N.04
Luglio/Agosto 2019

La tv per tutti i desideri

Il bambino è piccolo, non più di tre anni, e chiaramente non ha nessuna intenzione di stare in mezzo a tanti adulti. Piange, le urla salgono, l’insofferenza dei presenti prende rapidamente il posto della solidarietà. Ma il rimedio è dietro l’angolo, basta allungare al pargolo uno smartphone con un video in esecuzione e tutto, come per incanto, si quieta. Per molti genitori, zii, fratelli maggiori, Youtube è un’ottima ed efficacissima sostituta non solo di una babysitter, ma dell’attenzione a sfinimento che i bimbi richiedono. Canzoncine, filastrocche, cartoni animati: a disposizione sempre, ovunque, in poco spazio. Secondo studi recenti del Centro studi per la salute del bambino di Trieste, in Italia un bambino su cinque prende contatto con smartphone e tablet già nel primo anno di vita, mentre fra i 3 e i 5 anni di età si arriva ad un 80% perfettamente in grado di usare il cellulare dei genitori. Da lì in poi è tutta discesa e da utente a Youtubers il passo è breve.

Se Karl Popper vivesse oggi reindirizzerebbe le analisi del suo libro più famoso verso quello che è diventato la nuova cattiva maestra on demand: la tv di tutti, fatta da tutti.

In fondo, come per tutti i social, iscriversi a YouTube e iniziare a pubblicare contenuti è molto semplice e senza nemmeno particolari controlli, così è facile trovare di tutto e per ciascuno: ogni giorno si visualizzano ben un miliardo di ore di video, la cui produzione – ad opera di singoli utenti come di grandi compagnie commerciali – è sterminata. Si narra di un convegno in una casa di religiose dove le suore pregavano ogni mattina davanti a uno schermo sintonizzato su di un canale di orazioni. Quindi, sul versante quantità, il banco salta, ma qual è la qualità dei contenuti caricati? Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, i canali più visti, ovvero quelli per bambini, sono in mano a società e persone di cui non si sa nulla. È lecito chiedersi quali siano i criteri in base a cui sono realizzati e a quale finalità corrispondano. Non solo: i video sono suggeriti sulla base di un algoritmo che registra le ricerche effettuate e i filmati già visti, ma i bambini imparano rapidamente a “scrollare” e arrivano ad arpionare con le loro ditine fameliche qualsiasi cosa si muova sullo schermo. E se omnia munda mundi, comunque non si sa mai.

Eppure, grazie a Youtube e al suo potenziale educativo è possibile accedere a un mondo illimitato di apprendimento e formazione, fruendo di lezioni su materie mai studiate prima. Per dire, la teoria dei giochi ancora non l’ho capita, ma con un paio di tutorial ho riparato e stuccato il soffitto del bagno. È il maestro Manzi 2.0: non è mai troppo tardi.

 

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