N.05
Settembre/Ottobre 2017

L’ordine delle cose

Regia: Andrea Segre
Sceneggiatura: Marco Pettenello, Andrea Segre
Fotografia: Valerio Azzali
Musica: Sergio Marchesini
Interpreti: Paolo Pierobon, Giuseppe Battiston, Valentina Carnelutti, Olivier Rabourdin, Fabrizio Ferracane, Yusra Warsama, Roberto Citran, Fausto Russo Alesi, Hossein Taheri
Distribuzione: Parthénos distribuzione
Durata: 112’
Origine: Italia/Francia, 2017

 

Il regista
Dopo i suoi due primi lungometraggi – Io sono Li e La prima neve  Andrea Segre continua ad affrontare temi di straordinaria attualità In questa sua ultima opera affronta direttamente – e quasi profeticamente – il problema del blocco dei migranti verso l’Italia da part della Libia, con tutte le conseguenze di carattere umanitario che ne derivano.

La vicenda
Corrado Rinaldi è un alto funzionario del Ministero degli Interni italiano specializzato in missioni internazionali contro l’immigrazione clandestina. Viene mandato in missione in Libia per cercare di arginare il fenomeno dei viaggi illegali verso l’Italia. Ma nella Libia del post-Gheddafi le cose sono maledettamente complicate e Corrado deve barcamenarsi tra i vari poteri e le varie fazioni in lotta tra di loro per cercare di ottenere qualche risultato. All’inizio non riesce ad ottenere molto, ma in seguito, grazie alla sua abilità e a una buona dose di cinismo, ottiene il coinvolgimento della Guardia Costiera libica che inizia a bloccare i viaggi verso l’Italia. Ma durante il suo lavoro incontra Swada, una donna somala che sta cercando di scappare dalla detenzione libica per raggiungere il marito che si trova in Finlandia. Questo rapporto umano mette in crisi la determinazione di Corrado che cerca di aiutare la donna, arrivando addirittura a pensare di andare contro la legge per farla fuggire. Ma, ritornato a casa, viene riassorbito dagli affetti familiari e dal quieto vivere e abbandona la donna al suo destino.

Introduzione
All’inizio ci sono alcune didascalie che precisano quanto segue «Dopo gli accordi di Schengen, l’immigrazione irregolare è diventata un problema comune per gli Stati dell’Unione europea che hanno dato inizio a un sistema congiunto di controllo intensificando la collaborazione con le polizie degli Stati extraeuropei. Per gestire questo sistema è stata creata una task-force…».
«I personaggi e i fatti qui narrati sono interamente immaginari. È autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce».
Le prime immagini presentano subito il protagonista, Corrado, nel suo ambiente sociale e familiare, di grande importanza nell’economia del film. Lo vediamo passeggiare sull’argine del fiume Bacchiglione a Tencarola, vicino a Padova. Come si dirà in seguito, si tratta di una zona tranquilla e signorile, piena di verde, con belle ville e giardini curati. Corrado, che è stato un olimpionico di spada, ama giocare con la scherma virtuale in casa, circondato da una moglie dolce, da una figlia affettuosa e da un figlio (momentaneamente all’estero) rispettoso. Il film mette subito in evidenza una caratteristica del protagonista, quella dell’ordine. All’inizio lo vediamo portare fuori il bidone della spazzatura e sistemare quello dall’altra parte della strada che era fuori posto; in seguito, durante i suoi viaggi, lo si vedrà sistemare con cura la biancheria sul letto in modo quasi maniacale, raccogliere la sabbia dei vari luoghi in cui si reca in tante bottigliette ben sistemate, ecc. È chiaro fin d’ora chetale “ordine” (in senso lato) è quello che dà origine al titolo del film e anche quello che ne determinerà il finale.
In seguito lo vediamo in Prato della Valle a Padova in compagnia del sottosegretario Grigoletto che gli affida, a nome del ministro, la missione di andare in Libia per ottenere la riduzione degli sbarchi sulle coste italiane: il ministro si fida di lui e delle sue provate capacità.

