N.02
Marzo/Aprile 2017

Agnus Dei

(titolo originale: Les innocentes)

Regia: Anne Fontaine
Sceneggiatura: Sabrina B. Karine, Pascal Bonitzer, Anne Fontaine
Musica: Grégoire Hetzel
Interpreti: Lou de Laâge (Mathilde), Agata Buzek (Suor Maria), Agata Kulesza (Madre Superiora), Vincent Macaigne (Samuel), Joanna Kulig (Irena), Eliza Rycembel (Teresa), Anna Prochniak (Zofia), Katarzyna Dabrowska (Anna)
Distribuzione: Good Films
Origine: Francia/Polonia, 2016
Durata: 115’

 

 

La vicenda
Polonia, 1945. Mathilde, dottoressa della Croce Rossa francese in missione in Polonia, riceve un giorno una pressante richiesta da parte di una suora. Con una certa riluttanza si reca al convento e si trova di fronte ad una situazione drammatica. I soldati sovietici hanno ripetutamente violentato le suore e sette di loro, rimaste incinte, stanno per partorire. Rivelare l’accaduto significherebbe far chiudere il convento ed esporre le malcapitate alla vergogna e al disprezzo. Pertanto la Madre badessa vuole che tutto resti nascosto. Ma l’arrivo di Mathilde cambia le cose. La donna, che non è credente e che viene da una famiglia comunista, si scontra con il fanatismo della badessa e con la paura delle religiose. Poco alla volta diventa come una di loro, una donna che le aiuta a far venire alla luce i loro bambini e a far emergere, pur tra mille difficoltà, la loro vera vocazione. Quando si viene a sapere che la badessa, per evitare lo scandalo, abbandonava i neonati in mezzo al bosco, suor Maria, nel frattempo diventata amica e confidente di Mathilde, si rivolge a quest’ultima per avere aiuto. La dottoressa ha un’idea geniale: per evitare lo scandalo e salvare i bambini è necessario che le suore accolgano altri bambini orfani, così nessuno si chiederà da dove vengano i figli delle suore. Così infatti avviene. E quando Mathilde se ne andrà per la sua strada, riceverà il ringraziamento di quelle suore che hanno trasformato il grigiore del convento in una comunità gioiosa di vita.

II racconto
La struttura è lineare e presenta un’ellissi nel finale. All’inizio del film una scritta avverte: «Questa storia è ispirata a fatti veri». Poi la didascalia: «Polonia, dicembre 1945».

Introduzione.
Il rifiuto. La prima immagine mostra un gruppo di suore che si recano nella cappella del convento per cantare le lodi. Si sente un urlo di dolore. Una novizia, di nascosto dalla badessa, esce dal convento e va a cercare un medico. Si reca, condotta da alcuni bambini che popolano le strade in cerca di qualche spicciolo, presso la missione della Croce Rossa francese. E qui s’incontra con la protagonista, Mathilde, che però non può fare niente per lei («Qui ci sono soltanto pazienti francesi»). E, di fronte alla suora che insiste, la manda via e la invita ad andare alla Croce Rossa polacca.

1a parte
L’assistenza. Poco dopo, però, guardando fuori dalla finestra, vede la suora inginocchiata in mezzo alla neve che prega con le mani giunte. Mathilde resta colpita da quella scena e, dimostrando una sensibilità non comune, decide di recarsi al convento. Qui trova suor Zofia che urla dal dolore, assistita dalla badessa e da suor Maria. Le viene detto che suor Zofia è stata ripudiata dalla famiglia e che viene assistita dal convento nel più grande riserbo. Mathilde assicura il suo silenzio e, visto che il bambino non è “in posizione”, decide di operare la suora. Il film sottolinea la diffidenza che esiste nei confronti di Mathilde. Infatti quando questa esprime l’intenzione di ritornare l’indomani per assicurarsi che non ci siano complicazioni, suor Maria le dice che non è necessario. E, di fronte a Mathilde che osserva: «Non capisco la sua riluttanza; è una cosa molto semplice», suor Maria risponde: «Ciò che è semplice per lei non sempre lo è per noi». Ma Mathilde insiste e ottiene di poter tornare di nascosto, all’alba, quando le suore sono in chiesa per la messa.
Tornata alla sua missione, Mathilde viene rimproverata dal dottor Samuel per aver fatto tardi e per essere assonnata; così come la novizia che era andata a chiamarla viene rimproverata e punita dalla badessa per aver infranto una delle regole fondamentali del convento, l’obbedienza. L’indomani Mathilde, che non può disinfettare la ferita perché suor Zofia non vuole, viene a sapere, con sorpresa, che il bambino non c’è più. Le viene detto che la badessa l’ha affidato alla zia di Zofia, una donna devota che ha già dei bambini. Mathilde sta per andarsene quando un’altra suora, Anna, sviene rivelando di essere incinta anche lei.

