N.02
Marzo/Aprile 2003

Preparare la strada ad accogliere la chiamata

I vostri Convegni – nella varietà dei temi specifici trattati – cercano sostanzialmente di rispondere alla domanda: come rendere più efficace l’operato riguardante la promozione delle vocazioni sacerdotali. Evidentemente, per trovare le risposte adeguate non si può prescindere mai dalla Parola di Dio. Penso che anche il Vangelo di oggi (3 gennaio: Gv 1,29-34) sia molto istruttivo a tale scopo.

 

Giovanni il Battista

Esso ci presenta un personaggio stupendo, Giovanni il Battista. Egli esercitava un grande fascino sulla gente del suo tempo. E continua sempre ad esercitare un fascino straordinario. Operava nel deserto e conduceva una vita austera: infatti, “portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico” (Mt 3,4; Mc 1,6). Esortava: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 3,2; Mc 1,4). “Accorrevano da lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano” (Mt 3,5-6; Mc 1,5). Fu annunziato dal profeta Isaia come “messaggero” che preparerà la strada e come “voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” (Is 40,3: cfr. Mt 3,3; Mc 1,2-3; Lc 3,4; Gv 1,23), e similmente nel libro di Malachia viene segnalato come “messaggero” che preparerà la via al Signore (Ml 3,1: cfr. Mt 11,10; Lc 7,27). Una personalità limpida, forte, decisa, senza compromessi. Ha avuto il coraggio di dire chiaramente ad Erode: “Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello” (cfr. Mc 6,18; Mt 14,4), e non si è spaventato di fronte alla prigione e neppure di fronte alla morte crudele (Mt 14,3-12; Mc 6,21-29; Lc 3,19-20). Gesù ha detto di lui che era “più di un profeta” (Mt 11,9; Lc 7,26), che “egli era una lampada che arde e risplende” (Gv 5,35), che “tra i nati da donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista” (Mt 11,11; Lc 7,28).

Tutta la grandezza di Giovanni sta nella sua radicale fedeltà e nel suo coraggioso impegno nel compiere la missione affidatagli di preparare la strada al Messia, di indicare il Messia. La sua unica preoccupazione, infatti, era quella che il Messia sia riconosciuto ed accolto. È vissuto totalmente per Lui, per il Messia. Riguardo a se stesso, invece, non ha avuto alcuna ambizione di essere o di presentarsi grande. Al contrario, ha dichiarato espressamente di non essere il Cristo (Gv 1,20; 3,28); non si è ritenuto paragonabile a Elia, non si è considerato neanche un profeta (Gv 1,21); anzi, non si è sentito neppure “degno di sciogliere il legaccio del sandalo” del Messia (Gv 1,27; Lc 3,16). È davvero impressionante poi, da questo punto di vista, la sua esultanza di gioia per il fatto che tutti, abbandonando lui, accorrevano a Gesù, e le sue magnifiche parole – che per me personalmente erano e sono sempre una chiave di lettura del mio sacerdozio –: “Egli deve crescere, e io invece diminuire” (“Illum oportet crescere”: Gv 3,26-30).

Nell’odierno Vangelo vediamo questo grande, stupendo Giovanni quando indica Gesù, dicendo: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!”. Sono parole di una perspicacia e profondità teologica sorprendente. Da una parte esse richiamano il ben noto simbolismo veterotestamentario dell’agnello e specialmente forse le parole del profeta Isaia: “Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti […] era come agnello condotto al macello. […] Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo […] fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte. […] Quando offrirà se stesso in espiazione […] giustificherà molti” (Is 53,1-12). Dall’altra, invece, esprimono già il realismo della morte e della risurrezione di Gesù, il realismo della missione compiuta da Cristo che con il suo sacrificio della croce ci ha liberati dai nostri peccati. Queste parole trovano un’eco nella prima lettura dell’odierna Messa dalla prima lettera di Giovanni Apostolo scritta molti anni dopo la morte di Giovanni il Battista, probabilmente verso l’anno 100 (1 Gv 2,29 – 3,6): “Voi sapete che egli è apparso per togliere i peccati”.

Non meno profonde e perspicaci sono le altre due affermazioni di Giovanni il Battista, che presentano Gesù come “colui che battezza in Spirito Santo”, e come “Figlio di Dio”. Sono affermazioni in un certo senso complementari ed integranti la precedente: Gesù, infatti, toglie i peccati del mondo battezzando nello Spirito Santo, ed ha dato questo battesimo all’uomo diventando proprio “agnello condotto al macello”, ossia mediante la sua morte e risurrezione; toglie i peccati del mondo in quanto Figlio di Dio. Dette affermazioni sono di tale profondità che probabilmente Giovanni stesso in quel tempo non si rendeva neanche conto del loro pieno significato. È degno di nota, comunque, che – come risulta dall’odierno Vangelo – indicando con tanta perspicacia chi è Gesù, si è appoggiato su quanto gli è stato rivelato, sull’autorità di Dio stesso: “Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto […]”.

 

Preparare la strada ad accogliere Gesù e la sua volontà

Non è difficile accorgersi che la vostra missione è un po’ simile a quella di Giovanni il Battista. Chi chiama al sacerdozio non siete Voi, ma Cristo. Nessuno di Voi, quindi, anche il più intelligente e zelante, è in grado di creare una vocazione. La promozione consiste nell’aiutare a scoprire la vocazione al sacerdozio, ad accettarla e a realizzarla correttamente. Quindi come quello di Giovanni il Battista, il vostro compito è di condurre a Gesù; è di preparare la strada nei cuori dei giovani ad accogliere Gesù, ad accogliere la sua stupenda chiamata; e – per usare la bella immagine del profeta Isaia riferita a Giovanni – di far sì che nella loro vita “ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati”, affinché essi possano realmente vedere la salvezza del Signore (Is 40,4-5: cfr. Lc 3,5-6) ed accogliere la sua chiamata.

