N.03
Maggio/ Giugno 2018

Il coraggio di schierarsi dalla parte di Dio e della nostra gente

“Oggi scelgo questo, domani vedremo”. Il documento preparatorio per il Sinodo dei giovani (2017) sottolineava il problema della mentalità odierna dei giovani  al momento di fare delle scelte, “tanto nell’ aspetto affettivo come nel mondo del lavoro l’orizzonte dei giovani  è composto di opzioni sempre reversibili piuttosto che da  scelte definitive”.(1)

Un anno dopo, il Documento finale della riunione pre-sinodale, ascoltando le inquietudini di molti giovani,  viene  ripreso il problema, ma  con una sottolineatura diversa. I giovani che hanno partecipato affermano che “in  molti posti esiste un grande divario tra i loro desideri e la capacità di prendere decisioni a lungo termine” (DPS I 3).

Secondo noi, i giovani non sottolineano una carenza  di  “coraggio personale  per  la scelta, ma la breccia tra i loro desideri e la capacità di portarli a termine.

Questa distanza la si può vedere espressa nei loro sogni. La gran maggioranza, risalta  il Documento, “sognano con sicurezza, stabilità, pienezza (DPS I 3). Sicurezza basica, fisica, davanti alle minacce delle guerre e  delle violenze di ogni genere. La sicurezza di un lavoro stabile, che non trovano in un mondo dove loro son esclusi. La  pienezza di sentirsi  appartenenti a una famiglia, a una comunità… come persone  che si sentono  ascoltate e possono partecipare.  Vale a dire: quando parliamo  del coraggio di fare scelte “per tutta la vita” molti giovani fanno riferimento al loro orizzonte esistenziale  non vedono  quello che cataloghiamo “tutta la vita”. Da qui  che l’impostazione di “scelte reversibili”o” scelte definitive”, dobbiamo pensare al  problema  provvisorio del mondo in cui viviamo.

 La crisi  dei valori

Ricordiamo che le cose “buone e valorse”è ciò che dinamizza (ci smuove, ci spinge) non secondo  una sua idea ma la realtà concreta.  La proiezione dei desideri o la pubblicità senza  fondamenti , è molto attraente ma prima o poi portano delusioni. Da  qui che parlando di crisi di valori ci centriamo nella mancanza di concretezza come causa della scarsità di stimoli per le scelte. Evidenziamo, senza analizzare dettagliatamente, un quadruplo fenomeno da prendere in considerazione quando  si parla di valori. In primo luogo, il fenomeno  della mancanza di stima dei valori, che si presentano in astratto, senza memoria storica di come  si gestirono e alimentarono i sogni e la trasmissione di questi alle successive generazioni  che formano la società attuale. In secondo luogo, il fenomeno  della svalutazione di molti valori tradizionali che si conservano ma solo come apparenza, come abitudini vuote di senso e di vita.

Terzo luogo, il fenomeno della mancanza di gerarchia di valori, che si presentano isolati ma con la pretensione di essere considerati di grande rispetto senza distinzione. In quarto luogo il fenomeno della sostituzione dei valori, che consistono  nel sostituire – con la stessa o maggiore passione – valori  “più grandi per altri minori”.

Nietzsche sintetizzava questo costatando che “i più alti valori  vengono svalutati”. Il mondo ideale non  può conformare già il mondo reale, allora l’obbligo dei più alti valori si convertono in una problematica. Ma, ed è qui il paradosso, il  vuoto che occupano quei valori non resta deserto ma viene occupato da altri di minor intensità

Di fronte a questa realtà  risuona la domanda di Papa Francesco: “Come possiamo svegliare la grandezza  ed il coraggio di scelte  di grandi proporzioni,  di slanci del cuore per affrontare sfide educative  ed affettive?”. Il Papa aggiunge: “ Ve l’ho detto tante volte: rischia! Rischia!. Chi non rischia non cammina. “E se sbaglio?”.. Benedetto sia il Signore! Più sbaglierai se resti fermo”. Il coraggio di rischiare di scegliere, come ci esorta il Papa, non è un coraggio cieco di  chi si butta nel vuoto, ma il coraggio che è  dono dello Spirito Santo  con tratti precisi. Ne  vediamo  alcuni .

