N.06
Novembre/Dicembre 2023

Lo scudo della gioia

Omelie sulle statue di Giovanni Crisostomo

Ritroviamo uno dei più grandi Padri della Chiesa, Giovanni Crisostomo. Il tema che proponiamo è una lettura che Giovanni fa dell’invito paolino a rallegrarsi sempre. Come è possibile, quando la nostra esperienza ci fa vivere dentro un contesto spesso marcato dalla sofferenza, dal dolore, dall’ingiustizia, da calamità naturali o da guerre? Ed è proprio in un contesto come questo che il Crisostomo pronuncia questa famosa serie di omelie. Nel 387, la città di Antiochia, dove si trovava Giovanni, si ribellò a causa di nuove tasse e la popolazione abbatté le statue dell’imperatore Teodosio. Era un crimine gravissimo e la città sapeva bene che la punizione poteva essere terribile. Giovanni allora pronuncia una serie di omelie con lo scopo di richiamare il popolo alla penitenza e alla riconciliazione. Proprio in un contesto di paura e di angoscia, ecco vibrare in questa omelia (la diciottesima della serie) proprio un richiamo alla gioia. La gioia nel Signore, non una qualunque, è come una protezione infallibile contro ogni dardo dell’oltraggiosa fortuna, come direbbe Amleto. Perché nasce dalla consapevolezza che di ogni cosa Dio è il Signore, anche della storia e dei suoi eventi. La strada per la felicità, dice Giovanni, passa per la radice di ogni gioia: il fatto che, mentre tutto muta, il Signore no; e se in lui che poniamo la nostra allegria, è certa una base che non si sposta, che non cambia, che ci permette la stabilità richiesta da Paolo. Un grande oceano dove le scintille della sofferenza si spengono subito, come ci dice Giovanni con una immagine meravigliosa.

 

 

3. [Non] c’è nulla che possa affliggere chi è ben ordinato nella mente e attento alla propria anima, ma [questi] godrà di un piacere puro e continuo. E che questo è vero, oggi avete udito Paolo, che ci esorta dicendo: Rallegratevi sempre nel Signore, e di nuovo vi dico: rallegratevi. (Fil 4,4). So infatti che a molti questo detto sembra impossibile. […]. [Invece] sì, o uomo! è possibile; e se così non fosse, Paolo non avrebbe dato [questa] esortazione; né un uomo dotato di sapienza spirituale avrebbe offerto tale consiglio […] [4] [Tutti] amano la gioia, ma tutti non sono in grado di raggiungerla, poiché non conoscono la via che conduce ad essa; [Crisostomo poi sfata il mito che i ricchi siano felici per le loro ricchezze, oppure un re con il suo potere: tutti sono sottoposti al pericolo e alla tristezza]. [5] Ma se la monarchia non è in grado di rendere la vita priva di dolore, allora cos’altro può ottenere questo? Nulla, infatti, di questa vita; ma questo solo detto di Paolo, breve e semplice com’è, ci aprirà di per sé questo tesoro.

[6] Perché non sono necessarie molte parole, né un lungo giro di discussioni, ma se consideriamo solo la sua espressione, troveremo la via che conduce a essa. Egli non dice semplicemente: Rallegratevi sempre; ma aggiunge la causa del piacere continuo, dicendo: Rallegratevi sempre nel Signore. Colui che gioisce “nel Signore”, non può essere privato del piacere da qualsiasi cosa possa accadere. Perché tutte le altre cose in cui ci rallegriamo sono mutevoli […].

[È possibile rallegrarsi sempre perché] l’uomo che teme Dio come dovrebbe, e confida in Lui, raccoglie dalla radice stessa della gioia e possiede tutta la fonte dell’allegria. E come una scintilla che cade su un vasto oceano scompare rapidamente, così qualunque evento accada all’uomo che teme Dio, questi, cadendo per così dire su un immenso oceano di gioia, viene spento e distrutto! C’è davvero da meravigliarsi di questo, che l’uomo dovrebbe rimanere gioioso mentre sono presenti cose che provocano tristezza. Infatti, se non ci fosse nulla che producesse dolore, non sarebbe una grande questione per lui essere in grado di gioire continuamente. Ma che, in un momento in cui è spinto alla tristezza dalla pressione di molte cose, egli sia superiore a tutte queste e felice in mezzo al dolore, questo è veramente motivo di stupore!

 

[Giovanni Crisostomo, Omelie sulle statue, omelia XVIII, 3-6, traduzione del Curatore]