N.01
Gennaio/Febbraio 2017

J-Ax & Fedez feat Stash

Assenzio

Assenzio è il nuovo singolo firmato da J-Ax & Fedez feat Stash, leader e cantante dei The Kolors, e la cantautrice Levante.
J-Ax e Fedez hanno scelto di collaborare a questo brano con Stash e Levante, unendo per la prima volta realtà musicali differenti in un quartetto totalmente inedito. Il risultato è un mix in perfetta armonia e in un equilibrio interessante. In questa nuova fase creativa, i due artisti rapper, appartenenti a generazioni ben diverse, vogliono comunicare i propri sentimenti e le proprie sensazioni, raccontando la società e dando vita ad uno storytelling introspettivo.
Un singolo intenso che arriva direttamente al cuore delle persone sin dalle prime note. Una canzone destinata ad occupare i primi posti delle classifiche dei brani più acquistati e di quelli più trasmessi in radio, conquistando giovani e meno giovani.

Assenzio sembra scritta per ognuno di noi. Le parole della canzone ci appartengono. Come le frasi scritte su un diario, sono riflessioni personali che non vorremmo mai rendere note. Si è obbligati a guardarsi dentro, a leggere nel profondo dell’anima, a ripercorrere la storia della propria vita.
Nessun ricordo deve essere tralasciato, tutto quello che abbiamo vissuto ci ha resi le persone che siamo. È lo sguardo al passato che dà di comprendere chi siamo diventati.
La vita insegna che ad avere peso è l’essere rispetto all’apparire; il fare rispetto al dire; l’essere presenti per chi ha bisogno di noi piuttosto che pensare solo a cosa desideriamo. Impariamo che niente dura per sempre… quello che si perde spesso è proprio quello che si è sempre dato per scontato.
Di Assenzio è interessante anche il video: interamente girato a Milano, fotografia fredda e inserti cartoon a fare da caricatura della vita stessa. Il video gioca sulla solitudine delle persone e sull’incapacità dell’uomo moderno di condividere la vita.
Il lancio ufficiale della canzone e del video è stato fatto su Facebook da J-Ax con queste parole: «Mai, come oggi, siamo così connessi fra noi e allo stesso tempo divisi. Sembra che il mondo ora giri per strapparci l’uno dall’altro, invece che unirci. Tutto ci vuole fare separare: la politica, lo sport, la scuola e perfino la musica. Schiacciamo invece pausa, proviamo a camminare nelle vite degli altri e a capire che vorremmo tutti essere felici, a nostro modo. Questo è lo spirito con cui vi voglio dare Assenzio. Spero vi piaccia!».

Assenzio. La bevanda maledetta
Anzitutto il titolo. L’assenzio è un distillato fortemente alcolico che nasce in Francia, alla fine del XVIII secolo.
Per via del suo colore, dovuto alla clorofilla, iniziò ad affermarsi col nome di la Fée Verte (“la Fata verde”).
Qualcuno ricorderà con questa immagine il film Moulin Rouge in cui la meravigliosa Nicole Kidman appare per la prima volta nella pellicola proprio come una fata verde che gli artisti vedono quale effetto collaterale dell’assenzio bevuto.
Nato come medicinale, l’assenzio spopolò, infatti, come liquore tra gli artisti e gli scrittori di Parigi nel periodo del Decadentismo, della Scapigliatura e della Bohéme. Per circa un decennio fu una delle bevande di maggior successo in tutto il territorio europeo.
Il titolo della canzone, quindi, richiamando questa bevanda, fa un riferimento diretto alla condizione di lacerazione tra la persona, l’artista, il letterato e la società in cui è costretto a vivere e che non lo comprende.
Il frutto di questa incomprensione è una provocatoria dissacrazione dei valori e del buon senso, i comportamenti divengono distruttivi, annichiliscono e distruggono la persona.

Dal buio, la domanda
Il disagio si percepisce già dalla prima strofa, interpretata da Fedez. Come nella migliore tradizione del rap, si ha un largo uso delle rime e delle assonanze. La prima strofa è un elenco di elementi apparentemente slegati tra loro che, però, fanno immaginare la storia di una vita che va incontro alla musica tra mille difficoltà:
Una storia, una salita, una strada, una matita, un microfono, una stretta con il sangue tra le dita…
La seconda coppia di strofe continua il racconto attraverso la stessa struttura: un elenco di elementi che stavolta narrano di un senso di disagio e di difficoltà accettati a caro prezzo, quello dell’eterna dannazione, con chiaro riferimento alla filosofia bohémien:
Un animo bastardo, una cieca convinzione, un rifugio, uno sguardo, una ricerca di attenzione. In bilico tra l’odio profondo e la redenzione…
Difficoltà, disagio, paura, smarrimento, perdizione, silenzio, fuga. Una parola: buio… Conosciamo chi è nel buio, prima di marchiarlo, disapprovarlo, rimproverarlo, criticarlo, biasimarlo, bollarlo, censurarlo. Conosciamolo prima di condannarlo. Nel Vangelo di Luca (23,42-43) c’è un personaggio: il malfattore. È lì, sulla croce, lo ha meritato perché ha sbagliato; ha agito preferendo il male e la giustizia gli fa pagare il prezzo che deve. Ma nel buio, consapevole del suo buio, lui prega Gesù, dicendo: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Questa persona, semplicemente guardando Gesù, ha creduto nel suo regno. Non si è chiuso in se stesso, ma con i suoi sbagli, i suoi peccati, i suoi guai, il suo buio si è rivolto a Gesù. Ha chiesto di essere ricordato. Che ci fosse il ricordo non delle sue azioni, ma della sua persona. Gesù risponde: «Oggi sarai con me in paradiso». Dio, appena gliene diamo la possibilità, si ricorda di noi, è pronto a cancellare completamente e per sempre il peccato, perché la sua memoria non registra il male fatto e non tiene conto dei torti subiti. Dio non ha memoria del peccato, ma di noi, di ciascuno di noi. E crede che per noi è sempre possibile ricominciare e rialzarsi.
È lo sguardo del Padre che anzitutto incoraggia, sostiene, ci conferma nelle possibilità di bene che abbiamo. Dio ci guarda e vede la bellezza con cui ci ha plasmati, vede il suo Figlio di cui siamo immagine.

