N.02
Marzo/Aprile 2018

Caravaggio. Cattura di Cristo

Caravaggio. Cattura di Cristo

 Testo biblico (Mt 26, 47-56)

47Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: “Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!”. 49Subito si avvicinò a Gesù e disse: “Salve, Rabbì!”. E lo baciò. 50E Gesù gli disse: “Amico, per questo sei qui!”. Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. 51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52Allora Gesù gli disse: “Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?”. 55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: “Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. 56Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti”. Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

 

Il discepolo che Gesù amava nell’orto degli ulivi

l’Artista

Senza ripercorrere la vita e l’opera pittorica del Caravaggio[1], qui ci limiteremo a considerare avvenimenti storico-artistici che riguardano il periodo in cui fu dipinta la “cattura di Cristo” (1602). Già dal 1592, anno in cui lascia la sua terra di origine, Caravaggio vive a Roma. Per diversi anni viene accolto in casa del cardinal Del Monte, suo protettore. Dal 1601 è ospite del cardinal Mattei e di suo fratello Ciriaco, grande collezionista d’arte; in questo contesto, Caravaggio esegue diverse opere fra cui la “cattura di Cristo. Possiamo supporre che il Caravaggio si sia lasciato suggerire l’iconografia e l’ambientazione dal cardinale, fratello del committente; egli, in qualità di protettore dei frati minori osservanti, sosteneva i principi etici dell’ordine Francescano che ritroviamo espressi nel Cristo caravaggesco.

Caravaggio entra in relazione con alti prelati che ne magnificano la fama; è il periodo in cui riceve committenze per pale d’altare e tele a  soggetto sacro. Si distingue per la realtà delle sue opere: nei suoi dipinti si ispira a modelli tratti dalla quotidianità, ai luoghi che frequenta, malfamati e di dubbia moralità, dove i modelli per le sue madonne sono prostitute; alcuni committenti rifiutano le opere perché vi riconoscono personaggi negativi della cronaca di quel tempo.

Ci si domanda come sia possibile che un uomo che frequenta osterie e bordelli, aggressivo e provocatore,  sia capace di dipingere quadri e opere di profonda sacralità; sicuramente Caravaggio aveva una spiccata sensibilità, orientata soprattutto dai committenti, ma anche un desiderio di trascendenza soffocato da un carattere irascibile e attaccabrighe. I registri dell’epoca documentano i suoi guai con la giustizia; era sempre a corto di denari e, per via delle sue malefatte, veniva chiamato “pittore maledetto”.

 

Opera

Caravaggio ambienta la “Cattura di Cristo” nell’orto del Getsemani, di notte, nell’istante in cui Giuda ha appena baciato Gesù. Caravaggio è riuscito a riportare sulla tela il dramma che si sta consumando;  c’è una contrapposizione tra il clima concitato dei gesti e dei movimenti delle guardie, di Giuda e di Giovanni, e la ieraticità di Gesù. In questi personaggi c’è molta violenza, invece Gesù non reagisce al male, mostra un’altra forza, quella dell’amore. Come in un’istantanea, Caravaggio è riuscito a fissare questo momento in modo mirabile e a comunicarci tutta la forza che viene da Gesù, la forza dell’amore.

In questa opera prevale il buio, quel buio che Caravaggio ritrae continuamente nelle sue tele. Forse è il buio che lo ha accompagnato nella sua esistenza e quella luce che dipinge è il suo desiderio di essere salvato, redento, perdonato. Il buio della tela inghiotte i personaggi, questa è l’ora delle tenebre, è la notte dell’oscurità, del male.  Non ci resta che contemplare quest’opera.

 

Gesù

È incredibile l’attenzione posta dal Caravaggio in questa composizione. Osservate  la sequenza dei volti  di Giuda, Gesù e Giovanni. Nessuno li avrebbe accostati in questo modo, mettendo in contrapposizione la fedeltà di Giovanni e il tradimento di Giuda, uomini molto diversi legati dall’amore: il primo lo incarna, l’altro lo tradisce.

Gesù è al centro, con il volto illuminato da una luce che sembra provenire dal volto stesso. Sorprendono i suoi occhi socchiusi rivolti verso il basso; in questo momento, così drammatico e di tensione, Gesù non guarda Giuda, tutto il suo essere non oppone resistenza: Gesù è l’Agnello sofferente profetizzato da Isaia

Gesù è stato da poco baciato da Giuda, per identificarlo: il bacio che esprime affetto, intimità, amore, qui diviene un gesto ignobile, un tradimento, il rinnegamento dell’amore.

Gesù non ha paura di mostrare tutta la sua debolezza e vulnerabilità ma appare padrone della situazione. Chiama Giuda ”amico” per dargli, ancora una volta, la possibilità di ravvedersi, di rendersi conto di ciò che sta facendo.

