N.02
Marzo/Aprile 2005

Il dinamismo vocazionale dell’Eucaristia nel giorno del Signore di una comunità parrocchiale

 

 

DON DINO NEGRO

Direttore CRV del Piemonte e Parroco di S. Margherita di Alba

 

A don Dino abbiamo chiesto:

È vero che la domenica dà vita, forza, contenuti alla vocazione? Come?

È vero che le vocazioni di speciale consacrazione, alleate con le vocazioni laicali, danno ricchezza e vita al giorno del Signore e all’Eucaristia domenicale? Come?

Dagli orientamenti pastorali della CEI, l’Eucaristia sembra emergere innanzi tutto come la sorgente che costituisce l’originalità della comunità cristiana. Vorrei porre l’attenzione sul n. 8 della nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia.

Così si esprime: “Ogni domenica, in ogni parrocchia, il popolo cristiano è radunato da Cristo per celebrare l’Eucaristia, in obbedienza al suo mandato: «Fate questo in memoria di me». Nell’Eucaristia Cristo morto e risorto è presente in mezzo al suo popolo. Nell’Eucaristia e mediante l’Eucaristia lo genera e rigenera incessantemente: «La celebrazione eucaristica è al centro del processo di crescita della Chiesa. (…) L’Eucaristia è alimento della vita ecclesiale e sorgente della missione. (…) La vita della parrocchia ha il suo centro nel giorno del Signore e l’Eucaristia è il cuore della domenica.(…) È necessario ripresentare la domenica in tutta la sua ricchezza: giorno del Signore, della sua Pasqua per la salvezza del mondo, di cui l’Eucaristia è memoriale, origine della missione; giorno della Chiesa, esperienza viva di comunione condivisa tra tutti i suoi membri, irradiata su quanti vivono sul territorio parrocchiale; giorno dell’uomo. (…) Il giorno del Signore è anche tempo della comunione, della testimonianza e della missione”.

Con questo nostro intervento desideriamo semplicemente provare a dire come la Celebrazione eucaristica della domenica giorno del Signore, giorno della Chiesa e giorno dell’uomo, aiuta a vivere la propria vocazione. Inoltre mi ritengo fortunato in quanto la nostra comunità parrocchiale è arricchita dalla presenza attiva di molte vocazioni: consacrate (Pie Discepole, Salesiane), laici con diverse ministerialità e un seminarista nel fine settimana.

Come viviamo la domenica giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo all’interno della nostra comunità parrocchiale di S. Margherita in Alba? L’ideale che vogliamo far emergere è quello di una parrocchia che punta decisamente sulla centralità dell’Eucaristia, “fonte e manifestazione del raduno dei figli di Dio” (CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia). Inoltre la nostra è una parrocchia estroversa che si propone di far crescere i fedeli mediante l’ascolto della Parola e la comunione al corpo di Cristo, così che possano uscire dalle mura della Chiesa con animo apostolico. Una comunità “aperta alla condivisione e pronta a rendere ragione della speranza che abita i credenti” (1Pt 3,15). È quanto tentiamo di realizzare.

 

Le tre attenzioni del nostro cammino

La prima. Siamo convinti che dobbiamo ripartire da Gesù, lo sguardo vero ed appassionato su di lui ci libera dai rischi di fuga e genera uno sguardo nuovo sulla comunità vicina e lontana. L’Eucaristia domenicale diventa il luogo visibile di questo incontro. Contempliamo per scegliere, annunciare e gioire. Lo sguardo su di Lui ci aiuta a superare la patologia della stanchezza che a volte ci affligge, come affligge tante comunità cristiane. Si tratta di uno squilibrio di fondo che appiattisce sul fare i ritmi di tante parrocchie. Gesù ci insegna il vero segreto per guarire dalla patologia della tiepidezza, (come nella comunità di Laodicea, di Ap 3): è il difficile equilibrio tra contemplazione ed azione. Riteniamo sia urgente nella vita di ciascuno, riservare tempi e luoghi al mondo interiore, al linguaggio del silenzio, alle relazioni umane e al servizio. L’Eucaristia ci educa in questa direzione. 

