N.06
Novembre/Dicembre 2004

L’icona della pastorale vocazionale unitaria: tra linee e colori!

Siamo giunti ormai alla IV edizione del Forum, iniziativa che, anno dopo anno, vuole tracciare e percorrere – in modo deciso e distinto – il solco della comunione nella pastorale vocazionale della Chiesa italiana.

 

 

Il “segno-sogno” della comunione

In questo nostro mondo che cambia diviene sempre più evidente come sia necessario il “segno” della comunione ecclesiale, quale manifestazione luminosa della verità e novità del Vangelo, testimonianza credibile per coloro che sono in ricerca, realtà capace di trascinare i giovani nell’affascinante avventura della sequela di Cristo; è dunque assolutamente prioritario che ogni azione pastorale abbia come strada e come meta la realizzazione e la manifestazione della comunione ecclesiale, pena la sterilità apostolica e vocazionale.

Il “segno-sogno” della comunione potrà divenire una realtà solo quando tutti i carismi e i ministeri presenti nella comunità ecclesiale sapranno convergere in unità di intenti e di obiettivi al servizio del vero bene della persona e così esprimere, mediante un’identità dai contorni limpidi, un modello significativo di vita e manifestare il volto bello della Chiesa-comunione. Sarà proprio l’acquisizione dello stile di comunione a costituire la svolta – tanto auspicata  nell’impegno della Chiesa italiana a favore di tutte le vocazioni. “Nella Chiesa, infatti, o si cresce insieme o non cresce nessuno” (NVNE 22). Le vocazioni nasceranno nella misura in cui la Chiesa locale, mediante la pastorale unitaria, saprà offrire un’autentica testimonianza comunitaria.

La partecipazione ai lavori del presente Forum ha fortemente chiamato in causa la responsabilità di ciascuno, perché anche nelle nostre comunità locali si possa finalmente respirare lo stesso stile ecclesiale-comunionale che in questa sede abbiamo sperimentato e gustato. Il Forum – lo stesso termine lo dice – ha aperto un “varco di riflessione, di confronto e di dialogo sincero” tra le diverse categorie vocazionali presenti, promuovendo una vera e propria “conversione alla spiritualità di comunione”, senza la quale ogni intervento pastorale è “bronzo che risuona o cembalo che tintinna”.

La stessa partecipazione a questo evento dei Presidenti delle diverse categorie vocazionali – CIIS, USMI, CISM e CIMI –, è il segno evidente di un cammino di comunione che, partendo dai vertici, vuole penetrare ogni realtà ecclesiale locale. L’esperienza di confronto e di dialogo ha trovato la massima espressione nei gruppi di studio. Grazie infatti alla significativa presenza dei Direttori Regionali e dei Direttori Diocesani – per la prima volta convenuti così numerosi al Forum – e dei Rappresentanti degli Istituti di vita consacrata, vi è stata una ricerca franca e coraggiosa delle strade da intraprendere insieme perché l’animazione vocazionale degli Istituti e la pastorale vocazionale della Chiesa locale possano finalmente vivere un rapporto di reciproco arricchimento.

 

 

L’icona della pastorale vocazionale unitaria

Dalle relazioni elaborate da ciascun gruppo, abbiamo visto emergere il progetto operativo per la realizzazione di una vera e propria opera d’arte, di cui solo lo Spirito Santo è ideatore e artefice: si è intravista l’icona della pastorale vocazionale unitaria in ogni Chiesa locale, un’icona che, seppur appena delineata, ci permette già di intravederne la bellezza e di restarne affascinati.

Ogni icona, per essere leggibile e trasmettere ciò di cui è immagine (il messaggio), è composta da due segni grafici: le linee, che la definiscono nei contorni e nei suoi elementi essenziali e costitutivi, e i colori, che evidenziando i particolari, completano l’immagine e le danno vivacità. Fuori di metafora: l’icona della pastorale vocazionale unitaria nella Chiesa locale per essere visibile e realizzarsi ha bisogno di far convergere armonicamente due componenti: la pastorale vocazionale (le linee) e l’animazione vocazionale (i colori).

Ambedue essenziali e reciprocamente complementari perché l’opera della comunione possa risplendere in tutta la sua bellezza. Se venisse a mancare una sola delle due realtà l’icona-opera d’arte sarebbe certamente sfocata e illeggibile.

