N.01
Gennaio/Febbraio 2020

Padri e figli in cammino

Ispirato a una storia vera, "Tutto il mio folle amore" di Gabriele Salvatores è un simpatico e poetico duetto padre-figlio in cerca di una seconda possibilità.

Non c’è abilitazione o patente per il ruolo di padre: è un giocarsi con la vita per amore dell’altro. E non è mai troppo tardi per recuperare il terreno perso. Di questo tratta il film di Gabriele Salvatores “Tutto il mio folle amore”, commedia a tinte drammatiche con Claudio Santamaria, Valeria Golino, Diego Abatantuono e il debuttante Giulio Pranno. Presentato alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, il film è l’adattamento del romanzo di Fulvio Ervas. 

La storia. Willi (Santamaria) è un cantante spiantato che si esibisce in balere del Nord Italia ma anche nei vicini Balcani. È un uomo solo, senza legami. Un giorno sente il bisogno di ritrovare la fidanzata di un tempo, di incontrare quel figlio avuto sedici anni prima e tenuto sempre lontano. Presentandosi all’improvviso a casa della donna (Golino), scopre che il figlio Vincent (Pranno) è un ragazzo con una forma di autismo. Colpito dalla notizia, si mette subito in macchina alla volta della Croazia per un concerto; ma nella vettura si intrufola Vincent, scappato di casa per seguirlo. È l’inizio di un road movie improntato sulla conoscenza reciproca e sulla crescita personale. 

Gabriele Salvatores (classe 1960) è un regista che ha al suo attivo circa venti film, tra cui “Mediterraneo”, Premio l’Oscar miglior film straniero nel 1992. In “Tutto il mio folle amore” compone un racconto familiare problematico, ma dai toni controllati e garbati: tratteggia con cura il ritrovarsi di un padre con un figlio adolescente, un riprendere quel dialogo, mai abitato, con un passo ora più consapevole e segnato da una matura tenerezza. Nel film, Claudio Santamaria delinea un padre, Willi, deciso ma dolce, che conquista per brillantezza e autentica emozione. 

Nel racconto, occupa poi uno spazio importante anche il tema dell’autismo, affrontato, però, con prudenza e rispetto, tenendosi lontano da rischiosi pietismi; l’opera esplora la prospettiva sia dei genitori, dando voce ad ansia, apprensione e incombenze, sia del figlio, un sedicenne che desidera affacciarsi alla vita adulta come ogni coetaneo. 

In generale, la regia di Salvatores adotta uno stile agile e svolazzante, non per questo privo di profondità; anzi, l’opera offre materia consistente su cui riflettere in ambito familiare ed educativo, dando grande fiato a importanti valori come comprensione, tenerezza, perdono e reciproco sostegno. La Commissione nazionale valutazione film CEI ha riconosciuto il film dal punto di vista pastorale consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (www.cnvf.it).