2a parte
Il servizio. La badessa è costretta a rivelare tutto a Mathilde: «Abbiamo subito la persecuzione dei Tedeschi e poi sono arrivati i Russi. Per noi quando hanno fatto irruzione nel nostro convento è stato un orrore indicibile, che solo l’aiuto di Dio ci aiuterà a superare». Dopo suor Zofia ci sono ancora sei sorelle che devono partorire. Mathilde osserva che l’aiuto di Dio non può bastare, che è necessario trovare una persona esperta: «Farò venire qui una levatrice della Croce Rossa polacca». Ma la Madre ribatte: «Se lo fate sarà la fine del nostro convento. Verrà chiuso. Se verremo espulse saremo esposte al pubblico ludibrio e rischieremo la vita; verremo cacciate, molte di noi moriranno. Io ho il dovere di proteggere il nostro segreto». Mathilde però minaccia di dire tutto ai suoi superiori, costringendo la badessa a un compromesso: accetta l’aiuto a patto che sia solo lei a prendersi cura delle suore.
Mathilde ha una relazione amorosa con il dottor Samuel, un medico ebreo ostile ai Polacchi perché i suoi genitori sono morti nel ghetto di Varsavia tra l’indifferenza della popolazione. Ed è significativo che, durante un loro incontro, la donna chieda al suo partner: «Adesso che c’è il nuovo regime che succederà alla chiesa polacca?». È un primo segno di interessamento, anche se non ancora di partecipazione.
Il film si sofferma poi a mostrare il dramma di quelle suore. Una è in crisi di fede: «Non riesco più a conciliare la mia fede con questo fatto atroce. Eppure Dio, di cui mi considero la sposa, ha voluto così. (…) E questa vita che ha messo a forza dentro di me? Che presto verrà alla luce? Che vuole che ne faccia?». La badessa la invita a pregare: «È la nostra sola consolazione». Suor Maria cerca di consolare Zofia: «Sua zia ha accolto il bambino come un dono di Dio. Lo amerà come fosse suo figlio. Lo so è una prova molto dura, ma rafforzerà la sua fede e la sua vocazione».
La badessa invita le suore a farsi visitare dalla dottoressa. Ma non è così facile: le suore temono la dannazione. Suor Maria spiega: «So bene che può sembrare incomprensibile agli occhi del mondo, ma, malgrado quello che ci è successo, dobbiamo onorare il nostro voto di castità. Non possiamo mostrare il nostro corpo e ancora meno possiamo farci toccare: è peccato». Ciononostante suor Maria vorrebbe convincere le sorelle, ma senza riuscirvi. Mathilde allora se ne va pensierosa.
Ma mentre cerca di tornare alla missione in piena notte, viene bloccata da alcuni soldati sovietici che tentano di stuprarla. Si salva grazie all’intervento di un ufficiale, ma è costretta a tornare indietro e a chiedere di passare la notte al convento.

