N.06
Novembre/Dicembre 2004

Prima del “fare” è indispensabile l’“essere”!

Desidero con voi che la Parola di Dio, e soltanto la Parola di Dio, illumini le nostre parole di questi giorni, i nostri gesti, i nostri incontri, i nostri pensieri, le nostre opere e, partendo da questo assunto – che penso condiviso da tutti – vorrei proprio ripartire dal tema della relazione di ieri sera perché sia illuminato e letto alla luce della Parola del Signore.

Il tema della relazione, che ha introdotto il cammino di questi giorni, era questo: Insieme “tra le case degli uomini” per una nuova stagione a servizio delle vocazioni. Quindi io interpreto così questo titolo e tutto il programma di queste giornate: non “cosa fare”, non “quali iniziative prendere”, non “quali programmi mettere a punto”; anche, certo; ma non solo: tutto questo prende senso solo e soltanto – mi sembra di avere intuito già fortemente da ieri sera, dalla preghiera, dalle prime riflessioni – tutto questo prende senso se incontrerà dei testimoni di comunione per realizzare insieme.

Insieme è una parola che ha risuonato, è una parola che dice poco nel vocabolario, ma credo che in questo testimoni di comunione prende senso anche la parola insieme: insieme per realizzare comunità, diocesi, parrocchie, comunità religiose e consacrate, come vere e proprie case e scuole di comunione, testimoni di comunione.

Quindi la parola del Santo Padre sta prendendo carne, sta diventando vissuto, ne sentiamo l’urgenza. Che questi testimoni di comunione siano trasparenti, le nostre diocesi, le nostre parrocchie, le nostre comunità di consacrati siano trasparenti: possano tutti vederci dentro, vedere dentro e riconoscere delle vere e proprie case e scuole di comunione. Vedete come le parole, nella misura in cui le lasciamo illuminare e le riascoltiamo alla luce della Parola di Dio, affascinano, prendono senso, traducono la verità, la verità della Parola di Dio e vanno a fondo.

E allora accogliamo la testimonianza di Paolo nella prima lettura, quella che io leggo, spero senza forzature, come la spiritualità di comunione che vive la comunità dei Filippesi e di cui ci è testimone proprio Paolo, uomo di comunione e, in quella comunità, ispiratore di comunione. Certo, immagino, con dei programmi, con delle scelte, con degli orientamenti, con delle iniziative; però, la spiritualità di comunione, traspare visibile dai sentimenti di Paolo, da atteggiamenti che traducono tutto il sentire e il vissuto di Paolo e quindi il rapporto con quella comunità.

Vediamo questi atteggiamenti di comunione.

– Innanzitutto, un atteggiamento di gratitudine verso Dio per il dono che è la comunità di Filippi, quindi un atteggiamento di gratitudine per il dono che è la mia diocesi, la mia parrocchia, la mia comunità. Un atteggiamento di gratitudine che porta Paolo a esprimere questa gratitudine verso Dio così: “Ringrazio il mio Dio per voi”. Proviamo, proprio in questo momento, a vivere e a fare nostra questa testimonianza di Paolo dicendo: ringrazio Dio per te, mia diocesi; ringrazio Dio per te, mia comunità parrocchiale; ringrazio Dio per te, mia comunità religiosa e consacrata. Se inizia così una giornata, la giornata dell’uomo, la nostra giornata nel dono di Dio, io credo che allora la spiritualità di comunione non è qualcosa di evanescente perché subito, di fatto, questo atteggiamento di ringraziamento comporta un concreto vissuto ringraziamento alla vita quotidiana, alle persone, alle relazioni che in ogni istante ci vengono incontro e di fatto costruiscono, danno senso, realizzano la giornata dell’uomo.

– Ed ancora, entrando sempre dentro la spiritualità di comunione, un atteggiamento di preghiera incessante da cui prende senso anche questa nostra Eucaristia quotidiana. Dice Paolo: “Prego sempre con gioia per voi” e ha presente persone precise. Pur essendo concittadini dei santi e familiari di Dio, questo essere tutti noi concittadini dei santi e familiari di Dio – come abbiamo ascoltato ieri nella lettura della festa dei santi Simone e Giuda –, credo che questi concittadini dei santi fossero uomini, donne, siamo noi, uomini e donne, con tutte le nostre ricchezze e i nostri limiti. Però in Paolo, nella sua preghiera incessante, c’è gioia per ciascuno, egli ha volti precisi e persone precise davanti a sé. “In ogni mia preghiera”: non perché, bene o male, qualche pensierino affettuoso fa anche bene…, no, “con gioia e in ogni mia preghiera”.

– Ora, andando oltre, Paolo ci testimonia un atteggiamento di fede verso Dio e di fiducia verso il prossimo. “Sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona la porterà a compimento”. Oh, se ci guardassimo così, tra noi, con ogni fratello e sorella che Dio mette sul nostro cammino, soprattutto con quelli con cui, per realizzare una casa di comunione, preghiamo insieme, lavoriamo insieme, riflettiamo insieme nel quotidiano. Se ci guardiamo così come Paolo guarda i suoi amici, fratelli e sorelle di Filippi, per vedere in ogni persona quest’azione di Dio che ha iniziato l’opera buona in ciascuno, l’opera buona di Dio che Lui stesso porterà a compimento.

– Ed ancora, un atteggiamento di profondo affetto che San Paolo esprime proprio così: “Dio mi è testimone”. Quindi, gli affetti diventano pubblici, veri, e su questo chiama a testimonianza Dio. “Dio mi è testimone del profondo affetto che porto per tutti”. Per tutti, non faccio distinzioni di persone, vi porto nel cuore. Credo che la paternità e la maternità di ogni relazione forse può essere la strada maestra, proprio per relazionarci con affetto e con affetto nello stile di comunione.

Ecco, io credo, e concludo, che il Vangelo ci apre a un atteggiamento di Gesù che sembra duro, che sembra di giudizio e invece dà continuità a questa casa e scuola di comunione. Come di fatto ci dice, anche nei gesti, la comunione che crea con il fariseo, con il capo dei farisei, nella cui casa è entrato: Gesù va sempre a casa dei fratelli e delle sorelle che guarda come tali e, quindi, anche del capo dei farisei. E poi anche l’atteggiamento nei confronti dell’idropico che non è solo un gesto fisico ma è casa e scuola di comunione: gesto che fa Gesù di profonda comunione, tende la mano a chi gli sta davanti.

Il Signore ci dia la grazia di realizzare e vivere una spiritualità di comunione ispirandoci anche alla testimonianza di Paolo, perché allora i nostri programmi e tutto quello che facciamo sia anzitutto una comunione di carismi e ministeri nel grembo materno che è la Chiesa.