1a parte
Corrado arriva a Tripoli, accolto da Luigi, un amico dell’ambasciata italiana, e, più tardi, incontra il suo omologo francese, Gérard Martin. Dopo essersi sistemato in una bella suite, Corrado, assieme a Luigi e Gérard, si reca in visita ufficiale al Centro di detenzione di Zauia. Qui incontra il direttore del Centro, un certo Alì, un tizio poco raccomandabile che fa subito presente che in quel luogo, fatto per ospitare duecento persone, ce ne sono quasi trecento: «Però, se viene messo a posto, ne può ospitare fino a mille». Questo è quello che possono permettersi con i fondi che ricevono dall’Europa. La situazione è drammatica: violenze, soprusi, condizioni di vita disumane.
Corrado scopre che, nascosto in una cella, c’è anche il cadavere di un giovane somalo. Corrado protesta e si scontra con Alì. Ed è proprio qui che Corrado incontra Swada, sorella del giovane ucciso, che riesce a consegnargli una micro card con la preghiera di farla avere a un suo zio che vive a Roma.
Più tardi la delegazione si incontra con Yusuf, il capo che gestisce i soldi per far funzionare il Centro. All’inizio c’è un’atmosfera distesa, anche se una battuta di Corrado la dice lunga su quella particolare situazione: «Che mondo assurdo. Stiamo bevendo del vino cileno in una casa libica, con un amico francese, mentre cerchiamo di impedire agli africani di andare in Italia». Corrado annuncia a Yusuf che l’Unione europea e il governo italiano vorrebbero collaborare con lui, trasformando il suo Centro in una struttura strategica. Yusuf osserva: «So che oggi avete visto qualcosa di sgradevole». E, di fronte alla risposta: «Sì, molto sgradevole», obietta: «Sapete questo da cosa dipende? Una parola sola: soldi. Senza soldi ho pochi uomini. Devo pagarli poco e non posso chiedere loro di lavorare tutto il giorno». Corrado allora gli spiega il piano: «Oltre a quelli che fermate a Zauia, porteremo anche molti immigrati illegali fermati dalla Guardia costiera che inizierà a fermarne sempre di più. L’Europa ha bisogno del suo aiuto e potrebbe aiutarla ad aprire nuovi Centri e renderli molto efficienti, più vivibili, nel rispetto dei diritti umani. Ed è per questo che sarebbe importante incontrarci anche a Tripoli, al fine di sviluppare un coordinamento migliore con la Guardia costiera». Ma qui si scopre che tra Yusuf e quelli della Guardia costiera non corre buon sangue, anzi, come dice Luigi: «Si fanno la guerra da sempre e se la faranno per sempre. Questo non è il solito paese sfigato dell’Africa. Qui il potere è una cosa seria, ed è tribale».
In albergo Corrado gioca di scherma e parla coi figli via Skype. Si viene a sapere che ha in progetto di andare a Roma con la moglie in occasione dell’anniversario del loro matrimonio. Ma Corrado è pensieroso: inserisce la micro card nel computer e incomincia a fare delle ricerche su Swada: foto, contatti, filmati, ecc. Il suo interesse per le sorti della donna incomincia a manifestarsi.
Nell’incontro con il commissario europeo Kohler, Corrado propone di investire i fondi europei nel Centro di Zauia per trasformarlo da luogo di detenzione in un hotspot, cioè un Centro per l’identificazione e la richiesta d’asilo. Ma Kohler parla della necessità di garantire i diritti umani e obietta, a proposito di Yusuf: «Abbiamo fondati sospetti che quest’uomo stia facendo accordi con i trafficanti». Corrado conferma: «Direi piuttosto che ne siamo certi. I suoi uomini forniscono regolarmente gli immigrati ai trafficanti fino ad ora. Ma potrebbe lasciar perdere se noi gli offrissimo qualcosa di meglio. Potremmo addirittura fargli rispettare gli standard dei diritti umani». Kohler osserva che dovrebbe essere il contrario, ma promette di prendere in considerazione la proposta. È significativo, però, che dopo tale incontro, Martin annunci le sue dimissioni: è stanco di fare quel lavoro che evidentemente considera “sporco”.
Corrado e Luigi s’incontrano poi con Mustafa, il capo della nuova Guardia costiera alla quale l’Italia ha fornito strumenti per l’intercettazione dei barconi. Corrado è esplicito: «Non possiamo più aspettare. Noi vogliamo che fermiate le barche presenti in acque libiche in modo sistematico tutte le volte che da Roma ve le segnaliamo su quei monitor. La mia non è una missione qualsiasi ho un mandato diretto del ministro».
Prima di tornare in Italia, Corrado si reca nella Medina di Tripoli e acquista un paio di orecchini da regalare alla moglie.

