N.02
Marzo/Aprile 2005

Educare alla gratuità costruendo comunità eucaristiche

Due “icone” hanno fatto da sfondo a questo nostro Convegno: quella biblica dei discepoli di Emmaus e quella agiografica dei Martiri di Abitene.

La domenica dei Discepoli di Emmaus è icona di un itinerario vocazionale i cui passaggi costituiscono i punti fermi, che non possono mai mancare, in un serio e preciso accompagnamento vocazionale. In questo itinerario vi sono tre passi da compiere: il primo si realizza nell’incontro con la Parola, che illumina la storia delle persone collocandole nella luce di Cristo; un secondo passo si compie nell’esercizio della carità, ambito di rivelazione del volto di Dio che è dono di amore; il terzo passo, culminante nel segno eucaristico, fa passare l’uomo credente dalla ricerca di sé al riconoscimento del Signore della vita, vita trasformata a immagine della Sua Pasqua. Attraverso un cammino così strutturato il credente può giungere a riconoscere il disegno di Dio sulla propria vita, radicandosi nella comunione ecclesiale e proiettandosi nella missione evangelica. Questi sono gli elementi e i passaggi costitutivi della pastorale vocazionale della Chiesa.

In questi passaggi hanno un ruolo decisivo sia la comunità educante che la guida spirituale: entrambi sono i mediatori dell’azione divina, si pongono accanto al giovane e alla giovane per aiutarli a “riconoscere” la chiamata di Dio e a farsi formare da essa. Consapevoli che non ci sono automatismi in un cammino siffatto, ci sono tuttavia, alla luce dell’esperienza dei discepoli di Emmaus, che lo “riconobbero”, una serie di “riconoscimenti” collegati tra di loro, che la comunità educante e la guida spirituale devono costantemente accompagnare. Riconoscimento di Gesù come obbiettivo primario e finale di una pastorale vocazionale che voglia essere davvero tale.

Condurre i giovani al riconoscimento di “Gesù Figlio di Dio, unico Salvatore del mondo” (Eb 14,1) significa: ‘riconoscimento’ e accoglienza della Parola di Dio “non quale parola d’uomo, ma quale Parola di Dio, qual’essa è” (cfr. At 12,22); ‘riconoscimento’ di Gesù allo “spezzare del pane”(Lc 24,35) come vita “donata per le moltitudini”; ‘riconoscimento’ dei fratelli nella carità, in particolare nel servizio agli ultimi “come ho fatto io” (Gv 13,15).

Riconoscimento della verità della vita come riconoscimento-scoperta, dentro il segno eucaristico, del significato della vita. “Se l’Eucaristia è sacrificio di Cristo che salva l’umanità e se tale sacrificio è corpo spezzato e sangue versato per la salvezza dell’umanità, anche la vita del credente è chiamata a modellarsi nella stessa correlazione di significati: anche la vita è un bene ricevuto che tende per natura sua, a divenire bene donato, come la vita del Verbo. È la verità della vita, d’ogni vita” (POVE, Nuove vocazioni per una nuova Europa, 36/b).

Riconoscenza in quanto la ‘vita eucaristica’ è il naturale e fecondo terreno di gratitudine. “La pastorale vocazionale è diretta a formare alla logica della riconoscenza-gratitudine… È la sapienza evangelica del «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8), rivolta da Gesù ai discepoli annunciatori della sua parola, che dice la verità d’ogni essere umano: nessuno potrebbe non riconoscersi in essa” (POVE, idem, 36/c).

 

La domenica dei martiri di Abitene è icona, a sua volta, del dinamismo vocazionale dell’Eucaristia nel Giorno del Signore. La loro testimonianza, “Sine Dominico non possumus”, è da accogliere nella pienezza del suo significato. Senza il dominicum non possiamo essere, non possiamo vivere, è una questione d’identità, è l’essenza stessa del cristiano, il suo statuto, la sua vocazione. Il ‘dominicum’ è: “il corpo del Signore” offerto in sacrificio, divino nutrimento dei fedeli; “il sacramento del Signore”, forza dei fedeli; è “il mistero del Signore”, della sua Pasqua; “la Pasqua del Signore”, il suo mistero di morte e Risurrezione; “il Convito del Signore”; ma è anche lo stare insieme dei fratelli nella carità, per la celebrazione della cena; è in ultimo “il giorno del Signore”, del Signore Risorto, in modo privilegiato la Domenica di Pasqua (cfr. G. MICUNCO, Sine Dominico non possumus, Ed. Ecumenica, Bari 2004, pag. 8).