3a parte
La vicinanza e la partecipazione. Questo terribile episodio scuote profondamente Mathilde, che piange. Ma nello stesso tempo l’avvicina sempre più a quelle suore che hanno subito violenza. Se finora il suo comportamento era molto professionale, e quindi un po’ distaccato, ora diventa partecipe, e Mathilde comincia a vedere le cose dall’interno, dal punto di vista delle suore. È molto significativa l’immagine di Mathilde che si sveglia nel convento. Al muro c’è un crocifisso. Si sente il canto delle suore. La donna va nella cappella dove sono riunite le sorelle in preghiera e scopre un mondo nuovo, a lei estraneo, ma affascinante e attraente (la zoomata su di lei fa chiaramente capire la sua meraviglia di fronte a quel clima di serenità e di pace, nonostante tutto).
Improvvisamente fanno irruzione dei soldati sovietici che vogliono perquisire il convento. Le suore sono terrorizzate. Ma interviene Mathilde che spaventa i soldati parlando di un’epidemia di tifo e li fa scappare. Naturalmente ciò le procura la riconoscenza di tutte le suore che la ringraziano e la benedicono: «È Dio che l’ha mandata qui da noi». Anche la badessa la ringrazia per la sua presenza di spirito.
Un bellissimo dialogo tra Mathilde e suor Maria fa capire che ora le due donne sono vicine e possono confidarsi come due amiche o due sorelle (anche la figurazione sottolinea questa loro empatica vicinanza). Mathilde accusa la badessa di orgoglio perché, pur essendo stata violentata, anche lei rifiuta di farsi visitare. Suor Maria osserva: «È la madre di tutte noi; non possiamo giudicarla». Poi si confida: «Ogni giorno io rivivo quello che è successo; sento ancora il loro odore. Sono tornati tre volte e ogni volta ci hanno…
Normalmente uccidono le loro vittime; è un miracolo che non l’abbiano fatto. Io sono stata più fortunata delle altre. Io avevo già avuto un uomo nella mia vita precedente; la maggior parte delle sorelle era vergine». E di fronte a Mathilde che chiede: «E nessuna ha perso la fede?», risponde: «Sa, la fede è un mistero. All’inizio sei come un bambino che tiene per mano suo padre e che si sente al sicuro. Ma viene un momento, e io credo che venga per tutti, in cui il padre lascia la mano. Ti senti perduta, sola, nella notte. Chiami ma nessuno risponde. Ti coglie di sorpresa. Ti colpisce al cuore ogni volta. Questa è la nostra croce; dietro a ogni gioia c’è una croce».
Poi Mathilde ritorna alla missione dove viene redarguita dal colonnello che minaccia di rimandarla in Francia per essersi esposta a dei pericoli e per aver trascorso la notte fuori dalla missione. In un colloquio con Samuel che la rimprovera di essere comunista e di credere a un avvenire radioso, a un domani spensierato, la donna, significativamente, risponde: «Bisogna pur credere in qualcosa».