In questa prospettiva è importante – appoggiandosi sulla rivelazione divina – indicare ai giovani Gesù e il suo Vangelo in tutta la sua verità, in tutto il suo radicalismo, alla luce del mistero della Croce, come lo ha fatto Giovanni. È importante, in altre parole, indicare il vero volto di Gesù e del suo Vangelo, non mitigato, addolcito, deformato, secolarizzato che non attira, come ci insegna anche l’esperienza; che – contrariamente a quanto ingenuamente pensano alcuni – non può attirare. Solo Gesù autentico è in grado di attirare i cuori dei giovani.

In quest’anno il Santo Padre ci ha invitato a metterci, mediante il Rosario, “alla scuola di Maria, per lasciarci introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore” (Lett. Apost. Rosarium Virginis Mariae, 1). L’esperienza del Rosario – in quanto accoglieremo l’invito del Pontefice – ci aiuterà a penetrare più a fondo il vero volto di Gesù, per poterlo indicare agli altri nella sua profondità e nella sua freschezza salvifica.

Non basta, comunque, indicare Gesù con le parole, lo si deve testimoniare nella propria vita, come lo ha fatto Giovanni il Battista; testimoniare autenticamente con tutto il proprio essere ed agire: non si può, infatti, testimoniare in modo convincente ciò che non si è, ciò che non si vive realmente. Come Giovanni, siamo chiamati a testimoniare Cristo fino a dare la propria vita per Lui, per la sua verità. Ogni celebrazione eucaristica, se vissuta fino in fondo, ci ricorda questo, ci invita e ci prepara ad una tale testimonianza. Bisogna, quindi, continuamente approfondire il nostro rapporto con l’Eucaristia.

 

Preparare la strada ad accogliere la vocazione sacerdotale

In ordine a preparare la strada ad accogliere generosamente e con entusiasmo la vocazione sacerdotale, si deve ovviamente indicare inoltre il sacerdozio ministeriale nella sua piena verità, nella sua vera dimensione ecclesiale.

E penso che pure qui sia da fare non poco. Non raramente, infatti, l’immagine del sacerdote che presentiamo ai giovani non è del tutto chiara. Soprattutto il sacerdozio ministeriale, ossia ordinato, viene spesso in modo inappropriato mischiato fra tante altre vocazioni e posto accanto ad esse. Invece, alla luce del Vangelo e della dottrina del Magistero della Chiesa, non si può semplicemente mettere la vocazione al sacerdozio ministeriale accanto alle altre diverse vocazioni, ma al servizio di tutte le altre vocazioni, ossia esso è necessario affinché tutte le altre vocazioni possano essere efficacemente realizzate.

Si tratta, in fondo, della confusione fra il sacerdozio comune dei fedeli, radicato nel battesimo, in cui sono ancorate tutte le altre vocazioni, anche quella alla vita consacrata (cfr. Lumen gentium, 44; Perfectae caritatis, 5), e il sacerdozio ministeriale, che scaturisce da un ulteriore sacramento, quello dell’ordine, e che differisce dal sacerdozio comune dei fedeli “essenzialmente e non solo di grado” (Lumen gentium, 10).

È vero che l’uno e l’altro sacerdozio partecipano al sacerdozio di Cristo, ma in modo diverso: al sacerdote ministeriale, frutto di una chiamata specifica, viene conferita una particolare missione di rappresentare Cristo in quanto Capo e Pastore della Chiesa, e quindi il sacerdote svolge le proprie specifiche funzioni in persona Christi Capitis, e di conseguenza nomine Ecclesiae (cfr. congregazione per il clero, Istruzione Il Presbitero, pastore e guida della comunità parrocchiale, 4 agosto 2002, n. 6).

Confondendo dette realtà viene offuscata l’importanza, la bellezza e la sublimità del sacerdozio ministeriale, la sua necessità per la vita della Chiesa, nonché un nuovo particolare titolo per i sacerdoti a tendere alla santità di vita. In ogni caso, non è sufficiente avere idee chiare sul sacerdozio ministeriale, ma occorre – nella prospettiva della promozione delle vocazioni al sacerdozio – che venga testimoniato l’apprezzamento del giusto concetto del sacerdozio ministeriale, e soprattutto che i sacerdoti stessi testimonino nella loro vita di ogni giorno di essere consapevoli della propria specifica missione, di amarla e di attuarla con impegno e passione.

 

Conclusione

La stupenda figura di Giovanni il Battista sia per noi una forte ispirazione per aumentare, nel nostro impegno promozionale, gli sforzi:

– per presentare ai giovani, con parole e la testimonianza, il vero volto di Gesù, nel suo realismo dell’Agnello che toglie i peccati del mondo, nel suo mistero della Croce, e conseguentemente il Vangelo nel radicalismo delle sue vere esigenze;

– e per presentare, sempre con parole e la testimonianza, in modo perspicace e con realismo soprannaturale, la figura del sacerdote ministeriale, nella sua nobile missione di rappresentare Cristo Capo e Pastore della Chiesa, Capo e Pastore in relazione a tutte le altre vocazioni.

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