Le mani di Gesù

Le mani di Gesù intrecciate, nel gesto della preghiera, narrano e racchiudono il segreto di Gesù con il Padre. Il segreto è nella preghiera incessante nell’orto, nelle mani intrecciate che chiedono la forza per superare il momento drammatico, nella preghiera per Giuda e per tutti gli uomini di ogni tempo. Così Caravaggio ha interpretato e dipinto Gesù in preghiera, con queste mani che ci ricordano quando accarezzava, benediceva e spezzava il pane. Mani che, ancora oggi, ci invitano a superare le avversità della vita nella preghiera e nella contemplazione.

Giuda

Chissà che cosa passa per la mente di Giuda e perché guarda in quel modo Gesù. Il suo volto contrasta con quello di Gesù, così delicato, dolce e remissivo. Giuda è rigido, teso, il suo sguardo è pervaso dal male; non più padrone di se stesso, è in balia di eventi negativi. Ha appena usato il bacio,  simbolo dell’amore, per i propri interessi e ha tradito un amico. Forse Giuda non è riuscito a capire profondamente Gesù. Si è illuso, credeva in un Messia potente, liberatore, invece il Messia che si presenta a lui è pacifico, non violento. Giuda è deluso di Gesù, si è sbagliato, non è lui il Messia. In cuor suo Giuda forse sperava che nel momento della cattura Gesù si rivelasse in tutta la sua onnipotenza.

La mano sinistra sulla spalla di Gesù, per un attimo, tradisce tutti i suoi pensieri: è una mano che affonda nel corpo di Gesù, quasi a trattenerlo, perché non scappi alle guardie? Oppure è una mano che vuole trattenere Gesù perché non si allontani dalla sua vita? Forse è il primo gesto di pentimento.

 

Giovanni

In questa tela Caravaggio ha raffigurato Giovanni. Ma perché proprio lui e non Pietro o qualche altro discepolo? In questo momento così tragico e angoscioso per Gesù, Caravaggio ha scelto il discepolo che Gesù amava, il più giovane, quello che poco prima, nell’ultima cena, aveva posato il capo sul petto di Gesù per sentire i battiti del suo cuore. Giovanni non poteva non essere lì; e ci sarà più tardi sotto la croce: chi ama condivide tutto dell’amato.

Giovanni non può essere racchiuso nel limite di una cornice, sembra uscire dal quadro per urlare a tutti il dramma, la lacerazione del suo cuore. Una guardia vuole trattenerlo, vuole impedire quel grido, ma lui sfugge: le mani della guardia trattengono con forza il mantello rosso che, come per incanto, forma una volta che avvolge i volti di Gesù e Giuda. Il mantello rosso scarlatto anticipa ciò che avverrà.

La posizione di Giovanni, ritratto di profilo, evidenzia la drammaticità del momento. La bocca aperta ci invita ad ascoltare un grido straziante che penetra nel profondo del cuore; le braccia sono alzate, quasi a reclamare un aiuto dall’alto.

Con questo urlo Giovanni sembra anticipare l’urlo di Gesù sulla croce, in totale sintonia d’amore con lui. Fa proprio l’urlo di Gesù, l’amato del suo cuore.

Le guardie

Caravaggio ha avuto molti problemi con la giustizia. È stato più volte arrestato in seguito a  duelli, scontri, risse. Conosce molto bene questo mondo e lo ritrae con dovizia di particolari; le guardie indossano le armature della Roma del seicento che collocano questo evento nell’epoca a lui contemporanea.

È di grande effetto la luce sull’elmetto e sull’armatura che risalta l’atteggiamento e il comportamento delle guardie: ognuna vive un’emozione con una gestualità e un modo di reagire diversi.  Le guardie sono molto aggressive, quella in primo piano afferra con la mano il collo di Gesù, l’altra tira a sé, con entrambe le mani, il mantello rosso dell’apostolo Giovanni. Della terza guardia si riesce a vedere solo l’elmetto.

Le guardie, gli elmetti abbassati, i volti in ombra, privi di sguardo, tanto sono accecati dalla malvagità. Le guardie e Giuda sono al centro della composizione quasi a simboleggiare come il male, a volte, sia al centro della vita e sembri prevalere sul bene occupando ogni spazio; ma il male non è sempre vincente.

 

Il giovane con la lanterna

Caravaggio amava talvolta inserirsi nelle proprie opere, facendosi un autoritratto; alcuni sostengono che, essendo sempre a corto di soldi, non poteva permettersi di pagare i modelli. A noi piace pensare che Caravaggio inseriva la propria immagine perché sentiva che la scena e i suoi contenuti lo riguardavano direttamente, si sentiva coinvolto. Ha saputo coniugare la Parola con l’arte e ha reso attuale per sé stesso il messaggio.

Caravaggio rivede i suoi tradimenti, i delitti, in fondo ha ucciso un uomo, è ricercato e si inserisce tra le guardie, tra la folla, coinvolto in questa moltitudine di persone che desidera catturare Gesù; ma quella lampada innalzata, quel suo sguardo verso l’alto (ce lo immaginiamo in punta di piedi per guardare meglio, per vedere chi è Gesù) forse tradisce il suo desiderio di scoprire la luce vera, quella che illumina ogni uomo: è la ricerca della fede.