4a parte
La scelta. Nonostante le parole del colonnello, Mathilde, di notte, in bicicletta, fa ritorno al convento. Riesce a visitare la badessa che ha la sifilide in fase avanzata, ma che rifiuta le cure. Raccoglie le confidenze di una suora che dice di aver perso la fede e che esprime l’intenzione di andarsene una volta partorito. Ma soprattutto intensifica il rapporto con suor Maria. Le due donne mangiano insieme e si confidano reciprocamente. La suora lamenta che da cinque anni tutte loro vivono nella paura e che il nuovo potere non sarà certamente migliore. Per la prima volta anche Mathilde si confida e parla di sé: «Quando mi sono arruolata nella Croce Rossa non avevo ancora terminato gli studi. Da un giorno all’altro mi sono trovata a fare la portantina durante la liberazione di Parigi. Glielo confesso, mi sono pisciata addosso più volte, ma sapevo che avrei salvato delle vite».
C’è anche spazio per qualche momento di serenità: una suora suona il piano, altre giocano a dama, altre ancora ricamano: Mathilde se ne sta lì in mezzo a loro, come una di loro. Improvvisamente suor Ludwika partorisce prematuramente. Suor Maria vorrebbe andare subito ad avvisare la badessa, ma Mathilde le dice di aspettare. E di fronte alla suora che obietta: «Ho il dovere dell’obbedienza», Mathilde ribatte: «Ora ha un dovere più grande: proteggere la vita di questa bambina». Visto che la madre la rifiuta, la bambina viene portata a suor Zofia che la allatta.
Molto interessante il dialogo che intercorre tra Mathilde e suor Maria, a dimostrazione di una vicinanza spirituale sempre più intensa.
La suora regala a Mathilde il vestito che aveva quando entrò in convento e ammette di aver avuto molti corteggiatori e di essere stata civettuola. Mathilde le chiede se non si è mai pentita della scelta che ha fatto. Al che la suora risponde: «La fede è ventiquattro ore di dubbio e un minuto di speranza. È stato difficile adattarsi alla disciplina, e anche alla castità. So bene che la felicità non è lo scopo che perseguiamo, ma, senza la guerra, senza l’orrore di ciò che è successo, potrei dirle di essere felice». Mathilde: «È fortunata». Suor Maria: «Lei no?»; «Non saprei»; «Che cosa le manca?»; «Cerca di convertirmi?»; «Glielo chiedo sinceramente»; «Nessuno saprebbe rispondere, nessuno al mondo».

5a parte
Il coinvolgimento. Mathilde fa ritorno alla missione dove trova il colonnello che annuncia che alla fine del mese faranno i bagagli: alcuni di loro torneranno in Francia, altri andranno a Berlino, nella zona francese. A sentire queste parole Mathilde va in crisi e si mette a piangere: cosa ne sarà di quelle suore senza di lei? Samuel vorrebbe sapere il motivo di quelle lacrime, ma Mathilde mantiene il segreto.
Dopo alcuni giorni una suora sta per partorire. Suor Maria telefona a Mathilde. Allora la donna prende una decisione; è necessario coinvolgere anche Samuel: «Ho bisogno di lei. Mi ascolti, ma non mi sgridi». Entrambi si recano al convento e, dopo aver vinto la resistenza della badessa, si mettono a visitare le suore.
Poi vanno a vedere la bambina affidata a Zofia. Ma nel frattempo arriva anche la badessa che non era stata informata della nascita della bambina e che vuole a rapporto suor Maria. La badessa rimprovera aspramente suor Maria: «Lei mente per via di quella francese. Avevo ragione a non fidarmi di lei. Ha portato qui scandalo e disonore». Suor Maria obietta: «Mi perdoni, ma scandalo e disonore erano già qui». Ma la badessa non vuole sentire ragione e si fa consegnare la bambina.
Di nascosto, la porta in mezzo al bosco e, dopo averla battezzata, l’abbandona davanti ad una croce, in mezzo alla neve. Poi, chiusa nel suo fanatismo, si rivolge al Signore: «Ti supplico, apri le porte del tuo regno. Dammi il coraggio di proseguire il cammino che ho scelto. Aiutami a portare questa pesante croce. Aiutami!».
Nel frattempo Mathilde e Samuel fanno nascere altri due bambini che vengono affidati alle loro madri. Ma Zofia, che aveva notato le mosse della badessa, dopo aver cercato invano la bambina, disperata, si suicida.
Mathilde e Samuel fanno ritorno alla missione. La donna è sconvolta e l’uomo cerca di incoraggiarla: «Non pianga, non è stata colpa sua. Lei ha fatto il suo dovere di medico. È stata una tragica fatalità. Sa, non tutti sarebbero in grado di fare quello che ha fatto lei. Altri si sarebbero fatti prendere dal panico».

6a parte
La ribellione e l’apertura alla vita. Quando suor Maria si rende conto della sorte che la badessa riservava ai neonati, reagisce con forza e si scontra con la superiora: «Madre, la supplico, mi dica la verità. Che ne ha fatto della bambina?» La badessa tenta di giustificarsi dicendo di averla affidata alla misericordia di Cristo. Poi si chiude in se stessa e caccia suor Maria.