 2a parte
Corrado e la moglie sono a Roma per festeggiare il loro anniversario. Corrado, dopo averle regalato gli orecchini, le racconta di Swada e della sua richiesta di far pervenire la micro card a suo zio che si trova proprio a Roma. Corrado è titubante, ma la moglie lo invita a farlo.
Il protagonista si incontra con Grigoletto che lo rassicura: «I finanziamenti andranno tutti dove ha chiesto lei». È un primo successo della strategia di Corrado, che deve tornare in Libia dopo due settimane, ma che nel frattempo ospita Mustafa della Guardia costiera libica, gli dà istruzioni e lo porta in gita a Venezia.
A casa, Corrado gode di un po’ di tranquillità: parla con la figlia e la moglie, sistema le sue bottigliette di sabbia, ecc. Ma veniamo anche a sapere che si sente responsabile della morte di un uomo, uno spacciatore che, anni addietro, fece lo sciopero della fame che lui non fermò. Inoltre, quasi istintivamente, scrive una mail a Swada per informarla di aver consegnato la micro card e per sapere come sta.
Ma a Roma il ministro non è soddisfatto perché gli sbarchi continuano come prima. In un incontro dal clima teso, il ministro rimprovera Corrado: «Capisco le difficoltà, Rinaldi, ma sinceramente mi aspettavo qualcosa di più». Corrado chiede più tempo, ma il ministro obietta: «I soldi sono pochi, il tempo ancora meno. E se decidiamo di finanziare una missione è perché abbiamo bisogno di risultati. Non l’abbiamo mandata in Libia per fare una vacanza. Lì c’è il rubinetto che regola i flussi e lei lo deve e lo può chiudere». Corrado ribatte: «Il problema è che non ha senso fermare le barche in partenza senza prima garantire che l’hotspot di Zauia funzioni e non continui invece ad essere uno snodo di commercio dei trafficanti, altrimenti la pressione andrebbe tutta sulla costa». Ma il ministro è irremovibile: «Ai Centri ci penseremo dopo. Rinaldi, la gente non ce la fa più. Noi siamo il Paese che salva le vite umane. Ma non possiamo continuare a fare entrare tutti. Ho già concordato con il commissario europeo una conferenza stampa per i primi di maggio, non ho più tempo. Vedete per quella data di farmi avere qualcosa di “notiziabile”». Corrado se ne va amareggiato e arrabbiato.
In albergo Corrado mette in ordine le sue camicie sul letto e, inaspettatamente, riceve una chiamata via Skype da Swada. I due conversano come fossero amici. La donna dice di trovarsi a Sabra-tha in attesa di imbarcarsi e non vede l’ora di andare in Finlandia dove suo marito studia matematica all’Università. Corrado le mostra uno squarcio di Roma e poi diventa pensieroso.
In seguito si reca a Palermo per ascoltare un testimone che denuncia gli sporchi traffici di Yusuf: «Prendono i soldi dai clandestini per farli fuggire dalla prigione che gestiscono. Poi li vendono a quelli di Sabratha». 

