N.01
Gennaio/Febbraio 2022

Perché state a guardare il cielo? (At 1,11)

L’esperienza storica di Gesù, raccontata da Luca nel suo Vangelo, culmina con l’Ascensione: dopo questo episodio i discepoli diretti ad Emmaus invertono la rotta e tornano a Gerusalemme pieni di gioia (Lc 24,50-54). Evidentemente l’incontro con il Risorto, la sua spiegazione delle Scritture e la condivisione della mensa hanno modificato il loro sguardo sulla realtà e consentito loro di leggere la parabola esistenziale del Maestro di Nazaret non più come un fallimento, ma come la vittoria della vita sulla morte.

Lo stesso Luca racconta una dinamica analoga anche all’inizio del libro degli Atti degli apostoli. Questa volta, però, il Risorto si sofferma a lungo con gli apostoli: «Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio» (At 1,3). Nuovamente Gesù si sottrae allo sguardo e al contatto con questi testimoni, che rientrano di lì a poco nella Città Santa per ritrovarsi nella stanza del Cenacolo insieme con Maria e gli altri discepoli (At 1,13-14).

Ma rispetto ai discepoli di Emmaus, prima di fare rotta verso Gerusalemme, gli apostoli incontrano due uomini in bianche vesti: queste figure non possono non ricordare i due che avevano annunciato la risurrezione di Gesù alle donne giunte per prime al sepolcro (Lc 24,4). Costoro rivolgono ora agli apostoli un messaggio da decifrare in tutta la sua portata: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (At 1,11).

Se si ricompongono i frammenti disseminati da Luca tra la fine del suo Vangelo e l’inizio del libro degli Atti, si scopre che gli apostoli, nonostante le fatiche nel credere e i tradimenti, sono anzitutto coloro che hanno accompagnato Gesù dall’inizio del suo ministero pubblico sino alla sua ascensione in cielo. Sono i testimoni oculari delle sue parole e dei suoi gesti, dall’inizio alla fine. Inoltre, il primo capitolo del libro degli Atti chiarisce che Gesù torna da loro da Risorto, cioè dopo la sua morte, e si ferma a tenere una lunga catechesi con lo scopo di far assimilare loro in profondità il senso di quanto era accaduto.

Le parole dei due misteriosi personaggi riportano dunque gli apostoli bruscamente con i piedi per terra e li rimandano ad una verità inattesa. Non serve più guardare il cielo: il Messia ritornerà con la stessa imprevista semplicità che ha contraddistinto il suo primo ingresso nel mondo. Luca qui non è nemmeno incline a mettere in rilievo l’aspetto sensazionale della glorificazione di Gesù alla destra del Padre (cf. Ef 4,10; 1Tm 3,16; 1Pt 3,22). Piuttosto, preferisce puntare i riflettori sugli apostoli, che devono fare i conti con l’assenza fisica di Gesù, ormai definitivamente sottratto alla dimensione fisica ordinaria.

Ma proprio questa assenza corporea di Gesù lascerà di lì a breve lo spazio all’intervento dello Spirito Santo nella loro vita: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8; cf. 2,1-4; Gv 16,7). Lo Spirito viene a legittimare e sostenere un percorso che era iniziato sin da quando gli apostoli erano stati chiamati da Gesù.

Adesso l’assenza di Gesù non deve fare paura né indurre a fuggire dalle fatiche quotidiane. I discepoli devono invece sentirsi responsabilizzati a diventare protagonisti di una nuova fase: venuto meno il Maestro di Nazaret, a loro spetta adesso il compito di educare alla fede. Perché il vero padre-maestro è colui che ad un certo punto sa scomparire per lasciare posto ai figli-testimoni, affidando loro l’eredità più importante: il suo Spirito.