La seconda attenzione è volta a rendere visibile la comunità dei carismi. Ho la fortuna di vivere dentro una parrocchia in cui tutte le vocazioni sono rappresentate. Nessuna vocazione particolare esaurisce il mistero di Cristo; ciascuna è segno di un aspetto del suo volto. La convinzione diventa tentativo, all’interno della nostra comunità, di riconoscere e promuovere la comunione tra le diverse vocazioni.

Soprattutto ci sforziamo di vivere e di ricordarci che i nostri sono doni di grazia e non esibizioni personali. La domenica diventa luogo privilegiato dell’incontro, della comunione, del dinamismo vocazionale. Ripartiamo dall’Eucaristia perché riconosciamo il perenne venire di Dio nella nostra storia: “Annunciamo la tua morte… proclamiamo la tua resurrezione…”. Ripartiamo dall’Eucaristia perché il mondo ha bisogno di evangelizzatori che discendono dal monte con “il volto raggiante come quello di Mosè”. Evangelizzatori che hanno trovato la loro identità in Dio e nella loro scelta vocazionale per questo “raccontano” con la vita Colui che hanno incontrato.

La terza attenzione è volta al “di fuori del tempio”, alla ferialità: il rapporto tra Eucaristia e vita. Tutti siamo in gioco. Una ferialità che si estende con una rete di attività creative, anche a coloro che non sanno che “senza domenica non si può vivere”. Non tutti sono sempre o subito in grado di comprendere la bellezza del ritrovarci a celebrare l’Eucaristia nel giorno del Signore, pertanto facciamo delle proposte che permettono a molti di essere vicini o dentro la comunità con le capacità che ognuno ha per farlo. Per questo abbiamo fatto alcune iniziative, non senza sacrificio, ma con risultati molto belli. 

Esempio: la Cena per tutti i giovani, principalmente per quelli che non partecipano alla messa domenicale, ma non solo. Di qui è nato un nuovo gruppo di giovani, che già muove i suoi passi per il secondo anno. Sempre in seguito alle cene, nuovi giovani si sono uniti ai nostri gruppi giovani già esistenti. Vacanze alternative per giovani nell’estate, dove si raggiungono anche i più lontani e successivamente iniziano un percorso con il gruppo già esistente. È successo anche l’estate scorsa.

Il nostro cammino, come del resto tutti i cammini delle nostre comunità, si snoda tra luci ed ombre, tra difficoltà e speranze. Siamo abbastanza realisti per credere che il ministero pastorale non è una marcia nuziale, ma una fatica intrisa di speranza. La nostra parrocchia come tante altre parrocchie ha delle “luci” nelle molte persone che ruotano intorno alla comunità e che sono disposte a dare molto per i più svariati servizi. Le ombre ci sono in quella parte del popolo di Dio che è ancora lontana, che non sente la necessità di crescere nella fede. Altre ombre sono i limiti umani, quando si fanno dei servizi più per apparire che non per delle motivazioni profonde.

 

 

 

LUCA E STEFANIA

Sono una coppia sposata da quasi dodici anni, con due figli, Riccardo di dieci anni e Marta di quasi quattro;

Luca ha trentasei anni e sua moglie, Stefania, ne ha trentaquattro.

 

A Luca e Stefania abbiamo chiesto:

Quali valori della vostra vocazione al matrimonio si riflettono sulla vita della comunità cristiana e quale è il contributo che date come famiglia alla celebrazione del giorno del Signore?

È vero che dall’Eucaristia nasce il servizio, il dono di sé e una vita rinnovata anche vocazionalmente?

All’interno della nostra comunità parrocchiale facciamo parte del gruppo giovani famiglie, inoltre stiamo facendo un percorso di educatori del gruppo giovani e giovanissimi. Ho fatto anche parte del gruppo di solidarietà della nostra comunità, un gruppo particolare che oltre ad occuparsi della solidarietà a distanza, segue in maniera costante le situazioni di disagio del nostro quartiere.

