N.05
Settembre/Ottobre 2021

Un sole radiante di carità

Ti rendo lode, Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11, 25).

Dopo oltre sei secoli di storia, la spiritualità di San Francesco di Paola (1416-1507) è sempre più attuale. Il Santuario a lui dedicato è meta quotidiana di pellegrini provenienti da ogni angolo della terra nonché di turisti richiamati dall’aspetto architettonico e paesaggistico. Situato a Paola (Cs), in Calabria, sotto la catena costiera dell’Appennino Tirrenico, è da sempre il posto ideale per il raccoglimento, grazie alla costante presenza dei frati dell’Ordine dei Minimi. Retto dal Padre Provinciale, Francesco Maria Trebisonda, ospita la Basilica Antica, risalente al 1452 alla cui costruzione partecipò lo stesso San Francesco e che conserva nella Cappella del Santo le preziose reliquie, tra cui il Mantello, legato al miracolo dell’attraversamento dello Stretto di Messina, e alcune ossa corporali, sottratte nel 1562 alla sacrilega furia eretica degli Ugonotti e restituite dalla Francia alla città di Paola nel 1935. Accanto alla Basilica Antica è situato l’Antico Romitorio, nucleo originario sotterraneo costituito dalle prime stanze e da una cappella ad uso dello stesso Santo e dei primi seguaci e risalente al 1435. Adiacente è situata la capiente Basilica Nuova, consacrata nel 2007. Tra la Basilica Antica e la Basilica Nuova si snoda la Via dei Miracoli dove è possibile osservare da vicino la Fornace, utilizzata anticamente per la produzione dei mattoni adoperati per la costruzione della Chiesa e del Convento e protagonista di alcuni miracoli. Proseguendo si arriva alla Fonte della Cucchiarella, il luogo al quale più ci si accosta con fede attingendo l’acqua da bere con profonda devozione.

Francesco di Paola ha condotto una vita eremitica sin da ragazzo. Con l’approvazione della Regola monastica da parte del papato, fondò l’Ordine dei Minimi comprendente tre Rami: i Frati, le Monache e i Terziari laici scegliendo come simbolo un sole irradiante con scritto “Charitas”. Nella Regola Francesco aggiunse ai voti universali di obbedienza, castità e povertà, quello del digiuno quaresimale perpetuo. 

Oggi è tra i santi più venerati al mondo, sin da quel lontano XVI secolo, quando i Frati Minimi giunsero nel Nuovo Mondo a portare la parola di Dio fra gli uomini, segno di evangelizzazione umile ma efficace con il buon esempio del loro Fondatore. 

Esempio di umiltà e carità sociale, San Francesco di Paola è Patrono della Calabria, Patrono della gente di mare e Ambasciatore UNICEF. 

 

 

Attraversare la porta del Santuario di San Francesco a Paola, significa entrare in un mistero dove la fede di ciascuno si fa responsabilità. La fede da parola professata chiede di essere tradotta in carità testimoniata con fatti feriali di luce. Sono i miracoli che il mondo si attende per poter uscire anche oggi dalle tempeste scatenate dall’individualismo e dall’egoismo, dall’arroganza e dalla prepotenza. Sono i miracoli che il tracciato dell’elettrocardiogramma della storia presente cerca spesso in modo disperato. Il Santo di Paola ci pone di fronte ad una fede che deve necessariamente farsi pane. Un pane impastato di ascolto, perché è nell’ascolto che inizia e termina la vita cristiana. La fede non viene dal vedere, ma dalla risposta a una Parola che chiama. Ascoltare è un modo dall’attenzione, dell’apertura del cuore, della fiducia con cui il nostro io esce dalla sua solitudine, intercetta il volto dell’altro, lo fa entrare nel mondo delle sue attese e dei suoi sogni, in una parola ci apre alla speranza. Un pane cotto nell’attesa della ricerca.  Ascoltare ci fa cercare, ma cercare comporta non solo la forma dell’attenzione, che lascia parlare le cose e la vita, ma anche quella del rischio, del giocare la propria libertà prima di aver visto e capito tutto. Rispondendo alle molte chiamate della vita, si impara pian piano a rispondere alla chiamata e così si ritrova il nostro volto. La nostra identità ha il nome della nostra scelta di vita, che prende carne e sangue dalle molte scelte della vita. Un pane che lascia la scia del suo profumo andando per la via.  Gesù non smette di “far venire” a sé tutti gli uomini. Andare da Lui comporta uno spaesamento, un cambio di vita; venire a Lui ci fa rischiare una diagnosi del cuore, uno smascheramento del desiderio: tutto ciò è passare dalla fede del bisogno alla relazione dell’incontro! Un pane che, assaggiato, va veder le stelle. La nostra ricerca, il nostro andare da Lui vuole vedere dei segni per credere. Ma occorre passare dal vedere i segni come ciò che sazia il nostro desiderio, al vedere nei segni il dono della manna che viene dall’alto, quel nutrimento che viene dal cielo dinanzi al quale bisogna chiedersi: «Man-hu; che cos’è?». Un pane che sa di casa. Tutto il nostro ascoltare, cercare, andare, vedere trova riposo nel legame stabile con il Signore, nella relazione che non si mette il Signore alle spalle, ma abita presso di Lui, sta con il capo reclinato nella cena per ascoltare la sua rivelazione, dimora per sempre nel costato del Crocifisso per riconoscervi il Risorto. La vita cristiana è un legame nuovo, una relazione che ci fa trovare casa, uno spazio che ci rende familiari e domestici del Signore, tanto da ripetere con San Francesco di Paola: “A chi ama Dio, tutto è possibile”!