La domenica, così intesa a partire dal ‘dominicum’ dei martiri di Abitene, è un memoriale del battesimo. Di domenica in domenica, coloro che si fanno discepoli del Signore sono sollecitati a riscoprire il dono del Battesimo, della vocazione battesimale, e a conformare la propria vita al dono ricevuto.

Dalla fedeltà evangelica alla chiamata battesimale, declinata nella vita quotidiana, s’invera e prende forma vocazionale nella testimonianza dell’uomo e della donna credente il messaggio implicito al tema del nostro convegno: “Dall’Eucaristia il mio Sì”. “La vita per essere vita deve essere donata”!

 

Alla luce di quanto detto il Convegno ci offre tre consegne essenziali, tra le tante possibili:

a) Educare alla gratuità

Tutta la pastorale vocazionale è chiamata a costruirsi su questo nucleo catechistico elementare. Esso sempre più deve innervare e costituire il filo conduttore di ogni annuncio, proposta e accompagnamento vocazionale in particolare per quegli adolescenti e giovani che hanno ricevuto la grazia ecclesiale di “riconoscere il Signore allo spezzare il pane”; la vita è un bene ricevuto e non può essere pensata al di fuori della logica del dono: “Fate come ho fatto io” (Gv 13,15).

b) Costruire “comunità eucaristiche”

Occorrono comunità parrocchiali tutte ministeriali e missionarie che, con gioia, si incontrano attorno al Cristo Risorto, nella assemblea eucaristica domenicale: “La celebrazione eucaristica domenicale diviene, così, per tutti noi, una preziosa occasione per verificare la nostra conformazione a Cristo e il nostro impegno ad imitarlo nel dono generoso della nostra vita” (CEI, Senza la domenica non possiamo vivere, n. 5). La partecipazione alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, matura la risposta vocazionale e la apre alla missione: l’Eucaristia e la celebrazione eucaristica domenicale sono ‘scuola di vocazione’. “I sacerdoti nel loro impegno pastorale prestino, durante questo anno di grazia, un’attenzione ancor più grande alla messa domenicale, come celebrazione in cui la comunità parrocchiale si ritrova in maniera corale, vedendo ordinariamente partecipi anche i vari gruppi, movimenti, associazioni in essa presenti” (GIOVANNI PAOLO II, Mane nubiscum Domine, n. 23).

c) Coltivare la proposta della “Adorazione eucaristica vocazionale”

Accogliamo la proposta del Santo Padre dell’Adorazione eucaristica, che da sempre nella vita delle nostre comunità ecclesiali ha costituito un punto fermo della proposta vocazionale: “L’adorazione eucaristica fuori dalla messa diventi, durante quest’anno un impegno speciale per le singole comunità parrocchiali e religiose… Restiamo a lungo davanti a Gesù presente nell’Eucaristia… Approfondiamo nell’adorazione la nostra contemplazione personale e comunitaria…, capaci a stare a lungo ad ascoltarne la voce” (GIOVANNI PAOLO II, Mane nobiscum Domine, n. 18). “È bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr. Gv 13,25), essere toccati dall’amore infinito del suo cuore” (GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia de Eucharistia, 25).

Accogliendo l’invito del Papa – che sta coinvolgendo i Cinque Continenti nell’Adorazione eucaristica vocazionale – da questo Convegno lanciamo l’invito ad animare nel mese di maggio, mese destinato al Continente Europeo, tutta l’Italia con l’Adorazione eucaristica vocazionale. In particolare: nella prima settimana di maggio pensiamo di coinvolgere le diocesi del Nord; nella seconda settimana le diocesi del Centro; nella terza settimana le diocesi del Sud. Nella quarta settimana, che coincide con il Congresso Eucaristico Nazionale ogni giorno nella Cattedrale di Bari vi sarà l’Adorazione Eucaristica vocazionale. In questo il Centro Nazionale Vocazioni e l’Ufficio Liturgico della CEI avranno modo di confrontarsi e suggerire le indicazioni pratiche a tutte le nostre Diocesi.