L’orizzonte, la concretezza, il desiderio

Parlando della vocazione di tutti  e ciascun essere umano, è una vocazione alla gioia e all’amore .  Il Papa fa riferimento a tre dimensioni della vita che oggi  di solito sono sconnesse: l’orizzonte, la  concretezza e il desiderio. Ogni qualvolta facciamo delle scelte, la nostra mente ci comanda (11  tre cose: focalizza il bene  che hai tra le mani; eleva lo sguardo verso l’orizzonte; misura la necessità ed il desiderio. Attualmente, l’orizzonte spesso è aperto solo sino ad un certo punto. Vi sono orizzonti  che  si aprono infinitamente, ma quello si chiama “cattiva infinitudine”, l’infinito quantitativo  del   nuovo aggiornamento del programma che usano i nostri cellulari  intelligenti. La vocazione si presentava anche  in  un orizzonte di cattiva infinitudine di èlite, soltanto  per pochi santi perfetti. La proposta dell’amore – la gioia nelle opere per amore o di amore – come chiamata universale, il Papa   propone un orizzonte più ampio, trascendente, comune   a tutti gli uomini e donne di tutte le condizioni con le possibilità  nelle circostanze concrete del   momento,i desideri ed esigenze più profonde esistenti in ogni cuore. La connessione tra queste dimensioni stimola il coraggio,  invita a sperimentare la gioia di scegliere ,l’amore grande che possediamo solamente come speranza , un  gesto d’amore piccolo, da  senso in questo momento   tutto ciò che facciamo e viviamo. La chiamata universale alla gioia  che tutti  possono sperimentare e praticare, la santità  la si può vivere in tutte le vocazioni e momenti dell’esistenza umana.”

Un  senso diverso del tempo

Come influisce concretamente la chiamata ad una santità che il Papa definisce con la parola allegria? Influisce nel fatto che la allegria dell’amore imprime un senso del tempo differente. Ciò  che porta l’uomo a trovare un tesoro nascosto nel campo ed il commerciante di perle preziose, , va vende tutto i suoi averi compra il campo e la perla  per “ la gioia che  esperimenta” (cfr. Mt.13,44-46). La scoperta dell’Amore di Cristo e della misericordia del Padre come perle preziose e tesoro, infondono  il coraggio necessario di rischiare tutto ,  allo stesso tempo  pervade  la pazienza e la fortezza per la perseveranza in questa scelta di vita. Affrontando il dilemma  teorico che si pone l’uomo d’oggi quando deve “firmare” un matrimonio  o i voti “per tutta la vita”, il Papa anima e incoraggia da un punto più esistenziale: “Lascia tutto nelle mani di Dio,   fai una scelta per lui, scegli Dio una volta e ancora un’altra. Non lasciarti prendere dallo sconforto, perché  hai la forza dello Spirito  Santo” (GE 14-15). La Misericordia infinita di un Dio che mai si stanca di perdonare –   ciò  di cui parla sempre il Papa- ci fornisce un  quadro di sicurezza non per adattarci, ma per poter rischiare, scegliere Dio una volta e ancora un’altra. La maggior Misericordia stimola maggior coraggio, sicuri che, se la misericordia del Padre perdona tutti i peccati, quanto più perdonerà una scelta fatta per amor suo, anche se dopo  si verificano cadute, difetti o imperfezioni!