Nel frattempo anche suor Irena partorisce. Questa volta non c’è Mathilde ad aiutarla, ma suor Maria. Un primo piano particolarmente intenso fa capire che la suora ha preso una decisione, quella che le aveva suggerito Mathilde: superare il dovere dell’obbedienza per prendersi cura della vita. Ed ecco suor Maria che, assieme a suor Irena e ai bambini appena nati, si reca alla missione a chiedere aiuto a Mathilde. Ora è lei che dorme fuori dal convento, con un gesto di ribellione che esprime il cammino interiore fatto dalla donna.
Anche suor Irena esprime la sua decisione: «Io sono madre. Lo sarò per sempre. È mio figlio, ha diritto ad avere il mio amore… porterò avanti la mia vocazione in modo diverso. Dio mi guiderà». Poi, rivolgendosi a Mathilde, continua: «Le devo molto. Non lo dimenticherò mai, grazie».
A questo punto Mathilde, guardando uno dei tanti ragazzini orfani che vivono nella strada, ha un’idea.
Ed ecco le tre donne fare irruzione nel convento con un gruppo di bambini, mentre le suore sono riunite nel refettorio. Mathilde fa la sua proposta: «Sorelle, Madre, ascoltateci un momento. Questi orfani vivono nella strada. Potreste accoglierli. In questo modo nessuno vi chiederà da dove vengono i vostri figli. Potete tenerli e crescerli senza paura». È chiara l’idea di Mathilde: la vergogna e lo scandalo non si superano eliminando delle vite innocenti, ma, al contrario, accogliendone delle altre.
Ora anche le altre suore vengono a conoscenza del comportamento della badessa, che tenta una disperata giustificazione: «Vi ho risparmiato la vergogna e il disonore. Ho peccato per salvare voi».
Finalmente Mathilde può partire per un’altra destinazione con la consapevolezza di avere, anche questa volta, salvato delle vite.

Epilogo
La riconoscenza. Tre mesi dopo le suore sono riunite per far festa in occasione della cerimonia dei voti. Tutte, tranne la badessa, che rimane a letto in preda ai suoi rimorsi. Le suore si preparano per fare una foto assieme ai quei bambini che ormai vivono nel convento. Foto che viene poi inviata a Mathilde con queste bellissime parole da parte di suor Maria: «Cara Mathilde, le nuvole oscure sono state scacciate. Il sole è tornato a splendere nel cielo. E lei, lei è nei nostri cuori. Forse ci saranno altre guerre, altri pericoli ci minacceranno. Presto diventerà difficile scriverle. Ma qualunque sarà il futuro che ci aspetta, sono pronta ad affrontarlo. Io so, anche se questo la fa ridere, che è stato Dio a mandarla. Che Lui l’accompagni nelle sue prove e che la gioia non l’abbandoni mai.». L’ultima immagine è quella delle suore circondate dai bambini, circondate dalla vita.

Significazione
Mathilde è una donna non credente, che si dichiara comunista (anche se dice di non aver mai avuto alcuna tessera). È una donna sensibile che ha sempre cercato di salvare vite umane, nonostante la paura e i pericoli. Viene a contatto con un mondo a lei sconosciuto (quello delle religiose) che inizialmente rifiuta. Ma poi nasce in lei un sentimento di pietà, che diventa solidarietà, amicizia, empatia con altre donne che, come lei, cercano la loro strada. Con determinazione sfida i rimproveri dei superiori e l’ostilità iniziale delle suore. Si mette al servizio di queste, salvandole dai soldati sovietici, aiutandole a scoprire la loro vera vocazione e a far nascere la vita che è in loro. Tutto questo porta le religiose a superare certe remore e certi “doveri” legati alla loro condizione e ad aprirsi alla vita con gioia e serenità.

Idea centrale
La vocazione più grande è quella di mettersi al servizio della vita umana, anche quando per difenderla è necessario andare contro certe regole o certi doveri che, pur importanti, vengono dopo nella scala dei valori.