N.03
Maggio/ Giugno 2018

Fabrizio Moro, Ermal Meta

La coppia Fabrizio Moro – Ermal Meta è stata sicuramente una delle novità più interessanti di Sanremo 2018. I due cantanti, partiti come i favoriti per la vittoria finale, non hanno tradito le attese.

ttps://www.youtube.com/watch?v=zguJGdoPPnw

E’ lo stesso Fabrizio Moro a voler raccontare la genesi del testo e a darne una linea interpretativa: “Non mi avete fatto niente è la nostra visione di un momento storico molto particolare, è il nostro punto di vista sul terrore e la paura che tante persone e tanti ragazzi avvertono. L’idea di scrivere questa canzone mi è venuta poco prima di un mio concerto; infatti, qualche giorno prima c’era stato l’attentato a Manchester, durante il concerto di Ariana Grande, e ho ricevuto tantissimi messaggi e mail di ragazzi che erano molto preoccupati che potesse succedere la stessa cosa. I messaggi sono arrivati anche a Ermal Meta. A quel punto, ci siamo incontrati, abbiamo parlato della cosa e abbiamo deciso di scrivere insieme questa canzone contro la paura.

 

Il nostro messaggio è che tutto passa, non dobbiamo lasciarci imbrigliare dalle stringhe della paura, ma dobbiamo affrontarla, guardandola negli occhi”.

Nel testo ci sono numerosi riferimenti a drammatici episodi di cronaca che, nel corso degli ultimi anni, hanno sconvolto tutti e occupato le prime pagine dei giornali. La solarità della vita e la sua bellezza vengono descritte nel momento in cui qualcuno sceglie di spazzarle via e di spezzare i sorrisi, trasformandoli in lacrime di dolore “A Il Cairo non lo sanno che ore sono adesso, Il sole sulla Rambla oggi non è lo stesso, In Francia c’è un concerto, la gente si diverte, Qualcuno canta forte, Qualcuno grida a morte”.

Si dice della strage di Barcellona e della sparatoria al Bataclan: parole forti, immagini dure, che non fanno sconti: “A Nizza il mare è rosso di fuochi e di vergogna, Di gente sull’asfalto e sangue nella fogna”. La violenza che segna la nostra storia diventa una realtà con la quale è impossibile non fare i conti, ma che non deve impedire di vivere.

Nonostante tutto: “Non mi avete tolto niente, Questa è la mia vita che va avanti, Oltre tutto, oltre la gente, Non mi avete fatto niente”. L’urgenza di (soprav)vivere ha la priorità! “Non mi avete fatto niente, non mi avete tolto niente, perché tutto va oltre le vostre inutili guerre”: è l’urlo del mondo ferito che vuole alzare il capo, guardare avanti, vestirsi di futuro e di rispetto reciproco, spogliarsi dell’odio per ricominciare a splendere.

 

Testo

A Il Cairo non sanno che ora è adesso
Il sole della Rambla oggi non è lo stesso
In Francia c’è un concerto
la gente si diverte
Qualcuno canta forte
Qualcuno grida a morte
A Londra piove sempre

ma oggi non fa male
il cielo non fa sconti neanche a un funerale
A Nizza il mare è rosso

di fuochi e di vergogna
di gente sull’asfalto e sangue nelle fogna
E questo corpo enorme

che noi chiamiamo Terra
ferito nei suoi organi

dall’Asia all’Inghilterra
galassie di persone disperse nello spazio
ma quello più importante

è lo spazio di un abbraccio
di madri senza figli, di figli senza padri
di volti illuminati come muri senza quadri
minuti di silenzio spezzati da una voce

Non mi avete fatto niente
Non mi avete fatto niente
Non mi avete tolto niente
Questa è la mia vita che va avanti
oltre tutto, oltre la gente

Non mi avete fatto niente
Non mi avete tolto niente
Perché tutto va oltre

Le vostre inutili guerre

C’è chi si fa la croce
e chi prega sui tappeti
le chiese e le moschee
L’immagine è tutti i preti
ingressi separati della stessa casa
miliardi di persone che sperano in qualcosa
Braccia senza mani
facce senza nomi
scambiamoci la pelle
in fondo siamo umani
perché la nostra vita

non è un punto di vista
e non esiste bomba pacifista

Non mi avete fatto niente
Non mi avete tolto niente
Questa è la mia vita che va avanti
Oltre tutto, oltre la gente
Non mi avete fatto niente
Non avete avuto niente
Perché tutto va oltre le vostre inutili guerre
Le vostre inutili guerre
Cadranno i grattacieli
e le metropolitane
i muri di contrasto alzati per il pane
ma contro ogni terrore

che ostacola il cammino
il mondo si rialza
Col sorriso di un bambino
Col sorriso di un bambino
Col sorriso di un bambino

Non mi avete fatto niente
Non avete avuto niente
Perché tutto va oltre

le vostre inutili guerre
Non mi avete fatto niente
Le vostre inutili guerre
Non mi avete tolto niente
Le vostre inutili guerre
Non mi avete fatto niente
Le vostre inutili guerre
Non avete avuto niente
Le vostre inutili guerre

 

Sono consapevole che tutto più non torna
La felicità volava
Come vola via una bolla

Il videoclip

Le immagini del videoclip sono un mix di orrore e speranza e hanno la regia di Michele Placido & Arnaldo Catinari.