Le persone  come  valori più alti

Come ben sottolinea il Papa: “Il miglior modo di discernere se il  nostro cammino di preghiera ( e azioni, possiamo aggiungere ) è autentico , sarà riflettere, osservare, domandarsi   se  la nostra vita si va trasformando alla luce della misericordia (EG 105). Le scelte vere – non  sono parole – puntano  la misericordia e questa la si ha e si mette in  pratica con le  persone e non con le cose. Dunque  si tratta di scegliere le persone, in primo luogo, non prodotti o strategie e tattiche pur  servendo per l’ apostolato.  Se si vuole  prendere in esame il tema del coraggio e della scelta, si deve prendere in considerazione i valori che motivano il coraggio. Più precisamente si deve considerare  il peso esistenziale dei valori, l’incidenza reale – fisica, oserei dire- capace di “ coinvolgere il cuore”, di compromettersi con tutto l’amore e la speranza. E questo peso esistenziale   lo possiedono soltanto le persone. Una sola persona messa su un piattino , sia della Bilancia reale del Cuore di Dio o in una bilancia ideale dove nell’ altro piattino  si potesse mettere l’universo intero, la persona  pesa più di tutte le cose create e ugualmente più di  tutte le  persone messe insieme. Questo è l’ultimo argomento per definire  che la vocazione universale e l’autentica  chiamata  ad  ogni uomo   in tutti i momenti e circostanze della sua  vita,  è scoprire   l’allegria dell’amore. “Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore ed offrendo la testimonianza nelle occupazioni quotidiane, là dove ciascuno si trova. Sei consacrata o consacrato? Sii santo vivendo gioiosamente  la tua donazione (al tuo popolo). Sei sposato? Sii santo amando e occupandoti di tuo marito o di tua sposa, come Cristo l’ha fatto con la sua Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo  con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei padre, nonna, nonno? Sii santo insegnando con pazienza i bambini la via di Gesù. Occupi un posto di potere? Sii santo lottando per il bene comune e rinunciando ai tuoi  interessi personali. (GE 14).

L’immagine centrale di Pietro

Se c’è una figura  evangelica   che  esprima  profondamente  il coraggio della scelta, è  Pietro  buttandosi  nell’acqua  come risposta alle  parole di Gesù: “Coraggio, Sono Io, non abbiate paura”, disse il Signore. Rispose Pietro: “Signore, se sei tu, comanda  di  venire verso te sulle acque “  (Mt 14,27-29).

Il Signore dà forza e coraggio nel dire “sono Io” rendendo un fatto reale tendendo la mano a Pietro quando questo  chiede aiuto nel trovarsi solo , perché affonda. Trovandosi con i discepoli e le discepole dopo la Risurrezione, il Signore susciterà il coraggio mostrandogli  le piaghe, mangiando con loro donando  lo Spirito.  Il contatto  reale con Gesù dissipa il pensiero che sia un fantasma e acquistano forza e audacia.

Dunque , ora entriamo  nel cuore del problema di quella breccia  come dicevano i giovani che divide i nostri desideri  per  realizzarli -: il mondo liquido- come  discerne  Z. BAUMAN, su le cui acque camminiamo,  siamo tentati  vedere dei fantasmi e questo ci  demoralizza. Nel mare mosso si produce lo scontro di paradigmi mentali e  di valori, il coraggio l’hanno solo le  persone. Da qui il titolo del nostro articolo. Il coraggio de scegliere il  nostro Dio e nostra gente. Non solo  “il coraggio di scegliere” in astratto, ma il coraggio di eleggere insieme le persone con le quali ci troviamo bene e la valentia necessaria di essergli fedeli. E con le persone, la missione, la croce, il tesoro e tutto ciò che troviamo ogni giorno ci obbliga, si o si a optare, a scegliere.

