N.04
Luglio/Agosto 2020

Gabrielle Bossis

Da elefanti a gazzelle

22 agosto 1936. Una distinta signora di 62 anni viaggia sul Transatlantico “Île de France”: direzione Canada. Vi si reca in qualità di sceneggiatrice e attrice, dopo che la scrittura su commissione di un’opera sul fascino e i rischi che le grandi città offrono ai giovani – Le Charme, considerata allora un piccolo capolavoro – le aveva dischiuso un impensato scenario di tournées. L’“Île de France” è una nave grande: la vita, a bordo, è vivace.

Eppure, più forte dei rumori, della musica e dei divertimenti, Gabrielle d’un tratto è assorta in altro: ha avvertito una misteriosa voce che, senza rumor di parole, le detta nell’intimo una rassicurante certezza: «Mia piccola Figlia». Tre parole che a quella donna cambiano la vita. Gabrielle Bossis ascolta, afferrata da un mistero più grande. La Voce si ripete: da quel giorno fin quasi alla morte, saranno 1831 i pensieri annotati su Diari che si fanno sempre più fitti. Donna pratica dalla mente vivacissima, d’istinto vorrebbe capire: «Lui», chiama la Voce. Poi, secondo quella sapiente progressività degli affetti che nemmeno il Cielo impedisce: Lui ed io, cioè noi, sarà la sintesi di quel suo ascoltare. E “Lui” – Gabrielle lo sa, pur senza dirlo – è Gesù. Qualche volta, anche, ne dubita: e un pochino lo mette alla prova. Ma la risposta non è mai quella di un’onnipotenza divina che schiaccia: è la voce di chi conosce, comprende e persino ironizza. Non fanno così, gli amici? E allora si sente rispondere: «Talvolta tu dubiti che sia Io a parlarti, tanto questa cosa ti sembra semplice, come se provenisse da te. Ma tu e Io non siamo uno?». E per Gabrielle, come per altri santi, la volontà di Dio diviene sfida della fede alla ricerca d’una possibile ragionevolezza.

Gabrielle Bossis era nata a Nantes, in Bretagna, nel 1874. Ultima di quattro fratelli, aveva ricevuto una ferrea educazione cattolica. Esperta in musica, pittura e scultura, canto e danza, quando un padre francescano le indicava la via del chiostro Gabrielle lottò per quattro anni, ma infine rifiutò. Abile in molti sport, sviluppa una personalità equilibrata e ricca, impossibile da rinchiudersi in uno schema: riceve numerose proposte di matrimonio, ma le rifiuta tutte; è una nobile che saprebbe vivere di rendita, ma si diplomerà infermiera; potrebbe sfuggire al Primo Conflitto Mondiale asserragliandosi in una sua tenuta, ma sceglie di curare i soldati; vuole essere libera, ma non al punto da dimenticare i vincoli familiari, sacrificandovi i suoi anni migliori anche in aiuto alla mamma ormai vedova.

Rimasta quindi sola, è però ancora una volta incontenibile in un ruolo, nella parte che gli altri vorrebbero assegnarle: sfugge costantemente agli schemi e, quando le si prospettava un sereno ultimo tratto di cammino terreno, lei che non stava in nessuna parte si scopre attrice: compone in 13 anni altrettante opere di teatro e 14 balletti. Le compone, le interpreta e le insegna, riservandosi ruoli di una certa importanza. Insegna – Gabrielle che un giorno con semplicità annota: «Questa Mattina, alla Messa, il padre X mi ha consacrata a Dio, ponendo la mia formula nella pala sotto l’Ostia» – anche a ballare: se il contenuto delle sue opere è sempre altamente morale e lei ne fa occasione di apostolato, sa però che i giovani li si forma preservando una qualche spontanea leggerezza, instillando virtù che non siano noiose. E allora risponde, con fine vena umoristica: «Non preoccupatevi per i balletti, li insegnerò in un quarto d’ora. Sono abituata agli elefanti che si trasformano in gazzelle»! Così la Voce viene nel cuore dei suoi viaggi e dei suoi affanni: al centro delle tournées e sul piroscafo, nella quiete di un paesaggio non meno che all’ufficio delle imposte: «Visto che mi do tutto intero, donati tutta intera, senza neanche pensare che potresti riservare qualcosa per te»; «Sei dunque a casa tua nel Mio Cuore […]: anche sulla terra, esso è la tua vera casa». E Gabrielle, che disponeva di ricche dimore di famiglia ma il teatro aveva reso viaggiatrice, scopre che la casa già ce l’ha: non è un luogo, ma una relazione. Questa casa è il Cuore di Cristo: è vivere tutto «con Lui, per Lui e in Lui», incarnandone i suoi stessi sentimenti. Non c’è più, così, questione grande o piccola; di Gabrielle o di Gesù o dei fratelli. Tutto è dell’uno per gli altri. Ma va assunto e offerto: «Cambio le tue preghiere in preghiere Mie, ma se tu non preghi… Posso far fiorire una pianta se tu non la semini?». Gabrielle Bossis impara che l’intercessione è far posto agli altri, portarli davanti a Cristo non in virtù d’una memoria allenata, ma d’una vita donata. Non serve più mettere Cristo al centro, fare cose per lui: Lui è già al centro, come dall’intimo le parla con quella misteriosa voce. La questione è dunque riconoscergli tale primato; decentrarsi dal proprio egoismo; convergervi con il desiderio.