Essere qui oggi a parlare di fronte ad una platea così numerosa e preparata è per noi motivo di orgoglio e di gioia in quanto ci permette di testimoniare quanto sia entusiasmante e meraviglioso vivere in Gesù Cristo sia nella famiglia che nella comunità parrocchiale. Credo sia importante ricordare quali sono i valori per noi importanti all’interno di una famiglia cristiana, che rendono forte il nostro legame e il nostro impegno.

 

Qual è la nostra concezione della famiglia?

Per prima cosa dobbiamo essere consapevoli che una coppia deve vedere e vivere il matrimonio come un sacramento che crea un legame permanente, unico ed indissolubile, e va vissuto come un dono di amore in piena condivisione con il proprio compagno/a. Oggi la famiglia sta attraversando momenti di forte crisi dovuta prevalentemente alla perdita di quelle certezze e valori che trovano un profondo radicamento nella fede .

Troppo spesso sostituiamo il dialogo con lunghi silenzi, l’amore con il rancore, il cercarsi con l’indifferenza. La famiglia è e deve essere la prima fonte di insegnamento in quanto noi sposi siamo anche genitori e come tali abbiamo il dovere di educare i nostri figli soprattutto nella fede. È per questo che dobbiamo essere e nello stesso tempo dare esempi concreti che siano testimonianza di coerenza coi valori cristiani verso i nostri figli e anche verso la comunità stessa. Tutto ciò non per esibizionismo o presunzione ma semplicemente perché abbiamo Gesù Cristo dentro di noi che è amore infinito.

 

Qual è la funzione della Chiesa verso la famiglia?

Per fare questo però una famiglia ha bisogno di essere guidata dalla Chiesa che ha un ruolo determinante. Oggi la Chiesa deve aiutare i genitori a far seguire ai propri figli un percorso di fede che non sia solo un inculcare dogmi e far imparare preghiere, ma che faccia assaporare loro quanto è bello lasciarsi abbracciare da Gesù e dal suo amore .

Lo deve fare attraverso un percorso che non abbia differenze sostanziali tra la vita parrocchiale e la vita quotidiana in famiglia, a scuola, nello sport etc. La famiglia deve essere espressione di armonia-fedeltà-testimonianza e trova la realizzazione di tutto questo attraverso il momento centrale che è l’Eucaristia domenicale.

 

L’Eucaristia domenicale

La vedo come un “pane di vita” che  dà la forza per poter vivere la fede in modo autentico e pieno. È qui che noi riconosciamo il grande amore che Gesù ha per noi in quanto proprio qui, nel giovedì santo ci ha donato tutto se stesso.

Non deve essere visto come un simbolo, ma come la sua presenza tra di noi attraverso il suo corpo e il sua sangue. Per noi l’Eucaristia è la fonte più importante a cui attingere per rinsaldare la nostra vocazione di sposi, di genitori e di cristiani. È un momento di comunione dove possiamo vivere con gli altri il grande gesto d’amore che Gesù ha compiuto per noi. Non c’è Chiesa se non c’è comunione con gli altri, se non c’è dialogo, se non c’è amore, se non c’è carità, se non c’è tolleranza, se non c’è perdono.

 

La nostra Eucaristia

Vivere la messa domenicale nella nostra comunità è una festa, un esplosione di gioia che molti ci invidiano e a cui tanti si aggiungono. Si vive in gioia e serenità attraverso i canti, i gesti ritmati, la musica ma anche in profonda riflessione durante la lettura della Parola (attraverso commenti brevi alle letture e al Vangelo; attraverso la lettura completa di un salmo a cori alterni letto da tutta la comunità; attraverso la preghiera dei fedeli): c’è pieno coinvolgimento nell’Eucaristia. La sensazione che percepisco stando a fianco dei presenti è la consapevolezza che Gesù è proprio in mezzo a noi e vive attraverso il pane e il vino che è sull’altare. Ed è questo che colpisce chi viene per la prima volta a messa nella nostra comunità. Ogni volta che usciamo dalla messa abbiamo la consapevolezza di avere una missione, che è quella di far trasparire a tutti ciò che abbiamo dentro:

Gesù, che abbiamo incontrato conosciuto e mangiato nell’Eucaristia, quel Gesù che chiede di essere portato fuori e condiviso con gli altri che ci stanno attorno. Dobbiamo dire ciò che siamo, cioè testimoni che Gesù è amore e che è morto per noi. Con il tempo ho capito cosa vuoi dire quell’uscire dal guscio che il nostro Don continua ad annunciare con tanta insistenza: “La vita può essere vissuta nella ricchezza del suo amore e nella generosità, oppure può essere sprecata nella povertà del nostro egoismo”.