3a parte
Corrado torna in Libia e cambia tattica. Forte delle testimonianze ricevute, decide di “bruciare” Yusuf a favore di Mustafa, vista l’inimicizia tra i due. Yusuf perderebbe così tutti i finanziamenti che andrebbero a qualcun altro per l’apertura di un nuovo hotspot. In compenso Mustafa deve impegnarsi a bloccare tutte le imbarcazioni in partenza: «I mezzi ve li abbiamo dati; i vostri uomini ormai sono tutti addestrati. Siete voi che dovete fare qualcosa adesso». Di fronte alla titubanza di Yusuf, Corrado bleffa e gli dice che ci sono delle testimonianze anche contro di lui.
Finalmente arrivano i primi risultati concreti. I mezzi della Guardia costiera intervengono e bloccano le partenze. Corrado si reca sul posto, soddisfatto, ma resta sconvolto quando vede che tra quei profughi fermati che verranno rimandati a Zauia c’è anche Swada.
Allora prende una decisione. Si fa portare di notte al Centro di Zauia, con il pretesto di fare un’ispezione, per incontrare la donna.
La trova, le parla, le promette che cercherà di aiutarla. Si scontra anche con Alì, che, avendo intuito il suo interesse per quella donna, cerca di “vendergliela”. Corrado sta pensando come fare. Chiede ad un funzionario dell’ambasciata di informarsi se è possibile organizzare un trasferimento in Finlandia. Questi avanza delle riserve: «Pagare Yusuf proprio adesso per far uscire una persona mi sembra una cosa sconveniente: la potrebbero ricattare. Questo complicherebbe molto le cose». Ma Corrado insiste: intanto s’informi, poi si vedrà.
In albergo Corrado consulta ancora il sito di Swada. Trova delle foto e ascolta la donna che recita delle preghiere accorate ad Allah per ottenere protezione durante quel viaggio pericoloso. È significativo che le parole di Swada si sentano mentre Corrado continua a mettere in ordine le sue cose. Poi lo vediamo svuotare le bottigliette di sabbia, che viene buttata via. Sembra il segno di un cambiamento di rotta, di una decisione fuori dal comune. Ma quando il funzionario lo viene a prendere per portarlo all’aeroporto e gli comunica che: «La cosa non si potrebbe fare. Ma si può fare. Settantadue ore al massimo la fanno partire», Corrado prende tempo: «Entro stasera le faccio sapere». Poi lo vediamo ancora alle prese con un uovo sodo che non vuole stare al suo posto, cioè in ordine.
Poi si prepara alla partenza. Il ministro si è congratulato con lui e si è anche scusato per averlo trattato male. Anche Luigi si complimenta per i risultati ottenuti e lo saluta: «Adesso te ne torni a casa, ti godi la tua famiglia». Corrado è contento: «Torna anche mio figlio. Sono sei mesi che non lo vedo».

Epilogo
Vediamo Corrado che fa una gara di scherma con il figlio, vincendo per un punto. Poi i due s’abbracciano affettuosamente e vanno verso casa. Prima di entrare per mettersi a tavola con tutta la famiglia riunita, Corrado telefona al funzionario e, inaspettatamente, dice: «Per quanto riguarda la ragazza lasciamo stare, non facciamo nulla». Poi esita ad entrare, resta con lo sguardo fisso, i suoi occhi diventano lucidi.
L’ultima immagine, particolarmente significativa, riprende dall’esterno la famiglia riunita che cena in un clima di serenità. C’è una carrellata all’indietro che allarga il campo e mostra quella bella casa, ben arredata, dove la tranquillità e il quieto vivere dominano incontrastati. Una musica e un canto dolente si sovrappongono a quell’immagine in cui domina l’ordine delle cose.

Significazione
Il primo filone mette in risalto un certo tipo di politica preoccupata solo di ottenere risultati immediati, mettendo in secondo piano i diritti umani. Corrado è una pedina di tale politica. Anche se non è d’accordo ed è sovente perplesso, deve comportarsi pragmaticamente e, grazie alle sue capacità e a mezzi non sempre ortodossi, riesce ad ottenere risultati “notiziabili”.
Nel secondo filone emerge l’umanità di Corrado, che è un uomo attento e sensibile. Lo dimostra la sua vita in famiglia e l’attenzione che manifesta nei confronti di Swada (oltre a un senso di colpa che forse si porta addosso). Quando s’accorge che proprio i risultati da lui ottenuti impediscono la partenza di Swada, rimane sconvolto e si dà da fare. Arriva anche a pensare di trasgredire la legge pur di compiere un atto di umanità e di bontà. Sta per farlo, ma il ritorno tra le belle mura domestiche, il sapore degli affetti familiari, la tranquillità e il quieto vivere glielo impediscono.

Idea centrale
All’interno di una politica che sembra aver abdicato ai propri principi negando diritti e libertà a esseri umani, ci sarebbe spazio per un gesto di umanità da parte delle persone, ma l’ordine delle cose e l’amore per la tranquillità (il mondo in cui viviamo, «un mondo tanto rassicurante quanto inquietante») impediscono a tale gesto di essere compiuto.