Il volto ricoperto di fango e di lacrime di una bambina in preda ad un attacco di pianto e i missili stagliati su intere distese di coltivazioni ritornano nel video; la narrazione è completata con altre immagini di morte e di disperazione.

La forza evocativa di Non mi avete fatto niente trova il massimo della potenza espressiva in intervalli fatti da frame che ritraggono il sorriso di un bambino, una candela che riaccende la speranza, una manina spiegata e rivolta verso il prossimo. Placido alterna istanti di forte drammaticità, come quelli in cui si vedono violente esplosioni o le indimenticabili fiaccolate per ricordare le vittime delle stragi (sono quelle dei tragici avvenimenti di Manchester e Barcellona nel 2017), a tagli in cui addirittura viene mostrata un’ecografia che è simbolo di vita e di immediata reazione al terrore.

A commentare ritratti di dolore e di sgomento, troppe volte visti nei servizi al telegiornale o denunciati dalle cronache cartacee, è il testo della stessa canzone che figura sotto forma di sottotitoli riportati in svariate lingue. Una scelta del regista che vuole evidentemente puntare l’accento sull’universalità del messaggio dato dai due artisti.

La lettera di Antoine

La canzone a Sanremo è stata introdotta da Simone Cristicchi, artista chiamato al featuring occasionale.

Ha letto il messaggio indirizzato ai terroristi da Antoine Leiris, marito di una delle vittime della strage del Bataclan, il locale di Parigi in cui il 13 novembre 2015 persero la vita 90 persone a seguito di un attacco terroristico:

Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionalel’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio.

Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio, per il quale ciecamente uccidete, ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore.

Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa”.  

L’ho vista stamattina – prosegue la lettera -. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata.

So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo.

Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e, per tutta la sua vita, questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio”.

La paralisi della paura

 Cosa fare di fronte a tanto male che dilaga e imperversa? Non è troppo forte? Non è vano ogni sforzo di contrastarlo e eliminarlo? Le domande sono cariche di dolore e sono insistenti; si fanno drammaticamente dure specie là dove i conflitti sembrano senza via d’uscita, dove non si vogliono intraprendere percorsi di riconciliazione, dove ci si affida alle armi e non al dialogo, lasciando interi popoli immersi nella notte della violenza, senza la speranza di un’alba di pace.

La violenza agghiacciante, l’orrida malvagità, la morte terrificante paiono così più grandi di noi che si rischia di rimanere attoniti, di farsi paralizzare dalla rassegnazione. Non si individua una via d’uscita, non si immaginano passi possibili, non si crede nel cambiamento.

Ma non siamo solo esposti allo sgomento della nostra vulnerabilità impossibile da proteggere, al fatto semplice e brutale che niente può garantirci una sicurezza adeguata se il “nemico” ci colpisce in questo modo, moltiplicando infinitamente i nostri punti sensibili. Siamo anche investiti di una responsabilità enorme: cosa fare, cosa dire di fronte all’angoscia dei nostri figli, dei nostri bambini e giovani che in questo presente si protendono al futuro?

Mentre guardiamo impotenti la devastazione e lo scempio compiuti sulle vite innocenti, possiamo non farci domande di responsabilità? Come agire per sostenere il desiderio di vita e di una vita bella, aperta, costruttiva nel bene e nel buono?

L’obiettivo del narcisismo folle del terrorista è quello di generare angoscia. Colpire l’innocente è colpire tutti. Dopo ogni attentato, muore un pezzo di mondo. Dopo ogni attentato l’orizzonte del mondo si restringe, la libertà si riduce, si contrae, non è più una libertà libera, ma prigioniera.

È questo il messaggio di morte che il terrorismo ogni volta rinnova, soprattutto quando stronca la vita nel pieno della sua giovinezza.

La nostra prima responsabilità, dice Massimo Recalcati, psicanalista e saggista, è fare in modo che questo lutto possa diventare davvero collettivo. Ma cosa significa? Condividere il lutto, renderlo collettivo, significa condividere un dolore sordo che vorrebbe separarci e allontanarci da tutto, significa sentire il dolore generato dal male e continuare a scegliere l’apertura del mondo senza concedersi alla tentazione della chiusura che nasce dalla paura paralizzante, senza consegnarsi all’indifferenza che la paura stessa genera come forma di difesa.