 

Esempi concreti

Se viviamo fuori dal guscio ecco che siamo portati al servizio verso gli altri: nella nostra comunità si potrebbero fare tanti esempi di persone che agiscono nel silenzio ma fanno tanto.

Però vogliamo farvi partecipi dell’impegno che ci siamo presi come gruppo giovani famiglie. Stiamo aiutando una mamma con disagi fisici notevoli che ha un figlio di undici anni, il padre se ne è andato da diversi anni lasciandoli soli, immersi nei problemi della vita quotidiana. Oggi la mamma ha ottenuto, dopo parecchio tempo, un lavoro in fabbrica, dove fa i turni. Ci siamo impegnati, insieme ad altre famiglie, a tenere G. quando la mamma fa i turni di notte. Lo andiamo a prendere a scuola, fa i compiti e gioca con i nostri figli, mangia con noi; ormai ha una maxi famiglia composta da tante mamme, papà e fratelli. La loro semplicità, il loro non chiedere mai è un grosso insegnamento per noi tutti e questo ci stimola ancora di più ad andare avanti. Dice più cose uno sguardo di G. in certe occasioni che non tanti gesti o parole dette. A Natale G. è arrivato con un pensierino fatto da lui con un biglietto che diceva: “ Grazie perché mi ospitate e perché mi volete bene, Buon Natale, G.”. Credo che questo non necessiti di commenti ma ci faccia meditare…

 

Conclusioni

Ritengo che senza vivere intensamente e pienamente l’Eucaristia un cristiano non possa definirsi tale. Ma non basta. Non puoi essere cristiano se non rendi partecipe dell’amore che ricevi da Gesù anche le persone che vivono di fianco a te, che lavorano con te, che giocano con te, che studiano con te. Dio è amore e carità e i suoi insegnamenti devono essere trasmessi a chi ci sta attorno se vogliamo veramente che Egli viva in mezzo a noi. Non è per niente facile farlo perché tante volte siamo presi da contraddizioni o da timori ma ne vale veramente la pena… perché è vero che Gesù ci chiede sempre di più rispetto a ciò che abbiamo già dato, ma vivere nella sua gioia vuol dire vivere una vita pensando che essa è un eterno sì…

 

 

 

M. PAOLA GASPERINI

Pia Discepola del Divin Maestro

 

A sr. Maria Paola abbiamo chiesto:

Come una comunità di vita consacrata apostolica vive nella pastorale ordinaria il suo cammino di consacrazione e il suo carisma specifico, valorizzando il giorno del Signore e l’Eucaristia come fonte e culmine? Cosa dà e cosa riceve da essa?

Da 2 anni vivo ad Alba dove è sorta una comunità che cerca nuove vie per la missione specifica, mettendosi in ascolto della chiamata del Signore che fa a noi e alla nostra Congregazione. Siamo attente alle necessità della Chiesa e della società che vive in Alba, in stretta collaborazione con il Vescovo, i pastori di questa diocesi e il popolo di Dio col quale condividiamo il cammino.

Pertanto, mi ritrovo a vivere nel cuore della Chiesa sia all’interno della mia parrocchia S. Margherita, dove la nostra comunità vive e condivide la vita fatta di gioie e di fatiche con il popolo di Dio, sia all’interno della Diocesi con un servizio più strettamente rivolto ai giovani, sia con un servizio nella pastorale liturgica.