Desidero condividere con voi, a conclusione del Convegno, anche alcune suggestioni emerse dall’incontro in programma con i Responsabili dei Centri Regionali e dei Direttori dei Centri Diocesani Vocazioni. La riflessione si è mossa a partire da questo interrogativo: “La pastorale vocazionale, nel lungo e impegnativo servizio svolto negli ultimi decenni nella Chiesa italiana, ai nostri giorni non ha forse bisogno di un colpo d’ala, perché si eviti il possibile rischio di una certa ripetitività? La condivisione fraterna ha fatto emergere filoni e tematiche, già presenti nel vissuto delle nostre Chiese locali, che possono favorire un salto in avanti della pastorale vocazionale.

 

Nello spirito di una pastorale vocazionale unitaria – dove tutta la categoria vocazionale e i diversi stati di vita, che sono dono di Dio alla Chiesa, sono un “cuor solo e un’anima sola” a servizio dell’annuncio del Vangelo della vocazione – e nello stile di una ‘pastorale integrata’ che vede la pastorale giovanile e familiare assumere la loro naturale connotazione vocazionale, ecco gli orizzonti sui quali riflettere:

a) Far incontrare tra loro i Vescovi responsabili della pastorale vocazionale nella regione, coinvolgendoli nel cammino del Centro Nazionale Vocazioni; incontrare e far incontrare i Responsabili dei Centri Regionale e dei Centri Diocesani Vocazioni tra loro, in particolare curando la loro formazione permanente, aiutandoli a ‘entrare dentro’ e partecipare alle proposte di formazione del Centro Nazionale Vocazioni stesso; incontrare e far incontrare tra di loro i parroci, e con loro gli ‘operatori pastorali impegnati in prima linea’ (catechisti, animatori della pastorale giovanile…), incrociandoli sulle strade dell’annuncio del Risorto e dell’educazione alla fede dei giovani nella comunità cristiana, ove con passione e fatica apostolica spendono generosamente la loro vita.

b) Coltivare la dimensione vocazionale della catechesi in una stagione ecclesiale che vede uno snodo e una fase nuova del rinnovamento della catechesi sia dell’iniziazione cristiana che degli adulti, nello spazio vivo di una comunità ecclesiale educante. Con una particolare attenzione all’annuncio della specificità delle vocazioni al ministero ordinato e delle vocazioni di speciale consacrazione e con un rinnovato impegno a inventare, se necessario, nuovi ‘itinerari vocazionali specifici’. Percorsi da offrire alle giovani generazioni nel tessuto vivo di una comunità parrocchiale sempre più sollecitata ad assumere in quanto ‘comunità eucaristica’, senza ulteriori rinvii, un volto chiaramente tutto ministeriale e missionario.

c) Intraprendere con decisione la strada dell’accompagnamento spirituale della comunità cristiana in tutte le sue componenti, con una particolare cura dell’accompagnamento dei giovani sposi dopo il matrimonio e le giovani famiglie dopo la celebrazione del sacramento del battesimo dei figli; in una comunità cristiana siffatta il Centro Diocesano Vocazioni viene riconosciuto e si offre come ‘il naturale luogo ecclesiale di ascolto’ e ‘il luogo di accompagnamento vocazionale’, in particolare per i ragazzi e i giovani che sono i soggetti naturali di vocazione. In questa ottica il Centro Diocesano Vocazioni è chiamato sempre più ad essere il luogo ecclesiale privilegiato per la formazione degli animatori vocazionali a servizio del ‘Vangelo della vocazione’ nella comunità ecclesiale.

d) Invitare i giovani e le ragazze a testimoniare la propria fede e l’impegno personale di maturazione e discernimento vocazionale, coinvolgendosi e coinvolgendoli nei possibili momenti ordinari e straordinari di annuncio vocazionale nella vita delle comunità ecclesiali: giovani per i giovani e seminaristi (novizi e novizie) per i giovani loro coetanei, non ‘specchietti per le allodole’ ma testimoni feriali di ricerca e risposta vocazionale.