Scegliere con coraggio il  nostro Dio

In relazione a Dio, se parliamo di” scegliere” dobbiamo dire che Lui ci  ha scelto  prima (12)  e non per “qual’ cosa “ se non per “SE”, in concreto “ per Gesù “(13). Il coraggio di scegliere  chi ci ama si concretizza in uscita, verso  due trascendenti personali: Dio nell ’adorazione e il prossimo nel servizio. In una recente intervista  alla sciatrice italiana Sofia Goggia, vincitrice della medaglia d’oro  dei mondiali  di discesa libera,  gli domandavano cosa aveva fatto il mattino seguente alla  sua  vittoria in Corea. Ella rispose che era andata a “ rielaborare la sua vittoria”. Come?, gli chiese il giornalista. “Sono salita in cima  a una  montagna con le scarpe che avevo, senza scarponi- mi sono seduta su un sasso a scrivere e ringraziare. Si, perché ero veramente grata”.” Ringraziare chi?”. Sono cristiana, credente, non tanto praticante… rispose Sofia ma penso che ci sia qualcuno da ringraziare per quello che faccio. Che sia una divinità o Gesù Cristo, questo non lo so: ma qualcuno c’è” Fa bene immaginarla sulla cima di una montagna nevicata, lasciando le sue scarpe da sci, con il suo quaderno spirituale. Come un nuovo Mosè davanti al roveto ardente di quel “qualcuno che c’è.” La Goggia ci fa vedere che il coraggio  di ringraziare viene prima del problema dell’immagine che abbiamo di Dio. Seguire l’istinto creaturale di adorazione e lode , senza nessun ostacolo , questo è il coraggio di scegliere il nostro Dio, spinta  che si trasforma in un invito a pregare  al Dio che ci si vuole rivelare. Questo è un esempio di coraggio di fronte alla chiamata universale di Dio che risuona nel cuore delle donne e degli uomini. Un altro esempio possiamo trovarlo in Sant’ Ignazio. Forse non tutti sanno  che per sant’ Ignazio, l’altare della Messa giornaliera se trasformava nel tavolo del suo lavoro. Su quel altare-tavolo presentava ed offriva al Signore gli argomenti  che doveva trattare e discernere  o confermare con la sua grazia. Per questo, teneva conto di com’ era il suo stato d’animo e il tema che desiderava porre  davanti al Signore; la prima cosa sceglieva con semplicità  era a CHI andava a celebrare la Messa – se a Gesù, al Padre, allo S. Santo, a Nostra Signora o qualche santo intercessore-  secondo   il suo stato d’animo più propizio in quel giorno. Dunque, nella preghiera dobbiamo avere la “parresia” – nel senso di libertà  per trattare apertamente con ciascuna Persona della Santissima Trinità , con un trattamento particolare secondo come ci si fa conoscere. Dobbiamo scegliere a Chi preghiamo e come preghiamo. Nella preghiera  bisogna avere il coraggio di nominare Dio con espressioni come “Padre nostro”, “Gesù mio”; ciò che lo Spirito ci suggerisce e ci da la capacità di esprimere.

Scegliere coraggiosamente la nostra gente

Così com’è urgente  ogni giorno  cercare e scoprire la nostra forma di pregare, è ugualmente urgente discernere quali sono le persone che chiamiamo “nostra gente”. Oggi si richiede  coraggio di  scegliere il nostro interlocutore.  L’elevata astensione politica è sintomo di crisi di credibilità che colpisce a tutte le persone  che sono coinvolte. Vale il criterio usato da s. Paolo con i suoi figli di Corinto, divisi in partiti: “Io sono di Paolo”, Io d’Apollo,” “,Io di Cefa”, Io di Cristo” (1 Cor 1,12), mettevano in questione la sua autorità. Paolo  scrive non per  metterli in imbarazzo , ma per richiamarli  come figli molto cari e gli dice: “potresti avere infatti  anche diecimila  maestri nella fede , ma non molti padri. Ebbene ,io sono diventato vostro padre nella fede in Cristo Gesù. (1 Cor. 4,14-15).