Nei gruppi di studio – veri e propri laboratori della difficile arte della comunione – il confronto tra pastorale vocazionale della Chiesa locale e animazione vocazionale degli Istituti di vita consacrata e dei ministeri ha fatto emergere specifici contributi e reciproche aspettative. Evidenziamo i tratti più incisivi perché coloro che si vorranno accingere a realizzare tale icona nella propria Chiesa locale abbiano gli strumenti per poter cominciare l’opera.

 

 

Quali strumenti?

Innanzitutto dobbiamo armarci di tempo e di pazienza. Un artista che vuole compiere un’opera d’arte sa che essa richiede tempo e dedizione. Così è per l’esperienza di comunione che vogliamo realizzare nella nostra Chiesa locale. Necessita la convinzione che il tempo dedicato a costruirla nella realtà ecclesiale mediante rapporti significativi è tempo di grazia, kairos; non è mai tempo perso, anzi, secondo la logica evangelica, se si ha il coraggio di “perderlo” nel senso vero della parola, potremo guadagnarlo in fedeltà e fecondità vocazionale. Se assumeremo questo atteggiamento evangelico nel nostro percorso verso la comunione sapremo individuare più strade che ostacoli. Si sperimenterà, sì, la fatica del mettersi insieme, del conoscersi, dell’ascoltarsi, ma, nel contempo, saremo veramente Chiesa e potremo avere uno sguardo ampio di universalità.

Ogni opera d’arte che si rispetti inoltre deve seguire alcuni canoni stilistici. La nostra opera d’arte ci deve vedere impegnati a rinnovare uno stile di presenza ecclesiale. Pertanto è necessario che la nostra presenza coerente e la testimonianza della vocazione di ciascuno diano credibilità al nostro annuncio, sia nella pastorale vocazionale che nell’animazione vocazionale dei diversi Istituti.

Questo stile si fonda sulla convinzione che l’efficacia della nostra azione non dipende dalla quantità di iniziative che poniamo in atto, ma dalla “misura alta della nostra vita”. Tratto distintivo e comune di tutti coloro che concorrono a questa opera di comunione inoltre non potrà che essere la dedizione al vero bene della persona, dei giovani in particolare.

Altro strumento per la realizzazione della pastorale vocazionale unitaria nella Chiesa locale sarà costituito dalla conoscenza tra le diverse vocazioni, mediante la quale crescere nella stima e nell’accoglienza reciproca e così rendere visibile la ricchezza di tutti. Ciò richiede il coraggio di uscire fuori dalle proprie sicurezze e convinzioni per approdare alle sorprese dell’incontro con l’altro. Solo così si potranno valorizzare tutti i carismi presenti nella comunità, visti come “doni” da offrire e non da privatizzare. Strumento prioritario della Chiesa dovrà essere quello della formazione degli “artisti della comunione”.

Già nei noviziati, nei seminari, nelle diocesi, e addirittura durante il cammino di discernimento vocazionale si dovranno prevedere dei veri e propri percorsi formativi per educare alla spiritualità di comunione e al vero spirito ecclesiale. La dimensione comunionale dovrà essere un aspetto essenziale soprattutto nella formazione degli accompagnatori vocazionali e dei direttori spirituali. Le diocesi e gli Istituti di vita consacrata sono fortemente interpellati ad investire forze ed energie nella formazione di tali figure educative.

È anche auspicabile – ciò è emerso come esigenza in tutti i gruppi – che si possano porre in atto esperienze formative comuni delle diocesi e/o degli Istituti di vita consacrata. A questo riguardo vogliamo segnalare l’esistenza di due esperienze di formazione per animatori vocazionali già in atto: un corso proposto dalla CIIS, in collaborazione con il CNV e il servizio CEI di Pastorale Giovanile e un altro corso triennale USMI, in collaborazione con i suddetti Uffici CEI.

Una formazione comune certamente favorirà una prassi di comunione nella Chiesa locale. Poiché l’opera d’arte della comunione va continuamente ritoccata e rinnovata, sarà opportuno approfittare di tutte le occasioni che ci verranno offerte nella Chiesa (prima fra tutte la proposta del Forum) e che favoriscono e rinsaldano lo stile comunionale.

