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Il realista vero

La speranza vera non è utopismo, così come il realismo vero non è disillusione. Camminiamo sempre su un crinale. Certi delle speranza che ci anima (Rm 5,5), ma al contempo fortemente aggrappati alla realtà che continuamente ci chiama (Col 2,7; At 12,9).

 

Moltmann fa notare che per vivere da disperati non è necessario mostrare una faccia disperata, «può trattarsi della semplice e silenziosa mancanza di significato, di prospettiva, di futuro e di scopo». Anzi, la disperazione «può avere l’aspetto della sorridente rassegnazione: bonjour tristesse! Rimane quel certo sorriso di coloro che hanno esaurito le proprie possibilità e non vi hanno trovato nulla che desse loro motivo di speranza». Questa disperazione è un’inerte simulazione della vita, dove si va avanti non per un attivo movimento, ma per un passivo trascinamento verso un “non-luogo”.

Il realista vero, però, non è il deluso o il disilluso, bensì l’uomo che comprende e intuisce che, finché si è vivi, vale la pena lottare per vivere davvero; che il vero fallimento, quello assicurato, è quando ci si rassegna al fallimento; che non si è sconfitti realmente se non quando si decide di gettare la spugna. Hanno una forza misteriosa le antiche e attualissime parole di Eraclito: «Se uno non spera l’insperabile non lo attinge».

A scanso di equivoci, è bene sottolineare che l’uomo che crede in un sogno, in un domani migliore, non è il Candido di Voltaire che ingenuamente intima a se stesso – illudendosi – che «tutto andrà per il meglio». Non è nemmeno il mitomane e il cacciatore di favole che crede alla meravigliosa “isola che non c’è”, ma è il vero realista che vede le possibilità che non ci sono ancora, e si impegna concretamente a realizzarle.

L’uomo che spera non è l’uomo dalla fervida fantasia o del sonnecchiante utopismo. L’uomo che spera seriamente è colui che prende sul serio le possibilità che sottendono la realtà; è un chiaroveggente, perché vede non solo i meri fatti, ma anche le potenzialità; è un lungimirante, perché non vede solo il presente, ma prevede il futuro e gli appiana la strada.

 

(Robert Cheaib, Alla presenza di Dio, Il pozzo di Giacobbe 2015, p.11)