N.01
Gennaio/Febbraio 2020

Il Verbo di Dio si è fatto uomo

Il Verbo di Dio si è fatto uomo

 

 

 

Guardando all’immagine con cui Valentino Vago ha voluto raffigurare il mistero dell’umanazione o incarnazione del Verbo di Dio, si è subito colpiti dall’elemento della luce. Quest’ultima, come è noto, ha un grande valore evocativo e simbolico. Anche nella Bibbia essa è presente fin dall’inizio della creazione. La prima parola creatrice uscita dalla bocca di Dio riguarda, infatti, la luce: «Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu» (Gen 1,3). E che essa appaia associata a Dio non ci meraviglia, dal momento che la luce rappresenta l’intima essenza di Dio stesso, come scriverà l’apostolo Giovanni: «Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna» (1Gv,1,5b).

Il simbolismo della luce, ritorna in altri passi della Scrittura, soprattutto nei Salmi e nei Profeti. Si pensi, ad esempio, alle suggestive immagini del profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1a); «Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce» (Is 60,1a). Si tratta di immagini che la tradizione cristiana ha interpretato come una prefigurazione della venuta del Cristo, «luce da luce», come recitiamo nel Credo, «la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9), o la «luce del mondo» (Gv 8,12; 9,5), come Gesù stesso dirà di sé. Così, benché velata dalla carne, anche il Figlio di Dio incarnato partecipa della luce divina, la quale mostrerà se stessa in tutto il suo fulgore solo nel momento della Trasfigurazione (cf. Mt 17,2), che altro non è se non un’anticipazione della Risurrezione di Gesù.

Non è un caso, dunque, che al centro dell’immagine di Vago campeggi la luce, scelta appunto per raffigurare l’Incarnazione del Verbo di Dio. Questo rettangolo di luce, con le sue sfumature che vanno dal bianco al giallo dorato – all’interno del quale riposano altre tracce di bianco – sembra alludere, salvaguardandolo, al mistero di un Dio che, pur facendosi uomo, non cessa di rimanere Dio.

Di primo acchito può sembrare che la parte luminosa, con cui l’Incarnazione del Verbo di Dio viene raffigurata, sia contenuta dal contorno blu che la circonda, come se fosse compressa e delimitata da esso. Intesa così, prevarrebbe allora il significato della kénosis di Cristo, il suo esinanirsi o svuotarsi delle prerogative divine al fine di assumere pienamente la condizione umana (cf. Fil 2,6-7). Tuttavia, è anche possibile interpretare la luce dell’Incarnazione come una presenza che non può essere circoscritta e trattenuta, e che, per sua natura, tende ad espandersi in tutto il suo splendore fino ad invadere l’oscurità e a prevalere su di essa (cf. Gv 1,5b). Se nella prima interpretazione l’accento cade sull’umiltà di un Dio che si fa uomo, nella seconda prevale la sua accondiscendenza misericordiosa in favore dell’uomo.

Vi sono, poi, quei tre tratti arancioni, simili a tre raggi, che irrompono sulla scena quasi timidamente, e che possono essere compresi come un riferimento alla SS. Trinità. È vero che fu per opera dello Spirito Santo (la terza Persona della SS. Trinità) che Maria di Nazareth concepì il Figlio di Dio (la seconda Persona della SS. Trinità). Ciò nonostante – come insegna la dottrina cattolica – le tre Persone divine (Padre, Figlio e Spirito Santo), pur distinte, condividono una sola natura o sostanza, e a motivo di ciò sono relative e co-presenti le une alle altre. Per via di questa sostanziale unità, infatti, «il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo, lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 255). La presenza della Trinità, raffigurata dai tre raggi arancioni, trova dunque la sua giustificata presenza all’interno di questa raffigurazione concettuale dell’incarnazione del Verbo di Dio proposta da Valentino Vago.

Infine, non va dimenticato che nel Cristo-luce è racchiuso anche il senso profondo della nostra fede cristiana e della nostra missione nel mondo. Plasmando le nostre coscienze, il Vangelo vuol fare di noi una presenza luminosa nel mondo, come ha detto lo stesso Gesù: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14). E poiché alla definizione «Dio è luce» (1Gv,1,5b), l’apostolo Giovanni fa seguire quella di «Dio è amore» (1Gv 4,8.16), ne consegue che la nostra vita cristiana diventa una presenza luminosa ogniqualvolta noi riusciamo a rischiarare il cammino della storia – quello della nostra quotidianità – alla luce di una fede che, saldamente radicata nell’amore al Dio di Gesù Cristo, sa anche tradursi in una testimonianza luminosa e gratuita dell’amore al prossimo, perché solo «chi ama suo fratello, rimane nella luce» (1Gv 2,10).

 

 

 

Se ti è piaciuto questo approfondimento, leggi anche l’articolo La sobria ebbrezza dell’amore!