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Condividere la vita di colui che si ama

Madeleine Delbrêl fonda una comunità di donne totalmente laiche, senza abito religioso o difese istituzionali, che fa della strada la sua terra di missione. La loro casa è un porto di mare, la loro porta è sempre aperta ad ogni incontro, ad ogni dialogo, ad ogni sostegno. La scelta di Madeleine è quella di vivere come tutti – ognuna di loro ha un proprio lavoro civile – “gomito a gomito” con la gente del mondo ma è allo stesso tempo quella di tuffarsi in Dio con la stessa forza con cui ci si immerge nel mondo.

“Il Signore ci ha chiamate per essere con lui sempre e per fare al mondo intero e a quelli che ci passano a fianco quello che lui, Gesù, vuole fare per loro”.

Riportiamo di seguito uno scritto in cui descrive la missione della sua comunità.

 

 

 

La chiamata che abbiamo ricevuto è una chiamata identica a quella ricevuta da una Carmelitana o da una Clarissa.

 

È una chiamata a votare la nostra vita tutta intera, tutto il nostro corpo, tutte le nostre forze, tutto il nostro cuore, tutto il nostro spirito, tutta la nostra anima, a Nostro Signore Gesù Cristo.

 

Non siamo chiamate a compiere nella sua Chiesa uno specifico lavoro visibile ma a consacrarci totalmente al suo amore — non solo al suo servizio — per lasciare che ci ami fino a dove il cuore lo spingerà.

 

Amare significa essere una cosa sola, significa condividere la vita di colui che si ama.

 

Per questo Gesù ci ha detto “Vieni”.

 

Non ci ha detto “Lascia”. Ma, “Lascia e vieni”. Non lasciare per il piacere di lasciare, ma lascia tutto quello che ti impedisce di seguirmi, tutto quello che ti impedisce di essere me. La partenza che ci viene chiesto di fare è dello stesso tipo di quella che viene chiesta agli Apostoli. Significa ricongiungersi sulla strada, nella povertà, nell’insicurezza, nell’umiltà, nella sofferenza, e soprattutto nella Carità, a Gesù Cristo povero, senza stabilità, umile, affaticato e buono in ogni luogo e per ogni persona. Come nel Vangelo, questa partenza non è una partenza in se stessa, fine a se stessa, per darci sofferenza o per darla agli altri, per fare qualcosa di difficile. Questa partenza è una vita in comune con Nostro Signore, che rifiuta tutto quello che potrebbe spezzare la comunione con lui.

 

Il Signore non ci ha chiamate dicendoci: “Vedi questi malati… Vieni insieme a loro” o “Vedi questi bambini… vieni a fargli lezione” o “Vedi questi comunisti o questi indù, o queste ragazze perdute… vieni a convertirli”.

 

Il Signore ci ha chiamate per essere con lui sempre e per fare al mondo intero e a quelli che ci passano a fianco quello che lui, Gesù, vuole fare per loro.

 

Ci ha chiamate per poter, per così dire, versare in noi il suo cuore insieme a tutto quello che desidera per tutto il mondo di oggi e di domani.

 

Ma tutto questo amando teneramente tutto ciò che ci passa a fianco lungo il cammino.

 

“Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra[1]…”.

 

Essere quel fuoco è la vocazione delle anime dette contemplative.

 

Ma per ragioni accidentali e storiche che la Provvidenza ha trasformato in mezzi di santificazione, queste anime di fuoco sono generalmente o, se volete, in linea di principio, rinchiuse dentro a delle fortezze. Le grate, i grandi muri che difendevano le donne dalle bande di saccheggiatori, o che erano sorte sotto l’influenza di altre cause, sono diventati mezzi quasi indispensabili per la rinuncia e per il dono a Dio.

 

Di quando in quando, una scintilla che sfida il divieto trova una via di fuga: un Benedetto Labre percorre le strade, una Santa Caterina è strappata via dal caminetto… Le scintille corrono tra le stoppie e le stoppie, felici di riscaldarsi al fuoco, ritrovano i cammini evangelici.