Grazie a questo “tirocinio della comunione” si potrà giungere finalmente a lavorare in sinergia di intenti tra Chiesa locale e Istituti di vita consacrata, ponendo in atto iniziative, progetti diocesani, che finalmente nascono dalla comunione, maturano nella comunione, si attuano mediante la comunione e dunque non potranno che essere evangelicamente convincenti e andare a favore del bene specifico di ogni persona e delle singole categorie vocazionali. Laddove si realizza, l’esperienza di comunione al servizio di tutte le vocazioni inevitabilmente crea percorsi sinergici con la catechesi, la pastorale giovanile e familiare, conferendo così un volto vocazionale a tutte le attività della Chiesa. Se la pastorale vocazionale unitaria saprà servirsi di tutti gli strumenti idonei all’esercizio dell’arte della comunione, allora potrà significativamente incidere in tutta la pastorale ordinaria e favorire davvero l’avvento della cultura vocazionale nella Chiesa italiana.

 

 

Quali ostacoli?

Sappiamo che il progetto appena delineato, nella sua realizzazione incontra inevitabilmente una serie di difficoltà: sono ostacoli che dobbiamo considerare perché siano anch’essi trasformati in risorse. Da quali atteggiamenti anticomunionali si deve guardare l’artista della comunione?

Innanzitutto dal pericolo della sfiducia; la comunione infatti nasce solo in un clima di reciproca fiducia. I tentativi falliti, le incomprensioni che generano amarezza, la sensazione di essere “guerrieri solitari”, facilmente producono un senso di sfiducia nella possibilità di realizzare il sogno della comunione nella propria Chiesa locale. Si può uscire da questo pericolo solo se convinti che il sogno della comunione è il più grande desiderio di Dio sulla storia: Egli che “opera sempre” è già all’opera nella realizzazione del progetto di comunione di tutto il genere umano. Dunque non siamo soli.

La sfiducia pastorale può anche essere generata da un senso di disistima nei riguardi delle altre categorie vocazionali. È necessario dunque liberarsi dai pregiudizi, dalla reciproca diffidenza, frutti della non conoscenza reciproca. Occorre evitare sia il diocesanismo esasperato che genera una scarsa stima della vita consacrata, sia l’individualismo e l’assolutizzazione della specificità della propria vocazione e del proprio Istituto, che sfociano in cammini paralleli, in assenteismo ecclesiale.

Tale fenomeno si riscontra soprattutto nei grandi Istituti, spesso assenti. Un pericolo sempre in agguato è anche quello di assumere la logica dell’ “accaparramento vocazionale”, della “cura del proprio orticello”. Possiamo riscontrare questa logica sia nei consacrati, quando, dimenticando il vero bene della persona, non propongono la vocazione a 360°, sia nel clero diocesano, quando vi è una coincidenza di ruoli, ossia quando il direttore del CDV è anche rettore del seminario. In tal caso facilmente la pastorale vocazionale della diocesi finisce per coincidere con l’animazione vocazionale del seminario.

Poiché l’opera della comunione richiede tempi lunghi, un ostacolo alla sua realizzazione è anche l’eccessiva mobilità degli animatori vocazionali; sarebbe dunque opportuno favorire maggiore stabilità e continuità di presenza nell’azione pastorale.

 

 

Quali linee? Contributo che la pastorale vocazionale dà all’animazione vocazionale

Riprendendo la metafora, la pastorale vocazionale nella Chiesa locale offre le linee costitutive dell’icona della pastorale vocazionale unitaria e il progetto comune per l’azione di ogni categoria al servizio delle vocazioni. È dunque necessario che la Chiesa locale, mediante i suoi organismi, CRV e CDV, garantisca un progetto vocazionale comune verso il quale far convergere tutte le risorse e i carismi presenti sul territorio. Tale progetto dovrà prevedere l’annuncio di tutte le vocazioni, mediante il contributo di tutti i carismi e ministeri presenti. In questo senso il CDV dovrebbe essere il più rappresentativo possibile di tutte le categorie vocazionali.

Il CDV dovrà tracciare con chiarezza la linea della valorizzazione di tutti i carismi, creando sinergie di forze, di idee, chiedendo ad ognuno la ricchezza della propria specificità. Impegno prioritario del CDV sarà dunque quello di promuovere nella Chiesa locale la conoscenza di tutti i carismi. Inoltre dovrà tracciare in modo chiaro e ben definito la linea della corresponsabilità al servizio delle vocazioni. A tal fine si suggerisce un cambiamento radicale di mentalità nei confronti dei consacrati, spesso utilizzati per il loro servizio, ma poco valorizzati per il loro carisma.