È il terrorismo che vuole il muro, la guerra, lo scontro, il conflitto senza tregua. È il terrorismo che vuole che ciascuno si chiuda nel suo mondo e chiuda il mondo stesso. Condividere il lutto significa allora preservare il mondo come un luogo aperto dove nessuno deve avere paura.

Bisogna aprire la porta di casa e costruire strade di pace, dice Papa Francesco, bisogna essere persone capaci di immaginazione! Gli uomini che hanno immaginato la vita, hanno sempre regalato al mondo scoperte, non solo scientifiche e tecnologiche. Hanno solcato gli oceani, hanno calcato terre che nessuno aveva calpestato mai. Quando si coltiva la speranza, si investe in creatività e si spinge la mente a immaginare che quel che c’è ora può cambiare in meglio, allora si vincono le schiavitù e le guerre, si stroncano violenze e si demoliscono barriere.

La forza della vita

Essere promotori responsabili della pace richiede la forza della preghiera, l’impegno concreto, umile e costruttivo, la buona volontà nella ricerca e l’instancabile scelta del bene vissuta nella quotidianità.

Il primo passo è saper ascoltare il dolore dell’altro, farlo proprio, senza lasciarlo cadere e senza abituarvisi: mai al male bisogna abituarsi, mai ad esso bisogna essere indifferenti.

Diceva Martin Luther King che ciò che più ci deve spaventare non è la violenza dei cattivi, è l’indifferenza dei buoni. Quello che non possiamo e non dobbiamo fare è restare indifferenti, così che le tragedie dell’odio cadano nell’oblio e ci si rassegni all’idea che l’essere umano sia eliminato, offeso, scartato e che gli vengano anteposti il potere e il guadagno.

Papa Francesco ci dona un vademecum per educarci alla speranza: è la strada per fare bella la nostra vita rivestendola con gli abiti nuziali del bene, è il passo per cambiare il corso della storia, per rialzare il mondo, per riaccendere il sorriso dei bambini. E’ ciò che ci motiva a dire, là dove andiamo, sempre, come vuole Gesù: Pace a questa casa.

  • Non arrenderti alla notte: ricorda che il primo nemico da sottomettere non è fuori di te: è dentro. Pertanto, non concedere spazio ai pensieri amari, oscuri. Questo mondo è il primo miracolo che Dio ha fatto, e Dio ha messo nelle nostre mani la grazia di nuovi prodigi.
  • Non pensare mai che la lotta che conduci quaggiù sia del tutto inutile. Alla fine dell’esistenza non ci aspetta il naufragio: in noi palpita un seme di assoluto.
  • Ovunque tu sia, costruisci! Se sei a terra, alzati! Non rimanere mai caduto, alzati, lasciati aiutare per essere in piedi.
  • Opera la pace in mezzo agli uomini, e non ascoltare la voce di chi sparge odio e divisioni. Nei contrasti, pazienta: un giorno scoprirai che ognuno è depositario di un frammento di verità.
  • Ama le persone. Amale ad una ad una. Rispetta il cammino di tutti, lineare o travagliato che sia, perché ognuno ha la sua storia da raccontare.
  • Gesù ci ha consegnato una luce che brilla nelle tenebre: difendila, proteggila. Quell’unico lume è la ricchezza più grande affidata alla tua vita.
  • E soprattutto, sogna! Non avere paura di sognare. Sogna! Sogna un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà. La speranza ci porta a credere all’esistenza di una creazione che si estende fino al suo compimento definitivo, quando Dio sarà tutto in tutti.
  • Sii responsabile di questo mondo e della vita di ogni uomo. Pensa che ogni ingiustizia contro un povero è una ferita aperta, e sminuisce la tua stessa dignità.
  • Abbi sempre il coraggio della verità, però ricordati: non sei superiore a nessuno.
  • E coltiva ideali. Vivi per qualcosa che supera l’uomo. E se un giorno questi ideali ti dovessero chiedere un conto salato da pagare, non smettere mai di portarli nel tuo cuore. La fedeltà ottiene tutto.
  • Se sbagli, rialzati: nulla è più umano che commettere errori. E quegli stessi errori non devono diventare per te una prigione. Non essere ingabbiato nei tuoi errori.
  • Se ti colpisce l’amarezza, credi fermamente in tutte le persone che ancora operano per il bene: nella loro umiltà c’è il seme di un mondo nuovo. Impara dalla meraviglia, coltiva lo stupore.
  • Vivi, ama, sogna, credi. E, con la grazia Dio, non disperare mai.

Udienza generale – 20 settembre 2017