Per comprendere l’importanza della domenica, giorno del Signore, mi sembra importante sottolineare come la vocazione della Pia Discepola del Divin Maestro sia strettamente legata all’Eucaristia. Siamo nate dall’Eucaristia con una missione eucaristica-sacerdotale-liturgica. Per noi come per ogni cristiano, l’Eucaristia celebrata-adorata è la ragione della vita e della missione, che si manifesta nel vivere in comunità a servizio del Signore e dei fratelli. A servizio di quel popolo di Dio che ha sete di conoscere il suo Signore e del sacerdote con il quale condividiamo la vocazione e collaboriamo affinché viva la sua specifica vocazione. Per noi come per ogni consacrato è indispensabile comprendere e vivere il mistero celebrato ogni domenica nelle nostre Chiese: l’Eucaristia con il dinamismo vocazionale che ne deriva.

 

L’identità

Prima di entrare direttamente nel tema mi sembra molto importante cercare di dare una risposta ad alcune domande che oggi più che mai urgono: perché la Chiesa, la parrocchia hanno ancora bisogno di uomini e donne consacrate? Che differenza c’è con il popolo di Dio consacrato al Signore per il Battesimo tutto profetico, sacerdotale e regale e che a Lui appartiene? Cosa sono i carismi?

Inizio a rispondere dall’ultimo interrogativo. I carismi sono dei doni che lo Spirito distribuisce in modo libero e gratuito. Sono dei doni per il bene della Chiesa. Alcuni di essi divengono misteri, per il riconoscimento e l’istituzione rituale e sacramentale ed altri no.

Anche la vita consacrata è carisma, dono dello Spirito per il bene della Chiesa, nella sua realtà di segno e profezia dei tempi futuri. In che cosa è diversa la mia messa (se si può dire così) da quella degli altri battezzati? Per il rapporto di speciale alleanza con Dio, scaturito dalla mia consacrazione religiosa che pur trova consistenza e scaturisce dalla mia iniziazione cristiana, e non tanto per quello che posso fare o non fare, è una questione di essere e non di fare.

È la Sacra Scrittura che ci aiuta a comprendere, come sempre, questa speciale alleanza. Dio si scelse Israele per farne un popolo a Lui consacrato. Creato dall’amore gratuito di Dio, non per se stesso, ma in vista, a favore di tutte le nazioni. La sua singolarità sta nella sua elezione, nella sua particolare chiamata da parte di Dio, che si occupa di Lui in maniera tutta speciale, per il bene di tutte le nazioni.

Tutte le nazioni sono di Dio, ma di Israele, sua speciale proprietà, Dio può fare quello che vuole… anzi esso è la sua sposa con la quale ha stretto un’alleanza indissolubile, è ossa delle sue ossa e carne della sua carne.

 

La donna consacrata vive l’Eucaristia insieme a tutto il popolo di Dio

Anche l’uomo e la donna consacrati non vivono per se stessi, ma per Cristo che è morto e risuscitato e come Lui sono tutti tesi al Padre e ai fratelli, con un amore gratuito e totale, vissuto nella carità. Il Padre e i fratelli sono la ragione del suo esistere. La donna consacrata vive la domenica in mezzo al popolo di Dio e dice con la sua vita che i tempi messianici sono già iniziati, anzi che è possibile vivere già ora come nel tempo che verrà. L’assemblea da parte sua ha bisogno di questo segno, o carisma, per non dimenticare che tutti siamo destinati ad entrarvi.

L’Eucaristia è il luogo dove ciascuno, il consacrato in particolare, dice, nel segno, di voler fare, come Gesù, della propria vita un’obbedienza filiale al Padre, secondo il dono specifico. Nell’Eucaristia la donna consacrata impara da Gesù a rispondere alla sua vocazione e a fare come ha fatto Lui che ha consegnando tutto se stesso al Padre e ai fratelli.

 

Una carità a tempo pieno

La dinamicità che la consacrata è chiamata a tener viva per se stessa e per l’intera comunità parrocchiale è quella della carità, che è amore a Dio e al prossimo, non solo con quello che fa a tempo pieno, ma per quello che è a tempo pieno. Mi piace condividere con voi ciò che ho vissuto non tanto tempo fa, che rende concreto quanto detto. 

