N.01
Gennaio/Febbraio 2020

Don Giovanni Fornasini

Il Servo di Dio don Giovanni Fornasini nasce a Pianaccio, presso Lizzano in Belvedere (BO), il 23 febbraio 1915, in una famiglia semplice e di solidi valori. Entrato sedicenne in seminario, viene ordinato prete il 28 giugno 1942, e assegnato al paese di Sperticano, dove dapprima aiuta l’anziano arciprete Giovanni Roda, quindi diventa parroco. La sua vita, orante e operosa, è presto chiamata a confrontarsi con il dramma della Seconda Guerra Mondiale e le barbarie perpetrate in quelle zone, poi culminate nell’eccidio di Monte Sole (o “strage di Marzabotto”) all’inizio dell’autunno 1944. È egli stesso barbarmente ucciso il 13 ottobre, dopo essersi costantemente interposto a vantaggio dei condannati e della porzione più debole di popolazione. Per meglio conoscerlo: F. Franci, L’angelo in bicicletta: Don Giovanni Fornasini, Bologna 2018. Sul contesto: A. Baldassarri, Risalire a Monte Sole. Memorie e prospettive ecclesiali, Marzabotto (Bologna) 2019; L. Gherardi, Le querce di Monte Sole, EDB, Bologna 2014. 

 

 

Da un chicco, la spiga 

Nell’estate 1944, i paesi e i boschi dell’Appennino bolognese – da Sibano a Vergato, da Grizzana a Pioppe di Salvaro, da Sperticano a San Martino di Caprara – brulicano di anziani, donne e bambini: gli uomini sono per lo più arruolati, o prigionieri. Alcuni si uniscono alle bande partigiane: in quella zona, la “Stella Rossa” presidia le alture. In tempo di guerra, quasi un anno dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e con le truppe tedesche in piena ritirata, i territori posti lungo la direttirce toscano-emiliana-romagnola si vengono a trovare pericolosamente attraversati dagli avamposti difensivi della Linea Gotica e stretti – come sono – tra la pressione dell’avanzata Alleata e la resistenza delle truppe nazifasciste. 

In questi luoghi, dove la gente viveva – aggregata in nuclei familiari per lo più numerosi, povera, ma unita, alla fine di settembre piompa la furia delle SS naziste. La 16a Divisione Corrazata “Reichsführer SS”, tristemente nota per avere perpetrato il 12 agosto precedente il massacro di Sant’Anna di Stazzema, raggiunge la zona di Salvaro: al suo interno militano alcune SS Totekopf, le famigerate “testa di morto” che rappresentavano l’élite ideologizzata e fanatica del corpo. In un clima di terrore generalizzato – nel quale il 29 settembre si consumerà l’eccidio di Monte Sole – gli uomini scappano o si nascondono. I civili che restano pagheranno cara l’ingenuità di essersi ritenuti estranei alle leggi di guerra – in una terra dove ormai non c’era più legge –. Ed è allora che in quelle zone dal tessuto sociale ormai sfilacciato ed eterogeneo, dove accanto ai residenti muoiono persone sfollate dalla città in cerca di protezione, si fanno avanti alcuni preti. Sono pochi, molto giovani. E coraggiosi. Tra il 29 settembre e il 13 ottobre 1944 ne vengono uccisi cinque. Il più anziano ha appena 34 anni. Il primo a cadere, don Ubaldo Marchioni, viene trucidato ai piedi dell’altare, prima che la chiesa fosse incendiata e la pisside restasse accanto a lui – schiacciata dai crolli e crivellata di colpi –. 

L’ultimo a morire, il 13 ottobre appunto, è don Giovanni Fornasini: un pretino giovanissimo, alto come una pertica, magro magro, un po’ allampanato e con gli occhiali. Nulla che potesse intimorire, almeno in apparenza, soldati armati di mitra e lanciafiamme. Era nato a Pianaccio, presso Lizzano in Belvedere (BO), il 23 febbraio 1915. Una famiglia semplice, un fratello maggiore e tanta passione per la chiesa che all’inizio sembra tuttavia stentare nel tradursi in scelta vocazionale: Giovanni aveva infatti studiato al triennio di “avviamento commerciale”, come si diceva allora: restano oggi alcune sue foto con un bell’abito in borghese, la cravatta e un cappello di cui andava fiero. In questi anni, Giovanni è un ragazzo come tanti. Talvolta fatica un po’ a scuola. Si appassiona invece alla biciletta: qualcosa che per lui è molto più di un mezzo di trasporto. «Come godo», scrive, «quando, trovandoci in due o tre, si fanno delle sfide». C’è però, in lui, qualcosa di diverso: come la consapevolezza del valore profondo della vita, del monito a portare frutto. Passa tra i campi, i contadini lavorano e si tengono compagnia cantando. Giovanni nota: «I contadini cantavano allegramente e anch’io gioivo, perché pensavo che avevano faticato tanto prima di vederlo [il grano] maturo. Io pensavo: guarda l’abbondanza del Signore. Da un chicco una spiga». E così decide di farsi spiga anche lui, di lasciare che il chicco della propria vita cada nel terreno buono, venga compresso, girato, rigirato e muoia per dare frutto. 

