N.06
Novembre/Dicembre 2020

Il paradosso perfetto

La beatitudine e i suoi mille significati

La beatitudine, recita il dizionario, è una felicità perfetta; ma questo ci dice poco, perché la felicità chi mai l’ha saputa definire? Forse potremmo dire, così alla grossa, che la felicità è la somma di tutti i suoi sinonimi. Ha l’intensità della gioia e la costanza della serenità, la leggerezza dell’allegria e la profondità della letizia. È soddisfazione nella vita, come la contentezza, ma insieme è ricca di promesse; felicitas significava infatti originariamente «fertilità»[1]. La beatitudine è tutto questo, e qualcosa di più. Strettamente parlando, si tratta di una felicità piena ed eterna, per citare Boezio: è uno stato perfetto in cui tutti i beni sono assommati[2]. Uno stato divino, insomma. Già Aristotele, infatti, distingueva la beatitudine (makaria) dalla felicità (eudaimonia), considerando la prima pressoché esclusiva degli dei[3]. Per i cristiani la faccenda è un po’ diversa. Scrive San Tommaso: «La perfetta beatitudine è naturale soltanto per Dio, per il…

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