La visita a una signora molto malata. Non tanto tempo fa venni a conoscenza che sulle colline intorno a dove vivo c’era una signora molto malata di tumore e che il marito e i figli faticavano a vivere il tempo della prova con fede e coraggio. Con un gruppo di giovani impegnati iniziammo a pregare per la guarigione fisica e spirituale. Dopo non molti giorni la signora mi mandò a chiamare … Andai senza parole, perché sono momenti duri e misteriosi per tutti noi.

Ma ecco, arrivata dalla signora non servirono tante Parole… La signora stessa mi precedette: “La sua presenza mi dice: Dio, futuro luminoso, coraggio per credere, continuare a cercare e chiedere di avere la forza di fare la volontà di Dio”; ed ancora disse: “In certe ore della nostra vita non abbiamo bisogno di molte parole, perché abbiamo davanti il modello Gesù che ha dato tutto se stesso, e il letto è davvero il nostro calvario. La visita della Suora è balsamo sulle ferite, perché è come se il Signore si fosse chinato al mio capezzale”. Dopo questa visita ebbi la certezza che la carità a tempo pieno che il consacrato può fare non è solo il suo fare dei servizi, pur importanti, ma è davvero portare Gesù che si fa vita della nostra vita, carne della nostra carne, per donarlo al mondo intero.

 

L’Eucaristia domenicale

L’Eucaristia della domenica permette di guardare a Gesù come modello, ed avere la forza di fare come ha fatto Lui, lasciandoci usare per il bene di tutti. Il che a volte significa lasciarci spezzare e mangiare come fa Gesù sui nostri altari ogni domenica, giorno del Signore. Ed è proprio in questa Eucaristia che la consacrata allarga i confini della sua capacità di amare, di farsi dono, ma è anche qui che trova la sua vera identità, il suo colore, nel cuore della Chiesa e della comunità parrocchiale.

La consacrata trova la forza e la dinamicità per la sua vocazione e nello stesso tempo intesse un tessuto di relazioni all’interno della parrocchia e continua a fare della parrocchia una comunità, arricchita dal dono di molte vocazioni e ministeri per il bene di tutti. A tale riguardo penso ad alcune esperienze vissute all’interno della nostra comunità di Santa Margherita, dove svolgo un servizio di animazione del gruppo giovanissimi e giovani, dalla 2a alla 5a superiore. Tappe difficili della vita degli adolescenti e non meno difficile per gli animatori nel cercare strategie e linguaggi per potersi far capire.

Non meno faticoso il passaggio dal piacevole ritrovo settimanale nel gruppo, per trattare delle tematiche di contenuto, dove le motivazioni più forti spesso sembrano essere quelle dell’aggregazione, dell’amicizia, dello star bene insieme. La paziente attesa degli animatori e i costanti tentativi di cambiare le motivazioni hanno lo scopo di portare a comprendere e valorizzare il nostro appuntamento più importante che è quello dell’Eucaristia domenicale.

L’attesa a volte è lunga, ma noi animatori (qui con me il nostro Don Dino, Luca, Stefania e Paolo) ci siamo dati degli obiettivi ben precisi, cioè orientare il cammino verso il punto di arrivo della Eucaristia domenicale, per poi ripartire e ritornare alla vita di ogni giorno. Sappiamo che ci sono delle tappe intermedie, come pure degli obiettivi funzionali e questo ci fa guardare avanti con speranza e con perseveranza senza mollare mai i nostri giovani anche quando ci deludono… Come animatori cresciamo insieme… nelle diverse vocazioni, per essere dei testimoni per i nostri giovani e giovanissimi, sia quando si accorgono di noi, sia quando non si accorgono di noi.

Noi per primi ci siamo impegnati a vivere la nostra Eucaristia come crescita per poter essere in grado di stare accanto a quei giovani che il Signore e la comunità ci ha affidati. Nello stesso tempo scopriamo la bellezza di crescere insieme, perché le vocazioni che sanno crescere insieme sono certamente un segno della Chiesa comunione, estensione di quella comunione che si vive nell’Eucaristia e viene portata nelle nostre case, nelle nostre comunità e nella missione in cui siamo chiamati ad annunciare Gesù.

