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Non potei più resistere

Un lungo tempo di travaglio interiore ha caratterizzato la vita di Thomas Merton, culminando poi nella scelta di diventare cattolico. Egli stesso narra questa esperienza nel libro La montagna dalle sette balze. Riportiamo qui un testo tratto dal medesimo libro, nel quale racconta il momento puntuale di questa scelta.

 

“Rientrai nella mia stanza. La pioggia cadeva lenta sui deserti campi di tennis di là della strada, e la cupola enorme della vecchia biblioteca stava rinchiusa nel suo tetro grigiore, sollevando un ciclopico sopracciglio in direzione di South Field: Presi il libro su Gerard Manley Hopkins. Il capitolo descriveva la vita di Hopkins al Balliol di Oxford. Stava pensando di farsi cattolico. Scriveva lettere al cardinale Newman (allora non ancora cardinale) esprimendogli la sua intenzione; D’un tratto qualcosa si agitò in me, qualcosa che mi spingeva, mi incitava. Era un moto che parlava come una voce: «Che aspetti?» diceva.

«Perché rimani qui a sedere? Perché esiti ancora? Non sai quel che devi fare? E perché non lo fai?». Mi agitai sulla seggiola. Accesi una sigaretta, guardai la pioggia che batteva sulla finestra, tentai di far tacere quella voce. «Non agire d’impulso», pensai. «é una follia. Non è razionale. Continua a leggere». Hopkins scriveva a Newman, a Birmingham, della sua indecisione.

«Che aspetti?» ripeteva la voce dentro di me. «Perché stai li a sedere? È inutile esitare ancora. Perché non ti alzi? Perché non vai?»

Mi alzai e passeggiai nervosamente per la stanza. «È assurdo», pensai. «E in ogni caso, a quest’ora Padre Ford non ci sarà. Non farei che perdere tempo». Hopkins aveva scritto a Newman, e Newman gli aveva risposto dicendogli di andare a trovarlo a Birmingham.

D’un tratto non potei più resistere. Deposi il libro, m’infilai l’impermeabile e scesi di corsa le scale. Uscii, attraversai la strada, m’incamminai lungo lo steccato grigio verso Broadway, sotto la pioggia leggera.
E allora tutto in me incominciò a cantare, a cantare con pace, a cantare con forza, con convinzione.

Dovevo percorrere nove isolati. Poi girai l’angolo della 121a Strada e mi trovai davanti alla chiesa di mattoni e al presbiterio. Mi fermai alla porta, suonai il campanello e attesi. Quando la cameriera aprì dissi:
«Per favore, posso vedere il Padre Ford?», «Ma il Padre è fuori.»

Pensai: bene, dopo tutto non ho perso tempo. Chiesi quando credeva sarebbe tornato. Sarei venuto più tardi, pensai. La cameriera chiuse la porta. Tornai sulla strada. E allora vidi Padre Ford superare l’angolo di Broadway.

Si avvicinava con la testa china, camminando rapido e assorto.
Gli andai incontro e gli dissi: «Padre, posso parlarvi di una cosa?» «Si», mi rispose, fissandomi sorpreso. «Sì, certo, venite a casa. mia». Sedemmo nel piccolo salotto accanto all’ingresso.
Gli dissi: «Padre, voglio farmi cattolico».”

 

(Thomas Merton, La montagna dalle sette balze, Milano 1957, 258-259)