In particolare è opportuno che i consacrati siano coinvolti sia a livello progettuale, che operativo. Spesso infatti si verifica che i consacrati debbano sottomettersi a linee pastorali elaborate da altri, che non lasciano spazio alla loro specificità. A partire dal carisma specifico di ogni Istituto siano interpellati per l’elaborazione e la realizzazione dei percorsi formativi, per l’accompagnamento vocazionale, per le iniziative della programmazione diocesana. Una proposta unitaria potrebbe essere la creazione di un’équipe diocesana per il primo discernimento vocazionale: il dono della vocazione infatti appartiene a tutta la Chiesa.

 

 

Quali colori? Contributo che l’animazione vocazionale dà alla pastorale vocazionale

È stato detto in questi giorni che ogni vocazione è una stella che illumina le altre ed è dalle altre illuminata; potremo anche dire che ogni vocazione è un colore che valorizza l’altro e l’intera icona. L’animazione vocazionale degli Istituti e dei ministeri nella Chiesa locale dovrebbe proprio colorare con infinite sfumature l’icona della pastorale vocazionale unitaria. Di quali colori sarà dipinta la nostra icona?

Il primo colore che fa da sfondo all’immagine – come l’oro nelle icone – è certamente quello della testimonianza gioiosa e convinta della propria vocazione, che trova le sue sfumature nella testimonianza del primato di  Dio nella preghiera, della comunione nella vita fraterna, della carità nella gratuità del dono di sé.

Altro colore fondamentale è quello della presenza qualificata e significativa nella Chiesa locale, in atteggiamento di apertura verso le sue istanze. I consacrati dovranno essere propositivi, avere il coraggio di fare il primo passo per offrire la propria disponibilità, dando la priorità alla pastorale vocazionale rispetto alle singole animazioni dei propri Istituti. In questa linea sarebbe opportuno valorizzare maggiormente la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni e il progetto diocesano. Inoltre laddove la dimensione vocazionale facesse fatica ad emergere, i consacrati dovrebbero farsi promotori di un’animazione vocazionale di tutta la comunità ecclesiale.

Altro colore dalle mille sfumature è certamente quello della condivisione nella Chiesa locale del proprio carisma, ripensato in fedeltà dinamica e in risposta ai bisogni reali del territorio. Questo colore potrà essere rafforzato mediante un nuovo stile di presenza da parte dei consacrati, caratterizzato da maggiore umanità e prossimità. Se sapranno superare gli interessi particolari, gli Istituti saranno certamente più presenti e incisivi nel territorio.

 

 

Conclusione

Attraverso questa rielaborazione delle riflessioni nei gruppi di studio abbiamo tentato di delineare in modo figurato, mediante linee e colori, l’icona della pastorale vocazionale unitaria, così come ciascuno dei presenti la sta sognando. Questo sogno… potrà diventare realtà? Così ci auguriamo!

La semplice intuizione che cinque anni fa ci aveva fatto intravedere questo sogno: la comunione delle diverse vocazioni al servizio del bene della persona, oggi, sotto i nostri occhi, si va profilando. Una prova evidente è stato il convergere in questa sede di una presenza sempre più qualificata di rappresentanti e responsabili di Istituti di vita consacrata, Direttori Regionali e, da quest’anno, di Direttori dei Centri Diocesani Vocazioni, tutti mossi dal desiderio di vivere la comunione al servizio  della vocazione dei giovani.Questa significativa partecipazione ci conferma nel percorso che il Centro Nazionale Vocazioni sta tracciando nella Chiesa italiana, ci attesta il maturare di una coscienza comunionale che rende feconda ogni attività pastorale e ci fa sperare che l’icona della comunione possa diventare realtà anche e soprattutto nel territorio in cui siamo chiamati a servire il Vangelo della vocazione.

È questa la condizione imprescindibile, posta dal Vangelo stesso, perché ogni comunità cristiana sia autenticamente “grembo di tutte le vocazioni”.

Affidiamo a Maria Santissima, Mater unitatis, il nostro sogno.

Maria, Mater unitatis,

attira ancora lo Spirito nella Chiesa:

l’ammanti di bellezza,

la ricolmi di doni,

faccia fiorire in essa

la varietà delle vocazioni e

dei carismi

e la renda strumento docile

di salvezza e di unità

nell’intera umanità. Amen.