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Chiamati tutti per nome

L’apparizione del Risorto a Maria Maddalena non è qualcosa di intimistico, ma piuttosto “una realtà che appartiene alla storia della fede della Chiesa” e che segna la vocazione di questa donna.
Riportiamo qui una parte di un’omelia del Cardinal Martini nella quale commenta questo brano di Vangelo (Gv 20,11-18) dandogli una connotazione ecclesiale.

 

Si potrebbe pensare che una tale apparizione sia piuttosto cosa privata e intima, che si limita al rapporto fra Gesù e la Maddalena. Ma vi sono due ragioni contrarie, che fanno cioè di quest’apparizione una realtà che appartiene alla storia della fede della Chiesa.

La prima è la conclusione del dialogo, dove si dice che Gesù stesso manda Maria ai discepoli e che ella annuncia loro con slancio: «Ho visto il Signore». Queste parole saranno ripetute innumerevoli volte e motiveranno la forza incontenibile che viene dalla Pasqua. Anche San Paolo descriverà così la sua esperienza nella Prima Lettera ai Corinzi (9,1): «Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro?».

Una seconda ragione è piuttosto dovuta all’interpretazione di questo episodio. La Chiesa vi legge infatti il cammino di ciascuno, con la sua ricerca, i suoi pianti, i suoi smarrimenti, le sue confusioni e infine con la gioia del riconoscimento. La parola di Gesù – che alla Maddalena dice semplicemente «Maria» – significa che ognuno è chiamato per nome e ha la vocazione a un’intima familiarità con lui. Senza questa familiarità la proclamazione della resurrezione non entra nel profondo del cuore, non è il segno della conversione di tutto l’uomo al mistero del Signore.

Con Gesù vivente nell’intimo del nostro cuore possiamo guardare a tutta la storia come a una rivelazione dell’amore di Dio e accettare anche le sue pagine più oscure, credendo che Dio opera in esse per portare l’uomo al suo fine eterno.

La proclamazione del Risorto giunge dunque fino alle nostre domande più sofferte e ci dà la certezza della vittoria finale di Cristo Gesù.

 

(C.M. Martini, Colti da stupore, Mondadori 2012, pp. 181-182)