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Tutt’uno con ciò che abbiamo ricevuto

La Parabola dei Talenti caratterizza la vita di ciascuno di noi; è possibile – nella libertà che ci è continuamente restituita da Dio – scegliere come fare uso di ogni dono ricevuto. Ma è solo nella scelta donarci a piene mani che cresciamo nella nostra più piena e vera identità.
Riportiamo qui un breve testo del filosofo Roberto Mancini.

 

La vita ci chiede di essere all’altezza del dono ricevuto: il che significa riconoscerlo, accoglierlo, averne cura, orientarlo e svilupparlo in noi. Ciascuno di questi verbi indica un compito, una tendenza ottimale, ma pure un possibile rischio di fallimento. Infatti si dà uno scarto fra noi, per come ci poniamo e agiamo con il nostro io, e il dono che pure siamo. Potremmo non percepirlo, o eluderlo nell’ingratitudine e nell’incuria. Ancora, potremmo non portare tutti i tratti del nostro essere a consonanza con la ricchezza di quanto ci è stato affidato, oppure fraintendere tale valore pretendendo di affermarlo in modo narcisista e secondo la volontà di potenza. Potremmo trattenerlo senza ricomunicarne il nucleo di bene agli altri, e questo sarebbe il modo più facile per non accogliere veramente il dono che ci è stato fatto. Sono tutti indizi, sebbene negativi, del fatto che restiamo liberi anche di fronte al dono che ci costituisce: ciò che è in noi possiamo porlo davanti a noi o alle nostre spalle. Se poi, anziché sprecarlo o rifiutarlo, sapremo seguire il dono che siamo a noi stessi come fosse una strada che porta alla pienezza personale e alla condivisione di bene con altri, allora potremo inconfondibilmente divenire tutt’uno con ciò che abbiamo ricevuto: un caso raro di fusione che non elimina affatto la relazione con se stessi e la capacità di stare in relazione con gli altri.

 

(Roberto Mancini, L’uomo e la comunità, Qiqajon 2004, pp. 79-80)