Caravaggio con la lampada per alcuni ricorda il filosofo Diogene che era alla continua ricerca dell’uomo. Per questo il pittore “maledetto” è raffigurato con il volto illuminato che dice il suo desiderio di luce, sognato ma mai raggiunto. E, come Diogene, anche Caravaggio è alla ricerca dell’uomo e soprattutto dell’umanità di Gesù, che è l’unico che può dare speranza all’umanità ferita, lacerata, incompresa.

 

Approccio vocazionale

L’urlo dimesso dei giovani

Ai lati di questa grande opera, all’estrema destra e sinistra del quadro, ci sono due personaggi giovani. Giovanni, il discepolo amato, che cerca di urlare a tutti il tradimento della persona amata, prefigura il grido di Gesù sulla croce e l’urlo dei poveri e dei perseguitati di ogni tempo. Dall’altro lato, un giovane pittore,  alla ricerca della fede, che ha soffocato il suo urlo, l’ha reso inespresso, come quello di tanti giovani che chiedono di esprimersi liberamente e apertamente per giungere alla pienezza della vita e della fede. Il Sinodo che si celebrerà chiede di metterci in ascolto di questo grido, di accompagnare i tanti giovani all’incontro della fede.

Forse la vita del Caravaggio non avrebbe avuto un esito così tragico se avesse avuto una guida,  un compagno di viaggio. Caravaggio che si ritrae con la lanterna accesa, narra il suo desiderio di ricerca, di essere accompagnato all’incontro con  Gesù;  non importa se è lì per pura curiosità, cogliamone il desiderio del cuore che è quello dei tanti giovani che incrociamo sulle nostre strade…

A Cracovia, in apertura dell’ultima Giornata Mondiale della Gioventù, vi ho chiesto più volte: «Le cose si possono cambiare?». E voi avete gridato insieme un fragoroso «Sì». Quel grido nasce dal vostro cuore giovane che non sopporta l’ingiustizia e non può piegarsi alla cultura dello scarto, né cedere alla globalizzazione dell’indifferenza. Ascoltate quel grido che sale dal vostro intimo! Anche quando avvertite, come il profeta Geremia, l’inesperienza della vostra giovane età, Dio vi incoraggia ad andare dove Egli vi invia: «Non aver paura […] perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,8).

Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori.

San Benedetto raccomandava agli abati di consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (Regola di San Benedetto III, 3) Questo l’invito accorato che Papa Francesco rivolge ai giovani: non sottostare all’ingiustizia, non piegarsi alla cultura dello scarto, non cedere alla globalizzazione dell’indifferenza; è l’invito ad ascoltare il grido dei poveri .

Ascoltare il grido dei poveri ha, senza dubbio, una forte valenza vocazionale;  mettersi in ascolto dell’urlo può attuare il discernimento della propria vocazione perché l’urlo interpella, scuote, pone delle domande esistenziali e così fa  intraprendere un itinerario di sequela del Signore

Dare al giovane la possibilità di porsi accanto a situazioni di marginalità, disagio, sofferenza e dolore. Permettergli di fare esperienza (experire = passare attraverso) significa fare conoscenza di sé, dei limiti, delle fatiche, delle capacità e potenzialità inespresse, per compiere poi scelte audaci e coraggiose.

L’urlo che nasce dalla propria esistenza, dal proprio disagio, può essere un primo passo per uscire da sé. L’urlo è liberatorio, pone in atto dinamiche capaci di incontrare gli altri; urla chi è consapevole di essere ascoltato, di avere davanti un interlocutore che lo rende capace di vivere la promessa di  un futuro.

“Il grido è estatico nel senso letterale di uscire da sé stessi verso un futuro aperto. Il grido implica una tensione tra quello che esiste e quello che potrebbe esistere come possibilità, tra l’indicativo (ciò che è) e il congiuntivo (ciò che può essere)”.

L’urlo di Giovanni è l’urlo inespresso di tanti giovani. Caravaggio ci invita metaforicamente a scegliere di essere accanto ai giovani, accompagnarli e aiutarli a esporsi al rischio di fare scelte coraggiose per cercare di essere fedeli ai progetti sognati.

Preghiera

Signore

nel momento della tua passione

del tuo arresto nel Getsemani

Giovanni il discepolo amato

ha innalzato un grido

che anticipa e prefigura

il tuo grido sulla croce.

Solo chi ama riesce a intuire

tutto della persona amata

anche il tradimento

Signore

fa che possiamo ascoltare

e farci voce delle tante grida

che si innalzano dalla terra

il grido dimesso dei giovani

dei poveri

delle vittime dell’ingiustizia

Signore

fa che possiamo

scegliere la vita

e liberi,

alla tua sequela,

compiere scelte

e gesti concreti d’amore

Caravaggio – Cattura di Cristo 1602

olio su tela, cm 133,5x 169, 5

Dublino, Society of Jesuits of Saint Ignatius,  on loan to the National Gallery of Ireland