovani pregando con loro e per loro. Il mondo adulto, dei genitori e dei nonni investe moltissime energie emotive e spirituali per i giovani; il futuro dei giovani desta preoccupazione e i genitori sono disposti a donare la vita per i figli. Intorno ai giovani è possibile creare un vortice coinvolgente di preghiere. I social network aiutano i giovani stessi a trascinare nella preghiera fiumi di persone. Recentemente ho visto fiorire momenti di preghiera a favore di ragazzi ammalati o che erano entrati in coma a causa di un incidente. Per dodici anni ho insegnato religione in un grande liceo della mia città; ho avuto l’occasione di conoscere alcune migliaia di adolescenti. Con loro ho condiviso settimanalmente e quotidianamente molte cose: le feste dei 18 anni e i lutti, le bocciature e il servizio con i poveri, partite a calcio ed esibizioni musicali. Purtroppo durante quegli anni, ho dovuto partecipare anche ad eventi dolorosissimi: giovani che hanno perso la vita in moto, ragazzi deceduti prematuramente per un tumore, adolescenti che si sono tolti la vita.
I funerali di questi ragazzi sono tra i fatti più travolgenti che io abbia mai vissuto; ho visto i giovani stringersi tra loro in abbracci che nulla avrebbe potuto dividere. In questi momenti la prossimità è obbligatoria. I giovani chiedono vicinanza e questa vicinanza diventa indimenticabile. Spesso la perdita di un amico si trasforma in gesti di solidarietà e di amicizia; i giovani cercano di ricreare vicinanza con l’amico che non c’è più; mi è capitato di partecipare ad un torneo di calcetto intitolato alla memoria di Pietro o di Giorgio, due miei alunni scomparsi in modo tragico all’età di 15 anni.
Il ricordo della morte di un ragazzo raramente scolora e quei ragazzi oggi diventati 25 e 30enni continuano a vedersi per la santa Messa di suffragio annuale.

7. Prossimità e pazienza
La prossimità verso i giovani esige pazienza. Stare con i giovani significa accogliere il fatto che il loro modo di agire e pensare non sia tradizionale, ordinato, sia dal punto di vista culturale che sociale, morale e religioso. È la pazienza del cammino, quella che Gesù ha avuto con i discepoli di Emmaus.

8. Una prossimità “in uscita”.
Come più volte suggerito da papa Francesco, oggi è necessario pensare ad una prossimità che si realizzi fisicamente nei luoghi dove i giovani già vivono: la scuola, il mondo del lavoro, l’università; anche il mondo della cultura e dell’impegno socio-politico sono luoghi frequentati da tanti giovani. La scuola, il lavoro e l’università sono ambiti in cui è possibile avviare percorsi di vicinanza, di amicizia che durano nel tempo. Il mondo della scuola unito al mondo della formazione professionale sono luoghi in cui è possibile entrare in relazione con tutti i giovani.
In questi ambiti la comunità cristiana può farsi presente soprattutto attraverso i cristiani che già vivono nella scuola e nell’università: gli studenti, gli insegnanti, il personale tecnico e amministrativo.
Anche nella scuola lo stile delle prossimità non può che essere quello della carità concreta, della presenza di Gesù veicolata da gesti quotidiani d’amore. Ricordo in un incontro di giovani uno studente di ingegneria libanese cristiano che chiedeva con intensità e decisione agli altri giovani presenti un aiuto a recuperare gli appunti e i libri per studiare ed era stupito che gli studenti cristiani italiani non si mettessero al servizio di queste situazioni.
Le biblioteche e le salette studio sono in genere piene di studenti che desiderano studiare insieme, uscendo dalle proprie case, in cui il nucleo familiare riesce a ritrovarsi ormai solo la sera.
Nella nostra comunità cristiana emerge con sempre maggiore evidenza la necessità di aiutare gli adolescenti e i giovani più fragili nello studio.
Moltissimi adolescenti si smarriscono nei primi anni delle scuole superiori ed una prossimità concreta è quella di stare loro vicino supportandoli nello studio.
Lo studio assistito per i ragazzi delle scuole medie è ormai nella nostra comunità cristiana una realtà molto presente ed un gesto di carità grande. Il crescente numero di giovani stranieri stimola la comunità stessa ad un gesto di vicinanza e di accoglienza che può necessario infatti conoscere l’italiano. Nella mia città le scuole di italiano per stranieri sono molto frequentate.

Conclusione
Concludendo vorrei ricordare, prima di tutto a me stesso, che ogni forma di relazione fra persone, di vicinanza, di incontro, in ultima analisi, di amore, ha sempre la forma del mistero pasquale: prevede sempre una morte, una sofferenza cui fa seguito un tempo di silenzio che prepara alla risurrezione, alla novità, ad una nuova nascita.
La disponibilità a morire per amore, per il bene, per la verità è un passaggio difficile ma indispensabile; una comunità che vuole essere accogliente verso i giovani, desiderosa di aiutarli nel loro cammino, deve essere disponibile a far morire qualcosa di sé.
Mi sembra di poter dire che le forme di prossimità concreta fra giovani e comunità cristiana fanno emergere i bisogni più profondi dell’anima; i giovani aprono totalmente il loro cuore a chi si è preso cura concretamente di loro.
Il mondo della vita interiore è in molti casi un abisso disabitato dove sono presenti relazioni disordinate e limitate. In questo abisso Dio è sempre presente e, quando si riesce a farlo emergere, per i giovani è una rinascita incredibile.
La cura concreta è fatta di gesti impegnativi, ma soprattutto di tante piccole attenzioni quotidiane, personali, che riempiono la vita e il cuore.
Un giorno uno scriba chiese a Gesù chi è il prossimo. Il Signore rispose con la parabola del Buon Samaritano che si è fermato per aiutare chi si era trovato casualmente sulla sua strada e aveva bisogno. Alcuni giovani sono sulla strada delle nostre comunità cristiane, dei nostri quartieri. Pochi o tanti che siano, fermiamoci con loro. Potremo presentare loro Gesù, il vero prossimo, colui che è più intimo e vicino alla vita nostra e di ogni giovane.