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La preghiera di Gesù

Come rispondere all’invito paolino di pregare incessantemente? In un lungo viaggio il pellegrino russo trova la sua risposta a questo quesito, nella decisione di custodire nel suo cuore la preghiera di Gesù.
Riportiamo qui un testo tratto dal libro Racconti di un pellegrino russo, testo ascetico, scritto fra il 1853 e il 1861 da un anonimo russo.

 

“La ventiquattresima domenica dopo la Trinità sono entrato in chiesa per pregare mentre si recitava l’Ufficio; si leggeva l’Epistola dell’Apostolo ai Tessalonicesi, in quel passo dove è detto: Pregate senza posa. Quella parola penetrò profondamente nel mio spirito, e mi chiesi come sarebbe stato possibile pregare senza posa dal momento che ognuno di noi deve occuparsi di tanti lavori per sostenere la propria vita. Ho cercato nella Bibbia e ho letto con i miei occhi proprio quel che avevo inteso: Bisogna pregare senza posa (1 Ts 5,16), pregare con lo spirito in ogni occasione (Ef 6,18), pregare in ogni luogo alzando mani pure (1Tm 2,8). Avevo un bel riflettere, non sapevo proprio cosa decidere. Che fare? pensavo. Dove trovare qualcuno che mi possa spiegare quelle parole? Andrò nelle chiese dove predicano uomini di gran fama, e forse là troverò quel che cerco. E mi misi in cammino. […]

Così conversando, eravamo arrivati senza accorgercene fino all’eremo. Per non separarmi da quel saggio vecchietto e soddisfare tutto il mio desiderio, mi affrettai a dirgli:

– Vi prego, venerando Padre, spiegatemi che cosa è la preghiera interiore perpetua e come la si può imparare; vedo che voi ne avete un’esperienza profonda e sicura.

Lo starets accolse la mia domanda con bontà e mi invitò a rimanere con lui:

– Vieni da me, ti darò un libro dei Padri che ti farà comprendere in modo chiaro che cosa sia la preghiera e te la farà imparare con l’aiuto di Dio.

Entrammo nella sua cella e lo starets mi rivolse queste parole:

– La preghiera di Gesù, interiore e costante, è l’invocazione continua e ininterrotta del nome di Gesù con le labbra, con il cuore e con l’intelligenza, nella certezza della sua presenza in ogni luogo, in ogni tempo, anche durante il sonno. Si esprime con queste parole: “Signore Gesù Cristo, abbiate pietà di me!”

Chi si abitua a questa invocazione ne riceve gran consolazione e prova il bisogno di dire sempre questa preghiera; dopo un po’ di tempo, non può più vivere senza ed essa scorre in lui da sola. […]

E ora eccomi pellegrino, recitando senza posa la preghiera di Gesù che mi è più cara e più dolce di ogni altra cosa al mondo. Talvolta percorro più di settanta verste in un giorno e non mi accorgo di camminare; sento soltanto che recito la preghiera. Quando un freddo violento mi colpisce, recito la preghiera con maggiore attenzione e ben presto mi sento caldo e confortato. Se la fame si fa troppo insistente, invoco più spesso il nome di Gesù Cristo e non mi ricordo più di aver avuto fame. Se mi sento male e la schiena o le gambe mi dolgono, mi concentro nella preghiera e non sento più dolore. Quando qualcuno mi insulta, non penso che alla preghiera benefica di Gesù; immediatamente collera o pena svaniscono e dimentico tutto. Il mio spirito è diventato semplice, veramente. Non mi do pena di nulla, nulla mi occupa, nulla di quanto è esteriore mi trattiene; vorrei essere sempre in solitudine; per abitudine, non ho che un bisogno solo: recitare senza posa la preghiera, e quando lo faccio divento allegro. Dio sa che cosa si compie in me.”

(Racconti di un pellegrino russo, Primo racconto)