Gabrielle – nata a un solo anno di distanza da Teresa di Lisieux, la “santa della piccola via” – scopre così il genio delle piccole cose: sorridere per amore, tacere per amore, parlare per amore, scrivere, comporre, recitare e cantare per amore. A lei Dio non assegna un luogo, ma una relazione: non la fissa in un “altrove”, anzi la decentra in un continuo dinamismo. Ma nell’intimo la Voce risuona, e lei è a casa. Vive così l’attuazione pratica di quella definizione di preghiera che – come ricorda padre Antonio Maria Sicari firmando l’Invito alla lettura all’edizione integrale del Diario – santa Teresa d’Ávila esprimeva quale «intimo rapporto di amicizia, con un frequente intrattenersi da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati»: dialogo ove anzitutto ci si riceve, perché «la nostra storia profonda […] è fatta di tutte le parole che Dio ci ha rivolto […] ed è fatta anche di tutte le risposte che Gli abbiamo dato […] e perfino [delle parole] che non abbiamo nemmeno saputo pronunciare».

Il Diario nato prendendo nota della Voce – Diario che, Gabrielle ancora viva, troverà parziale divulgazione in forma anonima, non senza superare lo scoglio di una sofferta vicenda editoriale e rischiando d’andar perduto – diventa così “traccia” per tutti: contiene parole dette a lei, ma non per lei sola. Sono parole per ciascuno, perché uguale è la tenerezza di Gesù, Lui che ama tutti anche se fa grazie sempre mirate. Dice Giovanni Paolo II: «Il diario spirituale di Gabrielle Bossis inviterà i lettori ad entrare nell’intimità del Signore che parla a coloro che sanno ascoltare».

A Gabrielle la Voce aveva detto, il 12 gennaio 1950: «Sai quello che facciamo scrivendo queste pagine? Togliamo il pregiudizio che l’intimità dell’anima sia possibile solo per il religioso nel suo chiostro, invece il Mio Amore segreto e tenero è in realtà per ogni anima che vive in questo mondo». Gabrielle, però, un abito religioso l’aveva avuto, anche se nascosto in uno di quei contenitori dove nessun’altro si sarebbe mai attardato a guardare. Ormai morente ma senza avere perso il solito brio, dice ai nipoti: «Sapete che mi è sempre piaciuto travestirmi… Là c’è una veste, piegata in una scatola. Se non vi spiace, mettetemela per la mia sepoltura»: era il suo abito da Terziaria Francescana. Sulla tomba, poche righe ne sintetizzano la vita: «O Cristo, fratello mio / lavorare accanto a te / soffrire con te / morire per Te / sopravvivere in Te». Ne incontrava il volto alle prime ore del 9 giugno 1950, quell’anno giorno del Corpus Domini.

 

Nulla viene dimenticato. Nulla è perduto

Lui a Gabrielle

Guarda e impara cosa sia la dolcezza:
un fascino indefinibile

Lui a Gabrielle

 

Gabrielle Bossis nasce a Nantes, in Francia, il 26 febbraio 1874 da una famiglia nobile: l’esistenza era scandita da viaggi, incontri e tutto ciò che una ragazza potesse desiderare. A Gabrielle si prospetta una vita agiatissima, con un matrimonio di prestigio: lei però si sente chiamata ad altro. Infermiera volontaria durante la Grande Guerra, a quasi 50 anni scriverà su commissione la prima opera teatrale: sarà un successo folgorante. Alcuni anni dopo, annota per la prima volta la “Voce”. Dal 1936 la sua vita diventerà così anche quella di una piccola penna del suo Signore. Muore il 9 giugno 1950. Oggi molti guardano a lei come a una delle più importanti mistiche del Novecento. Per meglio conoscerla: Gabriella Bossis, Lui ed io. Diario intimo di una mistica del Novecento, a cura di Flora Crescini, Ares, Milano 2019. Bello anche il profilo firmato da Emanuela Flocchini per www.santiebeati.it.