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Io sarò l’amore!

L’incontro con la Parola di Dio ha cambiato per sempre la vita di Teresa di Lisieux; proprio in una Parola ha riconosciuto la sua chiamata all’interno della Chiesa. Riportiamo qui un brano tratto dall’opera Storia di un’anima, nel quale lei stessa narra questo momento della sua vita.

 

“Essere tua Sposa, Gesù, essere carmelitana, essere, per l’unione con te, madre delle anime, tutto questo dovrebbe bastarmi… Non è così. Senza dubbio, questi tre privilegi sono ben la mia vocazione, carmelitana, sposa e madre, tuttavia io sento in me altre vocazioni, sento la vocazione del guerriero, del sacerdote, dell’apostolo, del dottore, del martire; finalmente sento il bisogno, il desiderio di compiere per te, Gesù, tutte le opere più eroiche. Sento nell’anima mia il coraggio di un crociato, di uno zuavo pontificio, vorrei morire sopra un campo di battaglia per la difesa della Chiesa… Sento la vocazione del sacerdote. Con quale amore, Gesù, ti porterei nelle mie mani quando, alla mia voce, discenderesti dal Cielo! Con quale amore ti darei alle anime! Ma, pur desiderando di essere sacerdote, ammiro e invidio l’umiltà di san Francesco d’Assisi, e sento la vocazione d’imitarlo, rifiutando la dignità sublime del sacerdozio. Gesù! Amore mio, vita mia, come conciliare questi contrasti? Come attuare i desideri della mia povera piccola anima? Nonostante la mia piccolezza, vorrei illuminare le anime come i profeti, i dottori, ho la vocazione di essere apostolo. Vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome, e piantare sul suolo infedele la tua Croce gloriosa, ma, o Amato, una sola missione non mi basterebbe, vorrei al tempo stesso annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo, e fino nelle isole più remote. Vorrei essere missionaria non soltanto per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo, ed esserlo fino alla consumazione dei secoli.

Durante l’orazione, i miei desideri mi facevano soffrire un vero martirio: aprii le epistole di san Paolo per cercare una risposta. I capitoli XII e XIII della prima epistola ai Corinzi mi caddero sotto gli occhi. Lessi, nel primo, che tutti non possono essere apostoli, profeti, dottori, ecc.; che la Chiesa è composta di diverse membra, e che l’occhio non potrebbe essere al tempo stesso anche la mano. La risposta era chiara, ma non colmava il mio desiderio, non mi dava la pace. Come Maddalena chinandosi sempre sulla tomba vuota finì per trovare ciò che cercava, così, abbassandomi fino alle profondità del mio nulla, m’innalzai tanto in alto che riuscii a raggiungere il mio scopo. Senza scoraggiarmi, continuai la lettura, e trovai sollievo in questa frase: «Cercate con ardore i doni più perfetti, ma vi mostrerò una via ancor più perfetta». E l’Apostolo spiega come i doni più perfetti sono nulla senza l’Amore. La Carità è la via per eccellenza che conduce sicuramente a Dio. Finalmente avevo trovato il riposo. Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in alcuno dei membri descritti da san Paolo, o piuttosto volevo riconoscermi in tutti. La Carità mi dette la chiave della mia vocazione. Capii che, se la Chiesa ha un corpo composto da diverse membra, l’organo più necessario, più nobile di tutti non le manca, capii che la Chiesa ha un cuore, e che questo cuore arde d’amore. Capii che l’amore solo fa agire le membra della Chiesa, che, se l’amore si spegnesse, gli apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue… Capii che l’amore racchiude tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi, in una parola che è eterno. Allora, nell’eccesso della mia gioia delirante, esclamai: Gesù, Amore mio, la mia vocazione l’ho trovata finalmente, la mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto, Dio mio, me l’avete dato voi! Nel cuore della Chiesa mia Madre, io sarò l’amore. Così, sarò tutto… e il mio sogno sarà attuato!

Perché parlare di gioia delirante? No, questa espressione non è giusta, è piuttosto la pace, la serenità del navigatore il quale scorge il faro del suo porto. Oh, faro luminoso dell’amore, so come arrivare a te, ho trovato il segreto per impadronirmi della tua fiamma! Sono soltanto una bimba, incapace, debole, eppure la mia debolezza stessa mi dà l’audacia di offrirmi come vittima al tuo amore, Gesù! In altri tempi le ostie senza macchia erano le sole gradite al Dio forte e potente. Per soddisfare la giustizia divina occorrevano vittime perfette, ma alla legge del timore è succeduta la legge dell’amore, e l’Amore mi ha scelta per olocausto, me, creatura debole e imperfetta. Questa scelta non è degna dell’amore?… Sì, affinché l’amore sia soddisfatto pienamente, bisogna che si abbassi, che si abbassi fino al niente, per trasformare in fuoco questo niente…”

(Teresa di Lisieux, Storia di un anima, Manoscritto B, 250-255)