Entra in Seminario a Bologna, compie tutte le tappe: diacono il 7 giugno 1941, è consacrato prete il 28 giugno 1942. Ha 27 anni: gliene mancano due prima di morire, ma ancora non lo sa. Sentenzia: «La santità è fatta non di verbi, ma di avverbi». In altri termini, ci sono cose da fare, ma c’è soprattutto un modo di farle. Sembra di risentire i requisiti delle virtù eroiche: la prontezza, l’assiduità, la gioia… Don Fornasini, che forse non li ha studiati, lo capisce però d’istinto: sempre!, subito!, volentieri!, con slancio! Lui che fisicamente non si imponeva per robustezza e nemmeno era bravissimo nel parlare, di difficoltà avrebbe potute averne tante, anche in tempo di pace. Oggi leggiamo: «Non era un prete molto colto; magro, lungo, pallido, con gli occhiali, non sembrava nemmeno un uomo forte». Stando a un criterio umano, pochi avrebbero scommesso su di lui. Ma don Giovanni aveva altre doti: «il coraggio e la grandezza erano nel suo cuore, temeva il peccato, ma non temeva la morte». San Domenico Savio avrebbe detto: “La morte, ma non i peccati”. Giovanni capisce che non c’è solo il male da evitare. C’è soprattutto il bene da compiere. Lo si trova quindi – destinato, in apparenza, a soccombere; indistruttibile, invece, stando ai fatti – quasi onnipresente nel suo Appennino devastato dal conflitto: Wehrmacht tedesca, repubblichini, partigiani. E tanta povera gente che ha paura. 

Don Giovanni imposta allora il proprio ministero – prima di coadiutore, poi di parroco – su due priorità, che gli sono ben chiare: primato della preghiera, personale e comunitaria; tenerezza paterna e materna nel soccorrere ogni disagio. Inforca la bici, la carica, visita la gente nei casolari, porta l’essenziale per vivere. Divora chilometri su e giù. «Era capace», troviamo scritto, «di partire da Sperticano con mezzo metro di neve… […] all’arrivo fumava come un vulcano… Lasciava la bicicletta a Torre Bianca… e poi su a piedi. Doveva cambiarsi tutto e asciugarsi vicino al fuoco». Con la sua bicicletta ottiene persino una conversione, quando un uomo – lontano dalla fede – se lo vede d’un tratto arrivare così stanco e sudato, dopo avere pedalato attraverso la neve, da capire che la Messa doveva esser davvero qualcosa di importante, se un ragazzo si affaticava a tal punto per poterla celebrare: «Rimase tanto colpito, nel vedere quel pretino giovane, su quella bicicletta, che sfidava le intemperie per arrivare a dire Messa, che lo seguì fino in chiesa e partecipò alla funzione. Da quel momento, la sua vita cambiò […]». 

Don Giovanni Fornasini si interpone anche tra le truppe e i prigionieri, facendone liberarne alcuni. Una volta riesce a evitare il peggio dopo 36 ore di «lavoro indefesso, corse affannose e sospiri impazienti»; libera una giovane mamma prima che venisse inviata in Germania; arriva a offrire la propria vita in cambio di quella di chi era condannato. Tra il 29 ottobre 1944 e la morte, continua ad accorrere anche per aiutare altri sacerdoti: ma non potrà salvare loro la vita. 

Non tutti lo capiscono, don Giovanni. Nemmeno l’allora Arcivescovo di Bologna, il Cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano, che l’aveva ordinato diacono e prete, ma che, lapidario, avrebbe commentato: «Ecco un prete che non diventerà mai santo, perché non ha ascoltato il suo Vescovo». “Ascoltare il suo Vescovo” avrebbe comportato per don Giovanni abbandonare la sua parrocchia, mettersi al sicuro. Ma può un pastore lasciare il suo gregge? 

La fedeltà, però, ha un prezzo. Ed è quello che egli paga all’inizio dell’autunno 1944. Le SS occupano la canonica della sua Sperticano; alla sera danno una festa ambigua nei locali della scuola. Don Giovanni, allora, si interpone per proteggere alcune giovani: la sua sorte – già in bilico per essersi troppe volte esposto come testimone dell’inappellabile dignità della vita contro i signori della morte – viene allora segnata per sempre. A casa, il mattino successivo lo ritrovano strano, pensieroso. È un Giovanni del tutto diverso. Il comandante tedesco gli ha dato appuntamento sulle alture; ufficialmente, per “seppellire i morti”. Ma qualcosa doveva essere successo, il vero motivo doveva essere un altro: e quel giovane prete lo presentiva. Don Fornasini saluta e si avvia: vien visto poco dopo, per l’ultima volta, camminare stringendo il Rosario in mano. Verrà barbaramente trucidato dietro un muro. Alla sera, quando non è ancora rientrato e le donne timidamente chiedono notizie alle SS, il comandante sentenzia: “Pastore, kaputt!”. Altri, con toni derisori, ridiranno quelle terribili parole più tardi, festeggiando. Le donne avevano servito la cena agli assassini di don Giovanni. La sua mamma, forte oltre ogni dolore, riesce a non reagire e si allontana. 

«Il sacerdozio» – scriveva don Giovanni – «non è via di mezzo. Esige santità e promette gioia, ma è avaro del suo dono ai pusillanimi e si converte in tortura per i profanatori». Lui, oggi Servo di Dio, davvero era invece andato fino in fondo: non aveva cercato imprese superiori alle proprie forze, ma era rimasto quando il suo sacerdozio glielo aveva richiesto. Per dovere. E per amore. 

 

 

«Le religione dell’io continua […] 

– tanti sono cattolici, si confessano cattolici, 

ma hanno dimenticato di essere cristiani e umani –, 

dimentica del vero culto a Dio, 

che passa sempre attraverso l’amore del prossimo». 

Papa Francesco, Omelia, 27 ottobre 2019 

 

 

«Anch’io, fratelli, quando venni da voi, 

non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio 

con l’eccellenza della parola o della sapienza.  

Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi 

se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso». 

1 Cor 2, 1-2 

 

«Un prete così non c’era mai stato». 

Adriana Frontini parla di don Giovanni.