Leggerezza e luce
Nella canzone le parole diventano introspettive. Ma poi si impone il bisogno di comunicare con un interlocutore, di trovare conforto in qualcuno; nulla di scontato: subentrano un’incompatibilità e un’insuperabile incomprensione.

Ehi, lo sai che ho perso troppo tempo, chissà se tu l’hai ritrovato… Per noi non c’è cura, non c’è medicina, se poi mi sento solo quando mi sei vicina.
Allora, di nuovo, la comunicazione si incentra su un livello personale: è una confessione intima, un fare i conti con la propria coscienza.
Si ammette di aver smarrito la strada. Riprende la salita. Riprendere in mano il passato dà l’impressione di essere intrappolati in un loop senza fine, dove le difficoltà ritornano uguali: scelte che forse potevano essere diverse, silenzi in buona fede, nella speranza di un risultato che ripagasse del dolore. E cosa resta? Soltanto il riflesso di un uomo che ha smarrito la sua identità di persona:

Mi guardo da mesi allo specchio, è da un po’ che sospetto che dentro al riflesso ci sia quella maschera che mi hanno messo.
Si torna a casa, nevica, e l’impressione che dà la neve è ben diversa da quella che dava nell’infanzia. Adesso la poesia è morta e il manto bianco è buono solo a bloccare il traffico e a rovinare l’umore. Un incidente. All’improvviso tutto perde importanza al cospetto dei fatti: la persona che ami sta andando via in ambulanza. La disperazione porta a rivolgersi a qualcosa di più grande:

Ehi, come un alieno per tornare a casa, punto alle stelle e sono a metà strada. Allora ho chiesto scusa al cielo per la mia vita intera. E ho pregato Dio.
Una riflessione amara sul modo di vivere così concentrato sui propri obiettivi personali da dimenticare quello che conta veramente: se stessi, gli affetti e la cura dei rapporti.
A questo punto, nella canzone, parte il ponte cantato dalla voce cristallina di Levante che ridà luce, speranza e poesia: è quella della stessa coscienza che suggerisce in un sussurro di trovare il coraggio di volare, di intraprendere un nuovo percorso nella luce:
Più leggeri della cenere voliamo via se il vento soffia forte. Più preziosi di un diamante che diventa luce quando fuori è notte. Divento luce se là fuori è notte.

Risveglio, incontro, parole, comunione, cura, strada, scelta, speranza, sguardo, fede, vita…
Attraversare e uscire dalle difficoltà è possibile. Il desiderio di incontrare qualcuno con cui cercare la luce è il primo passo.
Il Vangelo di Marco (7,31-37) parla di un sordomuto che viene accompagnato da Gesù per essere guarito dalla sua malattia. Questo sordomuto ci rappresenta molto bene. Anche lui è ingarbugliato e bloccato nell’intimo della sua sofferenza. Non è capace di ascoltare, di parlare e dunque di mettersi in relazione con gli altri. Ha bisogno di qualcuno che lo accompagni a incontrare Gesù. Quando, sinceramente, vogliamo dare una svolta alla nostra vita, abbiamo assolutamente bisogno di qualcuno che stia con noi, anzitutto in accoglienza sincera; qualcuno che ci aiuti a guardarci con franchezza, che ci sproni a dare un nome a ciò che realmente siamo al di là dei ruoli, delle maschere, dei fallimenti, degli investimenti sbagliati e delle difese.
Qualcuno che creda in noi, nonostante la nostra sordità e il nostro mutismo, nonostante l’assenza di ascolto e di parola. E ci conduca a Gesù, lui che è l’orizzonte aperto per ogni vita.
«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo, sempre nasce e rinasce la gioia» (Evangelii gaudium, n. 1).
Bisogna imparare a non chiudere mai le porte alla rinascita, alla riconciliazione e al perdono; bisogna saper andare oltre il male e le divergenze, aprendo ogni possibile via di speranza. Come Dio crede in noi, infinitamente al di là dei nostri meriti, così anche noi siamo chiamati a infondere speranza e a dare opportunità a noi stessi e agli altri.

Mi hai fatto senza fine
Mi hai fatto senza fine
questa è la tua volontà.
Questo fragile vaso
continuamente tu vuoti
continuamente lo riempi
di vita sempre nuova.
Questo piccolo flauto di canna
hai portato per valli e colline
attraverso esso hai soffiato
melodie eternamente nuove.
Quando mi sfiorano le tue mani immortali
questo piccolo cuore si perde
in una gioia senza confini
e canta melodie ineffabili.
Su queste piccole mani
scendono i tuoi doni infiniti.
Passano le età, e tu continui a versare,
e ancora c’è spazio da riempire.
(Rabindranth Tagore)