Parla come un padre e  manda  suo “figlio molto amato e fedele nel Signore, Timoteo. Il  termine maestro significa guida, tutor.  Potremmo dire  è fondamentale discernere tra coloro che sono nostri genitori in Cristo e quelle che semplicemente danno un giudizio; non è importante se hanno lauree , o sono  dottori in teologia o semplici commentatori,  è essenziale discernere tra persone che testimoniano  Cristo con la propria vita; coloro che sono una “missione” e quelli che separano la vita esistenziale della propria missione. Il discernimento  e la scelta dei nostri riferimenti (guide spirituali) illuminano  e integrano  col discernimento   la scelta delle persone per le quali noi siamo punto di riferimento avendo la missione di essere testimoni. IL Papa, parlando ai sacerdoti di Roma poco tempo fa, diceva che si doveva avere chiarezza  ,nella confessione la Misericordia di Dio non ha limiti e che perdona tutto. Ma dopo dovevamo discernere i nostri limiti e tendenze disordinate dei nostri peccati già perdonati, tenendo presente che “siamo responsabili di una comunità”. La scelta implica  gerarchizzare le nostre relazioni. Vi sono persone  che dipendono da noi in maniera stabile – le persone di famiglia- persone  che hanno con noi una relazione di lavoro e missione- e  persone che troviamo durante la vita. In alcune relazioni il primato  è l’amore, in altre la giustizia in altre ancora, la misericordia.. non bisogna dare per scontato  che possa avvenire un disordine nelle gerarchie.

Il coraggio di affrontare il Maligno

Per ultimo, il fatto di “scegliere la nostra gente” deve essere chiaro che il Signore ci invita  a coinvolgere tutti, anche i nostri nemici. Cristianamente, il coraggio di scegliere persone , l’unica  esclusa  assolutamente è la persona del Maligno. Alla fine di Gaudete et exsultate, Papa Francesco dice : “ La vita cristiana è un combattimento permanente. Si richiede forza e coraggio per resistere le tentazioni del diavolo per  annunciare il Vangelo. Questa lotta è molto bella, perché ci permette celebrare ogni qualvolta il Signore vince nella nostra vita”(GE 158). Se a qualcuno  colpisce questa “personalizzazione” del nemico di natura umana” il diavolo, il demonio, satana, spirito maligno ricordiamo che è la richiesta finale del Padre Nostro, cui conclude difendendo tutte le grazie anteriori e rivelando il nome del vero nemico: liberaci del maligno. Notiamo quando diciamo che il demonio è un essere personale , non lo facciamo per iniziare un cammino teorico, nel senso di indagare  e discutere riguardo la sua natura. Nominarlo permette di iniziare un cammino di discernimento pratico, verificando un “ modo di operare” – un genere di intervento e uno stile – opposto totalmente al metodo  di agire secondo Cristo, in maniera tale che questo diventa più chiaro e luminoso. Il coraggio di scegliere , avrà, per tanto due realtà da affrontare con coraggio: una, la realtà positiva  della missione da portare avanti nel tempo; l’altra,  il nemico  che ci perseguita e cerca di ostacolare la missione. La personalizzazione del nemico permette “sfidarlo” nella pratica, così come consigliano i padri  del deserto, aiuta a liberarci di due grandi tentazioni. Una è quella che teme  demonizzare il demonio e termina demonizzando persone o istituzioni umanitarie; l’altra è quella dell’autoreferenza, il Papa  toglie la maschera per dire  sono  nuove forme di gnosticismo e pelagianesimo – lottano  solo per migliorare le proprie idee o perfezionare la propria volontà  e termina  chiudendosi in se  stessi deviandosi   nel ricercare e fare le cose per maggiore  gloria di Dio. Il coraggio è scegliere la santità. Questa frase riassume ciò  che Papa Francesco ci dice in Gaudete et exsultate. Se la facciamo nostra saremo più giusti. Il mio coraggio è scegliere la santità, ciò che mi offre lo Spirito  me lo dona con nome, cognome e missione; se  la voglio accettare, coltivare,  combattere difendendola,  la santità che Dio benedice in me,  va in favore del bene comune del mio popolo e della Chiesa.