N.01
Gennaio/Febbraio 2023

Abecedario dei gesti del futuro – Attività laboratoriale

 

Premessa

Il senso comune sostiene che sono le azioni e non le parole a cambiare il mondo. Allo stesso tempo le parole sono importanti perché formano le definizioni che usiamo per descrivere il mondo e le definizioni sono il punto di partenza iniziale per l’immaginazione. Quello che non possiamo immaginare non può nascere. Dunque, la speranza è fatta di azioni che prendono forma dalle descrizioni che sono fatte di parole e le parole sono perciò altrettanto importanti.
Per questi motivi, la presente attività creativa propone a un gruppo di giovani e adulti di usare le parole in chiave poetica per riflettere sulle proprie azioni, o meglio sui gesti quotidiani. 

L’attività di questo LABS parte da un’idea di Alessandro Dehò, da lui definita la strategia di Noè (Dehò, 2020) per cercare di riconoscere i cambiamenti che la vita ci pone di fronte. Infatti, all’inizio dell’anno può aver senso creare un abecedario, un componimento poetico libero che racchiuda le nostre intenzioni verso il futuro per “guardare in faccia alla vita, a questa vita che è molto più grande dei nostri drammi” (Dehò, 2020).

Per maggiori informazioni sulla strategia di Noè vi invito a leggere le parole di Alessandro Dehò.

 

Organizzare l’attività

L’ingaggio per il workshop è semplice; i/le facilitatori/trici lanciano un invito per un incontro da tre ore e mezza a un gruppo selezionato di giovani e adulti. Come spesso sostengo nei LABS, ritengo fondamentale l’eterogeneità. Suggerisco di invitare persone con età, genere e/o background differenti (es. migratorio). Se si decide di invitare, come auspico, persone con esperienze migratorie occorre esplicitare che è possibile partecipare anche realizzando l’attività di scrittura nelle lingue d’origine. 

L’obiettivo dell’attività è esporsi al nuovo e al diverso – cosa che generalmente spaventa – in un clima dialogico dove poter accogliere lo straniamento con curiosità ovvero senza temerlo. 

Nelle nostre comunità abitano nuovi arrivati/e – penso per esempio ai/alle profughe di guerra ucraini e ai/alle giovani migranti – che hanno poche occasioni d’interazione con la cittadinanza che da più tempo risiede in quel medesimo territorio. 

Realizzare un’attività dedicata alla speranza senza cercare di coinvolgere chi solitamente viene escluso, significa continuare a perpetuare le ingiustizie istituzionalizzate della nostra società. Avere in mente di coinvolgere tutt*, o almeno provarci, significa costruire e prendersi cura di sé perché se accanto a noi qualcuno sta male, stiamo male anche noi.

 

Realizzare l’attività

I materiali necessari per svolgere l’attività sono: fogli (bianchi o colorati), penne e pennarelli, forbici e colla.

Per creare un clima disteso può essere interessante prendersi del tempo per accogliere i/le partecipanti con della buona musica di sottofondo e offrire loro qualcosa da stuzzicare. L’obiettivo è che ci non si conosce possa lentamente scambiare qualche parola con chi a mano a mano arriva all’incontro. 

Senza fretta: questo tempo iniziale non è tempo perso, ma parte integrante dell’attività perché l’obiettivo è generare interazione e dialogo tra le persone, non realizzare l’abecedario. L’abecedario fornisce solo un’occasione per incontrarsi. 

Lo scrivo di nuovo, senza fretta i/le facilitator* invitano i/le partecipanti a prendere posto seduti in cerchio e esplicitano che è la speranza il tema dell’incontro. A questo punto chiedono a tutti di definire che cosa sia per loro la speranza. Possono rispondere rivolgendosi a tutto il gruppo in italiano ma anche in altre lingue. Se non esiste la possibilità di tradurre non fa nulla, esporsi all’ignoto, a quello che sono si conosce e comprende è una capacità che noi tutti/e abbiamo bisogno di sviluppare per affrontare con speranza le complessità del periodo storico nel quale siamo chiamati/e a vivere. 

I/le facilitator* possono prendere appunti per tenere traccia di alcune parole chiave emerse nel giro di confronto. Queste parole torneranno utili per la parte conclusiva dell’incontro (vedi il paragrafo successivo “promuovere riflessività”). 

Dopo questo giro di confronto con una modalità non didattica – mi ripeto l’obiettivo dell’incontro non è realizzare l’abecedario anche se lo so che sembra un paradosso, ma stare insieme! – i/le facilitator* chiederanno al gruppo di lavorare a coppie per creare un elenco di gesti quotidiani che donano speranza uno per lettera dell’alfabeto. Per esempio, vi condivido i primi due miei gesti quotidiani in ordine alfabetico: A come Aprire la finestra per guardare fuori la vita che scorre; B come Baciare il più possibile gli/le amic* (la mia timidezza spesso mi limita nell’esprimere l’affetto e la gratitudine che sento per le persone a cui voglio bene). 

