N.01
Gennaio/Febbraio 2014

In cammino verso le “cose grandi”

Come non ricordare il titolo di un famoso romanzo, che ha segnato gli anni di una intera generazione, la cosiddetta beat generation? Sulla strada – titolo originale On the Road – è un romanzo autobio­grafico dello scrittore statunitense Jack Kerouac e scritto nel 1951.
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati». «Dove andiamo?». «Non lo so… ma dobbiamo andare».
Tanto entusiastica è la partenza, tanto vuota e deludente è la per­manenza nel luogo a cui si è arrivati. Per Kerouac, questa è la meta­fora della vita: un messaggio denso di angoscia e privo di speranza; la descrizione di uno spazio vuoto esteriore che rivela un desolato e sconfinato vuoto interiore.
Come è lontano tutto ciò dal fil rouge che percorre riflessioni e proposte di questo numero di Vocazioni, il primo della annata 2014. È essenziale vivere con fermezza e tenacia la decisione di mettersi in cammino. Ciò significa uscire dalle abituali sicu­rezze in cui viviamo, sapendo di dover rinunciare a parecchie comodità, perché c’è una meta da raggiungere. Questo fa la differenza tra il pellegrino e il nomade. È come l’uccellino che lascia il suo ramo e il suo nido, che gli danno sicurezza, per cominciare a volare e a librarsi alto nel cielo. Uscire, partire, abbandonare: lentamente la paura si scioglie, come le nebbie del mattino al primo sole che riscalda.
Camminare significa “incontrare la strada”. Quando si parte si ha un cammino prestabilito, una personale “road map”, ma non sempre si riesce a seguire il cammino prestabilito; occorre mol­ta flessibilità e capacità di adattarsi alle nuove situazioni e ai tanti imprevisti. La strada presenta aspetti sempre nuovi, al di fuori della monotonia di abitudini personali spesso ripetitive, senza le quali ci pare di non poter vivere. Essa ci chiede di coniugare un cuore aperto a vivere l’avventura con la saggezza di avere una bussola in mano, per non perdere l’orientamento del cammino.
Camminare significa vivere i sentimenti dello stupore e della sorpre­sa. Le ricchezze della strada e del cammino non si dispiegano ad occhi superficiali o a passi frenetici: si possono cogliere le sfumature, ci si può fermare a contemplare, lasciando emergere in noi il senso dello stupore e della emozione che affascina. Un buon cammino aiuta il cuore ad esprimere la sua poesia interiore, a trovare e ad affinare il linguaggio senza parole, a vivere e gustare la straordinaria ricchezza dei simboli.
Fino in fondo… Talvolta la stanchezza prevale; essa rappresenta l’e­sperienza concreta del limite, della finitezza, della voglia di arrenderci. Continuare il cammino nella stanchezza significa sfidare la propria pigri­zia e scoprire che ognuno ha in sé riserve insperate di energie e risorse. Questo non è un atto di puro volontarismo, semmai il gusto dell’ascesi nella sua etimologia più vera: ascendere significa “salire in alto”.
«Ogni vocazione, pur nella pluralità delle strade, richiede sempre un esodo da se stessi, per centrare la propria esistenza su Cristo e sul suo Vangelo (…) Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole; andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per i grandi ideali!» (Papa Francesco, Messaggio per la 51a GMPV).