Nella nostra parrocchia ci sono varie forme di dono e di servizio gratuito: quella di cui ho parlato è legato alla mia vita di consacrata. Si potrebbe fare riferimento a tutto il sevizio catechetico, al gruppo solidarietà, ecc.

 

 

PAOLO PISONI

Catechista parrocchiale

 

A lui abbiamo chiesto:

L’Eucaristia domenicale cosa dona alle figure di laici impegnati nei ministeri ecclesiali? Quale identità definisce? 

Come le vocazioni laicali, ministeriali, contribuiscono alla celebrazione dei misteri di Cristo?

Quali le ricadute sui giovani e sui ragazzi?

Ho 21 anni e sono iscritto all’università di ecologia e lavoro in una cantina. Il mio ruolo nella parrocchia di S. Margherita è di catechista, quest’anno in particolare sono impegnato con il gruppo dei giovani e giovanissimi insieme a Luca e Stefania. Questi sono 2 dei 3 gruppi giovani che si incontrano settimanalmente in parrocchia.

 

La figura del catechista

Come per ogni cristiano, l’Eucaristia domenicale è una esigenza, un punto fermo della propria fede, ma proprio da questo incontro con Dio, da questo momento di condivisione da e con la comunità, nasce l’esigenza di impegnarsi concretamente ed attivamente nella vita parrocchiale.

La messa domenicale oltre a darmi la carica e la motivazione spirituale di partecipazione e di impegno, è per me una vera e propria fonte di istruzione a livello dottrinale (ritengo molto importante ad esempio i commenti alle letture) e una sorgente smisurata di entusiasmo e di gioia: due requisiti che caratterizzano le nostre celebrazioni. Questi elementi mi sono di reale aiuto nell’affrontare l’impegno catechistico. Nasce di qui la voglia di mettersi a servizio, di essere disposti a farsi carico degli altri, a servire donando l’Eucaristia nella nostra comunità: nel nostro caso specifico possiamo definire realmente partecipata, infatti è caratterizzata dalla animazione dei diversi momenti celebrativi da fare tutti i gruppi che coesistono nella parrocchia. Il risultato è una messa vissuta nel profondo, dove l’amore e la condivisione coinvolgono tutti intensamente donandosi la forza e la voglia di crescere e fare sempre meglio. Possiamo in questo modo vedere nei ragazzi, nei bambini e nei giovanissimi celebrare la fede con e nella comunità.

 

Il nostro impegno

L’obiettivo è quindi di appassionare i ragazzi (che si trovano in una età critica dal punto di vista della spiritualità) alla partecipazione alla comunità, per vivere pienamente la fede. Il nostro ruolo è quindi quello di organizzare i diversi servizi e mansioni all’interno della celebrazione.

Ad esempio i bambini si occupano della preparazione e della lettura delle intenzioni; i giovani si occupano dell’animazione e del coinvolgimento impegnandosi a cantare, suonare e all’offertorio. Gli adulti invece si impegnano nella preparazione dei commenti alle letture. Questa compartecipazione è il risultato del nostro impegno extraeucaristico. E in comunione rinnoviamo gli impegni dei diversi costituenti della comunità. L’Eucaristia diventa quindi la fonte essenziale da cui attingere le motivazioni principali e gli atteggiamenti fondamentali della nostra vocazione. I giovanissimi nell’ultimo periodo hanno l’impegno di accompagnare alla messa domenicale alcuni ragazzi disabili del quartiere, due dei quali in particolare non potrebbero partecipare alla S. Messa. Questo è un vero gesto di amore e carità concretizzato, un modo indiretto di partecipare all’Eucaristia, impegnandosi ad unire la comunità.

 

Conclusione

La parola di Dio ascoltata e celebrata deve tradursi in atteggiamenti concreti di amore-carità verso il prossimo. Non è sufficiente che gli adolescenti conoscano il mistero cristiano perché maturi in loro una mentalità di fede e neppure è sufficiente preparare belle celebrazioni coinvolgenti; è necessario dimostrare con la vita che Dio è un padre che ci chiama ad amare.