Creare un abecedario richiede tempo e crearlo in coppia dà la possibilità sia di conoscersi attraverso il confronto con l’altro, sia di superare eventuali momenti d’impasse quando proprio non si sa cosa scrivere. 

[Tempo stimato per creare l’abecedario in coppia: 40 minuti circa]

In seguito al lavoro di coppia, occorre invitare i/le partecipanti a lavorare individualmente a partire dall’abecedario realizzato per scrivere un componimento poetico intitolato “Gesti del futuro”. Per ideare il componimento è possibile ritagliare le parole dell’abecedario e alternarle liberamenti nei versi a parole scritte a mano sul foglio.

Cosa intendiamo per componimento poetico? Spesso invitare a scrivere una poesia attiva nei/nelle nostri/e interlocutori/trici diffidenza e senso d’inadeguatezza. E’ utile saperlo per imparare ad accogliere queste legittime perplessità – per tantissime persone le esperienza scolastiche hanno lasciato dentro un profondo senso di fallimento o la costante sensazione di “non essere all’altezza” – e chiarire che non si tratta di “un compito”, ma di un occasione giocosa per stare a vedere cosa succede se proviamo a lasciarci andare riscoprendo, se siamo fortuna/e, la curiosità e la voglia di giocare che avevamo da bambini/e – anche qui evitando le generalizzazioni perché molti di noi sono stati bambini/e non visti/e e non riconosciuti/e (life is complicated!).

Ma allora cosa possiamo dire aiutare i/le partecipanti a realizzare un componimento poetico? I/le facilitator* possono sostenere che scrivere un breve testo in versi facilita la sintesi e il linguaggio evocativo più vicino al mondo simbolico e quindi più capace di attivare la nostra immaginazione. Si esce così dalla routine per entrare nel mondo della possibilità, per scoprire qualcosa di nuovo. Inoltre, si può invitare i/le partecipanti se lo sentono utile e stimolante per loro a utilizzare il loro smartphone per andare a cercare online quali sono le strutture metriche tradizionali della poesia italiana (lirica o narrativa) per provare a utilizzarle come scheletro. Mi raccomando senza impazzire e senza prendersi troppo sul serio. L’obiettivo non è fare bene ma riflettere sul come si immagina il futuro facendo qualcosa di concreto. 

Se può essere utile ai/alle facilitator* per prepararsi suggerisco di andare anche loro preventivamente a curiosare online per dare un’occhiata alle principali strutture metriche della poesia italiana.

Nuovamente, mi raccomando non si tratta di diventare/essere esperti/e per giovare con le parole. 

[Tempo stimato per comporre la poesia libera: 30 minuti circa]

 

Promuovere riflessività 

“La riflessività, a differenza della riflessione che è una funzione cognitiva individuale, è un’azione pratica […] volta ad aprire possibilità attraverso la decostruzione dei significati e la generazione di nuove posture” (Luraschi, 2021, p. 81). 

A partire da questa definizione tratta dal mio lavoro di ricerca in pedagogia generale e sociale estratta dal testo Le vie della riflessività. Per una pedagogia del corpomente (Luraschi, 2021, Armando Edizioni) propongo di coinvolgere i/le presenti in una lettura ad alta voce dei componimenti poetici per poi promuovere un dialogo su come è andata l’attività e cosa ne pensano delle cose scritte dai/dalle compagni/e d’avventura. 

Invito a leggere il/la lettore/lettrice che desiderasse comprendere con maggiore profondità come realizzare le attività da me proposte nei LAB con un metodo a-metodico ovvero avendo il cammino come metodo. Seguendo quello che accede e non cercando di far accedere quello che si ha in mente che possa succedere. 

La conclusione dell’incontro è dunque uno spazio aperto dove tutt* possono esprimere la loro opinione rispetto all’incontro. Il compito dei/delle facilitatori/trici sarà quello di accompagnare il gruppo ponendo domande utili per creare le connessioni tra esperienze attraversata insieme e il tema dell’incontro. Per esempio, si può valutare di chiedere; secondo voi cosa c’entra tutto questo con la speranza? Cosa ti porti a casa per il tuo futuro? E per quello della tua comunità? E del mondo? Il mio consiglio è di sollecitare il gruppo a uscire da una dimensione individuale per rigenerare legami sociali.

 

Se ti è piaciuta questa attività, leggi anche l’articolo Abecedario dei gesti del futuro, a cura della stessa autrice.