 

La vocazione della Carità è di far correre le scintille nelle stoppie.

 

Ma perché le scintille possano bruciare è necessario che accettino di vivere il Vangelo realista che viene loro proposto.

 

È necessario conoscere con molta chiarezza che cosa ci viene richiesto tra questi due Vangeli in spirito che sono rappresentati uno dalla vita religiosa, l’altro dal laicato corrente.

 

La povertà degli ordini religiosi è una povertà che può condurre ogni religioso, se è fedele, in uno stato di povertà, ma senza che gli sia dato quello che la povertà è stata da sempre: non possedere niente, vivere nell’insicurezza, non utilizzare cose costose. Sono dei mezzi che conducono a essere perfettamente poveri in spirito, ma di una povertà convenzionale.

 

Anche la povertà del cristiano agiato può arrivare a essere una perfetta povertà in spirito… Non è la povertà che Nostro Signore ha scelto, quella per la quale ci ha scelte.

 

E se consideriamo la carità fraterna, ho l’impressione che sia proprio lì che si definisce la nostra chiamata. Il comandamento del Signore che, per quanto chiarisca bene “come io ho amato voi[2]…”, vale a dire attraverso la croce, attraverso la morte, intende anche dire “come io vi ho amate attraverso le mie consolazioni, le mie cure, le mie attenzioni, la mia tenerezza. Come vi ho insegnato ad amarvi…” Il Buon Samaritano…

 

Gli ordini contemplativi si sono per così dire specializzati nell’amore di morte, hanno abbandonato questa carità di Cristo verso coloro che passano. Mi direte che ci sono tutti gli altri ordini. Ma non è la stessa cosa. Come vi dicevo pocanzi sono stati mandati per amare in nome di Cristo proprio quei malati, quei piccoli, quei lebbrosi. Ma le scintille che corrono tra le stoppie non sono state mandate a nessuno in particolare. Quelle scintille sono, devono essere, le piccole fiammelle del Roveto Ardente che è Gesù, e restando sempre in lui non scelgono le persone che vanno loro incontro, ma poiché esse sono Gesù stesso non possono fare altro che amare. Gli atti di carità che sono loro richiesti sono assolutamente gratuiti. Li compiono perché vi sono costrette a pena di essere separate da Cristo. Non lo fanno né per costruire, né per convertire, né per guarire… Lo fanno per essere Gesù Cristo.

 

Ma… Gesù Cristo ha da sempre scelto l’amore per attirare a sé il mondo.

 

Questi atti d’amore nei confronti delle persone sulla nostra strada ci innestano sulla Chiesa intera di Dio, sull’universo infedele e peccatore.

 

Ogni atto di questa carità povera e semplice versa un po’ di vita in ogni luogo in cui Cristo si interessa a qualche cosa, mentre il Vangelo visibile che ci chiede di riscrivere con semplici stampe di Épinal[3] continua a circolare sulle strade, e mentre su ogni cammino continuiamo a dire: “vi amiamo insieme a Gesù”, lui vive, vi ama, noi vi amiamo insieme a lui.

 

La vocazione della Carità ci sembra essere quella di vivere l’amore di Gesù completamente e alla lettera, dall’olio del buon Samaritano fino all’aceto del Calvario, dandogli così amore per amore, pagando il suo amore con dell’amore, abbandonandoci legate mani e piedi al suo amore affinché, amandolo perdutamente e lasciandoci amare fino in fondo, in noi possano incarnarsi e farsi uno i due grandi comandamenti della Carità[4].

 

 

 

(G. François e B. Pitaud, Madeleine Delbrêl: La vocazione – Condividere la vita di chi si ama, pp. 76-81, Gribaudi 2018)

 

[1] Lc 12,49

[2] Gv 15,12

[3] Antiche stampe dai colori vivaci e dai soggetti popolari, simili ai moderni fumetti o vignette.

[4] Madeleine Delbrêl, La vocation de la Charité, op. cit., pp. 135-139.